Recensione di Raffaela Strina - 03/05/2007
Storia della filosofia contemporanea, Filosofia teoretica (dialettica, ontologia)
Il fascino di un filosofo come Adorno risiede in quella parola densa e in quel periodare criptico che lo rendono al contempo un messaggero fondamentale della frantumata coscienza contemporanea e un autore la cui lettura impegna la mente in ardue acrobazie intellettuali. Se questa è la cifra dell’intera sua opera filosofica, è in Negative Dialektik, (non a torto considerata insieme a Ästhetische Theorie il testamento filosofico adorniano), che la concentrazione della scrittura tocca i suoi vertici, proprio in quel punto in cui il teorico critico ci conduce per mano ai limiti del pensiero, a quelle condizioni del nostro pensare e del nostro accesso al mondo. Il saggio di Lucio Cortella penetra nei meandri della labirintica prosa adorniana, ne scioglie l’ingarbugliata rete teorica, smentendo il luogo comune di un pensiero paradossale e aporetico, e costituendo dunque un’introduzione critica doverosa, ad un testo non sempre compreso e problematizzato nella sua complessità.
La dialettica negativa “non è il persistere in un paradosso e tanto meno in una contraddizione performativa” (p. 29), ma è l’individuazione di un’alternativa a quella razionalità che in Dialektik der Aufklärung Adorno e Horkheimer ci mostrano complice e strumento di una naturalistica ansia di dominio. Cortella ricostruisce il tessuto entro cui calare il senso di quest’alternativa, confrontandolo per un verso con l’opzione horkheimeriana e dall’altro con la matrice hegeliana. Se in Horkheimer la differenza specifica tra ragione e dominio viene giustificata assumendo come fondamento un criterio di verità esterno e trascendente rispetto all’Aufklärung pervertito, e cioè l’orizzonte teologico del Totalmente Altro, Adorno che “non ha mai avvertito con drammaticità l’esigenza di un punto di vista sottratto al dominio” (p. 24), assume una prospettiva immanente e dialettica.
L’alternativa all’illuminismo non va introdotta dal di fuori, ma pensata come estremizzazione dell’illuminismo stesso: anziché fondare la critica su un criterio di verità ad essa presupposto Adorno fa scaturire la verità dalla critica, cioè dalla capacità di negare e mettere in discussione il falso, superbamente affinato dalla demitologizzazione illuminista. L’idolo da mettere in questione è riconosciuto da Adorno nell’Identitätsdenken, quella “istanza che costringe il pensiero a identificare, definire, fissare ciò che gli si presenta davanti” (p. 44) e che è espressione di una logica dell’esclusione: “l’identità del significato si realizza a condizione che da quel significato vengano esclusi altri significati. Determinatezza, identità, ordine, esclusione costituiscono i tratti essenziali della definizione concettuale: definire un concetto significa garantirne la stabilità, tracciare un confine tra quel concetto e il rimanente campo semantico.” (p. 45) Questa logica dell’esclusione finisce, dunque, per ridurre la complessità della cosa alle determinazioni concettuali umane, scambiate erroneamente per la realtà stessa. “Identificare – nel linguaggio di Adorno – non significa scoprire la vera identità della cosa ma sovrapporre ad essa un’identità falsa, sovrapporre all’oggetto un’esigenza del soggetto. La realtà diventa in tal modo una proiezione della soggettività, un mondo puramente concettuale che copre e occulta la vera natura delle cose.” (p. 46)
L’idolo di una concettualità assolutizzata può essere spezzato solo a partire dalle inevitabili contraddizioni che derivano da tale pensiero escludente e coattivo, in cui “l’assenza di tolleranza verso il diverso, l’atteggiamento repressivo nei confronti di tutto ciò che non gli è identico” (p. 50) conducono ad una società conflittuale ed antagonista. La critica del pensiero concettuale è, dunque, hegelianamente dialettica nella misura in cui fa perno sulla contraddizione immanente che attraversa la nostra struttura di pensiero. Tale contraddizione però, diversamente da Hegel, non è l’essenza della realtà, la sua verità, bensì piuttosto “la ribellione della cosa, il segno della resistenza da essa opposta alla coazione d’identità” (p. 51), e quindi ciò che indica anche la falsità di quest’ultima, “l’incapacità del concetto di ricondurre l’oggetto al suo interno, di risolverlo nelle sue determinazioni” (p.51). La logica dialettica non è radicalmente contrapposta a quella identitaria, non ricorre “a una ragione diversa rispetto a quella illuministica, ma è la prosecuzione della medesima logica” (p. 59), che come la logica identificante “argomenta, confuta, conclude” (p. 58) ma che rispetto alla pretesa di assoluta concludenza del sistema concettuale aderisce e non si tira indietro di fronte alla contraddizione, dandole la parola. Cortella fa infatti notare che Adorno mutua dal pensiero hegeliano l’idea che “accanto a un aspetto semplicemente confutativo-negativo della dialettica è presente un altro aspetto che potremmo chiamare rivelativo-manifestativo” (p.54), cioè che l’adesione alla contraddizione riveli “quella verità della cosa che si oppone al processo di uniformazione-identificazione” (Ivi), l’alterità violata, il non-identico. Diversamente da Hegel, però, questo lato rivelativo della dialettica non può risolversi nell’affermazione contenutisticamente positiva del non-identico, il che dal punto di vista adorniano implicherebbe “non aver preso sul serio la dialettica stessa” e quindi “riabilitare il pensiero identificante proprio alla fine di quel processo dialettico che lo aveva messo radicalmente in discussione.” (p. 74)
Cortella interpreta questo permanere nel negativo della dialettica adorniana come il tentativo di sganciare la dialettica dall’ambito dell’Assoluto, a cui ancora mirava la dialettica positiva hegeliana, e spostarne il fulcro nell’ambito della finitezza umana. Per Hegel, infatti, l’attraversamento della realtà conduce alla rappresentazione della verità assoluta come totalità delle negazioni delle sue false rappresentazioni, “in modo da comporre un’immagine di ciò che doveva restare privo di rappresentazione. Pur guadagnato negativamente, il processo della negazione assume alla fine i contorni positivi dell’assoluto.” (p. 39) Per questo la contraddizione è per Hegel l’essenza della realtà stessa, che può essere compresa solo da un pensiero che la rappresenti nel suo insieme e che scopra in questa rappresentazione la verità assoluta, accessibile dunque positivamente, concettualizzabile. Poiché, invece, per Adorno la dialettica “non è la logica che regola la vera natura delle cose, non è la logica della realtà vera, ma di quella falsa,” in quanto la vera natura delle cose non implica il “loro richiamo logico l’una con l’altra, ma l’affrancamento rispetto a ogni meccanismo” (p. 68), essa non può avere quale sua finalità la risoluzione in una concettualità, in una positività, che è sempre meccanismo, rifiuto della differenza, dominio. La dialettica è e deve rimanere per Adorno una “logica della disgregazione, logica animata dall’intima tendenza a dissolvere l’impianto della concettualità e dunque la struttura ultima dell’identità” (p. 77). Sradicando la dialettica da un fondamento assoluto da una risoluzione nell’Assoluto, Adorno ne fa un pensiero della differenza, “dell’irriducibilità reciproca fra le cose” (p. 68), che fa perno sulla finitezza dell’essere umano. È la fondamentale limitatezza del pensiero umano, che, una volta portata a riflessione, può costituire la molla per aprirsi alla complessità del diverso, unica forma di infinità possibile per l’essere umano, “debolmente intesa” come “non – chiusura del pensare, la resistenza contro la pretesa ingannevole di fissare l’infinità entro una serie finita di regole” (p. 80).
Una dialettica radicata nella finitezza si configura, dunque, come compito infinito del pensare aperto, che dissolve l’apparente necessità di un sistema di pensiero autarchico e disponente, a partire dalla rinuncia ad ogni pretesa di rappresentazione e sintesi conclusiva dell’Altro. Questa apertura all’ulteriorità del non-identico, se da un lato rappresenta la condizione epistemologica fondamentale per il riconoscimento della differenza, d’altra parte ha un limite un costitutivo. Il non –identico refrattario ad ogni concettualizzazione positiva rimane un qualcosa di inesplicabile e, quindi, non calabile nelle concrete relazioni umane, col risultato che la relazione con l’alterità rimane ancora un qualcosa di astratto. La dialettica nella finitezza considera solo il das Andere , “una (inevitabilmente) generica alterità” (p. 183), di cui Adorno individua le condizioni di pensabilità, in termini di apertura e irriducibilità, ma di cui non esplica le modalità di relazione concrete. Queste possono invece essere delineate solo se si passa dalla dimensione del das Andere a quella del der Andere, quel concreto altro, eterogeneo e irresolubile che è il partner comunicativo.
La dialettica adorniana dunque si radica in una finitezza che vive l’alterità sempre come “esperienza negativa dell’irriducibilità, cioè dello scacco del pensiero”, come limite e non come ossibilità: “L’altro è sempre ciò che noi “non” possiamo comprendere” (p. 183). Solo il salto comunicativo dalle condizioni epistemologiche del das Andere alla relazione comunicativa col der Andere trasformerebbe il perno della relazione dal limite alla “possibilità, l’occasione per essere diversamente, per progettarmi positivamente in modo nuovo” attraverso il dialogo, “all’incontro con un partner comunicativo” (p.183) La conclusione critica di Cortella è dunque che la finitezza su cui Adorno ha imperniato la propria dialettica, richiede uno sforzo ulteriore, quello di affiancare alla logica disgregativa e alla coscienza del limite anche la coscienza della possibilità che è contenuta nell’alterità.
Indice
La difficile eredità della Dialettica dell’illuminismo
Il programma di una dialettica negativa
Il pensiero identificante
La dialettica come critica dell’identità e la sua natura anti-idealistica
L’autoriflessione dell’illuminismo
L’autocritica della dialettica
Dialettica positiva e dialettica negativa
Infinito, totalità e individuo
La dialettica della libertà
La critica del soggetto
Il primato dell’oggetto
La critica dell’ontologia: il confronto con Heidegger
Dialettica negativa e metafisica
La costituzione linguistica della dialettica
Dialettica, verità e linguaggio
Bibliografia
L'autore
Lucio Cortella, professore ordinario di storia della filosofia contemporanea, è attualmente Direttore di Dipartimento di Filosofia dell’Università Cà Foscari di Venezia, dove insegna da più di vent’anni. Studioso di Hegel e del pensiero filosofico contemporaneo, si è occupato anche di teorie della modernità, di etica, di ermeneutica e di teoria critica, scrivendo numerosi saggi apparsi in diverse riviste di filosofia.
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