domenica 4 novembre 2007

Ferry, Luc, Vivere con filosofia.

Milano, Garzanti, 2007, pp. 260, € 17,50, ISBN 8811600619.

Recensione di Daniela Mainardi - 04/11/2007

Storia della filosofia

Il saggio divulgativo di Ferry è il risultato di una serie di riunioni che l’autore tenne durante il corso di una vacanza. Il testo, pur riadattato conserva uno stile orale. Lo scopo dell’interessante scritto non è solo quello di offrire un’introduzione della storia della filosofia, ma è anche quello di mettere in luce alcune rilevanti idee filosofiche. In questo modo, così come sostiene l’autore, si soddisfano due esigenze: quella dell’adulto che non intende addentrarsi in un quadro specialistico della materia e quella dell’adolescente che forse, in seguito, la studierà in modo più accurato. In realtà, Vivere con filosofia, descrive alcuni grandi sistemi di pensiero che hanno caratterizzato cinque epoche date.

Nella prima parte del saggio si sostiene che il modo più semplice per abbozzare lo studio della filosofia è quello di compararla con il programma religioso. Filosofia e religione sono due modi antitetici di accostarsi al problema della salvezza. Come si sa, le religioni operano per il tramite della fede: la fede ha il compito di far scendere su di noi la grazia di Dio. Se credi in Dio, egli ti salverà; in cambio, al credente si chiede l’umiltà, che si oppone, all’arroganza e alla vanità della filosofia, come ripetono i massimi pensatori cristiani, da Santo Agostino a Pascal (p. 15) In buona sostanza, le religioni si definiscono come dottrine della salvezza, grazie all’intercessione di un “Altro”, grazie a Cristo; invece, le grandi filosofie si potrebbero definire dottrine della salvezza, tramite sé stessi, senza l’aiuto di Dio. In questo senso, Epicuro definisce la filosofia come una «medicina dell’anima» il cui fine ultimo è quello di farci comprendere che la morte non deve essere temuta. Sulla stessa linea, si trova il pensiero dello stoico Epitteto che, rivolgendosi a un allievo affermava: «hai dunque capito bene, […] che il principio di ogni male per l’uomo, della bassezza o della viltà, è […] la paura della morte? Premunisciti contro di essa; a questo aspirano le parole, gli studi, le letture a cui ti dedichi e saprai che è il solo mezzo che gli uomini hanno per diventare liberi.» (p. 16)

In sintesi, la filosofia ci invoglia a fare ricorso alla mera ragione, sempre che si riesca ad usarla con fermezza e in modo appropriato. È quanto intende Montaigne, alludendo alla saggezza degli antichi filosofi greci e affermando che fare filosofia significa imparare a morire. Ferry spiega che fare filosofia è essenzialmente la ricerca di una via giusta e buona al di là della religione, una ricerca di salvezza senza Dio. Anche se la ricerca di salvezza senza Dio fa parte dell’essenza di ogni grande filosofia, se anzi ne costituisce l’obiettivo ultimo, non può essere raggiunta senza una riflessione approfondita, su ciò che è la teoria e su quel che dovrebbe esserne l’etica di riferimento. La teoria comprende, da una parte, la definizione di essenza dell’essere, il fondamento del mondo che ci circonda: l’ontologia; e dall’altra la visione, gli strumenti di conoscenza che ci permettono di comprenderla. L’argomentazione di Ferry è sostenuta da un’esemplificazione tratta dal mondo greco. L’ontologia stoica consiste nel definire la sostanza più intima dell’Essere, l’armonia, il cosmos; la teoria della conoscenza che ne deriva risiede invece nella contemplazione che, con l’intelletto, coglie la logica dell’universo, il logos universale che struttura il mondo. Nel cristianesimo, l’essere supremo, non è più il cosmos, ma un Dio personale, e lo strumento adatto per pensarlo non è più la ragione, ma la fede. Nei moderni, da Newton a Kant, l’universo non ha più un carattere cosmico o divino, ma diventa un semplice intreccio di forze che lo studioso si sforza di decifrare con la ragione, individuandone le leggi, come quelle della causalità, che governano i rapporti tra i corpi.

Anche sul piano etico, il cristianesimo sarà portatore di idee nuove. Il mondo greco era sostanzialmente aristocratico, piramidale. I migliori occupavano posizioni superiori, mentre i meno eccellenti erano relegati a ranghi inferiori. Ricordiamo che le grandi cosmologie greche si basavano sullo studio della natura. Essa di per sé ha una precisa scala gerarchica e non è egualitaria: per ogni categoria di esseri esibisce una scala che va dalla sublime perfezione alla massima mediocrità. I doni naturali sono distribuiti in modo non uniforme. Per i cristiani, che a riguardo precorrono le morali moderne, questo principio è immorale. Quello che conta non sono i talenti naturali in quanto tali, i doni ricevuti alla nascita, ma l’uso che se ne fa. Con il cristianesimo entriamo nel mondo della meritocrazia. L’argomentazione cristiana sostanzialmente afferma che esiste una prova indiscutibile del fatto che i talenti ereditati in natura non sono intrinsecamente virtuosi, non hanno nulla di morale, poiché tutti possono essere utilizzati sia per il bene, sia per il male. La forza, la bellezza, l’intelligenza, la memoria sono qualità, ma non sul piano morale (p. 73). Come si legge nella parabola dei talenti presente nel Vangelo, è solo l’uso che si fa dei doni individuali che può dirsi virtuoso. Non i doni in quanto tali, ma la scelta di servirsene degnamente costituisce la morale. Il libero arbitrio costituirà il principio per giudicare l’aspetto morale delle azioni umane. La cultura cristiana mette in atto una vera e propria rivoluzione morale: nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo, del 1789 è percepibile il retaggio del cristianesimo. Per la prima volta nella storia dell’umanità è la libertà e non più la natura a costituire il fondamento della morale. Ferry dipinge anche l’altro aspetto etico cristiano che segna una cesura col precedente sistema di pensiero; esso afferma che lo spirito e l’interiorità sono fondamentali e determinanti rispetto alla mera ubbidienza a una legge estrinseca. Mentre la vita degli ebrei e dei musulmani ortodossi è colma di imperativi esterni, la religione cristiana fa appello alla coscienza per sapere ciò che è giusto e ciò che non lo è, nello spirito di Cristo e del suo messaggio e non nei cerimoniali di rituali che si applicano senza riflessione. Tale orientamento assiologico incoraggerà il cammino verso la democrazia, la costituzione di società laiche, non religiose: nella misura in cui la morale diventa essenzialmente un problema interiore ha sempre meno ragioni per entrare in conflitto con le convenzioni esterne.

Il perno argomentativo del saggio è contenuto nella parte che illustra il periodo della nascita della filosofia moderna. In questa fase, i tre grandi assi che organizzano l’interpretazione filosofica, le questioni della teoria, dell’etica e della salvezza, appaiono sotto un’angolatura distinta. Il mondo non è più un cosmos, ma un caos, un insieme di forze che entrano in conflitto le une con le altre; è chiaro pertanto che la conoscenza non può più prendere la forma di una theoria (l’etimologia della parola ci indica il senso: vedo il divino). Da questo punto di vista, dopo il crollo del perfetto ordine cosmico e la sua sostituzione con una natura irrazionale, si potrebbe affermare che non vi è più nulla di divino nell’universo. Ne deriva che per ritrovare qualcosa di coerente, è necessario che lo studioso metta ordine nell’universo. Da qui nasce il compito della scienza moderna: non più la contemplazione passiva di una bellezza che esiste, ma il lavoro, l’elaborazione attiva, la costruzione di leggi che permettano di dare un senso ad un universo disincantato. La scienza non è più dunque uno spettacolo passivo, ma un’attività della mente. Ad esempio, attraverso il principio di causalità lo studioso moderno tenterà di introdurre coerenza e significato nel caos dei fenomeni naturali. In altri termini, il pensiero non è più un vedere, come suggerisce la parola theoria, ma un agire, un lavoro che consiste nel collegare i fenomeni naturali tra loro, in modo da concatenarli gli uni agli altri e da trovare una spiegazione. E ciò che verrà definito metodo sperimentale, essenzialmente sconosciuto dagli antichi e che sarà il metodo primario della scienza moderna (pp. 96-97). Una delle rivoluzioni teoriche operate da Kant, il quale poneva il problema della scienza moderna, il problema del metodo sperimentale, cioè la questione di sapere come si elaborano le leggi, avrà considerevoli conseguenze anche sul piano morale. La nuova visione del mondo plasmata dalla scienza moderna è molto distante da quella degli antichi. Il pensiero moderno metterà l’uomo al posto del cosmos e delle divinità. È proprio sull’idea di umanità che i filosofi cominceranno a ricostruire la teoria, la morale e la dottrina della salvezza. Nella dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1789 l’uomo è al centro del mondo; essa non solo definisce l’uomo come un essere degno di rispetto, ma pone l’eguaglianza di tutti gli esseri, che siano ricchi o poveri, uomini o donne, bianchi o neri. La filosofia moderna è essenzialmente un umanesimo.

Nella filosofia contemporanea si definiscono postmoderni i sistemi di pensiero che, a partire dalla metà del XIX secolo, avvieranno la critica dell’umanesimo moderno e in particolare della filosofia dell’illuminismo. Come si è visto la scienza moderna, frutto dello spirito critico e del dubbio metodico, ha smantellato le cosmologie e indebolito i fondamenti dell’autorità religiosa, almeno in un primo tempo. Tuttavia, l’umanesimo non ha affatto distrutto una struttura religiosa fondamentale: l’idea di un aldilà opposto al mondo terreno, di un paradiso opposto alla realtà della terra. Questa visione delle cose è erede incontestabile della teologia, anche e soprattutto quando non se ne rende conto e si crede rivoluzionaria o irreligiosa. Agli occhi dei post-moderni, l’umanesimo dell’illuminismo è ancora prigioniero delle strutture essenziali della religione di cui si appropria inconsapevolmente, nel momento stesso in cui crede di averle superate. Nella prefazione di Ecce homo, Nietzsche descrive il suo atteggiamento filosofico di rottura con l’umanesimo moderno. Fiducia nel progresso, convinzione che la diffusione delle scienze e delle tecniche costituisca un futuro migliore, che la storia e la politica abbiano come guida un ideale, perfino un’utopia che dia dignità all’umanità: ecco esattamente il tipo di fede, di religiosità senza Dio o con un termine nietzschiano, di idoli, che si propone di decostruire filosofeggiando con un martello. Il filosofo postmoderno se frantuma gli idoli dei moderni, è perché essi sono il prodotto di un atteggiamento nichilista. Egli pensa che tutti gli ideali, esplicitamente religiosi o meno, di destra o di sinistra, conservatori o progressisti, spiritualisti o materialisti, possiedono la stessa struttura e la stessa finalità: hanno una struttura teologica, in quanto inventano un aldilà migliore di questa dimora terrena, immaginando valori sedicenti superiori ed esterni alla vita o, nel gergo dei filosofi, valori trascendenti. Agli occhi di Nietsche, una simile creazione non è aiutare l’umanità, ma condannare la vita stessa, negare il reale in nome di false realtà, invece di farlo proprio e di accettarlo quale è. È questa negazione del reale in nome dell’ideale che Nietsche definisce nichilismo. La mistificazione di ideali e utopie immaginari porta a situarsi all’esterno della realtà, mentre il filosofo della Gaia Scienza afferma che non vi è trascendenza alcuna in quanto ogni giudizio è un sintomo, un’emanazione della vita che appartiene alla vita stessa. Per Nietsche non esiste nulla al di fuori della realtà; tutti gli idoli della politica, della morale della religione sono enfatizzazioni metafisiche, imposture che sfuggono alla vita e poi si rivoltano contro di essa. (p. 145)

I principali filosofi post-moderni, Nietzsche, Marx e Freud, saranno legittimamente definiti i filosofi del sospetto, in quanto appartengono alla corrente di pensiero che sostiene che il fine della filosofia è quello di decostruire le illusioni in cui si è cullato l’umanesimo classico. Come la psicoanalisi cerca di analizzare e di capire l’inconscio a partire dai sintomi del paziente, il filosofo post-moderno insegna innanzitutto a sospettare delle opinioni correnti, palesando i luoghi comuni e i pregiudizi che li costituiscono. L’atmosfera post-moderna è caratterizzata dall’irriverenza, dal rifiuto dei sentimentalismi, dei valori borghesi tronfi e saldamente costituiti. Ferry sottolinea che Nietzsche è un genealogista, un decostruttore, ossia colui che ha rivelato gli inganni della mente propri della tradizione filosofica. Tuttavia, il filosofo di Umano troppo umano, non decostruisce la cosmologia greca, il cristianesimo o la filosofia illuminista per il semplice piacere di negare, ma per dare spazio a pensieri nuovi e radicali, che costituiranno, in modo del tutto inedito, una theoria, una praxis e anche un pensiero della salvezza nuovi. La genealogia nietzschiana implica che non esiste un punto di vista esterno e superiore alla vita. Per il genealogista non solo non esiste nessun giudizio di valore oggettivo, disinteressato, cioè indipendente dagli interessi vitali di colui che lo esprime, ma – per le stesse ragioni – non vi è un soggetto in sé, autonomo e libero. I nostri giudizi, i nostri enunciati, le frasi che pronunciamo sono le espressioni degli stati vitali, le emanazioni della vita in noi e non entità astratte, autonome, indipendenti dalle forze che abitano in noi (p. 150).
La comprensione di Nietzsche può avvenire mediante l’accostamento del suo pensiero, ad esempio, con quella degli stoici. Questi ultimi concepivano un cosmos, un ordine armonioso e giusto che ci invitavano a prendere come modello per trovare il nostro posto. Inversamente, Nietzsche considera il mondo, organico e inorganico, dentro di noi e fuori di noi, come un vasto campo di energia la cui infinita molteplicità non è riducibile all’unità. Picasso e Schönberg i fondatori dell’arte contemporanea sono in definitiva sulla stessa lunghezza d’onda; la loro arte ci rivela un mondo destrutturato, caotico, frantumato, privato dell’unità che la prospettiva e il rispetto delle regole dell’armonia conferivano alle opere del passato.

Riflettere sul passaggio da un’epoca all’altra, da una visione del mondo a un’altra, fa parte del compito della filosofia. Come Ferry ha fatto notare nella parte precedente, una delle prime chiavi di lettura della filosofia contemporanea è quella di affrontare la strada della cosiddetta decostruzione, così come espressa da Nietsche, Marx e Freud. La sociologia ha svelato che gli individui, apparentemente autonomi e liberi, sono in realtà determinati nelle scelte politiche, etiche, culturali ed estetiche addirittura nel modo di vestire, dall’habitus di classe. Martin Heidegger, uno dei massimi pensatori contemporanei, si discosta dal filosofo di Al di là del bene e del male in quanto non professa un materialismo, cioè una filosofia ostile alla trascendenza, una genealogia che tenta di dimostrare che le idee sono prodotte da interessi latenti. La sua interpretazione del mondo di oggi, la critica al mondo della tecnica, sta proprio nel fatto che essa non si limita alle confutazioni di rito del capitalismo. Egli spiega che il fenomeno della globalizzazione ci consente di entrare in un universo che ci sfugge e che si rivela privo di senso, nella duplice accezione del termine: di significato e di direzione. Con la competizione globalizzata la storia si muove ormai al di là della volontà dell’uomo. Nel saggio Superamento della metafisica, Heidegger chiarisce che la dominazione della tecnica è il risultato di un processo nato con la scienza nel XVII secolo. Sostanzialmente, l’idea centrale del pensiero heideggeriano è che il progetto di dominio sulla natura e sulla storia, che accompagna la nascita della modernità e dà senso all’idea di democrazia è destinato a rovesciarsi nel suo contrario. Quali argomentazioni a sostegno? Ferry afferma che nel secolo dell’illuminismo, il progresso scientifico si basa su due assiomi: la scienza ci permetterà di emancipare l’umanità dalle catene della superstizione e dell’oscurantismo medievale; il controllo sul mondo ci libererà dagli asservimenti naturali e li capovolgerà a nostro vantaggio. In rapporto a queste due finalità, libertà e felicità, che definiscono l’essenza stessa di idea di progresso, lo sviluppo delle scienze sarà vessillo, vettore di un altro progresso, quello della modernità. Nella prospettiva contemporanea, quella che definiamo l’epoca della globalizzazione, il concetto di progresso cambia radicalmente; invece di ispirarsi a ideali trascendenti, esso si ridurrà a essere il risultato meccanico della libera concorrenza tra le sue diverse componenti. L’economia moderna funziona come la selezione naturale di Darwin: nella logica della competizione globalizzata, un’azienda che non evolve è votata alla morte. Da qui nasce lo sviluppo straordinario della tecnica. Contrariamente all’illuminismo e alla filosofia del XVIII secolo, che come abbiamo visto, si proponevano l’emancipazione e la felicità degli uomini, la tecnica è un processo privo di finalità; nessuno sa dove ci porta il corso degli eventi poiché essi sono prodotti meccanicamente dalla competizione e non diretti dalla volontà consapevole degli uomini.

Quali prospettive per la filosofia contemporanea? Ferry presenta due strade: quella di diventare una disciplina tecnica, universitaria oppure quella in cui essa si impegna a pensare l’umanesimo dopo la decostruzione. La filosofia, colta dalla passione per la tecnica, si è specializzata in settori quali: filosofia della scienza, della logica, del diritto, della morale, della politica, del linguaggio, della religione, della bioetica, etc.. La lista delle «specialità» è interminabile (p. 206). Tuttavia, fa notare Ferry, non ci si può compiacere di un pensiero filosofico ridotto allo stato di disciplina specializzata, né tanto meno appoggiarci alla logica delle decostruzione, dove tale aspetto è un fine in sé. Lo spirito critico, anche quando è al servizio dell’ideale della democrazia, è il presupposto necessario ma non sufficiente, della filosofia: ci permette di sbarazzarci delle illusioni e delle ingenuità della metafisica classica, ma non risponde affatto alle domande esistenziali che l’aspirazione alla saggezza propria dell’idea stessa di filosofia metteva al centro delle antiche dottrine della salvezza (p. 208).

In definitiva, per Ferry la filosofia implica soprattutto l’idea di un ampliamento del pensiero; quest’aspetto è fondante nell’umanesimo contemporaneo. Egli ripensa una theoria che accordi all’autoriflessione il posto che merita; una morale aperta all’universo globalizzato; una dottrina post-nietzschiana del senso e della salvezza. Oltre a questi tre grandi assi, l’analisi filosofica contemporanea ci permette di pensare in modo diverso, superando lo scetticismo e il dogmatismo, la realtà enigmatica della pluralità delle filosofie.

Indice

CHE COSA È LA FILOSOFIA?
La finitezza umana e il problema della salvezza
Filosofia e religione: due modi opposti di accostarsi al problema della salvezza
Le tre dimensioni della filosofia: la comprensione di ciò che è (theoria), la sete di giustizia (etica) e la ricerca di salvezza (saggezza)
UN ESEMPIO DI FILOSOFIA ANTICA. L’AMORE DELLA SAGGEZZA SECONDO GLI STOICI
Teoria: la contemplazione dell’ordine cosmico
Etica: una giustizia che prende a modello l’ordine cosmico
Dall’amore della saggezza alla pratica della saggezza: la morte non deve essere temuta, è solo un passaggio perché siamo un frammento eterno del cosmos
LA VITTORIA DEL CRISTIANESIMO SULLA FILOSOFIA GRECA
Theoria: come il divino cessa di identificarsi con l’ordine cosmico per incarnarsi in una persona, Cristo; come la religione ci invita a limitare l’uso della ragione per fare posto alla fede
Etica: libertà, uguaglianza, fratellanza, la nascita dell’idea moderna di umanità
Saggezza: una dottrina della salvezza tramite l’amore che ci promette infine l’immortalità personale
L’UMANESIMO O LA NASCITA DELLA FILOSOFIA MODERNA
Una nuova theoria della conoscenza: un ordine del mondo che non è più dato, ma costruito
Una rivoluzione etica, parallela a quella della teoria: se il modello da imitare non è più dato, come lo era la natura degli antichi, ormai bisogna inventarlo…
L’interrogazione morale nella questione della salvezza: perché è impossibile confondere le due sfere
LA POSTMODERNITÀ IL CASO NIETZSCHE
Al di là della theoria: una «gaia scienza» sbarazzatasi del cosmos, di Dio e degli idoli della ragione
Al di là del bene e del male: la morale dell’immoralista o il culto del <grande stile>
Un pensiero inedito della salvezza: la dottrina dell’amor fati
Critiche e interpretazioni di Nietzsche
DOPO LA DECOSTRUZIONE. LA FILOSOFIA CONTEMPORANEA
Theoria: verso un pensiero inedito della trascendenza
Una morale fondata sulla sacralizzazione dell’altro: la divinizzazione dell’umano
Ripensare il problema della salvezza: a cosa serve crescere?


L'autore

Luc Ferry (Colombes, 1951) è docente di filosofia presso l’Università Parigi VI – Jussieu. Ha scritto numerosi saggi tradotti in venticinque lingue.

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