martedì 6 giugno 2006

Nussbaum, Martha C., Capacità personale e democrazia sociale, a cura di Gianfrancesco Zanetti.

Reggio Emilia, Diabasis, 2005, pp. 196, € 14,20, ISBN 88-8103-269-4.

Recensione di Isabella Vanni – 06/06/2006

Filosofia politica

Il volume raccoglie tre saggi di Martha Nussbaum elaborati e pubblicati in occasioni diverse - Four Paradigms of Philosophical Politics (2000), Nature, Function and Capabilities: Aristotle and Political Distribution (1990) e Aristotelian Social Democracy (1990) –, una breve introduzione di Stefano Bertea e una bibliografia essenziale delle opere filosofico-politiche dell’autrice. Nel complesso, esso costituisce un agile e utile strumento introduttivo all’opera di quest’originale filosofa politica americana, ormai piuttosto nota anche in Italia.
Se il fine della politica è migliorare le condizioni di vita dei cittadini, allora essa non può fare a meno del contributo della filosofia: questo, si può dire in sintesi, il cuore del primo saggio, Quattro modelli di filosofia politica, nel quale, richiamandosi a Socrate, Platone, Aristotele e ai filosofi stoici, Nussbaum raccomanda di recuperare il significato che in epoca classica era attribuito alla filosofia, vale a dire ‘arte di vivere’, e di tenere in debita considerazione i benefici effetti che essa può apportare alla prassi politica. A tale raccomandazione si accompagna la consapevolezza di un problema essenziale: la necessità di delineare, e circoscrivere, l'ambito d'azione dei filosofi e della filosofia nella sfera pubblica, al fine di evitare derive tiranniche (l'autrice rinnova qui la classica critica alla Repubblica di Platone e al controllo assoluto sui cittadini che vi detenevano i governanti-filosofi). La soluzione consiste, da un lato, nell'accogliere a fondamento delle istituzioni politiche solo quei principi filosofici che siano suscettibili di ricevere l'adesione critica di tutti (trascurando il mutare stagionale delle maggioranze e delle loro preferenze), dall’altro nel chiedere al filosofo di improntare il proprio lavoro al valore politico del rispetto, offrendo la sua competenza in termini di persuasione etica e non d'imposizione dogmatica. Prima di affrontare il discorso sulla concezione aristotelica della ridistribuzione politica, ampiamente analizzata e sviluppata nei due saggi successivi, dove largo spazio è dedicato anche al confronto con il punto di vista liberale, vorrei richiamare l'attenzione sulle considerazioni suggerite all'autrice dal modo degli stoici di intendere il ruolo politico della filosofia. Quest'ultima, secondo gli stoici, non doveva limitarsi a fornire proposte di carattere normativo, ma doveva in primo luogo depurare la comunità dalle passioni degenerate, dimostrando come esse fossero socialmente costruite e, quindi, superabili. L'approccio ‘terapeutico’ degli stoici, finalizzato alla razionalizzazione di una vita pubblica inquinata dal desiderio di fama personale e dalla disponibilità a sopraffare il prossimo pur di ottenerla, traeva origine dal riconoscimento della pari dignità umana, e dalla convinzione che tutti fossero idonei al raggiungimento della virtù. Per la filosofa americana, ciò apre interessanti prospettive sul versante dell'educazione alla convivenza civile, laddove problemi come il pregiudizio razziale possono essere risolti alla radice se affrontati a partire dalla corretta immagine che dovremmo avere dell'‘altro’, piuttosto che puntando sulla mera inibizione del desiderio irrazionale di provare odio per un nostro simile. L’apprezzamento di Nussbaum per lo spirito cosmopolita che permea il pensiero degli stoici testimonia un approccio alla teoria politica attento ai contributi che questa può fornire al dibattito tra culture e società diverse. L’autrice sostiene infatti che una teoria della giustizia dovrebbe essere considerata tanto più pregevole quanto più si dimostri capace di rappresentare una base adeguata per il dialogo internazionale e interculturale, senza rinunciare per questo all’individuazione di universali culturali.
L’approccio di ispirazione aristotelica della Nussbaum trova il suo presupposto nella volontà di individuare gli aspetti della vita umana che possono essere riconosciuti come fondamentali per la realizzazione personale da qualsiasi tipo di cultura - e di descrivere le condizioni materiali e istituzionali che consentono a ciascun individuo di vivere pienamente quegli aspetti, affidando alla politica il compito di soddisfarle. Per una prospettiva liberale quale quella di Rawls, che vede nella neutralità l’unica garanzia possibile per il rispetto del fatto del pluralismo, l’applicazione della concezione ‘sostanziale’ del bene di derivazione aristotelica coinciderebbe necessariamente con una negazione dell'autonomia morale del singolo; il pluralismo e la libertà di scelta sarebbero invece garantiti solo se si adottasse una concezione ‘sottile’ del bene, cioè se ci si limitasse a individuare i beni ‘primari’ di cui ciascuno vorrebbe poter disporre in quantità il più possibile elevata perché giudicati necessari per la realizzazione del proprio progetto di vita, qualunque esso sia. La politica, in questo caso, avrebbe il compito di assicurarsi che tutti possiedano la quantità minima necessaria di tali beni. Nussbaum si preoccupa di evidenziare i limiti della posizione liberale. Relativamente alla teoria ‘sottile’ del bene, la filosofa richiama l'attenzione sull'impossibilità di attribuire un valore intrinseco a risorse che di per se stesse sono strumentali (quali il reddito, la ricchezza, la proprietà ecc.), e sottolinea la necessità, per qualsiasi governo, di domandarsi "quali sono le sfere della vita umana in relazione alle quali le risorse vanno distribuite" (p. 119) (il che equivale a fare i conti con una concezione del bene che non è ‘sottile’). Inoltre, è fatto notare come la libertà di scelta sia in definitiva solo prospettata, ma non garantita, da un approccio che non fornisce al legislatore indicazioni su come sviluppare la capacità di scelta degli individui e che non riserva alla politica un ruolo decisivo nell'offerta delle opzioni disponibili (in assenza delle quali tale capacità - e la libertà ad essa collegata - non potrebbe essere esercitata). Questo aspetto è invece cruciale nella proposta teorica di Nussbaum. L'adozione di un approccio aristotelico, lungi dal condurre all'elaborazione di una concezione particolare del bene da imporre con atteggiamento paternalistico ai cittadini, finisce per valorizzare al massimo grado proprio il ragionamento pratico, un ‘potere’ distintivo dell'uomo la cui riconosciuta peculiarità di intervenire in ogni attività fondamentale della vita umana fornisce un motivo sufficiente per chiedere alla politica di porsi come obiettivi principali la promozione del suo sviluppo e la creazione/preservazione delle condizioni che consentono il suo pieno esercizio (il quale può legittimamente concretizzarsi anche nella scelta di non fare uso delle proprie capacità o delle opportunità che ci sono offerte). Si tratta di richieste cariche di significato: rimandano infatti a una concezione istituzionale del Welfare che non ammette l'intervento dello Stato a posteriori, vale a dire solo quando ci si accorge che un determinato cittadino ‘non ce la fa’ (ottica, questa, di chi concepisce lo Stato sociale soprattutto come rete di sicurezza). La politica fallisce il suo scopo, avverte la Nussbaum, se non vigila costantemente affinché non si instaurino condizioni sfavorevoli alla piena realizzazione dei consociati, perché è solo garantendo a ciascuno di loro la possibilità di vivere una vita autenticamente umana che essa realizza una società di eguali. Cosa impedisce al liberalismo di riconoscere la ragionevolezza dell'approccio aristotelico? La pensatrice americana coglie il motivo di tale riluttanza nella consuetudine di porre l'accento sull'autonomia morale dell'individuo, trascurando il rapporto di profonda interdipendenza che esiste fra quest'ultimo e il mondo naturale. Prima ancora di essere un soggetto che ha bisogno di risorse per realizzare il proprio progetto di vita, l'essere umano è infatti "una creatura che vive nel mondo provvista tanto di determinati poteri essenziali quanto di non irrilevanti necessità" (p. 175): il suo bene, pertanto, non può prescindere dal complesso sistema di relazioni che si instaurano fra lui e gli elementi variabili che sono nel mondo (Nussbaum porta come esempi il cibo, l'acqua, l'alloggio, ma anche gli amici, le persone amate, la propria comunità di appartenenza, valorizzando così l'altro elemento distintivo dell'essere umano: il senso di affiliazione verso i propri simili).
Va da sé che una concezione della ridistribuzione politica come quella proposta da Nussbaum attribuisce un'importanza cruciale al sistema di educazione pubblica, ed è significativo il fatto che la pensatrice americana escluda a priori una logica di tipo meritocratico in tale ambito: se l'obiettivo è distribuire a tutti i consociati le capacità funzionali a una piena realizzazione personale, allora il legislatore ha l'obbligo di preoccuparsi maggiormente per coloro che non sono ancora in grado di realizzarsi compiutamente, "piuttosto che quello di migliorare la situazione di chi è già in condizioni prossime all'eccellenza, qualora questi due obiettivi entrino in competizione tra loro" (p. 172). Quest’ultima considerazione non è che uno dei tanti indizi della volontà di suggerire alla politica un nuovo modo, possibilmente più ‘ragionevole’ e più condivisibile rispetto ad altri, per guardare ai problemi della giustizia e dell'uguaglianza.

Indice

Introduzione di Stefano Bertea

Quattro modelli di filosofia politica

Natura, funzione e capacità: la concezione aristotelica della ridistribuzione politica

Una concezione aristotelica della socialdemocrazia

Bibliografia essenziale delle opere filosofico-politiche di Martha Nussbaum

L'autrice

Martha Nussbaum insegna Diritto ed Etica all'Università di Chicago.

Links

Bibliografia degli scritti della Nussbaum fino al 2000:
Martha Nussbaum’s home page:

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