venerdì 18 maggio 2007

Emerson Ralph Waldo, Realizzare la vita. Saggi da Society and Solitude, a cura di Beniamino Soressi

Il Prato [I cento talleri], Padova 2007, pp. 215, € 10,00, ISBN 88-89566-56-6.

Recensione di  Stefano Franceschini, 18/05/2007

Trascendentalismo

La presente raccolta offre al lettore italiano la traduzione, in parte inedita, di otto dei dodici saggi che compongono l’edizione americana di Society and Solitude (1870). Il curatore Beniamino Soressi ci invita ad addentrarci, con cuore ed intelligenza, nella complessa produzione emersoniana attraverso la chiara consapevolezza che si debba dialogare con un pensiero in movimento. Il lettore è avvertito, ciò che ci aspetta non è il melanconico parlare di un “dotto”, ma il movimento proprio della vita e della sua continua rigenerazione.

Questi saggi sono la rielaborazione di conferenze tenute da Emerson in varie occasioni e le stesse non sono altro che la trasformazione della materia offerta da composizione diaristiche occasionali, le quali vanno lette facendo attenzione ad ogni paragrafo, ad ogni proposizione e forse – estremizzando – ad ogni parola: in fondo, “non vi è conoscenza che non sia potenza”(p.154). E il saggio finale Anzianità raccoglie questa sedimentazione di esperienza che si deposita nella saggezza propria dell’età, quella saggezza che ha il suo culmine e gioventù proprio nel momento finale della vita e, nell’infanzia, il suo momento di decadenza e vecchiaia.

Dopo alcune considerazioni preliminari riguardo alla struttura e alla composizione del volume e dei singoli saggi possiamo ora fornire alcune riflessioni mirate a comprendere l’articolazione interna della proposta emersoniana sviluppata nei suoi saggi. È difficile seguire Emerson nella complessità di forme e direzioni che egli convoglia nelle sue analisi fenomeniche e nelle sue intuizioni poetiche: la parola è indagata, nel saggio Eloquenza, alla ricerca delle capacità creative e della forza trascinante che essa può mostrare, capace di far esplodere la nostra energia personale e di rompere la barriera che ci impedisce di esprimere ciò che sentiamo, il nostro sentimento morale. Sotto il velo della loro liricità ed eloquenza, le parole celano un organismo altamente organizzato e complesso: un organismo le cui parti ci appaiono slegate e piene di azione gioconda, gaia. Sono proprio le parole di Emerson ad essere state innalzate da Nietzsche a motto dell’edizione del 1882 (anno della morte del filosofo americano) della Gaia scienza perché per il poeta e il saggio tutte le cose sono amiche, ogni esperienza è utile e ogni materia veicolo di potenza: “Il primo sguardo che incontriamo può bastare a persuaderci che la materia è il veicolo di potenze superiori alle sue, e che nessuna legge di linea o superficie può mai render conto dell’inesauribile espressività della forma” (p. 22). E di fronte a queste potenze la saggezza di un uomo sta nel legare la sua opera a questa materia, ammirando come il lavoro venga svolto dagli Dei stessi: questo è il modo in cui siamo forti, cioè prendendo a prestito la potenza dagli elementi e seguendo le direzioni in cui essi marciano. Ma una moralità ancora più forte agisce celata, una moralità più pura la quale è la moralità del genio, che “civilizza la civilizzazione” (p. 108) e rigetta tutto ciò che riteniamo sacro tra le cose profane. L’idea del saggio Civilizzazione segue un movimento evolutivo che si sviluppa per negazioni e che legge l’azione morale come capace di operare nel giusto imbrigliando le forze malvagie e utilizzandole contro la loro volontà ai fini della saggezza e della virtù.

Ma perché riproporre Emerson oggi? Imparare ad avere fiducia in sé (self-reliance) e nel proprio pensare, avere il coraggio di agire, farlo con successo e allo stesso tempo imparare a leggere i “libri” capendo il modo in cui essi ci danno dei segni e si confidano perché “la legge del loro limbo vuole che non parlino finché non si parli a loro”. (p. 77)

Il saggio Libri esplora la spesso disprezzata dimensione di questi veicoli di potenza. Disprezzati forse da chi non è in grado di leggerli, di interrogarli e di riscoprirne le potenzialità che essi portano con sé e di capire i possibili usi a cui si prestano. Il messaggio che ci viene proposto, sembra essere un messaggio che si protende verso una piena “realizzazione della vita” in un mondo in cui risulta sempre più difficile interagire con il proprio quotidiano e con la propria “vita domestica” e in cui l’uomo nuovo si trova sempre sull’orlo del caos e della crisi. Ed è proprio in questo scenario che le parole e le idee di Emerson trovano il loro senso e i loro affondi più convincenti: “Gli strumenti, se non li usate, vi usano. Ogni strumento è in un certo senso un’arma da taglio, e pericolosa” (p. 60) e quindi attenzione a non perdere il controllo e a disimparare le cose facendo in modo che la potenza materiale sia accompagnata da un progresso morale. Il titolo del saggio Le opere e i giorni si rifà al poema omonimo di Esiodo, ricca raccolta di consigli pratici, di regole di prudenza, capace di assommare l’etica delle opere a quella dei giorni leggendo questi giorni come manifestazione divina, come divenire e come capacità di trapassare dei sogni felici in fatti e di dare valore al presente. Ogni progresso del carattere dell’uomo deve essere accompagnato dal radicarsi di un’etica dell’amicizia e del soccorso: del soccorso dell’uomo all’uomo in modo che la riforma del nostro piccolo focolare domestico corregga l’intero sistema della nostra vita sociale; ogni personalità sostanziale e ogni fatto devono essere accompagnati da una potenza affermatrice e da una grande eloquenza, intesa come organo appropriato della più alta energia personale, capace di esprimere con volto sereno il sentimento morale.

Emerson sa che tutte queste scintille di potenza trovano la loro realizzazione nella vita solo se subordinate ad una “intelligenza centrale” (p. 136), profonda, alla quale si può accedere solo tramite queste stesse potenze. Ed è proprio questa la prima regola del saggio Successo: la fiducia in sé, il confidare nel proprio sé, questo operare nella giusta direzione ed in base ad una idea più alta, a qualcosa che merita e vale, lontano forse dalla performance, che è solo l’opposta trasfigurazione del successo. Successo che vede il suo fine ultimo in un’azione di relazionalità: un’azione capace di penetrare nell’intimo della vita interiore e capace di lasciare una traccia attraverso un contatto simpatetico con l’altro.

Il lavoro serio e il lavoro di ogni giorno, quotidiano, sembra essere la strada maestra sulla quale la filosofia di Emerson si muove e sulla quale ci invita ad incamminarci perché “Ricco è solo chi possiede il giorno. [Ed i giorni] Vengono e vanno come figure silenziose e velate, inviate da un’amichevole distante compagnia; ma non dicono nulla, e se non usiamo i doni che portano, silenziosi li riportano via” (p. 62). Ed è un invito ad un serio lavoro filosofico quello che ci viene offerto da Emerson: lavoro che però non può dimenticare l’importanza e il coraggio di un’attenta riflessione volta all’articolazione del nostro pensiero, la nostra intelligenza profonda, e alla discussione razionale della nostra proposta, la quale può essere un modo meno “romantico” di uscire dalla nostra intimità e solitudine e dalla nostra infanzia.

Indice

Vita domestica
Eloquenza
Le opere e i giorni
Libri
Civilizzazione
Coraggio
Successo
Anzianità
Nota biografica su Emerson
Rassegna delle opere di Emerson
Postfazione: Emerson e Society and Solitude. Realizzare la vita nel quotidiano.
Studi recenti su Emerson e altre opere citate
Opere di Emerson citate


L'autore

Emerson Ralph Waldo (Boston 1803 - Concord 1882) è stato famoso saggista e uno dei più influenti filosofi e scrittori americani. Studia alla facoltà di Teologia dell’Harvard College e nello stesso è chiamato a tenere alcune lezioni. Il suo pensiero filosofico tentò di proporre un’etica individuale basata sulla fiducia di sé e sulla critica dei valori tradizionali promovendo il rispetto per la vita e l’esistenza. Si impegnò per la formulazione del concetto di “Trascendentalismo” e guardò con ammirazione all’attivismo politico, esponendo pubblicamente nel 1843 la sua posizione antischiavista.

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