Recensione di Giuliano Manselli – 15/01/2007
Metafisica, Pragmatismo, Linguaggio
Il pensiero post-metafisico di J. Habermas si caratterizza sia per la complessità dei temi trattati che per la particolare struttura del testo. Si tratta, infatti, di una raccolta di saggi scritti dall’autore tra il 1986 e il 1988 che, seppur concepiti come autonomi, vengono ora articolati in tre parti seguendo un filo logico discorsivo comune, che ruota attorno al concetto fondamentale di ragione comunicativa. L’opera in questione si situa, concettualmente, dopo quel mutamento di paradigma che, nell’ambito della cosiddetta “svolta linguistica” della filosofia contemporanea, aveva caratterizzato il pensiero di Habermas a partire dagli anni ’70, e che si era incarnata in Teoria dell’agire comunicativo (1981) attraverso la messa a punto di una teoria pragmatica del linguaggio, cioè di una teoria che tenesse nella dovuta considerazione il rapporto tra il linguaggio e il soggetto che ne fa uso.
In Il pensiero post-metafisico Habermas riprende e chiarisce tale approccio teorico nel tentativo di rinvenire un concetto di razionalità capace di sintetizzare le opposte posizioni del contestualismo e dell’universalismo, senza però cadere in quelle forme di ritorno alla metafisica o di radicalizzazione del relativismo che caratterizzano il pensiero post-metafisico.
Sotto questo aspetto nella parte prima del libro, dal significativo titolo Ritorno alla metafisica?, appare chiaro l’intento dell’autore di portare una critica forte contro quelle tendenze che, nell’epoca del disincanto post-metafisico, proponevano una mera restaurazione della tradizione metafisica. Come lo stesso Habermas ricorda alla fine del libro, nell’appendice “Ritorno alla metafisica? Una recensione collettiva”, attraverso le parole di Schnädelbach: “a meta del XIX secolo(…) il pensiero sistematico e orientato verso il mondo nel suo complesso, si vide per la prima volta sfidato, anzi precipitato in una crisi d’identità ad opera della razionalità procedurale di una scienza sperimentale che si era venuta a qualificare attraverso propri metodi di ricerca”(p. 262), ma, per reazione contro le stesse reazioni prodotte da questa crisi di autocomprensione della filosofia, non mancò chi auspicò una riabilitazione di un sapere totalizzante e omnicomprensivo di stampo metafisico.
Tuttavia, la critica di Habermas non si esaurisce qui, egli si confronta anche con quelle posizioni che, sempre a partire dalla crisi del pensiero metafisico, si erano sviluppate attraverso una radicale critica della ragione approdando ad una sorta di relativismo nichilistico o di disfattistico pluralismo. Ed è proprio in questo confronto che l’autore pone le basi per la chiarificazione della sua teoria dell’agire comunicativo che occupa tutta la parte seconda del libro dal titolo La svolta pragmatica. In tale contesto egli rivendica l’universalità della ragione comunicativa: la logica intersoggettiva della comunicazione che permette l’intesa sulla base di regole o pretese universali, testimonia la presenza di un’istanza di razionalità comune a tutti i soggetti. Quella di Habermas è una pragmatica formale che studia le condizioni universali e necessarie che stanno alla base di ogni possibile comunicazione linguistica rivolta all’intesa, costituite perciò da una peculiare forma di sapere riflesso condiviso da tutti i parlanti. Indubbiamente per l’autore, che si pone così nell’ambito del dibattito attuale sulle teorie del significato e dell’azione, “solo la svolta linguistica nella filosofia ha messo a disposizione quei mezzi concettuali, grazie ai quali è possibile analizzare la ragione incarnata nell’agire comunicativo”(p. 47); ma questo “concetto di agire comunicativo deve potersi confermare alla prova della teoria sociologica dell’azione… che rende accessibile la dimensione dello sfondo della vita”(p. 72). La svolta pragmatica si compie così attraverso la reinterpretazione del concetto husserliano di mondo della vita come orizzonte o sfondo dell’agire comunicativo, cioè come supporto o retroterra di ogni agire rivolto all’intesa: “il mondo della vita è presente in maniera implicita e preriflessiva; ciò che lo contraddistingue è innanzitutto la modalità della certezza immediata. Ciò conferisce un carattere paradossale a quel sapere al quale aderiamo senza distanza, quando viviamo, facciamo esperienza, parliamo ed agiamo”(p. 89). Allo stesso tempo il mondo della vita rappresenta quel serbatoio nel quale si conservano le tradizioni culturali, si stabilizza l’integrazione sociale e si confermano le identità individuali. E’ in questo senso che l’autore definisce la società come mondo della vita simbolicamente strutturato: “le componenti del mondo della vita risultano dalla continuità –tramite cui si mantiene- del sistema vigente(…) e dalla formazione di attori capaci di intendere e di volere. La rete della prassi comunicativa quotidiana si estende attraverso il campo semantico dei contenuti simbolici, così come nelle dimensioni dello spazio sociale e del tempo storico, costituendo il medium attraverso cui cultura, società e strutture della personalità si formano e si riproducono”(p. 94). Habermas propone così l’idea di un soggetto “pubblico” strutturato in termini linguistici, ossia il concetto della comunità linguistica come luogo in cui, e attraverso cui, la coscienza si costituisce. In tal modo l’intersoggettività diviene il frutto del processo comunicativo, senza che però i soggetti perdano la loro individualità ed identità personale.
La parte terza del libro, Tra metafisica e critica della ragione, pur riprendendo gli argomenti dei capitoli precedenti, appare meno omogenea. I saggi che la compongono trattano infatti singoli temi specifici. Nel primo, dal titolo L’unità della ragione nella molteplicità delle sue voci, il filosofo polemizza con quelle posizioni contestualistiche profondamente critiche verso un concetto di ragione universale. A suo parere invece, “nella possibilità dell’intesa linguistica noi possiamo ricavare un concetto di ragione situata, che fa sentire la propria voce in pretese di validità dipendenti dal contesto, ma che nello stesso tempo lo trascendono: questa ragione comunicativa è immanente, nel senso che non può essere trovata al di fuori dei concreti giochi linguistici e istituzioni, ma è nello stesso tempo trascendente, è un’idea regolativa, verso cui noi ci orientiamo quando critichiamo le nostre attività”(p. 175). O ancora: “la ragione comunicativa è certo come una buccia galleggiante – tuttavia essa non annega nel mare delle contingenze, anche quando il tremito per il mare grosso diventa l’unico modo di “dominare” le contingenze”(p. 181). Attraverso questa metafora Habermas sembra voler suggerire così che la ragione comunicativa non sia altro che l’estremo tentativo di salvare la razionalità da una critica della ragione che finisce per distruggere se stessa.
In Individuazione tramite socializzazione. Sulla teoria della soggettività di George Herbert Mead l’autore si occupa del problema dell’inesprimibilità dell’individuale. Nella lettura habermasiana Mead ha per primo approfondito il modello intersoggettivo dell’Io socialmente prodotto capace però di essere autonomo. Per Mead infatti il “Me” rappresenta i comportamenti e gli atteggiamenti sociali fatti propri dall’individuo, mentre l’ “Io” sarebbe la risposta del “Sé” ai condizionamenti sociali, la sua capacità di reazione; per cui se senza il “Me” non si costituirebbe la soggettività, che non è altro che l’interiorizzazione del punto di vista altrui attraverso il medium linguistico che permette le interazioni sociali, questa una volta costituitasi è a sua volta in grado, mediante l’ “Io”, di interagire con la società e modificarla. Anche per Habermas quindi: “la supposizione idealizzante di una forma universalistica di vita in cui ognuno assume la prospettiva di ciascuno degli altri e ognuno fa affidamento sul reciproco riconoscimento fra tutti, rende possibile la comunitarizzazione di esseri individuati: l’individualismo come rovescio dell’universalismo. Solo il riferimento ad una forma sociale proiettata rende possibile la propria individuazione”(p. 222).
Infine in Filosofia e scienza come letteratura? l’autore spiega perché i testi filosofici non possano essere considerati come letteratura: “un aspetto rispetto al quale è possibile chiarire questa differenza, è la connessione tra significato e validità”(p. 255); le pretese di validità che compaiono nel testo letterario non sono vincolanti per il lettore, egli le può assumere senza porsi troppe domande, in quanto si riferiscono ad un mondo fittizio. Nei confronti di un testo filosofico il lettore è invece “invitato ad una (riflessione) critica verso le pretese di validità sollevate all’interno del testo”(p. 256), a porsi domande sulla validità di ciò che nel testo viene detto su qualcosa del mondo.
Indice
Introduzione all’edizione italiana
Prefazione
Parte prima: RITORNO ALLA METAFISICA?
1. L’orizzonte del moderno si sposta
Quattro movimenti filosofici, - Motivi del pensiero moderno, - Intuizioni-limitazioni
2. La metafisica dopo Kant
3. Motivi del pensiero postmetafisico
1.Aspetti del pensiero metafisico, - 2.Razionalità procedurale, - 3.Il situamento della ragione, -4.La svolta linguistica, - 5.Deflazionamento dell’extra-quotidiano
Parte seconda: LA SVOLTA PRAGMATICA
4. Azioni, atti linguistici, interazioni mediate linguisticamente e mondo della vita
I: 1.Parlare versus agire, - 2.Agire comunicativo versus agire strategico
II: 1.La svolta pragmatica nella teoria del significato, - 2.Dall’agire sociale all’ordine sociale
III: 1. Il concetto formal-pragmatico di mondo della vita, - 2.società come mondo della vita simbolicamente strutturato
5. Per la critica della teoria del significato
1.Tre impostazioni di teoria del significato, - 2.Limiti della semantica e della teoria degli atti linguistici, - 3.Azione linguistica, agire comunicativo e interazione strategica
6. Annotazioni su “meaning, communication and representation” di John Searle
Parte terza: TRA METAFISICA E CRITICA DELLA RAGIONE
7. L’unità della ragione nella molteplicità delle sue voci
8. Individuazione tramite socializzazione. Sulla teoria della soggettività di George Herbert Mead
9. Filosofia e scienza come letteratura?
Appendice
10. Ritorno alla metafisica? Una recensione collettiva
L'autore
Jurgen Habermas nasce a Gummersbach, vicino a Düsseldorf, nel 1929. Allievo di Adorno e Horkheimer all’Istituto per le scienze sociali di Francoforte, qui insegna sociologia e filosofia dal 1964. Tra il 1971 e il 1983 dirige l’Istituto Max Plank di Starnberg. Tuttora è professore emerito alla Goethe Universität di Francoforte.
Links
http://www.filosofico.net/habermas.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/J%C3%BCrgen_Habermas
http://www.msu.edu/user/robins11/haermas/
http://www.habermasforum.dk/index.php?type=bibliografi1
http://www.helsinki.fi/%7Eamkauppi/hablinks.html
http://www.philosophy.northwestern.edu/people/habermas.html
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