Recensione di Federico Zuolo - 10/03/2006
Filosofia politica, Storia della filosofia (antica)
Il pregio e la scommessa di questo libro stanno nel cercare di indagare un problema sia dal punto di vista storico che teorico. Il problema in questione è la sfida che Trasimaco pone a Platone nel primo libro della Repubblica. Questa sfida non è una qualsiasi ma la sfida alla possibilità stessa di una posizione autenticamente fondata sulla giustizia. Dunque, la posizione trasimachea non è una posizione qualsiasi che si contrappone ad altri punti di vista ma la sfida alla possibilità stessa della filosofia politica. L’intento dell’autore è di mostrare come nelle figure chiave della filosofia politica si riproponga il problema di Trasimaco da Platone fino ai nostri giorni.
Il primo capitolo analizza la tesi di Trasimaco nel primo libro della Repubblica. In realtà la tesi di Trasimaco è un insieme, anche problematico e contraddittorio, di tre tesi che possono essere distinte: che il giusto sia l’utile del più forte (t1), che la giustizia sia in realtà un bene d’altri (t2), che il giusto sia nell’obbedire ai governanti (t3). Queste tre tesi vanno tenute distinte dall’affermazione di Callicle nel Gorgia, secondo cui la giustizia politica sia una sopraffazione da parte della moltitudine dei deboli a danno dei più forti per natura. Infatti, la tesi calliclea è una posizione normativa sulla preferibilità del naturale sul convenzionale (opposizione nomos-physis); invece la tesi di Trasimaco si contrappone a tutte le posizioni normative perché da un lato è uno smascheramento di tutte le pretese di legittimità degli ordini politici, dall’altro perché afferma una sorta di positivismo giuridico assoluto. Infatti, il potere secondo Trasimaco è al di qua del giusto e dell’ingiusto.
Il secondo capitolo presenta una sintetica carrellata della questione trasimachea nella storia della filosofia politica, le cui figure salienti sono Machiavelli, Hobbes, Rousseau, Nietzsche, Marx e Weber. Le diverse soluzioni alla sfida di Trasimaco delineano le differenti risposte alla domanda fondamentale sulla legittimità dell’ordine politico: visto che la vita civile comporta inevitabilmente una componente di costrizione, e quindi di violenza, ci deve essere un modo affinché la costrizione non sia pura violenza ma istituzione di un ordine giusto. Machiavelli è il più vicino alla tesi trasimachea poiché analizza la natura del potere come capacità di avere successo sulla fortuna, ma non riduce la politica a pura tecnica di dominio e cerca di individuare lo spazio di un’agire politico in funzione del bene comune. Hobbes, invece, propone la prima grande risposta a Trasimaco dell’età moderna attraverso la sintesi di giusnaturalismo e giuspositivismo: l’assolutezza del potere sovrano non è basata sull’imposizione ma su una teoria della scelta razionale. In Rousseau il problema si presenta come la possibilità da parte dell’uomo corrotto e civilizzato di ritornare a una seconda bontà naturale grazie a un ordine politico legittimo in cui suddito e sovrano coincidano. Nietzsche riprende il valore smascheratore della tesi sofistica ma risulta più vicino alla posizione di Callicle che a quella di Trasimaco. Marx, invece, propone l’unico grande superamento della tesi sull’ingiustizia del potere: la società comunistica dovrà essere un superamento dell’oppressione insita in ogni forma statale comparsa nella storia. Infine, Weber, in quanto più grande oppositore di Marx, teorizza l’ineliminabilità della coercizione dall’agire politico e quindi l’impossibilità di accedere a un giusto assoluto, poiché non si può uscire dalla storia.
Venendo agli autori contemporanei il problema di Trasimaco si ripropone soprattutto nella teoria dell’agire comunicativo di Habermas. Una comunicazione volta all’intesa, scevra di ogni elemento strategico o strumentale, è l’esigenza insita nella stessa pratica della comunicazione. Ma, riconosce lo stesso Habermas, la comunicazione è sottoposta alla contingenza della situazione, delle credenze e delle intenzioni degli attori. Quindi la teoria dell’agire comunicativo è sospesa tra la pretesa della purezza e il riconoscimento di un’inevitabile contaminazione comunicativa.
In conclusione, la sfida che Trasimaco pone alla filosofia politica è ineludibile e insuperabile allo stesso tempo, perché è la sfida alla possibilità di un ordine politico giusto. In questo senso l’ombra di Trasimaco è il limite della filosofia politica. All’autore va riconosciuto il merito di porre al centro la questione teorica, ma va rilevato il fatto che la trattazione rischia a tratti di sembrare una semplice carrellata di diverse posizioni interpretative. Tuttavia, vi sono numerosi spunti brillanti e l’autore riesce ad essere preciso e non banale pur essendo molto sintetico.
Indice
Presentazione
Capitolo primo. Trasimaco, l’“ombra di Platone” sulla storia della filosofia politica
Capitolo secondo. Figure trasimachee nella storia della filosofia politica
Capitolo terzo. Trasimaco e Platone: alle origini della filosofia politica
Conclusioni
Bibliografia
L'autore
Luca Mori si è laureato in filosofia all’Università di Pisa. Collabora alle riviste «Teoria» e «Il Grandevetro».
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