Recensione di Silvano Zipoli Caiani – 05/03/2008
teoria della persona, teoria della mente, fenomenologia
Attraversando momenti di cambiamento che caratterizzano il corso della vita sarà forse capitato a qualcuno di sentirsi rivolgere giudizi (o talvolta rimproveri) del tipo: “tu non sei più lo stesso” oppure “tu non sei più la persona di prima”. Cosa è mutato in ciò che contraddistingue la nostra identità? Capita a volte di non riconoscere un luogo o un oggetto per come li ricordavamo, ma quando si tratta dell’identità personale di un amico, di un parente o di altri esseri umani le questioni si fanno complesse. Cosa rende un individuo una persona? Cosa permette quella continuità che la maggior parte di noi esperisce a fronte dei tanti cambiamenti che segnano il corso della vita?
Il libro di Carlo Gabbani è un’approfondita ricerca in seno al problema dell’identità personale. Si tratta di un lavoro analitico ampio e articolato, in grado di abbracciarne i molteplici aspetti e di proporre una ben motivata prospettiva teorica. Dal vasto tema del rapporto mente corpo, passando attraverso la ricostruzione storica e concettuale del dibattito attorno alla nozione di identità personale, Gabbani giunge a proporre un’epistemologia dell’esperienza personale quale premessa per la definizione di un’identità continua rispetto al tempo e alle diverse condizioni materiali dell’esistenza umana.
Il lavoro si suddivide in due grandi aree d’indagine dedicate rispettivamente allo statuto epistemologico dell’esperienza in prima persona e all’analisi della nozione d’identità personale, con un occhio di riguardo al dibattito contemporaneo. Alle due grandi sezioni che compongono l’opera se ne aggiunge una terza, più breve, contenente il nucleo della proposta teorica che l’autore intende fare propria. Una concezione, quella di Gabbani, volta a salvaguardare una nozione d’identità personale indipendentemente da riduzionismi fisicalistici, o da interpretazioni di stampo funzionale, ma incentrata sulla salvaguardia di una prospettiva fenomenica che, dall’evidenza della prima persona, aspira a un riconoscimento intersoggettivo in grado di delineare lo spazio per la definizione di un’autonoma categoria di “persona”. Un approccio di tipo epistemico, che lascia sullo sfondo questioni di ordine metafisico e ontologico, concentrandosi piuttosto sulla ricerca di argomenti efficaci e sull’analisi delle diverse alternative teoriche; un incedere contraddistinto da un’impostazione metodologica prudente e scevra da pretese fondazionali.
La struttura dell’opera è concepita come un progressivo avvicinamento al tema centrale dell’identità personale, prendendo le mosse dall’analisi del rapporto che intercorre tra l’immagine scientifica del mondo e la sua immagine manifesta, una distinzione proposta in questi termini durante gli anni sessanta da Wilfrid Sellars. La prima prodotta dalla fisica assieme alle discipline biologiche a partire dall’integrazione di più teorie sperimentali concernenti l’uomo (p. 30), la seconda presente immediatamente a ogni individuo e costruita a partire da un contesto socialmente condiviso e dalle competenze psicologiche tipiche del senso comune (p. 27). Pur riconoscendo nell’immagine scientifica “uno sviluppo metodologico” che ha le sue radici all’interno dell’immagine manifesta (p. 38), nell’ottica di Sellars si configura uno scontro che mette in questione presupposti e spiegazioni che caratterizzano la concezione identitaria di ogni individuo sul piano dell’immagine manifesta. Ora, secondo Gabbani, solo a partire da un riconoscimento della legittimità anche di una autonoma dimensione esplicativa non scientifica dell’esperienza individuale appare possibile concepire uno spazio autonomo all’interno del quale sviluppare la nozione di ‘persona’ in quanto descrittiva.
Come nota Gabbani, la contrapposizione tra le due immagini del mondo sembra rappresentare la questione al centro dell’odierno dibattito in filosofia della mente (p. 39). Proseguendo l’esame critico della posizione di Sellars, Gabbani affronta la questione della riducibilità dell’esperienza personale utilizzando gli strumenti concettuali che hanno fatto la storia delle dispute attorno alla natura del mentale. Muovendo dalle originali distinzioni promosse da Moritz Schlick tra conoscenza concettuale (erkennen), pubblica e ripetibile, e atteggiamento intuitivo (erleben), privato e inaccessibile, Gabbani giunge ad analizzare l’ascesa delle concezioni riduzioniste quale portato di un più ampio contesto epistemologico affermatosi nel corso della seconda metà del Novecento. Dall’anti-fondazionalismo fenomenico, all’affermarsi di forme di epistemologia naturalizzata, fino alla ripresa di argomenti in favore del realismo scientifico, il panorama filosofico interessato all’analisi del rapporto mente corpo ha visto moltiplicarsi negli anni le proposte volte ad accantonare e in certi casi eliminare la presenza di prospettive teoriche basate sul riconoscimento di uno spazio primario fatto di contenuti coscienti, identificato a volte con il cosiddetto “mentale”, o con le istanze riconducibili a una psicologia del senso comune. Da Feigl, a Feyerabend, ai coniugi Churchland, Gabbani affronta le diverse soluzioni eliminativistiche allo scontro tra immagine scientifica e manifesta del mondo, istanze che all’autore sembrano configurare il capovolgimento di un progetto epistemico iniziato con la modernità, là dove per Cartesio l’interiorità era sede della certezza assoluta, divenuta col proseguo della conoscenza scientifica il luogo del massimo inganno (p. 84).
Centrali per lo sviluppo dell’opera sono tre distinti argomenti proposti in difesa dell’esistenza di un livello di analisi dei caratteri fenomenici irriducibile a quello proposto dalle neuroscienze. Il primo volto a sottolineare la legittimità di una distinzione epistemica tra un vedere intra-scientifico, limitato alla struttura oggettiva di ciò che è percepito e un vedere del senso comune, in grado di riferire in merito al contenuto fenomenico esperito dal soggetto. Il secondo argomento volto a difendere l’utilizzabilità di una divaricazione epistemica in grado di salvaguardare i casi di contrasto tra una descrizione neurale degli stati cerebrali e un resoconto in prima persona degli stati coscienti, senza pretendere di affermare l’inaffidabilità dell’una o dell’altro. Il terzo, infine, riprendendo il celebre Knowledge Argument di Franck Jackson, volto a salvaguardare l’accrescimento epistemico legato alla considerazione di categorie conoscitive di tipo irriducibilmente non fisicale. L’approccio pluralistico proposto da Gabbani punta a considerare il ruolo della conoscenza scientifica quale ampliamento, e non sostituzione, dell’esperienza soggettiva, una prospettiva filosofica che vuole dunque essere compatibile anche con la tesi per cui l’uomo non si trova sempre al centro di un orizzonte epistemico a lui completamente trasparente.
L’articolata argomentazione anti-riduzionista, volta a evidenziare l’incompletezza dell’immagine scientifica a fronte di un’ineliminabile esperire qualitativo, permette a Gabbani di accedere all’analisi di un livello personale distinto da quello che può offrire una psicologia interamente basata sulla scomposizione del soggetto in agenzie sub-personali (p. 120). Rendere conto dei contenuti dell’esperienza cosciente, una possibilità ritenuta concreta solo al di fuori della cornice tracciata dalle scienze fisicali, concederebbe infatti secondo l’autore lo spazio per la pensabilità di un concetto unitario e autonomo di persona. La seconda parte dell’opera è per questo dedicata a una ricostruzione del dibattito attorno al problema dell’identità personale, declinato specificamente nella sua formulazione “diacronica”: cosa rende una certa persona la stessa persona in due spazi-tempi distinti? Una questione che, l’autore non manca di sottolinearlo, s’intreccia indissolubilmente con la necessità di precisare l’intensione del concetto di persona (p. 129).
Ripercorrendo le tappe fondamentali che hanno contraddistinto la discussione attorno al problema della identità personale, da Boezio passando per Agostino e Tommaso, particolare importanza riveste secondo Gabbani la trattazione offertane da Locke. L’allontanamento da un’impostazione ontologica e sostanziale si trova infatti alla base dello sviluppo del dibattito moderno, fortemente influenzato anche da una matrice cartesiana all’interno della quale gli aspetti psicologici e fisici della personalità si trovano disgiunti. Introdotta la prospettiva leibniziana volta a delineare, al di là di connotazioni sostanziali, una caratteristica permanenza della personalità rispetto al soggetto che ne è titolare, e affrontato l’approccio emotivo al problema dell’identità avanzato da Hume, l’analisi di Gabbani si concentra sugli sviluppi del dibattito contemporaneo. A partire dal decisivo ruolo dell’opera di Peter Strawson, passando attraverso le posizioni di autori come Grice, Perry, Olson e Parfit, Gabbani propone una concezione non-riduzionista e non-criterialista dell’identità personale, introdotta attraverso argomenti di natura epistemica, attenti al lato giustificativo connesso alle attribuzioni dello statuto di ‘persona’ e di una identità diacronica, come preliminare a ogni ulteriore sviluppo di una prospettiva metafisica. La ricerca svolta sul concetto di persona è intesa infatti dall’autore come parte di un’indagine più ampia sull’epistemologia della nostra esperienza, uno spazio logico a partire dal quale sviluppare solo in un secondo momento interpretazioni di stampo metafisico e primariamente incentrato sull’individuazione dei fenomeni che contraddistinguono un’ordinaria esperienza personale.
Nel tentativo di fornire un resoconto della possibilità di concepire la persistenza associata al concetto di persona, Gabbani propone un’analisi circa le evidenze (intese come altro dai criteri) sufficienti per affermare l’identità diacronica di una persona che possiede un organismo umano. Essa viene sviluppata seguendo tre stadi argomentativi, riconducibili a tre diverse constatazioni: 1) per la persistenza dell’identità personale di individui con un organismo umano è sufficiente (ma non necessaria) la conservazione secondo continuità di un organismo in grado di istanziare almeno uno stato mentale; 2) la categoria di persona non è una connotazione meramente accidentale, o transitoria, ma accompagna l’individuo che ne è titolare fino alla sua estinzione; 3) ciascun individuo dotato di un organismo umano persiste nel corso della sua vita sempre come la stessa persona. Attraverso una distinzione tra sé fragile e identità tenace (p. 275) l’autore separa l’identità psicologica del soggetto, ovvero lo spazio sottoposto ai condizionamenti tipici di tutti i processi funzionali, da un’identità personale stabile e duratura, in grado di condurre l’individuo nel corso di ogni variazione funzionale e fisiologica che accompagna il corso della sua esistenza.
Nella trattazione del tema della persistenza dell’identità personale non sembrano essere indifferenti a Gabbani gli sviluppi che interessano il mondo della riflessione bioetica. Oltre ad essere un’analisi teorica attorno a concetti e definizioni astratte, il lavoro di Gabbani si radica sul piano dell’esperienza quotidiana, là dove il tema dell’attribuzione di personalità si intreccia con questioni di rilievo sia etico che sociale. L’intero lavoro può essere considerato come la difesa di una concezione della personalità in contrasto sia con istanze di tipo riduzionistico, sia con prospettive di stampo criterialista, un percorso volto a salvaguardare in primo luogo l’immediatezza delle manifestazioni e dei fenomeni con i quali comunemente le persone ci rendono partecipi della loro esistenza.
Indice
0. Introduzione: La persona tra esperienza e conoscenza
0.1. Esperienza personale e/o conoscenza scientifica;
0.2. Anatomia di una tensione;
0.3. Caratteri del revisionismo contemporaneo;
0.4. Scopi e piano della ricerca;
Parte prima: Epistemologia e discorso sull’esperienza personale
Capitolo primo: Immagine scientifica e/o immagine manifesta del mondo;
1.1. A tale of two images: la diagnosi di Sellars;
1.2. L’explanandum delle moderne scienze sperimentali;
1.3. Il “clash” e la prognosi di Sellars;
1.4. Valutazioni critiche e sviluppi di questa analisi;
Capitolo secondo: Come il mondo “vero” finì per diventare una favola: l’eliminazione dell’immagine manifesta;
2.1. Primo modello di eliminativismo: i contenuti mentali come entità non conoscibili;
2.2. Dalla teoria dell’identità all’eliminativismo in teoria della mente;
2.3. Secondo modello di eliminativismo: la psicologia del senso comune come frame work non referente;
Capitolo terzo: Una diversa prospettiva: esperienza personale e incompletezza della conoscenza scientifica;
3.1. Completezza e incompletezza della conoscenza scientifica;
3.2. Il discorso sui contenuti fenomenici;
3.3. Attitudini proposizionali, contenuto e mito del dato;
3.4. Necessità epistemica di un livello personale e sintetico;
Parte seconda: Epistemologia e integrità diacronica della persona
Capitolo quarto: introduzione alla questione dell’identità
4.1. Definizioni preliminari;
4.2. Identità, individualità e criteri;
4.3. Persistenza e natura degli enti;
Capitolo quinto: Introduzione alla questione della “persona”
5.1. Una definizione classica;
5.2. Locke e la nascita del criterio psicologico d’identità personale;
5.3. La reazione a Locke;
Capitolo sesto: Il dibattito contemporaneo sui criteri d’identità personale
6.1. Peter Strawson e la persona come basic particular;
6.2. La standard view sulla persistenza: fortuna e difficoltà dei criteri di tipo psicologico;
6.3. Alternative criterialiste alla crisi della standard view;
Capitolo settimo: Una diversa prospettiva: irriducibilità dell’identità personale e non criterialismo;
7.1. La teoria della costituzione;
7.2. La semplicità della persona;
7.3. Il non-criterialismo da un punto di vista logico-concttuale;
7.4. Ragioni per un rifiuto dei criteri empirici d’identità personale diacronica;
Sintesi: Premesse epistemologiche a una visione d’insieme
Capitolo ottavo: La nostra persistenza di persone e l’incompletezza del resoconto fisicale
8.1. La nostra persistenza di persone in questo mondo: oltre l’interpretazione funzionale;
8.2. Un argomento in tre stadi;
8.3. Per un’epistemologia dell’esperienza personale: verso una visione d’insieme;
L'autore
Carlo Gabbani ha compiuto i suoi studi all’Università di Pisa, in particolare con G. Fioravanti e con A.G. Gargani e ha conseguito il dottorato di ricerca in filosofia all’Università di Firenze. Attualmente è assegnista di ricerca presso il dip. di Filosofia di Firenze, e si occupa prevalentemente di epistemologia, filosofia della mente e storia delle idee. Tra le sue pubblicazioni: M. Friedman, Dinamiche della Ragione. Le rivoluzioni scientifiche e il problema della razionalità, edizione italiana a cura di Carlo Gabbani, Guerini e Associati, Milano 2006; C. Gabbani (ed.), Forum on J.-L. Bermúdez, Philosophy of Psychology: A Contemporary Introduction, Swif-Philosophy of Mind Forums (3) September 2006. (disponibile on-line: http://www.swif.uniba.it/lei/mind/swifpmr.htm).
Links
http://www3.unifi.it/dpfilo/CMpro-v-p-101.html pagina personale dell’autore;
http://www.epistemologia.unifi.it Sito web co-curato dall’autore, che raccoglie materiali, informazioni ed eventi in ambito epistemologico;
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