Recensione di Federica Magnani - 20/08/2008.
Epistemologia, scienze cognitive, estetica.
L’errore pervade la conoscenza per enigma e per natura. L’insofferenza e la paura per ciò che è incerto inducono gli uomini a costruire forme e sistemi sui risultati instabili delle proprie premesse.
Questo libro analizza il gesto della conoscenza: è l’approccio estetico a sostenere e ad orientare la ricerca filosofica.
I grandi errori della scienza e dell’arte portano con sé il forte richiamo al bisogno di trascendenza che li ha generati e l’ineliminabilità della scelta come pensiero e insieme come azione, nel gioco d’incertezze e di tentativi che è la conoscenza.
L’individuo percepisce forme e movimento, colloca le forme al di fuori di sé per orientarsi nell’ambiente: parallelamente ha in sé i giudizi derivanti dalla percezione delle forme.
Le forme sono rispetto a se stesse in mutamento continuo, esse si muovono. Per ogni tentativo di protrarre un equilibrio c’è un’infinità di piccole e grandi modificazioni che rendono irriproducibili due identici stati. È per questo che dopo una rapida ricognizione sui fatti percepiti e sullo specchio interno dei giudizi, delle emozioni e delle intenzioni, per conoscere e per sbagliare si deve “prendere la mira e tirare”.
«L’arte e la vita si trovano a loro agio in questo senso di spossatezza:la composizione estetica e il pensiero individuale aggiustano continuamente il tiro, sbagliano necessariamente, per poi poter indovinare e sorprendersi e cogliere poi nel segno. Non solo possiamo permetterci gli errori finché possiamo correggerli, ma l’errore stesso ci sfugge nella catena di effetti che esso provoca,e la nostra incertezza prende un valore prospettico. » (p. 19)
Quando dall’analisi delle forme il mirino si dilata sulle necessarie idee di totalità, macro-forme contenitrici di forme in movimento, il problema della conoscenza diviene esistenziale e assume su di sé il paradosso della totalità nella finitezza. Sull’accordo parte-tutto Brunella Antomarini chiama in causa esempi eterogenei, suggestioni estetico-matematiche e “fantascientifiche”: dal “verme nel sangue” dell’Epistolario di Spinoza, al mito di Atlantide di Platone, alla parzialità assoluta di Leibniz.
«La totalità o è una monade finita che procura un massimo di assoluto possibile o non esiste. Il comportamento cognitivo umano risolve questi paradossi esistenziali in “certi momenti della vita” in cui dolorosamente sosteniamo e poi ci sbarazziamo di forme. Siamo molti universi paralleli. » (p.23)
Le reazioni psico-fisiche sono potenti generatori di inferenze: a partire dall’ipotesi neurologica del Parallel Distributed Processing (PDP) la Antomarini rafforza « l’idea che pensiamo usando gli errori, invece di escluderli.
Ci teniamo pronti a cambiare idea, a imparare di nuovo, a correggerci; e lo facciamo gradualmente, per non compromettere la stabilità della percezione dell’ambiente [...] Indovinare la cosa giusta da dire o da fare assomiglia al procedimento di divinazione dell’I Ching o all’arte della scherma. » (p.33)
D’altra parte è proprio l’incertezza (della memoria, della percezione e dell’intenzione) a mantenerci flessibili nella scelta.
«Se proviamo a indovinare, è perché non abbiamo a portata di mano esempi di leggi, ma mobili prototipi di fatti singoli, guiding principles (Pierce), o degrees of belief (Keynes) che ci guidano tanto per la strada giusta quanto per quella sbagliata» (p.68)
Gli “universi paralleli” in cui certezza ed errore si accettano e si compenetrano sono quelli in cui la trascendenza è totalmente proiettata e oggettivata e in cui la temporalità lineare è superata dal tempo ciclico e dalla simultaneità degli elementi comuni ai due “mondi”.
Gli esempi sono vari: dagli stratagemmi metafisici della mistica e battagliera Caterina da Siena,allo scambio alla pari fra realtà e illusione di Don Chisciotte, a “L’invenzione di Morel” di Bioy Casares in cui si realizza la proiezione di un tempo e di uno spazio su un altro tempo e su un altro spazio.
«Per uscire dall’incertezza, diamo forma a noi stessi e al mondo, delineando un limite intorno a quello che non capiamo. Lo mettiamo a fuoco. Prendiamo lentamente la mira. Giriamo intorno al bersaglio mobile. Pensiamo, inferiamo, ricordiamo, cerchiamo somiglianze con quello che ci è noto ( ci concentriamo su questa forma in atto; lasciamo sullo sfondo le altre forme stabili). Smettiamo di pensare. Tiriamo […] La certezza si afferma e si spegne nell’arco di un tiro. E cogliere nel segno è solo un degradare dalla periferia del bersaglio verso il centro. Abbiamo più o meno sbagliato, più o meno indovinato.» (p.102)
Errore e verità non sono antitetici : esiste una gradazione che porta dall’errore alla verità e viceversa, il limite è la mira più onesta per il pensiero.
In quest’ottica siamo noi stessi le forme che tentiamo di afferrare.
Indice
Introduzione
1. Le forme e i loro errori
2. L’inutilità del tutto, ovvero piccolo scorcio su una tradizione filosofica parallela
3. Come indoviniamo
Intermezzo - La decisione sbagliata
4. Difesa dell’insicurezza
5. Universi paralleli
Conclusione
Bibliografia
L'autrice
Brunella Antomarini è docente di estetica e filosofia contemporanea presso la John Cabot University di Roma. Ha pubblicato numerosi studi sulle filosofie contemporanee della conoscenza fra i quali ricordiamo La percezione della forma nell’estetica di Hans Urs von Balthasar (Aesthetica Edizioni, 2004) e L’errore del maestro. Per una lettura laica dei Vangeli (Derive Approdi, 2005).
Nessun commento:
Posta un commento