mercoledì 27 aprile 2005

Peirce, Charles Sanders, Scritti scelti, a cura di Giovanni Maddalena.

orino, Utet, 2005, pp. 735, € 79,00

Recensione di Gianfranco Cordì - 27/04/2005

Filosofia teoretica (pragmatismo), Semiotica

Charles Sanders Peirce (Cambridge, Mass. 1839 - Milford, 1914) ebbe un’esistenza tribolata e feconda. Fu chimico, fisico, logico, matematico e geometra per brevi momenti, e in filosofia fondò il pragmatismo e la semiotica. Dalla lettura di questi suoi Scritti scelti collazionati per la Utet da Giovanni Maddalena, quella che emerge è una figura di pensatore sospesa a vari livelli e fra varie argomentazioni. Proprio questa caratteristica afferente al suo “essere sospeso” può essere vista, a una lettura non superficiale, come quella che risalta perspicuamente dal volume in questione. Peirce formula un ossimoro e lo pone alla base della sua teoria. Che cosa ci potrebbe infatti apparire più recondito che legare la sfera della “pratica” a quella delle “concezioni”, cioè della logica, del pensiero, comunque della “teoria”? Peirce, nelle pagine di questo volume, fa proprio questo. La stessa “massima” in cui egli fa consistere il suo pragmatismo ravvisa tale circostanza: “Considerare quali effetti, che possono concepibilmente avere portate pratiche, noi pensiamo che l’oggetto della nostra conoscenza abbia. Allora la concezione di questi effetti è l’intera nostra concezione dell’oggetto” (p. 215). Ci accorgiamo dunque che gli “effetti” vengono collegati all’“oggetto” di ogni nostra elaborazione intellettuale in un connettivo che, potremmo dire in termini di analisi matematica, va a realizzare la seguente proposizione: “Effetto” (con portata pratica) implica “Concezione”.
La realtà cioè genera la teoria in un contesto che è del tutto teorico, che fa uso di mezzi teorici e dentro al quale la stessa realtà è “un’ipotesi di lavoro che proviamo, la nostra disperata minuscola speranza di conoscere qualcosa” (p. 294).
Tutto il pragmatismo di Peirce (che diventerà “pragmaticismo” negli scritti dell’ultimo periodo, quelli cioè redatti dall’aprile del 1905, per differenziarlo da quello di William James, della cui dottrina filosofica Peirce aveva apprezzato “molto alcune parti, mentre giudicai, e giudico, opposte a ogni logica fondata altre parti del suo lavoro”, p. 648) non si allontanerà mai da questa posizione e considerazione portando alle estreme conseguenze quella che era, in ogni caso, una tradizione classica della storia della filosofia: quella dell’empirismo inglese. Dal quale si differenzierà per il diverso concetto dell’“esperienza”: per l’empirismo l’esperienza era solo quella “passata”, per il pragmatismo sarà invece l’apertura verso il “futuro”. Peirce si pone dunque in continuità rispetto a una tradizione di pensiero che in questi Scritti scelti fa risalire a Matteo 7,20 ( “dai loro frutti li riconoscerete”, p.595) al De Anima (432a 3-8) di Aristotele (“Nihil est in intellectu quin prius fuerit in sensu”, ibidem) e alla definizione di “certezza” data da Alexander Bain in I sensi e l’intelletto, ovvero “ ciò sulla scorta di cui un uomo è pronto ad agire” (p. 593). E ciò, nonostante egli stesso nello scritto Uno schizzo di critica logica del 1911 dica in modo esplicito che ha sempre riferito la paternità del suo pragmatismo a “Kant, Berkeley e Leibnitz” (p. 700). Inevitabilmente il pragmatismo ha una ragion d’essere e una ricaduta correntemente effettuale, “pratica”. Ma Peirce, non dimentichiamolo, è un logico. E dunque queste sue pagine usano e definiscono nozioni che vanno da quella di “categoria” (nel corso degli anni e degli studi le Categorie passeranno da cinque a tre: da Essere, Qualità, Relazione, Rappresentazione e Sostanza alle sole Qualità, Relazione e Rappresentazione), a quella di “segno”, a quella di  “deduzione”, “induzione”, “abduzione”, “intuizione”, “abito”, “simbolo” (a sua volta diviso in Termine, Proposizione e Argomento), “indice”, “icona” oltre a molte altre che egli utilizza di continuo. In alcuni casi Peirce conia, per i suoi scopi, anche termini del tutto nuovi; la sua assunzione, in questo senso, è che la filosofia, a differenza ad esempio della letteratura, deve tendere a rinunciare al “bello stile” e orientare invece i propri discorsi su quella che è la “necessità” intrinseca al suo dire. Ma Peirce, lo si diceva, rimane “sospeso”. Un po’ come lo stesso tipo di vita che egli ha condotto, che non gli ha mai consentito di dare alle stampe un’opera in sé organica, a causa di un pudore che fra l’altro Peirce manifesta in maniera diretta in questi Scritti scelti. Pudore verso le opere degli “altri” stampate solo, come diremmo oggi, “per fini commerciali”, un po’ come il complesso stesso delle sue vicende biografiche che l’hanno condotto a un’esistenza sofferta fra miserie e genialità, un po’ come quella che deve essere stata la sua stessa “identità di uomo”, se è vero che a un certo punto scriverà: “L’identità di un uomo consiste nella coerenza di ciò che fa e di ciò che pensa” (p. 143). Peirce è “sospeso” non perché non vada a fondo nelle cose - possiede infatti un metodo rigoroso – e non perché non tragga le dovute conclusioni dalle sue premesse (leggiamo ad esempio quello che alla fine “concluderà” riferendosi alla sua famosa “massima” teoretica: “Nessun desiderio può generare la sua stessa soddisfazione, nessun giudizio si può giudicare vero da se stesso, nessun ragionamento può concludere da se stesso di essere fondato”, p. 476), ma lo è perché il suo spirito vero aleggia e riesce a venir fuori così all’improvviso, proprio nel bel mezzo di una discussione logica per molti versi del tutto astratta. E il suo spirito più vero è proprio quello che lo porta dire che il pragmatismo è “una sorta di attrattiva istintiva per i fatti viventi” (p. 463). Fedele a questo assioma, Peirce estende la sua Weltanschauung all’intera filosofia, la quale “si limita a un esame attento e a una comparazione dei fatti della vita quotidiana così come essi si presentano a ogni persona adulta normale nella maggior parte dei giorni e delle ore della vita cosciente” ( p. 446 ). Ma Peirce non è un romanziere, è uno scienziato. Questi fatti a lui servono solo per trarne leggi generali. E solo di queste egli parla. Più volte ci tiene a ribadire che il “suo” pragmatismo non ha “niente a che fare con le qualità delle sensazioni” (p. 596). Il pragmatismo di Perice è del tutto logico. Di quella logica significativa e particolare per cui “tutte le proposizioni solo legate […] alla totalità degli oggetti reali” (p. 540). E da questi Scritti scelti tale logica emerge nella sua piena specificità. Questa è la “sorpresa” di Peirce, che parte sempre dall’esperienza e, stimandosi fallibile, perviene alla teoria attraverso un senso “sospeso” di transitorietà e di gioia per la conquista ottenuta. “Sorpresa” che non è un caso neppure per il suo stesso argomentare. Nella conferenza intitolata Difesa delle categorie - una delle Harvard Lectures tenute da Peirce tra il 26 marzo e il 15 maggio del 1903 a Cambridge e inserita nella Parte Quarta del volume –  si può leggere infatti: “Tutto ciò che l’esperienza si degna di insegnarci, ce lo insegna per sorpresa” (p. 457).

Indice

Introduzione
PARTE PRIMA. LA SEMIOTICA COGNITIVA DEGLI ANNI SESSANTA
Una nuova lista di categorie
Questioni riguardo a certe pretese capacità umane
Alcune conseguenze di quattro incapacità
Fondamenti di validità delle leggi logiche: ulteriori conseguenze delle quattro
Incapacità
PARTE SECONDA. LA FONDAZIONE DEL PRAGMATISMO NEGLI ANNI SETTANTA
Il fissarsi della credenza
Come rendere chiare le nostre idee
PARTE TERZA. IL RAGIONAMENTO E LA LOGICA DELLE COSE NELLE CAMBRIDGE CONFERENCES DEL 1898
La filosofia e la condotta di vita
Tipi di ragionamento
La logica delle relazioni
La prima regola delle logica
Allenarsi a ragionare
Causalità e forza
Abito
La logica della continuità
PARTE QUARTA. LA LOGICA DELL’ABDUZIONE NELLE HARVARD LECTURES ON PRAGMATISM DEL 1903
[La massima pragmatica]
La fenomenologia
Difesa delle categorie
I sette sistemi della metafisica
[Le tre scienze normative]
La natura del significato
[Pragmatismo inteso come logica dell’abduzione]
PARTE QUINTA. GLI ULTIMI SCRITTI
Pragmatismo
Un argomento trascurato per la realtà di Dio
Saggi sul significato
Delucidazione dell’arte di ragionare
Uno schizzo di critica logica
Un saggio per migliorare il nostro ragionamento in sicurezza e fecondità
Indice dei nomi
Indice delle tavole

L'autore

Charles Sanders Peirce,logico e filosofo americano, nacque nel 1839 e morì il 19 aprile 1914. Studiò all’Università di Harvard e lavorò per il servizio geodesico dal 1859 al 1891. Partecipò alle discussioni del “ Metaphisical Club” ma non riuscì mai pubblicare il suo trattato di logica né a ottenere una cattedra universitaria. Lasciò, alla morte, un solo manoscritto compiuto, The Grand Logic, e numerosi altri che furono acquistati dall’Università di Harvard. Essi furono pubblicati da M.R. Cohen (Chance, love and logic, 1923) e successivamente da C.H. Hartshorne e P. Weiss in Collected papers of C.S.P. (6 voll., 1931-1935).

Links

Scheda sul pragmatismo su Riflessioni.it: www.riflessioni.it/enciclopedia/pragmatismo.htm
Scheda sul pragmatismo americano su Filosofico.net: www.filosofico.net/pragmatismamericano.htm
Sito dedicato a Peirce (in inglese): www.peirce.org

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