lunedì 5 maggio 2008

Gattei, Stefano, La rivoluzione incompiuta di Thomas Kuhn.

Torino, Utet, 2007, pp. 237, € 19,00, ISBN 9788860081681.

Recensione di Rosanna Oliveri - 05/05/2008

Filosofia della scienza

Con il saggio La rivoluzione incompiuta di Thomas Kuhn Stefano Gattei intende mettere in luce soprattutto i nessi, trascurati per molto tempo, tra la filosofia della scienza di Kuhn e il pensiero riconducibile al Neopositivismo. Molto frequentemente la prima viene associato a un’idea di innovazione e flessibilità, mentre il secondo a un’immagine di rigido tradizionalismo. Stefano Gattei, con questo volume, dimostra invece come la filosofia di Kuhn altro non sia per molti versi che la continuazione e la derivazione dello stesso Neopositismo a cui voleva opporsi.
Molti concetti di base del pensiero dello storico della scienza statunitense vennero anticipati da altri pensatori del suo tempo. In particolare l’autore prende in esame un’importante evento culturale del dibattito filosofico del tempo: l’International Colloquium in the Philosophy of Science, tenutosi a Londra nel 1965. Nella prima fase di questo dibattito, ad esempio, Michael Polanyi, sostenne che la conoscenza personale è essenzialmente rischiosa, dal momento che in ogni scienziato esiste una carica emotiva molto forte, dovuta al suo impegno con cui affronta il suo lavoro di ricerca. Questo elemento soggettivo, ovvero l’impegno, non è però secondo Polanyi da considerarsi negativamente, anzi esso è vitale per la scienza. Entra anche in questo pensiero, proprio come in quello di Kuhn, un elemento extrascientifico capace di condizionare le scelte degli scienziati. Lo stesso Polanyi sottolinea la somiglianza tra le proprie idee e quelle del filosofo americano nel suo commento allo scritto di Kuhn La funzione del dogma nella ricerca scientifica.
Un altro intellettuale che anticipò alcuni concetti kuhniani fu Norwood R.Hanson. Quest’ultimo, infatti, con il suo saggio I modelli della scoperta scientifica. Ricerca sui fondamenti concettuali della scienza sostenne ad esempio che la conoscenza e l’osservazione empirica non possono mai essere neutre, perché sono sempre condizioni dalle convinzioni dell’osservatore stesso. In questo modo veniva negato uno dei dogmi del Neopositivismo, quello appunto della neutralità dell’osservazione.
La teoria di cui uno scienziato è intriso costituisce per Hanson quella che Gattei definisce “una Gestalt concettuale”(. 23), ovvero un modello in cui ogni singola scoperta trova il suo posto definito come all’interno di un puzzle. Il concetto di paradigma di Kuhn ricorda molto da vicino la Gestalt di Hanson, teoria che era comunque già stata anticipata per molto versi anche da Comte e da Duhem.
Anche Stephan E. Toulmin affermò che le nostre percezioni sono intrise di preoccupazioni intellettuali, poiché sono i nostri concetti di base che ci permettono di vedere il mondo e di conseguenza ci condizionano. Toulmin li definisce “modelli dell’ordine naturale” e sono ciò che ci permette di riordinare i fatti che osserviamo in una teoria. È prevista quindi una costante interazione fra teoria e fatti. Si esclude anche in questo caso la separazione tra enunciati teorici e enunciati osservativi. In particolare Toulmin sostenne la tesi secondo la quale l’innovazione e la trasmissione sono processi orientati all’adattamento dei bisogni che la popolazione concettuale viene progettata a gestire.
Oltre a questi filosofi, ebbero una grossa influenza sul pensiero di Kuhn, per sua stessa ammissione, anche Benjamin Lee Whorf e Ludwick Feck. Whorf, linguista statunitense, studiò la lingua degli indiani hopi e la differenza che ne constatò tra essa e gli idiomi europei lo portò a formulare la teoria del relativismo linguistico. Ludwick Fleck fu invece un microbiologo ebreo polacco che sopravvisse ad Auschwitz e a Buchenwald. Egli indagò la sifilide come fatto storico, dimostrando come un fatto scientifico sia una costruzione ad opera di una comunità di competenti.
L’International Colloquium in the Philosophy of Science diede a Kuhn anche l’occasione di confrontarsi e fronteggiarsi con Popper, che lo accusava di relativismo. Proprio questa questione sollevata dalla filosofia di Kuhn, ovvero la mancanza di un criterio oggettivo per cui scegliere tra un paradigma a l’altro, fu una sfida raccolta molto seriamente da Lakatos e da Feyerabend.
Secondo Lakatos la scelta non è causale, in quanto si sceglie un paradigma piuttosto che un altro perché il primo ha un programma di ricerca che supera il secondo per il suo potere auristico. Esistono quindi per Lakatos dei criteri di scelta oggettivi. Per quanto riguarda Feyerabend, invece, egli critica il monismo scientifico che caratterizzerebbe i periodi di scienza normale. Secondo Kuhn nei periodi di scienza normale esisterebbe un solo paradigma imperante, ma se questo fosse vero come sarebbe possibile la comparsa di altri nei momenti di rivoluzione? È necessario prevedere che esistano periodi di scienza normale, ma che ci si trovi costantemente in fase di rivoluzione scientifica.
Il saggio di Stefano Gattei affronta con particolare acutezza la tesi dell’incommensurabilità introdotta sia da Kuhn che da Feyerabend. Questo concetto, in particolare nella filosofia di Kuhn, porta con sé tre diversi caratteri, ovvero quello metodologico, quello semantico e quello ontologico.
Con il cambiare del paradigma,oltre ai problemi da ricercare, cambiano anche i criteri e gli standard che le soluzioni devono soddisfare per essere considerate accettabili dal punto di vista scientifico. Kuhn insiste sul fatto che il passaggio da un paradigma all’altro non è cumulativo nemmeno dal punto di vista delle tecniche e dei metodi usati, dal momento che questi sono incommensurabili tra loro e non esiste un’unità di misura esterna.
È questa la componente metodologica dell’incommensurabilità. Per quanto riguarda quella semantica si può dire che il paradigma nuovo nasce da quello vecchio e condivide con questo gran parte del lessico e del vocabolario, anche se difficilmente gli stessi vocaboli usati da entrambe i paradigmi si riferiscono agli stessi oggetti, anzi spesso essi cambiano radicalmente i loro significati.
L’aspetto ontologico è sicuramente il più problematico, esso infatti prevede che con la rivoluzione scientifica cambino anche le relazioni di somiglianza e dissomiglianza relative ai fenomeni. In altre parole, cambia la regione del mondo fisico con la quale la comunità scientifica entra in contatto. Non cambia solo il modo di vedere i fenomeni e interpretarli, cambia anche il mondo fenomenico stesso.
Interessante, sempre in questo volume, il confronto tra Carnap e Kuhn. Gattei nota che il filosofo statunitense pone molto l’accento sulle regole logiche di un quadro linguistico, le quali definiscono la correttezza o la validità, cosa che si ritrova anche nel pensiero di Carnap. Inoltre per Carnap esistono due attività diverse relative ai quadri linguistici all’interno dei quali vengono formulate le teorie, ovvero la possibilità di giudicare le questioni “interne” con regole logiche condivise all’interno del quadro, e la possibilità di giudicare questione “esterne” che non presuppongono tali regole. Questo aspetto ricorda le regole condivise all’interno del paradigma kuhniano e i momenti di rivoluzione in cui entrano in gioco fattori che non trovano una spiegazione all’interno della logica del paradigma.
L’autore propone un confronto tra Kuhn e un altro grande protagonista della filosofia della scienza del Novecento, ovvero Popper. Entrambi rifiutano l’idea cumulativa del progresso ed entrambi rivolgono la loro attenzione alla scelta tra teorie differenti. Entrambi sottolineano la priorità della teoria sull’osservazione. Ciò che rende i due pensieri diversi è il concetto di verità, che nei due pensieri assume un ruolo differente. Mentre per Kuhn la verità non gioca alcun ruolo nella conoscenza, per Popper questa assume un valore regolativi ed è proprio la ricerca di essa ciò che caratterizza il legame tra gli scienziati.

Indice

Due rivoluzioni nella filosofia della scienza del Novecento
Thomas Kuhn e la “nuova filosofia della scienza”
Incommensurabilità
La “svolta linguistica” di Kuhn
L’ombra del Neopositivismo


L'autore

Stefano Gattei è nato nel 1970. Ha scritto numerosi saggi tra cui Critica della ragione incerta e Karl Popper 1902-1994. Si è avvicinato alla filosofia di Kuhn anche curando il volume di Thomas S. Kuhn, Dogma contro critica. Mondi possibili nella storia della scienza. Ha scritto numerosi articoli di storia e filosofia della scienza, pubblicati in volumi collettivi in Francia, Olanda, Stati Uniti e Jugoslavia, oltre che in riviste accademiche italiane. È iscritto all’Albo dei giornalisti dal 1996, ha collaborato con Il Giornale, Reset e Caffè Europa; è stato redattore di “l’Arcipelago”, inserto culturale di Il Popolo, e del sito web ReS (“Ricerca e Storia”), dedicato alla storia della scienza.

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