martedì 26 aprile 2005

Capitini, Aldo, Le ragioni della nonviolenza.

Pisa, Ets (Philosophica), 2004, pp. 195, € 16,00

Recensione di Andrea Tortoreto – 26/04/2005

Etica (violenza/nonviolenza)

È quanto mai opportuno che, in una congiuntura storica come quella attuale, vengano riproposti all’attenzione del pubblico i testi di un pensatore, per troppo tempo non adeguatamente considerato, qual è Aldo Capitini. In un momento in cui la violenza si sta mostrando in tutte le sue luttuose forme, dalla follia terroristica all’insensata ipocrisia delle guerre preventive, costringendo a una drammatica ripresa del dibattito etico–politico intorno ad essa, risulta infatti imprescindibile riflettere sul lascito teorico del padre della non violenza italiana, il cui emblematico messaggio si propone come via alternativa ricca di spunti e obiettivi che, oggi più che mai, è necessario perseguire.
Proprio questa può essere vista come una delle idee guida che sono alla base della presente antologia. Il testo si articola, attraverso la riproposizione di alcuni dei passi più significativi dell’opera capitiniana, in quattro parti: dalla presentazione dei fondamenti teorici dei principi della non violenza, che Capitini discute fin dalla sua prima opera (quegli Elementi di un’esperienza religiosa che risalgono al 1973), per giungere alla discussione del metodo e della prassi, quanto mai attualizzabili, che scaturiscono proprio dall’impegno nonviolento.
Mi pare opportuno, in questa sede, concentrare l’attenzione sui fondamenti filosofici della nonviolenza che, come accennato, occupano la prima, densissima parte dell’opera e vengono dettagliatamente presi in rassegna nella puntuale introduzione di Mario Martini. Due sono gli elementi fondamentali individuati dal Martini come strettamente necessari alla comprensione della riflessione capitiniana: “il primo la lettura della realtà dal movimento della sua esperienza, e il secondo la tensione partecipativa alla sorte dell’uomo perché si orienti alla sua liberazione” (p. 10).
Capitini vive quindi religiosamente, e questo è il nucleo dal quale prendono le mosse gli Elementi, l’insufficienza della realtà, i suoi limiti così manifestamente palesati dalla violenza e dalla menzogna sulle quali si regge lo stato fascista. Da ciò, l’atteggiamento religioso si fa tutt’uno con l’opposizione, con la radicale ribellione, il rifiuto morale dello status quo. La condanna etica, senza appelli, che Capitini opera nei confronti del reale, sfocia quindi nella prassi che, in quanto religiosa, è prassi profondamente ristrutturante la realtà. L’atto nonviolento scaturisce gandhianamente proprio da questa religiosa coscienza del limite e si concretizza come apertura a un universo che è profondamente altro, a un mondo che si pone in aperto contrasto con quello attuale. Dice Capitini in Il problema religioso attuale: “Nell’alternativa tra questa realtà che è così insufficiente e svogliata a raggiungere la realtà ideale, e una realtà in cui amore e libertà coincidano perfettamente nell’affettuoso appello all’altrui libertà di decidere, l’atto della nonviolenza sceglie senz’altro di anticipare questa realtà, di farla vivere, di iniziarla con assoluta fedeltà, togliendo di colpo la distanza dal mezzo al fine. È l’annuncio puro del fine; l’atto di persuasione che supera le distinzioni e lo spazio riservato al diritto, l’impazienza di vivere il sacro, la diversa atmosfera della diversa realtà: bisognera pure che scoppi in questa realtà inadeguata l’atto adeguato, l’atto atomico della nonviolenza” (p. 61).
Ecco “la trascendenza rispetto all’immanenza dei fatti”, ovvero il nucleo di quella prassi valoriale che ancora il Martini sottolinea con grande attenzione. Il soggetto  persuaso, che opera religiosamente nell’ottica della nonviolenza, è infatti colui che, con il suo atto pratico, rompe la logica del reale e fa esplodere in esso il valore, opera quindi l’aggiunta che è modificazione profonda, dall’interno della realtà stessa. L’atto nonviolento si pone quindi nell’ottica di quella che Capitini definisce la “dialettica dell’aggiunta” e che il filosofo perugino pone in aperto contrasto con la hegeliana dialettica del superamento: là dove la realtà non si presenta più come semplice vitalità, come potenza, e non si regge più sulla sola legge dell’opposizione dei contrasti, ma è produzione valoriale, ebbene lì vige la logica dell’aggiunta, la dialettica dell’elemento che, facendo sistema con la natura, la squarcia verticalmente aprendo in essa la trascendenza, un orizzonte radicalmente altro.
Qui, sia detto per inciso, si possono rintracciare tutti i temi fondamentali della filosofia di Aldo Capitini, primo fra tutti  la critica della coincidenza fra atto ed essere; l’atto capitiniano è eticamente, non ontologicamente fondato, è apertura all’altro, opzione religiosa verso la compresenza, scelta responsabile e profondamente libera della nonviolenza.
Ebbene, su questi nuclei teoretici, trova la propria ragion d’essere tutto il prosieguo del discorso capitiniano intorno alla nonviolenza, tanto quello più specificamente politico, quanto quello sui suoi metodi e le sue tecniche. Ed è proprio da queste tematiche che emerge la sorprendente attualità del pensiero do Capitini, attualità che questo volume ha il grande merito di porre in risalto mostrando la carica profondamente innovativa che gli scritti del filosofo umbro mantengono ancora oggi. Quando infatti Capitini prende posizione nei confronti delle più scottanti questioni politiche del suo tempo quali il ruolo delle Nazioni Unite, la Guerra fredda, il problema dei rapporti tra Italia ed Europa e quello tra controllo giuridico e libero mercato, la posizione degli Stati Uniti nella scacchiera globale, il contrasto Oriente e Occidente, lo fa proponendo soluzioni che si fondano tutte sulla necessità di una rivoluzione che investa, in primo luogo, l’interiorità dei soggetti e che apra questi ultimi alla persuasione religiosa e all’etica nonviolenta, primo vincolante passo verso una politica e quindi una realtà davvero nuove. E sembra, proprio oggi, farsi sempre più viva la necessità di una ridiscussione radicale della cultura e della prassi politica, una rilettura in cui la nonviolenza può giocare ruolo determinante se vista, capitinianamente, in tutta la sua religiosa carica rivoluzionaria che “al dilagare del borghesismo edonistico e dell’indifferentismo, sempre utili ai gruppi reazionari, contrasta con tensioni ad alti valori e con continui impegni pubblici, per incessanti riforme nella direzione di sempre maggiori sviluppi delle libertà di informazione, di controllo, di espressione, di associazione, e di sempre maggiori sviluppi di forme socialistiche: tutto ciò arricchisce la società, rende attiva ed eroica la pace” (p. 139).

Indice

Introduzione di Mario Martini, Capitini e l’attualità della nonviolenza
PARTE PRIMA
Le premesse teoriche
Elementi di un’esperienza religiosa
PARTE SECONDA
Argomenti e ragioni della nonviolenza
Il problema religioso attuale
Religione aperta
PARTE TERZA
La nonviolenza attuale
Italia nonviolenta
Aggiunta religiosa all’opposizione
La nonviolenza oggi
PARTE QUARTA
L’impegno nonviolento
In cammino per la pace
Azione nonviolenta
Le tecniche della nonviolenza

L'autore

Aldo Capitini (Perugia 1899-1968) formatosi alla Scuola Normale Superiore di Pisa, fu, assieme a Calogero, il fondatore del Movimento liberalsocialista. La sua opposizione al regime fascista gli valse la prigione. Dopo la liberazione fu docente di filosofia morale all’università di Pisa e di pedagogia prima a Cagliari e poi a Peugia. Fra le sue opere principali: Elementi di un’esperienza religiosa (1937), Saggio sul soggetto della storia (1947), Religione aperta (1955), La compresenza dei morti e dei viventi (1966).

Il curatore

Mario Martini, docente di filosofia morale all’università di Perugia è autore di numerosi studi sul pensiero nonviolento e sulla filosofia di Aldo Capitini. È anche curatore dell’importante raccolta di scritti capitiniani intitolata Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1998.

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