Recensione di Paolo Farina – 10/12/2007
Etica, Teologia
Tra le donne che nel XX secolo hanno vissuto e pensato tra le due Guerre, Simone Weil merita un posto di assoluto rilievo – ancorché non ancora del tutto riconosciuto nell’establishment della filosofia contemporanea. Dotata di un “cuore capace di battere attraverso l’universo” (Simone de Beauvoir), la Weil ha condotto la sua esistenza come un “itinerarium mentis et corporis in veritatem”, tanto per parafrasare la celebre espressione di san Bonaventura. Tutta la sua vita, infatti, è stata trascinata dalla sua sete di verità attraverso molteplici e spesso, almeno in apparenza, contrastanti esperienze: professoressa e contadina, intellettuale ed operaia, pacifista e militante della resistenza, bolscevica e, suo malgrado, credente sino al punto di essere condotta attraverso i sentieri della mistica. Per mutuare un appunto che troviamo nei suoi Cahiers, Simone Weil ha vissuto l’impegno di pensatrice come “cosa esclusivamente in atto e pratica” (Quaderni, voll.4, Milano, Adelphi 1982-1993, IV, p.396).
Non è dunque un caso, se il libro della Lucchetti Bingemer si apre con un’ampia introduzione biografica, indispensabile per chi si accosti per la prima volta al pensiero di Simone Weil. Nella filosofa francese, infatti, pensiero e azione, esperienza e riflessione si intersecano continuamente e sarebbe in errore chi ritenesse di poter conoscere un aspetto a prescindere dall’altro. La decana della PUC di Rio de Janeiro ben ci introduce nella parabola esistenziale weiliana, sottolineando la sua predilezione per gli ultimi – ovvero la sua “l’incarnazione nella vita dei poveri” (p.26) – e arrivando a presentarne “la morte come suggello della vita” (p.47).
Segue il capitolo dedicato a un tema centrale nella speculazione weiliana, vale a dire la meditazione sulla questione della violenza e del male – e di conseguenza anche sul tema della non-violenza. Si tratta di un’indagine assolutamente attuale, capace di coniugare il punto di vista etico con quello teologico, l’istanza veritativa e dell’ortoprassi con quella che sonda il mistero dell’essere di Dio a fronte dell’urgenza del male. Proprio il fatto che Simone Weil sia vissuta in un’epoca di grandi lacerazioni sociali e storiche, quale quella tra le due guerre, fa sì che sia quanto mai penetrante il suo interrogarsi sul lato hobbesiano che alberga nel cuore di ogni uomo. La Weil, convinta fautrice del pacifismo, giunse non solo alla militanza nella Resistenza francese, ma anche ad avvertire come una colpa le idee pacifiste da lei difese a cavallo tra gli anni ’20 e ’30. Ella sviluppò il convincimento che l’essere umano deve confrontarsi “con la decisione tra oppressione e guerra” (p.59). Decisione che lo vede “in ogni caso, perdente” (ivi). Lucchetti Bingemer osserva: “Delusa dai suoi ideali giovanili, Simone Weil nega che vi sia un’opposizione tra fascismo e comunismo, nel senso che la vittoria dell’uno non può definirsi con lo sterminio dell’altro” (p.67). In effetti, Simone Weil mai abbandona la sua “speranza tipicamente pacifista” (ivi), convinta che non vi possa essere sempre la guerra e che per questo, in un tempo indefinito, possa finalmente regnare la pace. Pessimismo, realismo e utopia: sono coordinate apparentemente inconciliabili lungo le quali la riflessione weiliana si snoda per introdurci alla sua visione della “nozione di forza” (p.70) che vede dispiegarsi nell’ascesa del nazismo e nel trionfo della guerra. Come sottolinea ancora la Lucchetti Bingemer, la violenza cosifica chiunque tocchi, “tanto quelli che se ne servono tanto quelli che la patiscono, affratellando vittime e carnefici, vincitori e vinti nella stessa sventura e nella stessa sofferenza. Un uso moderato della forza, che avrebbe evitato quello stato di cose, avrebbe richiesto una virtù più umana, più rara della dignità costante nella debolezza” (p.80). Ne L’enrecinement la Weil indica nell’obbligo il fondamento della pace (p.86) e non è un caso se quella che sarebbe dovuta essere una bozza della futura costituzione francese inizia con un lungo elenco di “bisogni dell’anima”. Nelle intenzioni di Simone Weil, esso rappresentava un altrettanto lungo elenco di “doveri” da rispettare perché la civiltà occidentale potesse ritrovare la “prima radice”. È noto che le idee della Weil, compreso il suo progetto di infermiere volontarie di prima linea, trovarono una netta presa di distanza da parte di De Gaulle e dei vertici di France Livre. Fu davanti a tale rifiuto che Simone Weil percepì la frustrante sensazione di non poter essere utile col suo lavoro alla causa della pace e desiderò dunque una “morte per solidarietà” (p.93).
Si tratta dell’esito finale degli ultimi anni di vita della Weil, contraddistinti da quella che ad alcuni è apparsa una “deriva mistica” (Trabucco), ad altri il compimento di una vocazione (Di Nicola – Danese). Il teso della Lucchetti Bingemer affronta l’analisi del nesso che la riflessione weiliana ha scorto, pensando e soffrendo, tra religione e violenza. A partire dallo “sguardo critico di Simone Weil sull’ebraismo” (p.111) e da una analogo “sguardo critico sul cristianesimo” (p.121), sino all’affermazione della “fede in un Dio essenzialmente non violento” (p.124), ma, come Cristo, come la stessa Weil, “tormentato dalla compassione” (p.125). Scrive Lucchetti Bingemer: “A partire dalla sua conversione, la centralità della croce nella vita di Simone passò ad essere incarnata e ad avere un nome: il nome di Gesù Cristo, divenuto per lei, a partire da un certo momento, Signore teneramente amato. Dal momento del suo incontro esplicito con la fede cristiana, tuttavia, questo Cristo si rivela a Simone nel suo aspetto crocifisso. Mai riuscì a dissociare la persona di Gesù Cristo dalla Sua passione. Non ci riusciva, poiché per lei il credere è per sempre legato alla passione salvifica del Figlio di Dio” (p.130).
È l’approdo, quanto mai singolare, dell’agnostica e anticlericale Simone Weil: dalla riflessione sull’impero della forza, all’affermazione che la debolezza dell’amore è più forte di ogni forza. Questa la tesi del saggio della Lucchetti Bingemer, puntualmente verificata dal frequente e pertinente ricorso ai testi della Weil e ai testi di autori che la Weil hanno meditato e studiato a lungo.
Gli ultimi capitoli di questo volume sono dedicati a sondare il dialogo tra la Weil e alcuni pensatori e pensatrici del suo tempo. Nel penultimo capitolo il confronto è tra Simone Weil ed Emanuel Levinas e René Girard, che pure a lungo hanno indagato il doloroso passo che separa il trionfo della pace dalla sua cruenta negazione. Nell’ultimo capitolo si indaga sulla affinità che accomuna la sua parabola esistenziale e filosofica a quella di Edith Stein ed Etty Hillesum, “donne che sperimentarono nella loro vita, nella loro mente, e soprattutto nel loro corpo e nel loro cuore il bisogno di guardare in faccia il mostro della violenza e di trovare risposte umanizzanti e spirituali in grado di rapportarsi a questa ardua e dolorosa questione” (p.161).
In conclusione, il nuovo studio di Maria Clara Lucchetti Bingemer sulla vita e sul pensiero di Simone Weil, assumendo la dialettica “debolezza dell’amore/impero della forza”, riesce a proporsi come una guida privilegiata per chi voglia accostarsi a un pensiero della Croce in grado di catalizzare l’attenzione del lettore e, nel contempo, di dispiegargli una nuova visione dell’io e della realtà, una visione trasfigurata dalla consapevolezza di chi, come la Weil, non ha distolto lo sguardo davanti al mistero del male, ma l’ha assunto nella carne, prima di provare a scandagliarlo con l’attività dello spirito.
Il rigore metodologico e il sapiente impiego delle fonti impreziosiscono ulteriormente questo saggio, rendendolo consigliabile tanto per la lettura per gli specialisti della materia quanto per lo studio di coloro che non hanno ancora avuto l’impegnativa avventura di accostarsi a Simone Weil.
Indice
Introduzione
Vita e profilo di una donna del Novecento
Prospettive weiliane sul tema della violenza
Pensare, vivere e soffrire il nesso tra religione e violenza
Etica, violenza e religione: Simone Weil in dialogo con alcuni pensatori del suo tempo
Genere, mistica e violenza: Simone Weil in dialogo con alcune donne del suo tempo
Conclusione
L'autrice
Maria Clara Lucchetti Bingemer, brasiliana, teologa, decana dell’Università Cattolica di Rio de Janeiro, è tra le maggiori studiose di Simone Weil. Tra le sue pubblicazioni: Violência e religião. Judaismo, Cristianismo, Islamismo. Três religiões em confronto e diálogo (RJ/SP, PUC-Rio/Lodola, 2001), Deus Trindade: graça que abita em nós (Valencia/São Paulo, 2003). Direttrice del “Centro Lodola de fé e cultura”, attivissima in convegni e seminari in tutto il mondo, sono innumerevoli i suoi saggi pubblicati. In Italia ha già pubblicato, Simone Weil. Azione e contemplazione (Torino, Effatà 2005).
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