mercoledì 21 dicembre 2005

Rousseau, Jean-Jacques, Il contratto sociale.

Rousseau, Jean-Jacques, Il contratto sociale.
Milano, Rizzoli, 2005, pp. 271, € 7,00, ISBN 88-17-00269-0.

Recensione di Gianfranco Cordì – 21/12/2005

Storia della filosofia (moderna), Filosofia politica

Rizzoli pubblica questa nuova edizione del Contratto sociale (BUR, 2005), curata da Roberto Gatti, consistente in una nuova traduzione, un inedito apparato di note, ed un utile «Lessico minimo del Contratto sociale» posto alla fine del volume e nel quale vengono chiariti i concetti fondamentali dell’opera.
Al di là dell’evidente statura classica dell’opera, l’edizione costituisce un’occasione interessante per un confronto con le principali tematiche che Rousseau mette in gioco al fine di stabilire le condizioni per le quali la società, dopo essere caduta in un’artificiale degenerazione, può ritornare alla propria condizione naturale.
Dal nostro punto di vista, resta cruciale l’individuazione, da parte del ginevrino, dello specifico propriamente politico. Rousseau afferma infatti, in prima istanza, di supporre «gli uomini giunti a quel punto in cui gli ostacoli che si frappongono alla loro conservazione nello stato di natura prevalgono con la loro resistenza sulle forze che ogni individuo può impiegare  per mantenersi in tale stato» (p. 66). Dunque, per conservarsi in esso gli uomini non hanno «più altro modo» (p. 66) che quello di «formare, aggregandosi, una somma di forze che possa avere la meglio sulla resistenza» (p. 66). L’atto che costituisce tale aggregazione o associazione crea quella «persona pubblica» (p. 68) chiamata dal pensatore ginevrino «Repubblica o corpo politico» (République, Corps Politique, p. 68). La dimensione politica ha dunque il senso fondamentale, e forse paradossale, di consentire l’affermazione del naturale, altrimenti inattingibile.
La Repubblica, che ha come principio la virtù, a seconda che sia «attiva» o «passiva» sarà da intendere quale «Sovrano» (Souverain, p. 68), ovvero «l’insieme degli individui riuniti nell’assemblea in qualità di “cittadini” che deliberano sulle leggi» (p. 268); o quale «Stato» (État, p. 68) nel caso in cui venga invece intesa «come l’insieme degli individui che obbediscono, in qualità di “sudditi”, alle leggi» (p. 269). Decisivo è, naturalmente, che il Sovrano sia diretto dalla volontà generale (Volonté Générale) – uno dei passaggi più cruciali e discussi della filosofia politica russoviana (e della filosofia politica tout court). Stando a quanto dice Rousseau, ciò avviene in questo modo: «ciascuno di noi mette in comune la sua persona e tutto il suo potere sotto la suprema direzione della volontà generale, e noi, costituiti in corpo, riceviamo ogni membro quale parte indivisibile del tutto» (p. 67). Ovvero: «istantaneamente, al posto della persona singola di ciascun contraente, quest’atto di associazione produce un corpo morale e collettivo composto da tanti membri quanti sono i voti dell’assemblea, il quale riceve da questo stesso atto la sua unità, il suo io comune, la sua vita e la sua volontà» (p. 68). 
Ne segue che dal contratto (patto) sociale, tramite la volontà generale, l’individuo destinato altrimenti a non potere mentenersi nello stato di natura rafforza la propria capacità di resistere alla forza perversa della civiltà: esso è «difeso» (p. 66) e «protetto» (p. 66) nella sua «persona» (p. 66) e nei suoi «beni» (p. 66). D’altra parte (e decisivamente, visto che l’ottica di Rousseau resta quella di una ricongiunzione anzi identificazione di libertà e virtù), «ognuno, unendosi a tutti, non obbedisce tuttavia che a se stesso e [rimane] libero come prima» (p. 66).
Dunque, la condizione (sapientemente costruita ed artificiale) secondo la quale la società può ritrovare la propria condizione naturale è appunto il contratto sociale. L’aspetto paradossale di questo passaggio è probabilmente il segreto del fascino e dello stesso rilievo di Rousseau. Tramite esso, il ginevrino fonda «in maniera “legittima” l’associazione politica, cioè non in base alla “forza” ma al diritto» (p. 5), come giustamente rileva Roberto Gatti nel suo saggio dal titolo Rousseau: la politica come libertà che fa da Introduzione al volume di cui si discute.
Tale introduzione è ricca anche di indicazioni molto utili sulla questione dei rapporti che il contrattualismo di Rousseau ha con quelli di Hobbes e Locke (alla nota numero 32 di pagina 212 è, inoltre, sviluppato il «confronto» con un altro modello di contrattualismo che riveste, a giudizio di Gatti, «una particolare rilevanza teorica per la comprensione del Contratto sociale»: quello di Pufendorf). Ed infine, il sesto paragrafo dell’Introduzione, dal titolo Rousseau e noi: modelli di democrazia,menziona «un percorso di riflessione possibile» (p.37) che fa riferimento ad un «confronto in atto nella filosofia pubblica contemporanea» (p. 37): si tratta di quello proposto da Jürgen Habermas nel suo libro L’inclusione dell’altro (Feltrinelli, 1998). 
L’attualità di Rousseau non può che uscire confermata, non solo da queste aperture contemporanee che sottolineano la sua capacità di suscitare conseguenze anche nell’attuale contesto della riflessione politica; ma anche, e forse soprattutto, dalla sua dimensione classica, ribadita dalle virtualità, ed ambiguità, del suo capolavoro.

Indice

Introduzione di Roberto Gatti
Profilo biografico
Bibliografia essenziale
Nota editoriale
IL CONTRATTO SOCIALE
Avvertenza
Libro I
Libro II
Libro III
Libro IV
Note

Lessico minimo del Contratto sociale

L’autore

Jean-Jacques Rousseau nasce a Ginevra nel 1712. Alla nascita, rimane orfano della madre; presto perde anche il padre. Studia latino e musica. E’ precettore a Lione (1740), copista di musica a Parigi (1741), segretario a Venezia (1743) del signore di Montaigu, ambasciatore del Re di Francia. Scrive un’opera lirica: “Le muse galanti” (1745) che fa rappresentare. Su invito di Diderot redige alcune voci di argomento musicale per l’”Enciclopedia” . Compone il “Discorso sulle scienze e le arti” (1750), causato da una dissertazione preparata, e poi premiata, ad un concorso bandito dall’Accademia di Digione. Scrive il “ Discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza fra gli uomini” (1755) , “Giulia o la Nuova Eloisa”(1761), “Il contratto sociale” (1762) e l’”Emilio o dell’educazione” (1762): Muore a Ermenonville presso Senlis nel 1778.

Links

Nessun commento: