Recensione di Francesco Tampoia – 11/10/2005
Filosofia politica (geopolitica, tolleranza), Sociologia (globalizzazione)
Nel momento in cui gli attuali sistemi di pensiero totalizzanti, iperrazionalistici e tecnologici, soprattutto quando, nella esasperata versione analitica, si dimostrano incapaci di fornire risposte adeguate ai problemi concreti degli individui che si interrogano sulla loro provenienza e sul loro destino, come di recente ha detto Giuseppe Patella in un convegno internazionale su Vico, si impone la riscoperta di un pensiero, quello vichiano, concentrato sullo studio dell’uomo ad impatto trans-disciplinare, con gli strumenti della storia, della filosofia, dell’antropologia, della poetica, della politica e del diritto. E in effetti, ripensando a Vico, oggi, riusciamo a cogliere innegabili affinità tra la sua filosofia, nella pressante, reiterata attenzione e ricerca sull’uomo e alcuni tratti del postmoderno.
Si ispira a Vico, al quale ha dedicato la sua tesi di dottorato (Hermeneutics in the Philosophy of G. Vico), Emanuel De Vanna Paparella nella prima parte del libro, disegnando l'area entro cui intende muoversi: il razionale e il poetico nella cultura occidentale, area per incontri multidisciplinari, zona di confine tra filosofia, letteratura, poesia, mito, diritto, religione e morale, cronaca e storia. Scelta che richiede, ovviamente, un particolare genere di scrittura, una scrittura e un modo di pensare ai margini tra filosofia e letteratura, con saggi che ricordano, come scrive Francesco Bonavita nella Preface, l'atteggiamento mentale e lo stile del grande Michel de Montaigne, scevro, tuttavia, da ipoteche scetticheggianti, e dettato da sincera fiducia nelle idee, nella forza delle idee.
I saggi, di varia lunghezza, segnati dal contesto in cui sono stati scritti, composti in un lasso di tempo che va dal 2000 al 2004, (per inciso alcuni riportano l’atmosfera e lo spirito che ha animato il dibattito on-line nel sito http://www.europa.eu.int/futurum/forum, dando all’intero volume il tono di vivacità e immediatezza che lo caratterizza), ruotano intorno al paradigma vichiano del novantico.
Nella ricorsiva ispirazione ai classici, nel socratico interrogare e conversare, spostandosi nel labirinto della civiltà occidentale, da Omero a Socrate, da Dante a Vico, a una lunga teoria di scrittori e filosofi, Paparella privilegia il riferimento fugace, rapido, leggero, il dialogo aperto e pensoso con un sottilissimo tocco d'ironia, quel tanto che basta a non appesantire la prosa, a cercare, soprattutto, l'incontro con il lettore e, nel contempo, lasciarlo perfettamente libero nelle sue valutazioni.
Come in un lungometraggio di storia delle idee, nei trentuno saggi, di cui si compone il libro, sfilano le origini greche della scienza e della democrazia occidentale, ciò che dobbiamo alla Grecia, ciò che forse ci ha più profondamente distinti rispetto al resto dell'umanità: la disciplina del Pensiero e lo straordinario esempio di perfezione in tutti i campi, il metodo nel pensare e giudicare che tende a riferire ogni cosa all'uomo nella sua globalità. Poi le radici cristiane dell'Europa, così profonde e incancellabili, il cristianesimo delle origini, destabilizzante nei confronti della religione latina, e che, tuttavia, fermenta nel solco tracciato dalla civiltà latina: universale questa, universale il Cristianesimo nel suo messaggio evangelico. E poi le idee d'Europa, mentre è in fieri l’Unione Europea, elaborate negli ultimi decenni, in un dibattito divenuto spesso puro esercizio retorico, armamentario vecchio e impolverato da decostruire e interpretare, che sicuramente va sgombrato da ombre e fraintendimenti.
La prima parte, focalizzata tutta su Vico, analizza il paradigma vichiano di novantico che, tradotto in termini attuali, suona come un back to the future e, praticato nella riflessione sulla Nuova Europa, porta a “the awareness, that is, that paradoxically the emerging new Europe is neither old nor young, but novantina” (Introduction to the Reader, XXVII).
Paparella scrive che “Vico boldly turns the Greek-Cartesian view of history upside-down. History for him is not only a possible, but a privileged object of science. From a noetic standpoint, he sees the natural sciences as burdened by a lack of the truth…But Vico proceeds to draw a revolutionary conclusion from such an idea, and it is this: if knowledge is knowledge of causes and we can speak of thruth only in as much as we can establish those causes, then properly speaking, we may know fully only what we ourselves are the causes of something” (p. 13). Schema storico e filosofia della storia, che l’A. ribadisce, quasi circolarmente,anchepiù avanti “It seems that to discover such a soul the way forward is the way “back to the future” leading not to making new things but in the biblical injunction of making everything new: novantica” (p. 62).
La seconda parte del volume tratta nello specifico delle idee d’Europa, dell’identità culturale europea e della sua decostruzione.
A partire da Dante e Petrarca, lungo l’Umanesimo e il Rinascimento si è realizzata una compiuta sintesi di Antichità e Cristianesimo nella quale Virgilio occupa una posizione chiave, rappresenta, con il viaggio di Enea da Troia al Lazio, il passaggio della civiltà occidentale da Oriente a Occidente, e anticipa la successiva fusione europea di latinità e Cristianesimo. Come argomentato da storici e filosofi, da Husserl e da Gadamer questa linea ideale della storia dell’Occidente con il Seicento viene a perdere la sua posizione egemone per la svolta della rivoluzione scientifica e del cartesianesimo, cui seguono le tappe della rivoluzione francese, l’età del positivismo e del nichilismo europeo. Di qui la configurazione bipolare dell’identità culturale europea, alla maniera di Giano bifronte, in due distinti modi di intendere la vita e la realtà, due diversi paradigmi: a) quello umanistico e storicistico alla Vico, b) quello scientifico, cartesiano e illuministico della scienza e della tecnica.
Propenso ad accentuare la diversità tra i due paradigmi, Paparella, riferendosi al mondo classico, in cui umanesimo e studio della natura confluiscono in un unico sapere, non nega che abbiano avuto origine comune. Cita un saggio di Klaus Held, The origin of Europe with the Greek Discovery of the world, in cui è un felice richiamo alle origini greche dell’Europa, con la conclusione, per l’Europa di oggi, che “a European community grounded only in political and economic cooperation of the member states would lack an intrinsic common bond. It would be building upon sand. This can be avoided only if the Europeans once again seize the opportunity to recall the grounding spirit of their culture through the process of political and economic integration: the wonder and modest awe of natality” (p. 74; cit. in Klaus Held, The origin of Europe with the Greek Discovery of the world, in «Epoché», 7/1 (2002), p. 102).
Nella parte più specificamente filosofica del volume Paparella presenta un lungo e articolato excursus storico-filosofico, partendo da Leibniz e Hegel, fino a Nietzsche, Husserl, Heidegger, Ortega y Gasset, Gadamer, Habermas, Derrida.
Spostando l’attenzione alla realtà attuale, nel terzo capitolo commenta il dibattito precedente e successivo alla firma della Costituzione europea, le discussioni, la travagliata bozza, le difficoltà per superare le demagogiche istanze di alcuni, le residuali incomprensioni nazionalistiche, con la nota finale: “A Constitution is not a treaty among States but a social compact among people” (p. 156); e in effetti la Costituzione, non approvata da tutti gli stati, è giuridicamente un trattato.
Tema caro, forse quello che più sta a cuore, dal punto di vista specificamente politico, a Paparella è il Transatlantic Dialogue, cui è dedicata la parte quarta del libro con circa 70 pagine. È svolto seguendo diversi percorsi, storici, economici, antropologici, politici, culturali con riferimenti alla storia e cronaca ultima, tutti orientati alla costruzione di solidi ponti tra le due sponde atlantiche, europea e americana. In un momento storico in cui il dialogo transatlantico appare un dialogo tra sordi per le contrastanti e diverse valutazioni geopolitiche, Paparella accenna al dibattito seguito alla pubblicazione del libro Of Paradise and Power di R. Kagan e al noto slogan, apparso su molti giornali, all’indomani della dichiarazione di guerra all’Irak, per il quale Americans are from Mars, Europeans from Venus. Aggiunge considerazioni sulla politica interna degli Stati Uniti e sulle posizioni dei due principali partiti politici: repubblicano e democratico.
Lo snodo di tutta la ricerca, tuttavia, è il V capitolo, interessante e propositivo, in cui Paparella va a individuare un’eventuale interfaccia tra religione e democrazia, religione e politica che possa assicurare un futuro di pace, solidarietà e prosperità non solo ai due continenti, ma anche all'intero pianeta. Si tratta di un link che porta a un nuovo umanesimo cristiano, impegnato a incontrarsi, come sostenuto da più parti, dallo stesso Papa Giovanni Paolo II, con le altre religioni (leggi la Dichiarazione del Parlamento delle religioni mondiali, tendente a fissare le regole basilari di un ethos mondiale). Anche se le radici culturali dell’Europa sono visibili nel medioevo, un nuovo umanesimo cristiano, secondo Paparella, non deve proporsi il ritorno nostalgico a una storica Europa cristiana, né può ripetere pari pari i percorsi dei vari Abelardo, S. Bernardo, S. Tommaso o dopo di loro, di T. Moro, per fare un esempio dell’età moderna. Non rientrerebbe nemmeno nella concezione vichiana, cara all’A., dei corsi e ricorsi storici. Tanto meno può essere un post-cristianesimo. È, invece, un nuovo umanesimo dinamico, che si ri-genera a partire dal Concilio Vaticano II.
Nella sua problematica ricerca di un’interfaccia tra democrazia e religione Paparella attinge anche alla Dichiarazione di Indipendenza americana, documento base della democrazia occidentale, e conclude scrivendo che l’interfaccia risiede nel riconoscimento reciproco delle due sfere: che il nuovo umanesimo cristiano riconosca liberamente la conformità della Dichiarazione dei diritti dell’uomo all’idea di uomo cristiano, e viceversa che le democrazie riconoscano la conformità dei loro fondamenti all’idea di uomo cristiano, direzione nella quale la Summa theologiae di S. Tommaso rappresenta un grandioso e illuminante sforzo (pp. 242-245).
Se la costruzione di una futura federazione europea (come fonte di legittimità giuridica) non può appellarsi direttamente né alla religione, né a una religione o famiglia di confessioni religiose, ma solo al diritto dell’uomo, si deve riconoscere tuttavia che i valori di cui si sostanzia e in cui si radica tale diritto possono avere sorgenti e nutrimenti diversi da quelli puramente razionali. I diritti dell’uomo sono sacri, come insegna Kant, perché ogni essere umano deve essere sacro per ogni altro essere umano. La religione non può appoggiarsi sul potere o sull’autorità civile, perché deve proporsi come libero invito alla libera coscienza, altrimenti cessa non solo di essere amabile ma di essere condivisione di fede motivata interiormente.
L’appello di Paparella ai valori cristiani e universali, a prescindere dalla loro diretta provenienza, non è rivolto a un astratto mondo platonico. Sostenuto dalla fede è un invito a non nascondersi, a esprimere e praticare apertamente e liberamente le proprie idee, se non si vuol cadere nell'ipocrisia. Vale, naturalmente, per la religione cattolica (la sua), per qualsiasi altra religione che propone valori universali e può provarli alla luce della ragione. L’Europa di oggi e di domani ha il dovere di rispondere al richiamo della memoria europea, deve essere reattiva contro ogni forma di omologazione, livellamento, neutralizzazione dell’uomo-altro, come ha scritto sapientemente Derrida, deve tollerare e rispettare tutto ciò che non si colloca sotto l'autorità della ragione. Può essere la fede, le diverse forme di fede, possono essere anche dei pensieri.
In un momento storico di crisi di valori, di incertezza per il futuro si tratta di un messaggio forte, che trova sostentamento in una cristiana Weltanschauung dell'Occidente. Messaggio che si inserisce, a pieno diritto, nel vivace e attuale concerto a più voci sull'identità culturale europea, sul Dialogo Transatlantico.
Indice
List of Illustrations
Preface
Acknowledgments
Introduction and Invitation to the reader
Part 1: The poetical/Rational within Western Culture
Part 2: The idea of Europe
Part 3: On the European Union’s Constitution
Part 4: The vicissitudes of the Transatlantic Dialogue
Part 5: The Interface of Religion and Democracy within Western Culture
Epilogue
Appendix: The European Union’s Political System
L'autore
Emanuel De Vanna Paparella, già professore di lingua e letteratura italiana all’Università di Puerto Rico, ha pubblicato il volume Hermeneutics in the Philosophy of G. Vico. Ha conseguito un M. Phil, un Dottorato Ph. D. in Italian Humanism alla Yale University, un M. A. al Middlebury College e un B. A. (Philosophy Maior) al St. Francis College. Ha tradotto dall’italiano in inglese le seguenti opere: Vittorio Possenti’s Philosophy and Revelation, Ashgate Publishing London 2001, e l’opera di Diego Fabbri’s Jesus on Trial, in corso di stampa. Dal 2000 ha partecipato con numerose pubblicazioni, letture e interventi al dibattito sull’Unione Europea.
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