Recensione di Maurizio Brignoli 24/06/2006
Filosofia della scienza, storia della filosofia, matematica
I Manoscritti matematici di Marx, pubblicati per la prima volta a Mosca in traduzione russa nel 1933, contengono i lavori Sul concetto di funzione derivata e Sul differenziale, scritti nel 1881, oltre a diversi abbozzi ed aggiunte, in cui Marx elabora la sua interpretazione del calcolo differenziale e illustra il metodo da lui scoperto. Anche se l’interesse di Marx per la matematica risale agli anni Quaranta, e la rilettura nel 1859 delle parti della Logica di Hegel destinate al calcolo differenziale stimolerà ulteriori ricerche, è soprattutto negli ultimi anni della sua vita che Marx si dedica sistematicamente alla matematica ed in particolare al calcolo differenziale.
Il lavoro di Marx è collocabile all’interno di un’indagine di matematica pura il cui obiettivo è giungere a fondare in modo “non mistico” il calcolo infinitesimale: “La consolazione a cui si aggrappano alcuni matematici razionalizzanti, cioè che dy e dx sarebbero in realtà soltanto infinitamente piccoli e che il loro rapporto sarebbe solo tendente a 0/0, è una chimera” (p. 51). Le derivate e i differenziali non sono entità metafisiche dotate di esistenza propria, quantità né finite né nulle, ma sono simboli di operazioni che Marx cerca di definire collocandosi, come aveva già notato Lucio Lombardo Radice, sulla linea di pensiero della definizione operativa che porta ad Einstein e Wiener.
A Marx interessa un’analisi operativa del passaggio da una funzione y = f(x) alla sua derivata. Per ottenere le derivate bisogna “porre x1 = x, quindi in senso strettamente matematico x1 – x = 0, lasciando perdere le frottole di una approssimazione soltanto infinita” (p. 53); non vi è insomma nulla di simbolico nella derivata. I coefficienti differenziali simbolici (du/dx, dz/dx) – che vengono al mondo unici, una sorta di “figure d’ombra senza corpo” (p. 67), coefficienti differenziali simbolici senza differenziale reale – devono divenire oggetto e contenuto dell’operazione differenziale e non semplicemente risultato simbolico della stessa. Col metodo di Marx, prima di tutto i coefficienti differenziali simbolici e le variabili diventano elementi contenutistici della derivazione; in secondo luogo non devono essere trovate le espressioni simboliche per i coefficienti reali (f’(x)), ma il coefficiente differenziale reale corrispondente alla sua espressione simbolica; infine, le espressioni differenziali simboliche finiscono per svolgere il ruolo di simboli che indicano reali operazioni differenziali e non sono più il risultato simbolico delle operazioni differenziali eseguite con la reale funzione x.
Il volume presenta poi un progetto di storia del calcolo differenziale, contenuto in una successiva e più completa edizione sovietica del 1968, ed altri abbozzi ad esso collegati, risalenti agli anni Settanta e Ottanta, sui teoremi di Taylor e Mac Laurin. Marx riassume la storia del calcolo differenziale in tre periodi, basati rispettivamente sul metodo mistico di Newton e Leibniz, sul metodo razionalistico di D’Alembert ed Eulero e su quello puramente algebrico di Lagrange.
Con Newton e Leibniz il differenziale dx viene posto tramite una definizione metafisica: le espressioni differenziali valgono come formule di operazioni per trovare un equivalente reale. Esse diventano cioè simboli di operazioni senza che emerga la loro origine algebrica. I differenziali di y vengono posti “fin da principio per definizione come esistenze autonome, separate dalle grandezze variabili, da cui risultano, senza che siano fatti derivare attraverso un qualsiasi procedimento matematico” (p. 128). Il differenziale “mistico” innanzitutto esiste e solo in seguito viene definito. Newton e Leibniz introducono inoltre quantità reali infinitamente piccole, incorrendo in tutta una serie di difficoltà sul piano di un calcolo rigorosamente matematico: “le grandezze infinitamente piccole sono grandezze così come lo sono quelle infinitamente grandi (l’espressione infinitamente piccolo intende dire nient’altro che indeterminatamente piccolo); perciò dy, dx, ecc., figurano nel calcolo alla stessa maniera delle grandezze algebriche ordinarie, e nella equazione sopra considerata, (y + k) – y ovvero k = 2x dx + dx dx, dx dx ha lo stesso diritto di esistenza di 2x dx: ma la cosa più strana è il ragionamento attraverso cui esso viene violentemente soppresso, cioè appunto in base al fatto che viene utilizzata la relatività del concetto di infinitamente piccolo” (p. 132). Marx nega dunque l’esistenza di quantità infinitamente piccole ma non nulle.
Con Newton e Leibniz si procede insomma con presupposti non dimostrati e con procedure che contrastano le leggi matematiche, come quando si ricorre a “giochi di prestigio” per far sparire errori di calcolo o si sopprimono violentemente i termini che sono d’ostacolo e che non appartengono realmente alla derivata, la quale viene invece determinata in maniera puramente sperimentale: “Che questo risultato matematicamente corretto si basasse sul presupposto altrettanto matematicamente del tutto errato che x1 – x = Δx sarebbe, dal principio, x1 – x = dx, non si sapeva. Altrimenti si sarebbe ottenuto lo stesso risultato non mediante un gioco di prestigio ma attraverso una operazione algebrica di tipo assai semplice e restando nel campo matematico” (p. 144). Col metodo di Newton e Leibniz si ottengono così risultati veri da premesse false.
D’Alembert approda invece al metodo razionalistico. Parte, come Newton e Leibniz, da x1 = x + dx, ma opera una correzione fondamentale: x1 = x + Δx, dove Δx, pur essendo una quantità indeterminata, costituisce comunque un incremento finito (eliminando così il problema dell’infinitamente piccolo). Inoltre, il differenziale non è il punto di partenza del calcolo, bensì quello d’arrivo e D’Alembert non è così costretto a sopprimere i termini delle equazioni, se non attraverso corrette operazioni matematiche.
Con Lagrange si cerca di approdare ad una fondazione del calcolo differenziale su basi puramente algebriche. Mentre gli scopritori del calcolo ed i loro successori facevano dei simboli differenziali il punto di partenza del calcolo, Lagrange parte dalla derivazione algebrica delle funzioni reali e considera i simboli differenziali espressioni puramente simboliche delle funzioni derivate. Il grande merito di Lagrange è, secondo Marx, di aver introdotto il concetto di funzioni derivate e di aver fornito lo sviluppo puramente algebrico di tutte le funzioni possibili di (x + h) con potenze ascendenti intere positive. Marx però individua anche i limiti di questo lavoro: Lagrange non chiarisce il rapporto fra il teorema del binomio e quelli di Taylor e Mac Laurin, da cui egli stesso parte; inoltre, si libera sì di tutto ciò che gli sembra trascendenza metafisica, ma ciò “non evita che egli abbia costantemente bisogno, nell’impiego della sua teoria e riguardo alle curve, ecc., dell’una o dell’altra di queste idee metafisiche” (p. 170). Marx quindi non si arresta, nella sua concezione del calcolo differenziale, alle posizioni di Lagrange.
Secondo Augusto Ponzio, che ha curato la traduzione e l’edizione dei Manoscritti matematici marxiani, questi testi possono essere considerati in riferimento alla teoria e alla storia del calcolo infinitesimale, ma anche in relazione al rapporto con la dialettica e all’impalcatura matematica dell’analisi economica marxiana.
Come evidenziato da Ponzio, la specificità dell’analisi di Marx risiede nell’aver evidenziato il carattere dialettico del calcolo differenziale come condizione della sua scientificità. Come già sottolineato da Engels nell’Anti-Dühring (opera alla quale, ricordiamo, ha collaborato lo stesso Marx), la matematica delle grandezze costanti si muove nei limiti della logica formale, mentre quella delle grandezze variabili, ed in particolare il calcolo infinitesimale, costituisce l’applicazione della dialettica ai rapporti matematici. Si tratta di mostrare come nell’operazione differenziale operi la negazione della negazione e, secondo Marx, ciò risulta chiaramente se si procede per via rigorosamente matematica: “Porre in un primo tempo la differenziazione e successivamente rimuoverla di nuovo porta dunque letteralmente a nulla. Tutta la difficoltà nella comprensione dell’operazione differenziale (come in generale in quella della negazione della negazione) consiste precisamente in ciò: nel vedere come essa si distingua da tale semplice procedura e conduca perciò a risultati effettivi” (pp. 49-50). dy/dx non è semplicemente un simbolo di 0/0 ma è un simbolo del processo da cui scaturisce 0/0. Il carattere dialettico del calcolo emerge nel momento in cui si passa dalla mistica ad una matematica rigorosa. Solo procedendo dall’interno della matematica è possibile mostrarne il carattere dialettico senza giustapposizioni o semplici analogie.
Per quanto riguarda l’applicazione della matematica nella teoria economica, si tratta per Marx di realizzare un uso critico dei modelli matematici, a differenza di quanto fa la scuola marginalista. Ponzio sostiene che Marx aveva presumibilmente in mente la costruzione di una teoria matematica dell’economia politica, un progetto di realizzazione di modelli matematici dinamici. I marginalisti (Jevons, Marshall, Walras, Pareto) si limitano ad applicare le procedure matematiche senza assumere un punto di vista critico sui presupposti e la logica di queste stesse procedure, laddove invece la critica marxiana della dialettica può essere intesa come una critica generale del ragionamento aprioristico. Come aveva già sottolineato l’economista marxista Giulio Pietranera, i marginalisti, attraverso termini “rigorosamente” scientifici, filtrano, non mediati, gli aspetti della vita economica concreta. Nelle moderne teorie economiche vi è così una connessione fra una visione feticistica del mercato ed una visione feticistica del simbolo matematico.
Indice
Introduzione. I manoscritti matematici di Marx di Augusto Ponzio
Due manoscritti sul calcolo differenziale.
Abbozzi e aggiunte concernenti il lavoro Sul differenziale
Sulla storia del calcolo differenziale
Il teorema di Taylor, il teorema di Mac Laurin e la teoria di Lagrange delle funzioni derivate
Aggiunte al manoscritto Sulla storia del calcolo differenziale e analisi del metodo di D’Alembert
Links
Testo di Sul concetto di funzione derivata con introduzione di Lombardo Radice http://www.fisicamente.net/index-682.htm
Dizionario Marx-Engels http://www.argument.de/wissenschaft
Marx-Engels [Mega – opere] http://www.marxforschung.de/home.htm
Testi marxisti (in italiano) http://www.bibliotecamarxista.org/
Marxists Internet Archive http://www.marxists.org/
Centro studi Marxhaus http://www.fes.de/marx
8 commenti:
Per aiutare a considerare il tutto dalla parte giusta invio questa mia considerazione ed osservazione:
Hanno contenuto numerico sia quantità fisiche che quantità fisico-matematiche che quantità matematiche ma le quantità fisiche e le quantità matematiche non coincidono nella fisica che studia della materialità anche energia. La psicologia empirica è uno studio di sole energie per tramite di consustanzialità soggetto-soggetto di studioso e studio e Marx non tollerava il linguaggio psicologico occidentale tipico, classico o preciso, tanto che il suo antagonismo materialista dipendeva da questo odio ed era orientaleggiante più dello stesso ebraismo di sua provenienza. Il totalitarismo comunista per intolleranza e prepotenza non accettava la definizione di antagonismo per il sistema marxista.
Inoltre la scienza fisica non aveva ancora teorie specifiche su energie (ovviamente) materiali. Costruendo dialettica materialista Marx la omologava a fisica gravitazionale ma senza trovarvi corrispondenza perché conosceva il calcolo infinitesimale nella pratica economica che resta fondata su equabilità, internamente in espressione chiusa, esternamente in espressione non chiusa. Cioè se: A , vale internamente, dunque non hanno senso economico corrispondenti successioni separate al , a2 , ... a(N) mentre ne hanno senso esternamente. Marx conobbe l'applicazione economica del calcolo infinitesimale ed usava studiare la economia secondo parametri scientifici fisici in quel periodo noti evidentemente e senza competenza scientifica isolata ma solo per competenza scientifico-tecnica. Da questo presupposto si può dedurre anche il perché della sua costruzione matematica differenziale, che è una versione congrua, non teoria speciale, valida per scopi economici interni scientifico-tecnici cioè palesemente inadatta sia a valutazioni generali per ambienti economici particolari sia a valutazioni particolari per ambienti economici generali. Per tal motivo nello studiare validamente economie euroasiatiche in Europa Marx disponeva di strumento adatto solo per gli àmbiti economici terziari perché questi ridotti a particolari convenzioni senza rinvenimenti ed allargati a generali riferimenti senza deferimenti. Non a caso le Autorità che lo invitavano ad includere nei suoi studi sui capitali ed il capitalismo distinzioni criminologiche non riuscirono ad ottenere attenzione richiesta e Marx supportò con suo filosofeggiare una rivendicazione economica iniqua l perché critica ed aggressiva indistintamente, cioè avendo tratte conclusioni accomunando decisivamente realtà economiche criminali e non criminali. Chi faceva lui notare che le leggi servivano la sua causa meglio dei suoi proclami, lui non intendeva in tutto.
V'era anche ostinazione a non prendere atto per antioccidentalismo e filo-orientalismo, poi caduta dopo aver constatato disastri ed essersi rinnegato. Ma ciò accadde operativamente senza riscontri pubblici di opere intellettuali fino a sua morte prematura.
MAURO PASTORE
Nel mio messaggio la espressione riportata: 'a1', il secondo elemento è la cifra uno, cioè 1.
Tra due parole, 'iniqua' e 'perché', v'è un segno in più che non va considerato. Si legga: iniqua perché.
MAURO PASTORE
Reinvio messaggio con testo corretto e migliorato:
Per aiutare a considerare il tutto dalla parte giusta invio questa mia considerazione ed osservazione:
Hanno contenuto numerico sia quantità fisiche che quantità fisico-matematiche che quantità matematiche ma le quantità fisiche e le quantità matematiche non coincidono nella fisica che studia della materialità anche energia. La psicologia empirica è uno studio di sole energie per tramite di consustanzialità soggetto-soggetto di studioso e studio e Marx non tollerava il linguaggio psicologico occidentale tipico, classico o preciso, tanto che il suo antagonismo materialista dipendeva da questo odio ed era orientaleggiante più dello stesso ebraismo di sua provenienza. Il totalitarismo comunista per intolleranza e prepotenza non accettava la definizione di antagonismo per il sistema marxista.
Inoltre la scienza fisica non aveva ancora teorie specifiche su energie (ovviamente) materiali.
Costruendo dialettica materialista Marx la omologava a Logica di fisica gravitazionale ma senza trovarvi corrispondenza perché conosceva il calcolo infinitesimale nella pratica economica che resta fondata su equabilità, internamente in espressione chiusa, esternamente in espressione non chiusa. Cioè se: A , vale internamente, dunque non hanno senso economico corrispondenti successioni separate a1 , a2 , ... a(N) mentre ne hanno senso esternamente. Marx conobbe l'applicazione economica del calcolo infinitesimale ed usava studiare la economia secondo parametri scientifici fisici in quel periodo noti evidentemente e senza competenza scientifica isolata ma solo per competenza scientifico-tecnica. Da questo presupposto si può dedurre anche il perché della sua costruzione matematica differenziale, che è una versione congrua, non teoria speciale, valida per scopi economici interni scientifico-tecnici cioè palesemente inadatta sia a valutazioni generali per ambienti economici particolari sia a valutazioni particolari per ambienti economici generali. Per tal motivo nello studiare validamente economie euroasiatiche in Europa Marx disponeva di strumento adatto solo per gli àmbiti economici terziari perché questi ridotti a particolari convenzioni senza rinvenimenti ed allargati a generali riferimenti senza deferimenti. Non a caso le Autorità che lo invitavano ad includere nei suoi studi sui capitali ed il capitalismo distinzioni criminologiche non riuscirono ad ottenere attenzione richiesta e Marx supportò con suo filosofeggiare una rivendicazione economica iniqua perché critica ed aggressiva indistintamente, cioè avendo tratte conclusioni accomunando decisivamente realtà economiche criminali e non criminali. Chi faceva lui notare che le leggi servivano la sua causa meglio dei suoi proclami, lui non intendeva in tutto.
V'era anche ostinazione a non prendere atto per antioccidentalismo e filo-orientalismo, poi caduta dopo aver constatato disastri ed essersi rinnegato. Ma ciò accadde operativamente senza riscontri pubblici di opere intellettuali fino a sua morte prematura.
MAURO PASTORE
Reinvio messaggio con testo corretto e migliorato e ricorretto (maiuscola convertita in minuscola).
(Purtroppo mentre scrivo ricevo continuamente tedi non solo sonori che assieme alle difficoltà derivanti dalla disumana formattazione automatica del mio dispositivo non mi consentono opportunamente più di tanto.)
Per aiutare a considerare il tutto del contenuto fondamentale della recensione dalla parte giusta invio questa mia considerazione ed osservazione:
Hanno contenuto numerico sia quantità fisiche che quantità fisico-matematiche che quantità matematiche ma le quantità fisiche e le quantità matematiche non coincidono nella fisica che studia della materialità anche energia. La psicologia empirica è uno studio di sole energie per tramite di consustanzialità soggetto-soggetto di studioso e studio e Marx non tollerava il linguaggio psicologico occidentale tipico, classico o preciso, tanto che il suo antagonismo materialista dipendeva da questo odio ed era orientaleggiante più dello stesso ebraismo di sua provenienza. Il totalitarismo comunista per intolleranza e prepotenza non accettava la definizione di antagonismo per il sistema marxista.
Inoltre la scienza fisica non aveva ancora teorie specifiche su energie (ovviamente) materiali.
Costruendo dialettica materialista Marx la omologava a logica di fisica gravitazionale ma senza trovarvi corrispondenza perché conosceva il calcolo infinitesimale nella pratica economica che resta fondata su equabilità, internamente in espressione chiusa, esternamente in espressione non chiusa. Cioè se: A , vale internamente, dunque non hanno senso economico corrispondenti successioni separate a1 , a2 , ... a(N) mentre ne hanno senso esternamente. Marx conobbe l'applicazione economica del calcolo infinitesimale ed usava studiare la economia secondo parametri scientifici fisici in quel periodo noti evidentemente e senza competenza scientifica isolata ma solo per competenza scientifico-tecnica. Da questo presupposto si può dedurre anche il perché della sua costruzione matematica differenziale, che è una versione congrua, non teoria speciale, valida per scopi economici interni scientifico-tecnici cioè palesemente inadatta sia a valutazioni generali per ambienti economici particolari sia a valutazioni particolari per ambienti economici generali. Per tal motivo nello studiare validamente economie euroasiatiche in Europa Marx disponeva di strumento adatto solo per gli àmbiti economici terziari perché questi ridotti a particolari convenzioni senza rinvenimenti ed allargati a generali riferimenti senza deferimenti. Non a caso le Autorità che lo invitavano ad includere nei suoi studi sui capitali ed il capitalismo distinzioni criminologiche non riuscirono ad ottenere attenzione richiesta e Marx supportò con suo filosofeggiare una rivendicazione economica iniqua perché critica ed aggressiva indistintamente, cioè avendo tratte conclusioni accomunando decisivamente realtà economiche criminali e non criminali. Chi faceva lui notare che le leggi servivano la sua causa meglio dei suoi proclami, lui non intendeva in tutto.
V'era anche ostinazione a non prendere atto per antioccidentalismo e filo-orientalismo, poi caduta dopo aver constatato disastri ed essersi rinnegato. Ma ciò accadde operativamente senza riscontri pubblici di opere intellettuali fino a sua morte prematura.
MAURO PASTORE
Dalla recensione deduco che Karl Marx (ma già ne avevo dedotto tanto tempo addietro considerandone soltanto l'operato politico-filosofico) non conosceva distinzione sufficiente tra matematica applicata e teoria matematica degli infinitesimi e non aveva operato la distinzione tra la assunzione fisica della applicazione e la applicazione interna a stessa teoria scientifica matematica.
Infatti eludeva i riferimenti o le operazioni di integrazione del calcolo infinitesimale non trovando coincidenza tra precisione matematica e definizione fisico-matematiche, non intendendo il differente approccio agli Infinitesimi di Leibniz che era matematico e di Newton che era fisico-matematico ed interpretando riduzionisticamente la riconcettualizzazione illuministica dell'Infinito matematico potenziale, interpretandola cioè quale metodo per formulare una identità alfanumerica tra infinito matematico attuale relativo non solo attuale ed Infinito matematico potenziale.
Marx inoltre aveva una concezione positivista del calcolo matematico ed anche per questo studiando economia non aveva o non riconosceva (a seconda dei rifiuti arbitrari e delle scelte obbligate) esigenza di valutare le non identità alfanumeriche. Parte della cultura matematica durante Illuminismo non trovava applicazioni utili dell'Infinito attuale e alcuni filosofi poi lo interpretarono solamente o solo attraverso le applicazioni note.
Il Secolo dei Lumi era razionalmente anche assolutista per certi aspetti ma il post-illuminismo non ne aveva tutto per intero raccolto le eredità intellettuali. La nozione di Infinito attuale fu rifiutata o dimenticata da ambienti parzialmente competenti e ciò corrispondeva a divisioni politiche e quando la Insiemistica pervenne a formulazioni proprie di Infinito attuale ed Infinito potenziale le parti politiche restatene polemicamente senza persero dominio tecnologico e la tecnocrazia che ne seguì i destini decadde e tale decadenza è ancora oggi in atto e non è restata confinata soltanto al mondo del socialismo reale.
MAURO PASTORE
Il rapporto alfanumerico privilegiato da Marx era adatto alla analisi delle economie terziarie. Questa analisi privilegiata ha evidente premessa culturale nella cultura religiosa talmudica, che era di ambienti euroasiatici con forti esigenze di conoscere gli ambienti urbani e civili europei in contatto con altri dell'Asia. Tali ambienti urbani e civili di interesse fondamentale per i talmudisti non includevano i borghi ma Karl Marx era restato influenzato dalla cultura talmudica senza averne inteso motivazioni religiose e soprattutto dopo averne rigettato la spiritualità di origine e ne aveva trasformato la sapienza in informazione a prescindere da verifiche di utilità effettiva e secondo altre influenze culturali, dal panteismo; e trovato cronache passate di economie borghesi ne aveva dedotto sistema di informazione nozionisticamente valido solamente linguisticamente. Alle volute del linguaggio applicava le proprie costruzioni matematiche ridotte e sufficientemente coerenti per economie terziarie e ne traeva false conclusioni perché anacronistiche o senza reale topografia. L'apporto di Engels funzionava specularmente coincidenzialmente e la lingua tedesca non era stabilizzata del tutto pur essendo stabile,quindi nessuno riusciva a trovare discorsi precisi per far presente ai due quali fossero vere realtà economiche terziarie borghesia; finanche i discorsi e i libri usati da Marx e dai suoi seguaci parevano orologi intelligenti che ne attestavano probità ed invece era una grande coincidenza negativa per l'Europa politica e culturale che prevaleva.
Le efficaci, ma controvertibili perché basate su equivalenze soggettivamente valide ed oggettivamente nulle, limitate applicazioni matematiche di Karl Marx, erano fatte valere da coincidenze e giochi di poteri estranei ad interessi europei talché alla soggettività era appaiata e confusa oggettività non oggettità.
Difatti i pensieri matematici di Karl Marx sono validi analiticamente entro parzializzazioni economiche non per parzialità né per parti economiche e non servono neanche per descrivere censi, tanto che nel marxismo la classe sociale ed il ceto sociale sono equiparati-omologati ma ciò non vale per descrivere una economia borghese neppure matematicamente.
Sfuggendo oggetto di odio, l'odio antiborghese non pareva tale; ugualmente se agli elementi alfanumerici di un calcolo economico marxista non si specificano le esclusioni sembrerebbe una formula economica politicamente valutabile anche senza esserlo o parrebbe una estraneità indifferente ed invece essendo con svantaggio per la vita o una prospettiva senza possibilità economiche vitali. Di questi inganni ed illusioni profittò il razzismo sociale che pervase marxismo-comunismo e totalitarismo comunista e che procurò milioni di morti tra cui tanti e diversi innocenti.
MAURO PASTORE
Nell'ultimo testo che ho inviato c'è uno spazio mancante dopo una virgola e una preposizione articolata mancante, ecco frase intera:... economiche terziarie della borghesia.
Per comodità di lettura reinvierò testo emendato.
MAURO PASTORE
Il rapporto alfanumerico privilegiato da Marx era adatto alla analisi delle economie terziarie. Questa analisi privilegiata ha evidente premessa culturale nella cultura religiosa talmudica, che era di ambienti euroasiatici con forti esigenze di conoscere gli ambienti urbani e civili europei in contatto con altri dell'Asia. Tali ambienti urbani e civili di interesse fondamentale per i talmudisti non includevano i borghi ma Karl Marx era restato influenzato dalla cultura talmudica senza averne inteso motivazioni religiose e soprattutto dopo averne rigettato la spiritualità di origine e ne aveva trasformato la sapienza in informazione a prescindere da verifiche di utilità effettiva e secondo altre influenze culturali, dal panteismo; e trovato cronache passate di economie borghesi ne aveva dedotto sistema di informazione nozionisticamente valido solamente linguisticamente. Alle volute del linguaggio applicava le proprie costruzioni matematiche ridotte e sufficientemente coerenti per economie terziarie e ne traeva false conclusioni perché anacronistiche o senza reale topografia. L'apporto di Engels funzionava specularmente coincidenzialmente e la lingua tedesca non era stabilizzata del tutto pur essendo stabile, quindi nessuno riusciva a trovare discorsi precisi per far presente ai due quali fossero vere realtà economiche terziarie della borghesia; finanche i discorsi e i libri usati da Marx e dai suoi seguaci parevano orologi intelligenti che ne attestavano probità ed invece era una grande coincidenza negativa per l'Europa politica e culturale che prevaleva.
Le efficaci, ma controvertibili perché basate su equivalenze soggettivamente valide ed oggettivamente nulle, limitate applicazioni matematiche di Karl Marx, erano fatte valere da coincidenze e giochi di poteri estranei ad interessi europei talché alla soggettività era appaiata e confusa oggettività non oggettità.
Difatti i pensieri matematici di Karl Marx sono validi analiticamente entro parzializzazioni economiche non per parzialità né per parti economiche e non servono neanche per descrivere censi, tanto che nel marxismo la classe sociale ed il ceto sociale sono equiparati-omologati ma ciò non vale per descrivere una economia borghese neppure matematicamente.
Sfuggendo oggetto di odio, l'odio antiborghese non pareva tale; ugualmente se agli elementi alfanumerici di un calcolo economico marxista non si specificano le esclusioni sembrerebbe una formula economica politicamente valutabile anche senza esserlo o parrebbe una estraneità indifferente ed invece essendo con svantaggio per la vita o una prospettiva senza possibilità economiche vitali. Di questi inganni ed illusioni profittò il razzismo sociale che pervase marxismo-comunismo e totalitarismo comunista e che procurò milioni di morti tra cui tanti e diversi innocenti.
MAURO PASTORE
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