Recensione di Matteo Sozzi – 07/07/2008
Storia della filosofia (contemporanea)
Il libro raccoglie gli interventi presentati al Convegno Internazionale Pensare l’attualità, cambiare il mondo, tenutosi a Torino il 7 e 8 maggio 2007, in onore di Gianni Vattimo. Il volume si articola in dodici agevoli contributi tesi a celebrare, approfondire, sottoporre ad analisi anche con spunti critici il pensiero del filosofo torinese, allievo di Pareyson a Torino e poi di Gadamer e Löwith ad Heidelberg. Vattimo è infatti protagonista di primo piano del dibattito filosofico contemporaneo sia per l’originale proposta, nota come “pensiero debole” dal titolo dell’opera curata insieme a Pier Aldo Rovatti, sia per la riflessione sviluppata intorno alle tematiche del postmoderno, della crisi della ragione e della metafisica, delle trasformazioni della soggettività, del nichilismo e dell’ontologia ermeneutica solo per citare alcuni dei notevoli e dibattuti contributi del filosofo, che si caratterizza anche per un impegno militante in politica (è stato parlamentare europeo per i DS) e nel dibattito sociale e culturale (costante è la lotta alle discriminazioni e in favore di una società pluralista e non violenta). Non è casuale la provenienza internazionale dei relatori del Convegno quasi in rappresentanza delle diverse aree culturali del pianeta: dall’Europa occidentale a quella orientale, dai paesi anglosassoni all’America Latina.
Il pregio del volume in esame risiede, a mio avviso, proprio nell’offrire chiavi di accesso e spunti per approfondimenti della riflessione di Vattimo e di tematiche ad esso legate con l’accessibilità di contenuto e linguaggio propria del format dell’intervento ad un Convegno.
Il primo contributo è di Rovatti, che offre dapprima una ricognizione di alcuni aspetti del pensiero del filosofo torinese a partire dall’interesse per Nietzsche, Heidegger e Benjamin, per presentare poi una riflessione sulla concezione vattimiana di libertà all’interno della attuale società capitalista e mediatica. Rovatti si sofferma in particolare sulle potenzialità del pensiero debole nella delineazione di una libertà possibile attraverso una progettualità capace di rapportarsi al futuro con quella pietas che si è soliti rivolgere verso il passato: in questa proposta le concezioni e le idee sul futuro subiscono un “indebolimento” e una deideologizzazione in grado di aprire uno spiraglio per pratiche di emancipazione e libertà.
Il secondo intervento di Amoroso considera la debolezza epistemica dell’estetica, il cui oggetto e il cui inizio storico sono connotati da instabilità e incertezza; in particolare, vengono esaminate le concezioni di Baumgarten e Kant, per giungere alla riflessione di Vattimo sulle caratteristiche e sui processi che furono alla base della genesi dell’estetica. Del filosofo torinese viene quindi illustrata la critica al primato metafisico dell’arte, dove “metafisica” è ogni estetica che dà per scontato il proprio oggetto e la propria autonomia, in contrapposizione ad una estetica “critica”, capace di comprendere sé e la propria verità all’interno di una concezione della verità come interpretazione.
Welsch esprime un’argomentata critica alle impostazioni antropologiche che tendono a ricondurre la natura umana a prodotto storico e culturale; tale è certamente la prospettiva diltheyana, seguita dall’ermeneutica e dai suoi esponenti, tra cui lo stesso Vattimo. La tesi dell’autore è la decisività dell’importanza del potenziale che si era formato nell’evoluzione animale, che viene significativamente definito “capitale pre-umano dell’uomo”. Viene così illustrata l’importanza dello sviluppo pre-culturale, in particolare del cervello, fino al take-off dell’evoluzione culturale generato proprio dall’accumulo di invenzioni protoculturali, osservazioni che riescono a rendere ragione, molto più della semplice analisi storico-culturale, della nascita della razionalità umana e del cammino culturale. L’invito dell’autore è quindi a non irrigidire la prospettiva ermeneutica con modalità escludenti altri contributi, ma di affiancarvi una valutazione della preistoria della cultura umana.
Nello studio di Grondin il centro della riflessione ruota intorno ad un esame critico delle conseguenze ontologiche dell’ermeneutica. L’autore infatti dissente dalle concezioni che identificano l’essere a cui possiamo avere accesso con ciò che noi conosciamo attraverso le nostre categorie. Questo percorso porta ad una rivisitazione dei significati dell’adagio gadameriano “l’essere che può essere compreso è linguaggio”, avvalendosi anche di una ripresa della dottrina medioevale dei trascendentali che aveva affascinato lo stesso Gadamer. Il punto d’arrivo è la contestazione della riduzione postmodernista (e di Vattimo) dell’interpretazione come creazione di significato priva del rimando all’essere stesso, accompagnata dalla proposta di una concezione dell’ermeneutica come manifestazione dell’essere.
Il contributo di Oñate si indirizza verso una radicalizzazione del debolismo, capace di fondare una comunità pluralista, improntata a rapporti in cui trovi spazio la pietas, la solidarietà, l’accoglienza dell’alterità in una scelta consapevole per gli ultimi e per un agire non violento. Tappa di questo percorso filosofico è un’ermeneutica della verità che nell’era della comunicazione non può più essere ambito della logica o al massimo della scienza, ma diviene un modo dell’ontologia dell’azione comunicativa, legata strettamente all’etica. L’intervento, molto ricco e denso di contenuti e rimandi, coinvolge nella riflessione anche la proposta di una religiosità non mitologica e priva di dogmi, in riferimento alla “svolta religiosa” del Vattimo degli anni Novanta.
Il saggio di Arenas-Dolz rilegge l’importanza del pensiero di Schleiermacher alla formazione dell’ermeneutica, che con il pensatore tedesco diviene prospettiva filosofica e non più mera tecnica di interpretazione di testi. L’autore sottolinea gli apporti e le interpretazioni di Heidegger e Gadamer alla lettura di Schleiermacher e conclude con la presentazione della riflessione di Vattimo su Schleiermacher.
L’intervento di Chiurazzi sviluppa il tema del rapporto tra ermeneutica e pragmatismo e quindi tra il pensiero di Rorty e Vattimo alla luce del significato che nei due filosofi assume il concetto di verità. Ritengo che questo sia un contributo di grande rilevanza non solo perché vengono delineate con efficacia le differenze tra le due prospettive, ma specialmente per la chiarificazione del pensiero di Vattimo, che emerge dal confronto con Rorty. L’autore, infatti, argomenta come Rorty muovendo da una decisa critica, condivisa da Vattimo, alla teoria della verità come adeguamento, giunga a una concezione meramente pragmatista della verità: “vero” è ciò che risponde a determinati scopi in una determinata situazione. Vattimo invece, raccogliendo l’eredità di Heidegger e Gadamer, propone un’ontologia dell’attualità che fa riferimento a ciò che nell’attualità c’è di ontologico, in senso heideggeriano: ciò che segna un di più, una differenza, uno scarto. L’ermeneutica del filosofo torinese apre alla comprensione del reale sempre come ad una possibilità, nel senso di comprendere la realtà differentemente da come è. Heideggerianamente infatti la verità dell’essere non si risolve mai nella verità dell’ente e in ciò si dischiude il significato trasformante della verità: la verità in quanto apertura di una comprensione differente è dotata del potere di confutare la comprensione abituale, rimandando ad altri significati. In questa prospettiva ogni esperienza è vera nella misura in cui dischiude questa apertura, è indirizzata al futuro, presenta la possibilità della sua falsificazione ed è dotata della libertà di comprendere il reale in modo differente. Il saggio si impreziosisce infine di una lettura del mito della caverna, sulle orme dell’analisi di Heidegger, significativa per una riconsiderazione della concezione platonica di verità.
Tematica comune ai successivi tre interventi è il rapporto tra la filosofia e la prospettiva religiosa. In questa cornice, Ciancio sviluppa una interessante riflessione sul tema dell’origine, pensata primariamente come libertà originaria, Sheehan si interroga sul futuro possibile per la spiritualità cristiana, recuperando e interpretando alcuni elementi della teologia di Rahner e tracciando i confini di una proposta non religiosa davvero radicale, mentre Novikov, che utilizza anche un confronto tra la visione di Vattimo e quella di Derrida, ripensa il legame della filosofia ermeneutica con la tradizione cristiana, a partire dal riconoscimento che la possibilità stessa del manifestarsi del mondo come liberazione delle interpretazioni nasce dal venir meno della trascendenza.
Aperta alla dimensione dell’impegno è l’analisi di Gutiérrez, che dapprima osserva come le scienze sociali siano ermeneutica e pertanto anche la loro autocomprensione abbia forti tratti ermeneutici, con osservazioni in particolare sulla storia, l’antropologia, la psicologia e la scienza politica; successivamente sostiene con decisione, anche in disaccordo con Vattimo e Habermas, l’importanza della mediazione storico-sociale del senso e del recupero dei nessi etici e storici, a motivo dell’attuale contesto connotato da incertezza, squilibri e complessità crescenti, per concludere con l’esplicitazione di elementi progettuali. Con questo contributo l’autore desidera consapevolmente superare la possibile deriva del nichilismo di Vattimo costituita da una tendenza all’indebolimento che conduce ad accettare l’ordine costituito e a spegnere la ricerca e l’indicazione di alternative sociali praticabili.
Il testo si chiude con l’intervento di Vattimo, che esprime l’auspicio per le pratiche filosofiche e storico-sociali di un superamento della prospettiva fenomenologica a vantaggio di una ontologia dell’attualità. Con riferimenti ad Husserl, Heidegger e al loro disaccordo, Vattimo argomenta la rischiosità di una fenomenologia ricondotta ad ontologie oggettivistiche e ripropone il pensiero heideggeriano della differenza tra essere ed ente, del coinvolgimento esistenzialistico del filosofo, del superamento dell’oggettivismo della metafisica, per delineare una ontologia dell’attualità, caratterizzata sia dalla consapevolezza della propria contingente situazione storico-sociale, sia dalla decisione per una sospensione della sua validità, per privilegiare l’ascolto di una ulteriorità di senso non espressa.
Questo intervento conclude il percorso filosofico sviluppato dagli autori e raccoglie, a mio avviso, il significato dell’intera riflessione presente nel testo e condensata nel titolo del volume: Pensare l’attualità, cambiare il mondo. E’ probabilmente questo l’impegno dell’ermeneutica filosofica: da un lato comprendere il reale, dall’altro restare in ascolto dell’essere, esibendo la libertà del reale, la possibilità di un suo cambiamento attraverso una traccia progettuale. Intorno a questo tema, da prospettive diverse, a volte reciprocamente critiche, penso si snodino i contenuti fondamentali del volume. Ritengo che il libro sia un contributo prezioso e riuscito, poiché nella sua interezza costituisce una prima realizzazione della prospettiva filosofica che propone: un pensiero plurale per la comprensione della nostra attualità e il tentativo di offrire spunti progettuali per una sua trasformazione.
Indice
Pier Aldo Rovatti Pensiero debole e pratica della libertà
Leonardo Amoroso Gianni Vattimo e il primato “debole” dell’estetica
Wolfgang Welsch L’antropologia oggi
Jean Grondin Gianni Vattimo e la tesi dell’ermeneutica dell’essere
Teresa Oñate Il limite dell’interpretazione. L’ontologia dell’ermeneutica nella postmodernità nichilista
Francisco Arenas-Dolz Vattimo e Schleiermacher: pietas e interpretazione
Gaetano Chiurazzi Per una concezione trasformazionale della verità: ermeneutica e pragmatismo
Claudio Ciancio Pensare l’origine, attendere la salvezza
Thomas Sheehan Un futuro possibile per il cristianesimo. Una propedeutica
Dmitrij Novikon La voce assente
Carlos B. Gutiérrez Scienze sociali, politica, ermeneutica debole
Gianni Vattimo Dalla fenomenologia a una ontologia dell’attualità
Bibliografia
Gli autori
Indice dei nomi
Il curatore
Gaetano Chiurazzi è ricercatore presso l’Università di Torino, dove insegna Ermeneutica filosofica. I suoi interessi principali vanno dallo studio di autori tedeschi (Kant, Hegel, Husserl, Heidegger) al problema del senso e dell’interpretazione nella filosofia contemporanea, alle tematiche del decostruzionismo, del postmoderno e del rapporto tra scrittura e immagine. Tra le diverse pubblicazioni si segnala: Scrittura e tecnica. Derrida e la metafisica (Torino 1992), Hegel, Heidegger e la grammatica dell’essere (Roma-Bari 1996), Il postmoderno (Milano 2002), Teorie del giudizio (Roma 2005).
Links
www.giannivattimo.it
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