Recensione di Francesca Rigotti - 08/11/2007
Estetica, Ontologia
Benché il titolo piccante faccia pensare a un romanzo pornografico –come riconosce lo stesso autore– il nuovo libro di Maurizio Ferraris si occupa in realtà di teorie estetiche, proponendo una teoria insieme normativa e normalista dell'arte. Normativa perché dà dei criteri stabili per fondare una filosofia dell'arte; normalista in quanto, opponendosi alle teorie eccezionaliste e straordinariste che privilegiano gli aspetti secondari e marginali che definiscono l'arte qualcosa di speciale, tale teoria pensa invece all'arte come esperienza ordinaria, basata su un'umanità media e non sulle frange estreme rappresentate da geni intuitivi, veri o presunti, o da critici d'arte, onesti o cialtroni.
Il normalismo di Ferraris è dunque normativo perché introduce dei criteri per delimitare quali fenomeni possano diventare opere d'arte e quali no. Né relativista né realista – già che entrambe le posizioni, curiosamente, finiscono per sostenere che «qualunque cosa può diventare un'opera d'arte» – il normativismo normalista afferma che l'oggetto artistico può essere soltanto un oggetto: non un soggetto dunque, non un evento o un fenomeno naturale, nemmeno un numero, un teorema o una dimostrazione matematica, bensì un oggetto, un oggetto insieme fisico e sociale.
Per comprendere questa classificazione bisogna inserirla nel sistema ontologico elaborato da Maurizio Ferraris che classifica il mondo in soggetti (che hanno rappresentazioni) e oggetti (che non hanno rappresentazioni) i quali a loro volta si suddividono in oggetti ideali (che esistono fuori dello spazio e del tempo, indipendentemente dai soggetti, per es. i numeri e i teoremi); oggetti fisici (che esistono nello spazio e nel tempo, indipendentemente dai soggetti, per es. gli alberi e le rocce ma anche i tavoli e le sedie) e oggetti sociali (che esistono nello spazio e nel tempo dipendentemente dai soggetti, per es. i passaporti e gli Stati). Le opere d'arte fanno parte della categoria degli oggetti fisici e sociali che per ò «fingono di essere soggetti»: l'opera d'arte, ecco svelato il titolo, è la Fidanzata Automatica.
L'immagine della Fidanzata Automatica introdotta da Ferraris è ripresa da un esperimento mentale ideato da William James: un corpo privo di anima indistinguibile da una fanciulla che adempie a tutti i doveri femminili [«Doveri femminili»? Anche se il punto in discussione in questa recensione non è il maschilismo di W. James (per questo ricordato in nota), è impossibile non soffermarsi a riflettere con una certa angoscia sul fatto che i doveri femminili sono per lui quelli di esprimere riconoscimento e ammirazione verso il gongolante io maschile. Alla faccia dei flussi di coscienza!] potrebbe essere considerato l'equivalente di una fanciulla dotata di coscienza? No, risponde James, perché non ci offrirebbe ciò che più d'ogni altra cosa desideriamo, cioè riconoscimento e ammirazione[*Tocca adesso a Ferraris, che ha soltanto ripreso la citazione di Williams, d'accordo, ma che una paroletta di commento sul fatto che sia compito delle donne adulare, riconoscere e ammirare i loro fidanzati poteva anche dirla.]. L'ipotesi dunque, conclude James, non può essere presa per seria. Invece Ferraris, tanto per non smentire la sua fama di enfant terrible della filosofia, dice che sì, lui la considera una cosa seria, così seria da poter essere assunta quale descrizione di un fatto reale, l'opera d'arte. Come la Fidanzata Automatica, anche l'opera d'arte che finge di essere una persona suscita in noi sentimenti ed emozioni, provoca gioia e piacere. Ma che altro fanno le opere d'arte, mi chiedo, la musica, i romanzi (che Ferraris da trent'anni non legge più [p. 52] ed è un vero peccato; nel caso voglia ricominciare consiglierei La strada e Il buio fuori di Cormac McCarthy), che cosa hanno sempre fatto le opere d'arte letterarie, figurative, musicali ecc., ripeto, se non suscitare piacere intellettuale (e poi magari, accidentalmente, anche conoscenza, o anche sgomento, commozione, angoscia...)?
Ora: la tesi di Ferraris è ben costruita e solidamente argomentata, è chiara, logica, convincente ed è pure espressa in uno stile gradevole. Non contesterò quindi la teoria estetica, non essendone tra l'altro neppure esperta, anzi non contesterò nulla (se non magari la messa in ridicolo della psicoanalisi), ma mi limiterò a esporre un paio di riflessioni nate dalla lettura del libro e legate soprattutto a due dei suoi protagonisti, le cose e gli oggetti.
La prima riflessione nota che nella ripartizione del mondo compiuta da Ferraris le cose sono presentate come sottospecie di oggetti fisici: la cosa è dotata di esistenza tridimensionale, è coesa, è persistente, è di taglia media, è osservabile a occhio nudo e manipolabile con le mani, costituisce un arredo della nostra vita, è soggetta a serialità e varietà. Tuttavia un'altra tradizione filosofica dice che la cosa è qualsiasi entità concreta e astratta, è il «mondo», è la realtà tutta, che come dice il nome (realitas) è l'insieme delle res, delle cose. In questo senso sarebbe l'oggetto fisico a essere una sottospecie di cosa e non viceversa. La cosa anzi, come pure il pragma di Aristotele e la Sache di Hegel, non è nemmeno l'oggetto fisico quanto un luogo in cui convengono intuizioni e significati umani nascosti sotto il velo dell'oggetto. In questa tradizione le cose si distinguono dagli oggetti che sono, quelli sì, gli ostacoli e i problemi (oggetto in greco si dice pró-blema, ciò che si para davanti), pezzi di materia, resistenze contro le quali si urta.
La seconda riflessione è ancor più generale e si chiede se oggi, nella società virtuale e astratta dell'informazione, della comunicazione e della mediatizzazione, abbia ancora senso pensare gli uomini come soggetti del mondo e il mondo come loro oggetto. Riprendendo temi cari a Vilém Flusser, pensatore dei media, ci si domanda qui come mai oggi l'ontologia fisica e sociale continui a interrogarsi sulle cose e gli oggetti duri e palpabili quando nel nostro ambiente la loro durezza (hardware) viene rimossa e sostituita da programmi, relazioni, immagini morbide (software), impalpabili e percepibili al pi ù da due sensi, che sono poi i sensi nobili della vista e dell'udito; quando non più cose si esigono, scarpe o vestiti (per Ferraris non di Versace, per favore) bensì informazioni e relazioni, e quando le cose prodotte in serie con materiali di bassa qualità diventano per lo più ciarpame e paccottiglia, persino molte opere d'arte spacciate per tali da una critica disonesta.
Indice
0. Estetica Normale
Eccezionalismo
Straordinarismo
Normalismo
1. Non c' è arte senza opere
Artworld
Artwork
Artword
2. Articoli da emporio di modeste dimensioni
Sensibilità
Manipolabilità
Ordinarietà
Relazionalità
3. Teoria Documentale dell'Arte
Teorie
Livelli
Stile
Istituzioni
4. Credere di sapere
Mimesis
Ecstasy
Aisthesis
5. Il piacere del teschio
Emotivismo
Disinteresse
Realismo
6. Cose che fingono di essere persone
Il curatore
Maurizio Ferraris è professore ordinario di filosofia teoretica nella Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Torino, dove dirige il Centro Interuniversitario di Ontologia Teorica e Applicata. Tra i suoi libri Storia dell'ermeneutica (Bompiani 1988), Estetica razionale (Cortina 1997), Il mondo esterno (Bompiani 2001) e tra i più recenti Goodbye Kant! Cosa resta oggi della Critica della ragion pura (Bompiani 2004); Dove sei? Ontologia del telefonino (Bompiani 2005); Babbo Natale, Gesù Adulto. In che cosa crede chi crede? (Bompiani 2006) e Sans Papier. Ontologia dell'attualità (Castelvecchi 2007).
Links
www.labont.it
6 commenti:
Il recensore, Francesca Rigotti, mostra di non intender tutto della simulazione mentale di H. James, che ella novera con ironia che solo per interpretazione dimidiata con oggetto di pragmatismo o neopragmatismo risulta non antifilosofica; infatti per prospettiva medesima o realmente comprensiva non negativa non ha significato considerarne di esempi particolari non finalità né isolandone particolarmente i mezzi.
James mostrava che le necessità naturali più complete, pur non essendo e non diventando obblighi, nondimeno da non volontà di morire sono assumibili per ordini fino a tanto che stessa volontà resta indeterminata tra vita e morte; ordini cosmologicamente reali, non cosmicamente, risultati di insufficiente non assenso da istintualità subissato in responso imperioso; e con ciò James mostrò inesistenza di morale e di amoralità universali originarie naturali giacché non è possibile ad animalità razionale evitare eventuale possibilità di maggior istinto a riflessione ad esso remota.
Necessità psicologiche inducono anche chi fa filosofia psicologica e psicologia filosofica ad inserire propria soggettività determinante, non soggettivante, per la conoscenza oggettiva, acciocché di vitale completezza se ne affermi dell'altro sesso da sé; con ciò però senza negare ulteriore ragione!
James aveva bisogno di esempio di materialità-originarietà non di materialità-originalità, per noverabilità anche di imprevedibilità della sostanza vivente in quanto tale nella relazione con materialità non biologicamente anamorfica; quindi per esemplarità intellettualmente corrispondente aveva da ricorrere ad esempio di sostanza maschile non femminile, non del latte e dell'allattamento; dunque — uso linguaggio raramente o per nulla diffuso ma del tutto proprio e semplice — della panna e dell'appannaggio (... da molti per abitudine indirettamente e non in tutto corrispondentemente descritti con analogie vegetali di semi ed inseminazioni, non in tutto corrispondenti).
Parimenti a recensore, l'autore M. Ferraris non intende appieno espressione di simulazione; questa in verità solo non pignolamente in stesso inglese dicibile "experiment" e in italiano imprecisamente dicibile e non sempre: "esperimento". Terminologicamente, "experiment" ed "experimental" in lingua inglese possono indicare anche non esclusione di simulazione", ma "esperimento" e "sperimentale" in italiano invece ne escludono indicazione.
James aveva anche fatto riferimento ad atto sessuale maschile masturbatorio completo, con sostanzializzazione della panna senza appannaggio, su cosa neutrale non neutra per stessa sostanza, cioè non respingente, né per altra affettività possibile né per controaffettività unicamente possibile. Indicava oggetto finto ideale ma pure oggetto più finto non ideale non inibente né repulsivo; e mostrava, anoeticamente, concetto universale di materialità-originarietà da idea particolare di originarietà-materialità.
Ma Ferraris, nel riferirsi a originalità-materialità e materialità-originalità, non ha fatto suoi ragionamenti con vero esempio citato ma con uno suo, erotico. Quello di H. James era sessuale.
Alla insulsa saccenteria della recensione corrisponde la invadente pedanteria di autore Maurizio Ferraris, la quale tradiva propria (di Ferraris stesso) interpretazione culturale limitata a riformulazioni insufficienti.
MAURO PASTORE
In messaggio mio precedente mancano virgolette, infatti
simulazione" sta per:
"simulazione".
Per agio di lettura reinvierò testo compreso di inserimento.
MAURO PASTORE
Il recensore, Francesca Rigotti, mostra di non intender tutto della simulazione mentale di H. James, che ella novera con ironia che solo per interpretazione dimidiata con oggetto di pragmatismo o neopragmatismo risulta non antifilosofica; infatti per prospettiva medesima o realmente comprensiva non negativa non ha significato considerarne di esempi particolari non finalità né isolandone particolarmente i mezzi.
James mostrava che le necessità naturali più complete, pur non essendo e non diventando obblighi, nondimeno da non volontà di morire sono assumibili per ordini fino a tanto che stessa volontà resta indeterminata tra vita e morte; ordini cosmologicamente reali, non cosmicamente, risultati di insufficiente non assenso da istintualità subissato in responso imperioso; e con ciò James mostrò inesistenza di morale e di amoralità universali originarie naturali giacché non è possibile ad animalità razionale evitare eventuale possibilità di maggior istinto a riflessione ad esso remota.
Necessità psicologiche inducono anche chi fa filosofia psicologica e psicologia filosofica ad inserire propria soggettività determinante, non soggettivante, per la conoscenza oggettiva, acciocché di vitale completezza se ne affermi dell'altro sesso da sé; con ciò però senza negare ulteriore ragione!
James aveva bisogno di esempio di materialità-originarietà non di materialità-originalità, per noverabilità anche di imprevedibilità della sostanza vivente in quanto tale nella relazione con materialità non biologicamente anamorfica; quindi per esemplarità intellettualmente corrispondente aveva da ricorrere ad esempio di sostanza maschile non femminile, non del latte e dell'allattamento; dunque — uso linguaggio raramente o per nulla diffuso ma del tutto proprio e semplice — della panna e dell'appannaggio (... da molti per abitudine indirettamente e non in tutto corrispondentemente descritti con analogie vegetali di semi ed inseminazioni, non in tutto corrispondenti).
Parimenti a recensore, l'autore M. Ferraris non intende appieno espressione di simulazione; questa in verità solo non pignolamente in stesso inglese dicibile "experiment" e in italiano imprecisamente dicibile e non sempre: "esperimento". Terminologicamente, "experiment" ed "experimental" in lingua inglese possono indicare anche non esclusione di "simulazione", ma "esperimento" e "sperimentale" in italiano invece ne escludono indicazione.
James aveva anche fatto riferimento ad atto sessuale maschile masturbatorio completo, con sostanzializzazione della panna senza appannaggio, su cosa neutrale non neutra per stessa sostanza, cioè non respingente, né per altra affettività possibile né per controaffettività unicamente possibile. Indicava oggetto finto ideale ma pure oggetto più finto non ideale non inibente né repulsivo; e mostrava, anoeticamente, concetto universale di materialità-originarietà da idea particolare di originarietà-materialità.
Ma Ferraris, nel riferirsi a originalità-materialità e materialità-originalità, non ha fatto suoi ragionamenti con vero esempio citato ma con uno suo, erotico. Quello di H. James era sessuale.
Alla insulsa saccenteria della recensione corrisponde la invadente pedanteria di autore Maurizio Ferraris, la quale tradiva propria (di Ferraris stesso) interpretazione culturale limitata a riformulazioni insufficienti.
MAURO PASTORE
In miei precedenti messaggi nome puntato H. si riferisce comunque a medesimo noto filosofo "William James".
Io ricordo che avevo intuito che egli avesse doppio nome, in ufficialità solo menzionato non usato: William Henry James, scrivibile William (H.) James o solo H. James per non non far confusione con menzione comune ma non esatta sia pur non scorretta di altra persona, suo fratello ed autore di romanzi "Henry James". In verità del romanziere mi era giunta notizia che avesse doppio nome solo con funzione pseudonima Henry William James, scrivibile Henry W. James, con solo appellativo non scritto ed ufficiale originario di "Henry James", che mi risultò fosse da altri senza sbagliare ma non correttamente versato anche a menzione scritta; quindi incontrando menzione di altro ancora familiare omonimo, nominato quale Henry James od Henry James III ma, costui essendo figlio del filosofo, corrispondendogli menzione esatta William Henry James III — altrimenti non aveva senso usargli il numero tre — dunque io ne deducevo che nome (nomi) e cognome del filosofo noto quale William James fossero, completi ed esatti: William Henry James o William Henry James II (non Henry William James II).
Avevo potuto notare che esempio citato era già stato usato teologicamente dal padre del filosofo, che mi risultò si chiamasse interamente William Henry James detto poi per distinzione Senior od indicato I, e di fatto avevo dedotto di stesso esempio che ne era pensiero anche del già citato fratello noto autore di romanzi realisti e psicologici anche; allora... datoché la scrittura non precisamente rilevabile del nome pur non conducendo a indicazioni sbagliate potrebbe generare gran confusione, io reinvierò messaggio ma indicando il filosofo noto attualmente quale William James soltanto (!) così: (W.) James (infatti per quanto io ne usi nome unico William pensando sua opera e lui stesso, io personalmente non ne trovo rispondenza con mie intuizioni su di lui e neanche con altrui intuizioni non comuni su di lui).
MAURO PASTORE
In messaggio mio precedente c'è un 'non' in più:
Dunque:
'per non non far' , sta per:
per non far .
Per non aggiunger assurdità a quasi assurdità, reinvio messaggio senza ripetizione in più:
*
In miei precedenti messaggi nome puntato H. si riferisce comunque a medesimo noto filosofo "William James".
Io ricordo che avevo intuito che egli avesse doppio nome, in ufficialità solo menzionato non usato: William Henry James, scrivibile William (H.) James o solo H. James per non far confusione con menzione comune ma non esatta sia pur non scorretta di altra persona, suo fratello ed autore di romanzi "Henry James". In verità del romanziere mi era giunta notizia che avesse doppio nome solo con funzione pseudonima Henry William James, scrivibile Henry W. James, con solo appellativo non scritto ed ufficiale originario di "Henry James", che mi risultò fosse da altri senza sbagliare ma non correttamente versato anche a menzione scritta; quindi incontrando menzione di altro ancora familiare omonimo, nominato quale Henry James od Henry James III ma, costui essendo figlio del filosofo, corrispondendogli menzione esatta William Henry James III — altrimenti non aveva senso usargli il numero tre — dunque io ne deducevo che nome (nomi) e cognome del filosofo noto quale William James fossero, completi ed esatti: William Henry James o William Henry James II (non Henry William James II).
Avevo potuto notare che esempio citato era già stato usato teologicamente dal padre del filosofo, che mi risultò si chiamasse interamente William Henry James detto poi per distinzione Senior od indicato I, e di fatto avevo dedotto di stesso esempio che ne era pensiero anche del già citato fratello noto autore di romanzi realisti e psicologici anche; allora... datoché la scrittura non precisamente rilevabile del nome pur non conducendo a indicazioni sbagliate potrebbe generare gran confusione, io reinvierò messaggio ma indicando il filosofo noto attualmente quale William James soltanto (!) così: (W.) James (infatti per quanto io ne usi nome unico William pensando sua opera e lui stesso, io personalmente non ne trovo rispondenza con mie intuizioni su di lui e neanche con altrui intuizioni non comuni su di lui).
MAURO PASTORE
Il recensore, Francesca Rigotti, mostra di non intender tutto della simulazione mentale di (W.) James, che ella novera con ironia che solo per interpretazione dimidiata con oggetto di pragmatismo o neopragmatismo risulta non antifilosofica; infatti per prospettiva medesima o realmente comprensiva non negativa non ha significato considerarne di esempi particolari non finalità né isolandone particolarmente i mezzi.
James mostrava che le necessità naturali più complete, pur non essendo e non diventando obblighi, nondimeno da non volontà di morire sono assumibili per ordini fino a tanto che stessa volontà resta indeterminata tra vita e morte; ordini cosmologicamente reali, non cosmicamente, risultati di insufficiente non assenso da istintualità subissato in responso imperioso; e con ciò James mostrò inesistenza di morale e di amoralità universali originarie naturali giacché non è possibile ad animalità razionale evitare eventuale possibilità di maggior istinto a riflessione ad esso remota.
Necessità psicologiche inducono anche chi fa filosofia psicologica e psicologia filosofica ad inserire propria soggettività determinante, non soggettivante, per la conoscenza oggettiva, acciocché di vitale completezza se ne affermi dell'altro sesso da sé; con ciò però senza negare ulteriore ragione!
James aveva bisogno di esempio di materialità-originarietà non di materialità-originalità, per noverabilità anche di imprevedibilità della sostanza vivente in quanto tale nella relazione con materialità non biologicamente anamorfica; quindi per esemplarità intellettualmente corrispondente aveva da ricorrere ad esempio di sostanza maschile non femminile, non del latte e dell'allattamento; dunque — uso linguaggio raramente o per nulla diffuso ma del tutto proprio e semplice — della panna e dell'appannaggio (... da molti per abitudine indirettamente e non in tutto corrispondentemente descritti con analogie vegetali di semi ed inseminazioni, non in tutto corrispondenti).
Parimenti a recensore, l'autore M. Ferraris non intende appieno espressione di simulazione; questa in verità solo non pignolamente in stesso inglese dicibile "experiment" e in italiano imprecisamente dicibile e non sempre: "esperimento". Terminologicamente, "experiment" ed "experimental" in lingua inglese possono indicare anche non esclusione di "simulazione", ma "esperimento" e "sperimentale" in italiano invece ne escludono indicazione.
James aveva anche fatto riferimento ad atto sessuale maschile masturbatorio completo, con sostanzializzazione della panna senza appannaggio, su cosa neutrale non neutra per stessa sostanza, cioè non respingente, né per altra affettività possibile né per controaffettività unicamente possibile. Indicava oggetto finto ideale ma pure oggetto più finto non ideale non inibente né repulsivo; e mostrava, anoeticamente, concetto universale di materialità-originarietà da idea particolare di originarietà-materialità.
Ma Ferraris, nel riferirsi a originalità-materialità e materialità-originalità, non ha fatto suoi ragionamenti con vero esempio citato ma con uno suo, erotico. Quello di (W.) James era sessuale.
Alla insulsa saccenteria della recensione corrisponde la invadente pedanteria di autore Maurizio Ferraris, la quale tradiva propria (di Ferraris stesso) interpretazione culturale limitata a riformulazioni insufficienti.
MAURO PASTORE
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