Pavia, Associated International Academic Publishers, 2005, pp. xiv+233, € 26.70, ISBN 88-89659-00-9.
Recensione di Enzo Ferrara - 25/07/2005
Etica, Filosofia politica, Filosofia teoretica (tecnica)
Nel giugno 1947, il generale statunitense George Marshall, presentando all’Università di Harvard il celeberrimo Piano per il sostegno alle economie europee, sostenne: “è molto importante che il nostro popolo abbia ben chiaro quali sono i veri problemi, invece di reagire sulla spinta di passioni, pregiudizi, emozioni del momento […]. In pratica è impossibile apprezzare l’intera portata della situazione semplicemente leggendo, ascoltando, o anche guardando fotografie o filmati. Il futuro del mondo, tuttavia, è legato ad un giudizio adeguato”. Nel suo discorso, Marshall intendeva riferirsi soprattutto alle analisi dei problemi economici e degli assetti politici internazionali. Le sue parole assumono però valenza generale e furono profetiche, se riferite all’evoluzione della “società dell’informazione” che si sarebbe affermata in seguito. Con l'aumentare della complessità e degli aspetti internazionali dei temi economici, politici, ambientali ed etici, il problema del "buon giudizio" è sempre più importante e la prospettiva è che, col crescere dell'intrusione della tecnologia nella quotidianità e con la possibilità di interrelazioni ancora un decennio fa inimmaginabili nell'intreccio fra scienza, etica e morale, i nodi che ci troveremo di fronte diventeranno mano a mano più complessi e richiederanno conoscenze sempre più accurate, aggiornate e partecipate.
Per questo sono opportune in questo momento pubblicazioni come Conoscenza come dovere di Lorenzo Magnani, primo volume dell’Associated International Academic Publishers (AIAP), editore fondato esplicitamente per "incoraggiare lo studio di nuove, originali e provocatorie tendenze nei campi della filosofia, della scienza e della tecnologia" e per "promuovere l'ideale di una società di individui liberi e responsabili". Il volume tratta questioni di filosofia, tecnologia ed etica, ponendo fortemente l’accento sulle contraddizioni, ma anche sulle possibilità del nostro tempo, e sottolineando le correlazioni realizzabili fra i diversi temi. Il testo è ricco di citazioni ed esempi e appare attento ad attualizzare problemi maggiormente tipici della filosofia della scienza, specificando che nuove forme di responsabilizzazione sono necessarie. “Nel nostro mondo tecnologico – afferma Magnani - la produzione e l’applicazione di una conoscenza etica, arricchita e aggiornata […], diviene un dovere non meno che nel caso di altri generi di conoscenza, come per esempio quella scientifica […] La tecnologia moderna ha reso la natura oggetto della responsabilità umana e questo ha fatto sì che ora dobbiamo avvicinarci ad essa non soltanto con l’aiuto dell’intelligenza ma anche con quello dell’etica” (p. ix).
Questo genere di esigenza è manifestato da più osservatori. Il primo numero dell’Ecologist italiano si è soffermato sulla tendenza nel mondo occidentale all’apatia e al fatalismo rispetto ai problemi ambientali in generale, e del riscaldamento climatico in particolare. Lo scrittore Bill McKibben, in un articolo intitolato E ci dovremmo preoccupare?, ha sostenuto: "La gente pensa al riscaldamento del globo nello stesso modo con cui pensa alla violenza sugli schermi televisivi oppure al crescente deficit commerciale [...]. Ci troviamo di fronte a un fallimento dell'immaginazione". In un altro articolo sullo stesso numero dell’Ecologist, Il rifiuto e la psicologia dell’apatia climatica, si afferma: “Nel caso del cambiamento climatico possiamo intellettualmente accettare le prove del fenomeno in atto, ma troviamo estremamente difficile accettare la nostra responsabilità per un crimine di tale portata. […] Non riconosciamo neanche l’esistenza di una dimensione morale, con esecutori e vittime identificabili”. Un rilevante sostegno al diniego, si nota ancora, è dato dal fatto che “la grandezza e la natura del problema sono talmente uniche e prive di precedenti che le persone non possiedono i meccanismi culturali per accettarle”.
Su queste riflessioni si innestano i ragionamenti offerti da Magnani. Nei primi due capitoli, Rispettare le cose come persone e Rispettare le persone come mezzi, partendo dalla visione antropocentrica kantiana, l'autore pone l’attenzione sulla necessità di cominciare a considerare alla stregua di persone le “cose” in cerca di valore. In campo ecologico questo suggerimento potrebbe valere per gli animali e le piante, la Terra stessa, gli organismi e gli ecosistemi, facendo eco involontario alla suggestiva ipotesi di Gaia, il pianeta vivente. Poi, provocatoriamente, Magnani rivendica il diritto degli esseri umani a essere rispettati almeno alla stregua di come sono rispettati i beni commerciali nel mondo occidentale. Gli umani, afferma, “devono reclamare valori strumentali e morali già goduti da molte situazioni e oggetti esterni” (p. ix). L’assunto principale è che prendendosi cura delle cose si può meglio prender cura anche delle persone. La riflessione però si spinge oltre, fino alla considerazione della fragilità del limite fra l’accezione di umano e non-umano, fra tecnosfera e biosfera. Nel mondo contemporaneo, tecnologia ed ego si intrecciano inestricabilmente, è sempre più complicato individuare il limite dove ha termine il mondo fisico-elettronico e dove inizia la "persona". Importante, anzi critico, suggerisce Magnani, è lo studio antropologico delle “persone ibride”, proprio per delineare i nuovi temi etici rispetto ad esse.
Il terzo capitolo del libro, Persone ibride, io ibridi, porta il discorso sulle relazioni fra persone e strumenti, fra biologico e non-biologico. Affrontando l’evoluzione della coscienza si rileva che il mondo esterno è analizzato, principalmente, attraverso un insieme condiviso di riferimenti filosofici e scientifici, la conoscenza comune. Il concetto è che le informazioni, le idee (o loro “componenti”) possono essere distribuite e conservate non solo nella mente ma anche al suo esterno: le correlazioni con gli enti esterni capaci di “registrazione memica” (un cielo stellato, un libro, un telefono, un calcolatore, un DVD) creano su diversi livelli, inevitabilmente, un certo grado di cyborgness. Spostando l’attenzione sugli aspetti economici e culturali di questa interrelazione, Magnani osserva che le funzionalità cognitive di taluni artefatti soverchiano quelle umane, e lo stesso vale per il valore economico a esse attribuito. Per questo suggerisce: “Dobbiamo sempre essere in grado [...] di liberarci dalla tecnologia che è comparsa nelle nostre vite” (p. 54), anche solo per questioni di libertà, per disporre del volere conscio e del nostro libero arbitrio. Si tratta anche di conservazione della dignità umana, la perdita del libero arbitrio lascerebbe “spazio forse a nuove creature antropologicamente […] meno interessanti” (p. 58).
Il quarto capitolo, Conoscenza come dovere, riassume il senso del volume: “La moderna tecnologia ha portato a conseguenze sociali ed economiche di tale grandezza che le vecchie politiche ed etiche non sono più in grado di contenere” (p. 87), il diritto-dovere della conoscenza diventa un tema dominante. Sfortunatamente, la conoscenza e la cultura non sembrano più costituire una priorità. Esistono fondi, istituzioni e risorse apparentemente congegnati per produrre attività culturali, ma la cultura è messa a repentaglio: le discipline umanistiche sono quasi senza voce di fronte ai problemi della società, al contempo le conoscenze generate dalla scienza e dalla tecnologia difficilmente possono essere sfruttabili e disponibili per tutti. Occorre ripensare gli obiettivi della razionalità moderna, riscoprendo e riutilizzando i tesori culturali della storia del mondo occidentale. In questo la tecnologia avrebbe un ruolo centrale, ma i progetti politici attorno a essa vanno ricostruiti assieme a una nuova etica della responsabilità.
Nel quinto capitolo, Libertà e responsabilità, il progetto di ricostruzione etica e culturale prende corpo analizzando inizialmente gli atteggiamenti della psiche legati alla cattiva fede o alla falsa coscienza che pongono gli esseri umani in una condizione di rinuncia inconscia della propria libertà e dell’assunzione di responsabilità, perché il contrario sarebbe per loro di troppo peso; la responsabilità è esternalizzata. Per l’istituzione dell’autoinganno, l’aspetto cognitivo e quello emotivo sono fortemente interrelati: si finisce per interpretare un ruolo pesantemente condizionato dall’esterno. Il sotterfugio del relativismo personale diventa un modo di vivere in cui le finzioni, le motivazioni poco limpide e le finzioni dominano le interazioni fra gli esseri umani, come risultato la libertà delle transizioni interpersonali si prosciuga. In questo capitolo, il paragrafo Rispettare le persone come cose nelle guerre si sofferma a ragionare sul fatto che, paradossalmente, cose, animali ed esseri umani sembrano assumere valore soprattutto dopo che sono diventati corpi morti e luoghi distrutti. Il rimando alla cattiva fede in questo caso è legato alla negazione psicologica degli orrori della guerra: “L’uccisione degli esseri umani […] è un pensiero troppo opprimente per alcune persone che preferiscono quindi giocare il ruolo fittizio della cattiva fede piuttosto che accrescere il grado di consapevolezza riguardo la complessità della situazione della guerra” (p. 142). Provocatoriamente, Magnani propone una sorta di ambientalismo della guerra, osservando che nel pensiero occidentale i viventi prossimi all’estinzione diventano importanti.
Definiti i meccanismi della de-responsabilizzazione, conscia o inconscia, si passa alla selezione dei percorsi per una ricostruzione della moralità e dell’etica. Il sesto capitolo, Creare l’etica, appare di stretta attualità: il concetto di moralità è affrontato e definito attraverso casi esemplari di cronaca riguardanti i rapporti fra malattia, tecnologia biomedica ed eutanasia, il diritto alla vita e la sua "santità" anche in condizioni estreme di diversità e disagio. Magnani, non scordando le correlazioni fra aspetti cognitivi ed emotivi, tenta di mostrare come sia possibile creare e selezionare le ragioni con un approccio schematico: il ragionamento morale model-based. “Quando creiamo nuova etica produciamo nuova conoscenza e nuove regole [...]. In breve, forniamo nuove ragioni” (p.147). Il tema della necessità di operare anche nell’incompletezza delle informazioni è ribadito, assieme alla necessità di mettere a confronto soluzioni alternative, affrontando l’identico problema con prospettive differenti, pur nello stesso ambito e ambiente.
Nell’ultimo capitolo, Inferire ragioni, l'autore tenta di rendere in pratica quanto enunciato in precedenza e suggerisce modi e mezzi (ragionamento abduttivo, mediatori epistemici) che a partire dal ragionamento model-based sappiano portare ad applicare le buone ragioni elaborate. Tre problemi emergono: i) le ipotesi morali sono molteplici; ii) la conoscenza deve essere accresciuta, creando nuova cultura di fronte a situazioni ambigue e critiche (ecologia, biotecnologia, cibernetica, situazioni ibride); iii) senza uno sforzo nel ragionamento ogni azione morale per quanto ben disposta può risultare inefficace.
Nella società moderna manca un discorso all’altezza della sfida bioetica contemporanea, non ossessionato dalla contrapposizione con le gerarchie religiose. In questa situazione attecchiscono e prosperano le “guerre culturali” che gettano discredito sull’intera tradizione critica della modernità. Le sfide economiche, tecnologiche e ambientali del presente impongono un’etica della responsabilità che gran parte della società ha cessato di fare proprie. Conoscenza come dovere rovescia prospettive filosofiche tradizionali di fronte all’analisi spregiudicata di noi esseri umani, cyborg involontari, avviluppati, ormai, con le tecnologie. Il testo, pur molto scorrevole, mantiene una sua specificità accademica e scolastica; non si tratta di una lettura per tutti, ma principalmente per studiosi del pensiero, della scienza, della politica.
Indice
Prefazione
Rispettare le persone come cose
Trattare le persone come mezzi
Persone ibride, io ibridi
Conoscenza come dovere
Libertà e responsabilità
Creare l’etica
Inferire ragioni
L'autore
Lorenzo Magnani insegna "Logica ed epistemologia" al Dipartimento di Filosofia dell'Università di Pavia, dove dirige il "Laboratorio di filosofia computazionale", occupandosi di logica, etica e filosofia della scienza, di scienze cognitive e delle relazioni fra filosofia e intelligenza artificiale.
Il capitolo IV del libro: http://www.aia-company.com/PUBB/sample/conoscenza2.pdf
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