Recensione di Alessandro Lattarulo – 21/12/2007
La società contemporanea, permeata dalla globalizzazione nei suoi intrecci maggiormente critici, affascina particolarmente i sociologi, al punto da giungere, paradossalmente, ad intimorirli al cospetto dei propri elementi costitutivi. La logica del rapporto individuo-società sembra sgretolarsi in un pulviscolo di frammenti inattingibili, sfuggenti, che disperdono il proprio nucleo teoretico nell’oceanica estensione assunta dalle relazioni sociali, nelle quali, tuttavia, l’afonia rischia di prevalere sulla comunicazione.
Con l’inquietudine che scuote il ricercatore al cospetto di questo runaway world, nel quale le dimensioni tradizionalmente più importanti, dal lavoro all’istruzione, dall’etica ai sentimenti, appaiono schiacciate sull’istante, Francesco Giacomantonio cerca di offrire una lettura esaustiva delle contraddizioni insite nella dinamica individuo-società. Senza sbrigative pretese prescrittive di taglio pamphlettistico, l’autore scava tra le macerie del presente cimentandosi con il materiale scientifico messo a disposizione dalla sociologia della conoscenza, dalla sociologia politica, dalla filosofia politica e dalla scienza politica, per impastarlo gradualmente, giungendo infine ad articolare un accurato discorso sociologico della tarda modernità. Sebbene il titolo del volume echeggi esplicitamente il noto studio habermasiano, costruito su inclinazioni di conio più robustamente filosofico, non può esaurirsi in questo parallelo l’urgenza di motivare le opzioni teoriche di Giacomantonio.
Attorno alla scelta di tratteggiare l’alba del nuovo millennio come il crepuscolo di una fase evolutiva, in particolare europea e occidentale, declinata come “modernità”, si concentra infatti qualcosa in più della mera premessa epistemologica dello studio. Non foss’altro perché, allo scopo di ridimensionare la portata di questo scoglio ben conosciuto, il volume è interamente percorso da un serrato confronto a distanza con gli autori più amati e rispettati.
Inevitabilmente definita in primo luogo attraverso una periodizzazione storica, la modernità si apre nel sedicesimo secolo e si connette a una lunga teoria di eventi-processi – le scoperte geografiche, la Riforma protestante, la formazione degli stati-nazione, lo sviluppo del metodo scientifico, l’insorgere del sistema economico di stampo capitalistico – che istituiscono una palese condizione di discontinuità con il passato, determinando una lievitazione esorbitante del livello della complessità sociale e della interazione tra i soggetti. Peraltro, la modernità, nella sua valenza liberatrice, porta in dote due fenomeni senza precedenti, che l’autore, sulla scia di Alain Touraine, individua nella progressiva secolarizzazione della società e nella biforcazione tra diritto naturale e contratto sociale (p. 16). Eppure, le condizioni appena elencate, che tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima del Novecento sembrano marcare i lineamenti della modernità fin quasi a consentire di decifrarla quale necessario stadio evolutivo verso un futuro consegnato nelle mani delle utopie, giungono negli ultimi decenni a mostrare segnali di cedimento. Sotto tale rispetto, lo scommessa di chi, come Lyotard, nella trasformazione morfologica delle strutture sociali tardo industriali, permeate dalla rivoluzione dei sessi, dall’afflosciamento delle rigidità imposte dal fordismo, intravede il passaggio a una fase del “post”, della cesura netta con le cadenze amministrative di anni che restano pur sempre nel complesso “i trenta gloriosi”, ha l’incancellabile merito di favorire la discussione, moltiplicando i dibattiti. Benché il filosofo francese, nel rappresentare il Moderno come grand récit, come “metaracconto”, resti strenuamente abbarbicato all’enfatizzazione del momento della conoscenza e del linguaggio, sotto i suoi fendenti si attiva il meccanismo luhmanniano della riflessività, ossia di una modernizzazione consapevole di se stessa, che riflette su se stessa, con un inevitabile feed-back sulla costruzione del mondo sociale (p. 22). Di un mondo sociale che, al fine di non ritrovarsi fagocitato nell’impropria equivalenza tra modernità e globalizzazione, risulta stimolato a rileggere percorsi democratici tracciati in ossequio agli slanci prometeici dell’Umanesimo e dell’Illuminismo.
Sotto tale profilo, la lettura normativa della modernità sviluppata da Habermas, che combatte strenuamente le costellazioni di pensiero contrassegnate dalla percezione di un tanatico senso della fine, rilancia il ruolo della ragione, sottraendola all’oscurità delle tenebre nichiliste, nel cui buio i suoi maestri francofortesi, Horkheimer e Adorno, l’avevano vista precipitare durante le guerre mondiali, giungendo all’estremo di considerarne le torsioni alla stregua del necessitato approdo della loro intrinseca pretesa totalizzante. Proprio le teorie habermasiane colgono, mantenendosi a distanza dagli slittamenti nell’imbuto del massimalismo giuridico, la pressante esigenza di rilanciare la responsabilità del cittadino, il cui libero arbitrio contraddice la celebrazione di un insondabile potere infinito della ragione – rovesciatosi nel proprio contrario uccidendo il logos nei campi di concentramento –, connettendo all’analisi della scabrosa relazione tra democrazia e diritti umani il delicato problema che, all’interno dei contesti sociali, evidenzia una serrata dialettica culturale tra identità e soggettività.
La tarda modernità descritta dal giovane studioso pugliese lascia emergere una contrazione identitaria, spesso reattiva alla scomposizione molecolare delle agenzie socio-politiche lungamente investite del compito di fungere da contenitori degli impeti partecipativi dei cittadini, che soffoca la maturazione di una compiuta soggettività, di un posizionamento dell’individuo al centro del mondo sia per conoscere che per agire. Del resto, nella compressione della già richiamata opposizione società-individui tra le fitte maglie della dicotomia individualismo-comunitarismo, traspare comunque un ruolo della cittadinanza che favorisce la demolizione dell’obsoleta riduzione della politica alla sfera dello Stato, reputata da Giovanni Sartori adatta alla realtà ottocentesca, ma inadeguata già negli ultimi lustri del ventesimo secolo, quando si completa l’entrata delle masse nell’arena politica.
Non suoni pertanto azzardato affermare che, sino a quando l’identità si porrà come problema al di sopra della soggettività, ne deriverà un rischioso avvicinamento tra la dimensione etica e quella etnica, e la politica della vita delineata dal sociologo britannico Anthony Giddens potrà ridursi a lotta per il riconoscimento, tra le cui rivendicazioni si apposta la produzione di sottosocietà e controsocietà, popolate da individui altamente alfabetizzati, spinti a codificare sfere di senso parallele a, e spesso collidenti con, quelle rintracciabili nelle istituzioni “ufficiali” (p. 165).
Che vada allora pensato il dilemma strutturale della società contemporanea concentrato tra il polo della democrazia e quello del capitalismo? Il punto è che il sistema democratico, nonostante la desiderabilità che ne accompagna ogni evocazione, non appare più adeguato, sotto molti aspetti funzionali, alla complessità che anche il capitalismo contribuisce ad accrescere vorticosamente nelle società contemporanee. Posta tale premessa, meglio si comprende la proposta di Ulrich Beck, che elabora dispositivi per uno sviluppo cosmopolitico delle pratiche partecipative, in cui il “vecchio continente”, nelle vesti di Unione Europea, contribuisca a liquidare le apocalittiche conclusioni sulla “fine della storia”, diventando laboratorio di incessante sperimentazione politica, onde fornire coerenza e dinamismo alla propria morfologia. Senza pretese neo-coloniali, che agitino il vessillo di una peculiare filosofia sociale a pratica di un universalismo democratico da imporre con ogni mezzo, riproponendo lo schema huntingtoniano dello scontro tra civiltà. L’Unione europea, viceversa, deve sfidare i suoi abitanti sul terreno della costruzione di un pluriverso che sia sinonimo di rigetto dei fondamentalismi identitari, religiosi, economici, per immaginarsi parte di autogoverni democratici reticolari della società eretti a barriera contro l’incontrollato dilagare del mercato, senza che ciò debba significare, come lasciano trasparire alcune posizioni habermasiane, l’impaurita evocazione, priva dei necessari adattamenti epocali, di un primato della politique politicienne.
Indice
PREMESSA
PARTE PRIMA
INDIVIDUI E SOCIETÀ: LA CONDIZIONE SOCIALE TARDO-MODERNA
CAPITOLO 1
PIANI DELLA MODERNITÀ
Che cos’è la modernità?
Modernità e postmodernità
Modernità, modernizzazione, riflessività
La tarda modernità e il suo discorso sociologico
CAPITOLO 2
COSTRUZIONE DELLA SOGGETTIVITÀ MODERNA E TARDO-MODERNA
2.1 Soggettività moderna: problema morale
2.2 Soggettività moderna: l’interpretazione teorico-sociale”
2.3 Fenomenologia della Soggettività moderna: l’interpretazione sociologica
2.4 Soggettività moderna tra rappresentazione e comunicazione
CAPITOLO 3
MODERNITÀ E SOGGETTIVITÀ: SFERA POLITICA E AGIRE POLITICO
La sfera politica
Agire politico e libertà
Libertà e soggetto
PARTE SECONDA
INDIVIDUI E SOCIETÀ: LA CONDIZIONE POLITICA TARDOMODERNA
CAPITOLO 1
CATEGORIE POLITICHE NELLA TARDA MODERNITÀ: DEMOCRAZIA, DIRITTI UMANI, SOVRANITÀ
Democrazia – diritti umani: un instabile binomio
Il senso dei diritti umani
CAPITOLO 2
LA DIMENSIONE DELLA DEMOCRAZIA COSMOPOLITICA
2.1 L’approccio idealista progettuale
2.2 Democrazia e decostruzionismo
2.3 Teorie sociologiche della democrazia cosmopolitica
CAPITOLO 3
LIMITI E CRITICHE AL MODELLO DEMOCRATICO OCCIDENTALE
3.1 Teoria realista
3.2 Critica dell’universalismo democratico
3.3 Problemi di “cultura politica”
3.3.1 Civiltà e democrazia
3.3.2 Tensioni intrinseche delle istituzioni democratiche
3.3.3 “Socialità” e democrazia
CONSIDERAZIONI FINALI
BIBLIOGRAFIA
L'autore
Francesco Giacomantonio (Bari 1975) è dottore di ricerca in Filosofie e teorie sociali contemporanee. Ha scritto su numerose riviste e collaborato con il sito dello SWIF, per il quale ha in particolare curato la voce “Sociologia della conoscenza” nell’e-book Linee di ricerca.
Bibliografia
www.filosofico.net/giacomantonio, pagina personale dell’autore
www.dissensi.it, sito della Rivista italiana di Scienze sociali, che raccoglie numerosi contributi sul tema, nonché recensioni su libri di taglio sociologico e filosofico.
Nessun commento:
Posta un commento