Recensione di Moreno Montanari – 12/02/2009
Filosofia antica, cristianesimo, attualità, potere, soggettività, identità, cura di sé, verità, filosofia politica.
Il taglio con il quale questo bel libro di Laura Cremonesi guarda alle opere del cosiddetto ultimo Foucault, al centro di molti recenti equivoci e discussioni, è chiarito sin dal sottotitolo del libro che recita, appunto, Spunti per una critica dell’attualità. Nella prospettiva dell’autrice l’analisi foucaultiana del mondo antico, in particolare attenta all’indagine delle tecnologie della cura di sé della filosofia greco-romana, non segnerebbe una discontinuità rispetto al tema – foucaultiano per eccellenza – del rapporto tra dispositivi di potere e produzioni di soggettività, in favore di un ripiegamento del soggetto sulla propria interiorità, ma costituirebbe, piuttosto, un nuovo modo di pensare ad esso alla luce di pratiche premoderne che, opportunamente ripensate, potrebbero, almeno in parte, offrire importanti “nuovi” strumenti di resistenza alla biopolitica ed alla tecnica del governo che, scrive Foucault, “costringe l’individuo a ripiegarsi su se stesso e lo vincola in modo forzato alla sua identità” (M. Foucault, Il soggetto e il potere, in H.L. Dreyfus – P- Rabinow, La ricerca di Michel Foucault. Analitica della verità e storia del presente, Ponte alle Grazie, Firenze 1989, p. 240 cit. dall’autrice a p. 199). Secondo Foucault, infatti, imponendo un paradigma di riferimento che serve a classificare come “anormali” i folli (Storia della follia), come “devianti” i criminali (Sorvegliare e punire), come “peccatori” i cristiani (Du Gouvernement des vivants) e più in generale, a modellare l’identità degli individui in maniera funzionale al governo della società (Bisogna difendere la società), le varie forme del potere moderno danno luogo ad una produzione di soggettività che ruota intorno alla triade verità-potere-identità. Nessuna forma di potere - osserva infatti l’autrice riassumendo Foucault - “può esercitarsi senza accompagnarsi ad un genere particolare di manifestazione di verità” (p. 56) che fissi i canoni delle identità individuali normali.
Agli inizi degli anni Ottanta Foucault ritiene di poter riconoscere nel fenomeno cristiano della direzione delle anime il paradigma originario di questo specifico dispositivo di governo degli individui attraverso un potere “non politico, ma eminentemente politicizzabile” (B. Karsenti, La politica del “fuori”. Una lettura dei corsi di Foucault al Collège de France (1977-1979), cit. dall’autrice p. 44) che opera direttamente sui pensieri e sugli stili di vita vincolandoli, per l’appunto, ad un’identità eterodiretta. L’analisi delle molteplici pieghe che l’interpretazione foucaultiana della direzione pastorale cristiana assume nel corso del tempo – in gran parte ricostruita sulla base di materiali inediti, come la registrazione dei corsi tenuti da Foucault al Collège de France – è sicuramente uno dei punti di forza del libro che permette, tra l’altro, di ricostruire il fil rouge che lega la produzione dell’ultimo Foucault ai medesimi temi che ne avevano caratterizzato l’impegno “politico” nel corso degli anni Settanta. Scoprendo, in buona parte grazie ai lavori di Hadot, che alcuni esercizi spirituali del cristianesimo - come l’esame di coscienza – riprendevano alcune specifiche pratiche della cura di sé proprie della filosofia antica - specie ellenistico-romana - Foucault decide di arretrare l’arco storico delle sue indagine sulle pratiche di costruzione della soggettività all’indagine delle tecnologie di sé praticate nell’antica Grecia, dal V secolo a.C. al II secolo d.C. circa. Ma dopo un primo esame che lo porta ad ipotizzare una sostanziale continuità tra questi due approcci, egli scopre una differenza decisiva - che sarebbe sfuggita ad Hadot – tra la concezione cristiana – specie dopo Tertulliano - e quella greca dell’esame di coscienza e delle pratiche spirituali in genere: mentre le pratiche cristiane ruotano attorno ad un’ermeneutica del soggetto, in cui l’individuo deve confessare la verità sulla propria identità rientrando nelle dinamiche di un assoggettante regime di verità, l’esame di coscienza in atto nell’antica Grecia non induce l’individuo a confessare la verità su di sé, ma a verificare la sua capacità di organizzare la propria vita attorno a quei valori filosofici rispetto ai quali ha liberamente scelto di orientarsi; mentre il primo approccio si delinea più come un esame giuridico nel quale occorre confessare ad altri la verità su se stessi ed esporsi, obbligatoriamente, ad un giudizio su di sé, il secondo appare piuttosto come un atto di amministrazione privata nella quale l’individuo, da solo, esamina la sua capacità di vivere più meno conformemente a quei riferimenti filosofici che liberamente si è dato.
A questo punto gli studi di Foucault, ottimamente ricostruiti dall’autrice, si concentrano attorno alle diverse funzioni che le politiche della verità giocano nella parrhesia greco-romana (Socrate, Platone, gli Stoici e i Cinici) rispetto a quelle in atto nelle direzioni spirituali cristiane. Ne nascono analisi che, con riferimento ai diversi corsi tenuti da Foucault, per lo più pubblicati postumi, ripercorrono le evoluzioni non solo di questi concetti ma anche del modo in cui Foucault, nel corso del tempo, sembra aver guardato ad essi. Tali analisi si rivelano capaci di ricostruire in maniera convincente non solo le fasi nelle quali Foucault rimette in discussione alcune sue tesi precedenti, ma anche le ragioni per le quali, presumibilmente, ciò è avvenuto. Esse si confrontano, seppure in estrema sintesi, anche con alcune delle più famose critiche ed interpretazioni che alcuni filosofi contemporanei (Deleuze, Gros, Hadot, Pandolci, Vegetti, Veyne, Wolff) hanno mosso al cosiddetto ultimo Foucault. Da esse appare chiaro come “l’interesse per il mondo antico non rappresenti, per Foucault, né una svolta né un «ritiro» dall’impegno politico e filosofico degli anni precedenti” (p. 14), ma si muova piuttosto nel solco di un’opera di ricerca dei possibili punti di resistenza al potere ed in particolare al rapporto che questo intesse con i propri giochi di verità. Se Foucault indaga la filosofia antica è, per dirla con Deleuze, per provare a rispondere alla seguente questione: “Se il potere produce verità, come concepire un «potere della verità» che non sia più verità di potere?” (cit. p. 15). Nella concezione e nella pratica del particolare rapporto che i filosofi antichi avevano con la verità, Foucault riconosce l’insegnamento di possibili strategie etopoietiche di resistenza al potere incentrate – scrive l’Autrice - su “un rapporto tra soggettività e verità che non assuma la forma di un’ermeneutica del soggetto, ma che sia esperienza modificatrice di sé tramite l’indagine storica e critica della nostra attualità; un’idea di lavoro su di sé che dia forma al nostro modo di essere ed al nostro ethos; un’idea, infine, di un discorso filosofico fondato su un ethos che permetta di decidere quale posizione assumere all’interno delle relazioni di potere” (p. 212), anche oggi.
Indice
Prefazione (di Frédéric Gros), p. 11.
Introduzione, p. 13
Parte prima: L’antichità come luogo di un’assenza, p. 19
Capitolo I: La questione del governo, p. 21
Capitolo II: Il potere pastorale, p. 39
Capitolo III: Soggettività e verità nel pensiero cristiano
Parte seconda: Le tecniche della vita filosofica, p. 81
Capitolo IV: L’esperienza degli aphrodisia, p. 83
Capitolo V: La cura di sé, p. 107
Capitolo VI: Le ambiguità della cura di sé, p. 125
Capitolo VII: La parrhesia nella polis greca, p. 145
Capitolo VIII: La parrhesia filosofica e socratica, p. 159
Capitolo IX: La parrhesia cinica, p. 171
Conclusioni, p. 189.
Bibliografia-elenco delle opere citate, p. 213.
L'autrice
Laura Cremonesi ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Discipline filosofiche nell’Università di Pisa – presso la quale collabora come cultrice della materia - e l’Università di Paris XII-Val de Marne. Ha pubblicato vari interventi, sia in Italia che in Francia, sulla ricerca di Michel Foucault.
5 commenti:
Trovando tanta profusione ed anche prolusione di pubblicazioni e recensioni sul pensiero postmoderno francese e tanta fissità argomentativa in pubblicazioni e tanta ludica nei 'trattamenti' delle recensioni, se ne rimane spaventati, soprattutto pensando alla realtà degli studi ed alla ingenuità studentesca e specialmente intellegendo le difficoltà culturali e politiche; che tanta indeterminatezza, non gallicana vaghezza, di pubblicisti e recensori, non serve a risolvere anzi potrebbe acuire e proprio per passare d'anni.
In recensione, cui questo mio fa commento, trovasi involontaria sintesi precisa di parte della attività filosofica culturale politica di M. Foucault ma ovviamente senza specificazioni sufficienti.
A tanta precisione, ci vuole pignoleria:
Azioni filosofiche intellettuali di M. Foucault non erano solo di àmbiti e destinazioni europee ma pure francesi; inoltre assoluta rilevanza occidentale di esse si può intendere da cittadinanza, francese, di cui esse, non solo medesime non solo stesse: ma questa triplice distinzione non è da ritenersi assieme a quella tra soggettività restante ed oggettività restante...: stragrande maggioranza italiana di pubblicisti è stata limitata a questa ultima e maggioranza relazionandosene soggettivamente attivamente; con quasi nessuna riflessione su quelle azioni in oggettività di esse; maggior parte e di gran lunga della critica italiana invece ne è stata rivolta a soggettività restante e non essendo di questa filosofico personalismo le critiche riuscivano quasi soltanto a penose polemiche personali e nell'altro a contrariare premesse extrafilosofiche; ma con ciò contrariavano anche proprie promesse di intenti; perché in definitiva ostilità mossa contro stesse azioni non è stata un affare onesto ed è stato affare di politica culturale economica asservita a stalinismo; datoché M. Foucault rappresentava con Sue azioni una alternativa diversa che fazioni filomarxiste avrebbero voluto evitare anche per non esser soppiantate da simpatia foucaultiana per ambienti del marxismo ritenuti sfortunati proprio perché con eredità di pochezza-nullità, di marxismo appunto... Difatti filosofia di M. Foucault era improntata a questioni più basilari di quanto opposizioni Est-Ovest del Mondo cioè capitaliste/comuniste potevano recepire.
Quindi critica di Deleuze va distinta da tali numerose critiche italiane. Essa fu fatta in riferimento ad altra parte di attività di Foucault - fuori sintesi recensiva che d'altronde ha valore preliminare perché si riferisce a periodo di Decostruzione - Decostruzionismo non di Decostruttivismo - Decostruttivismo. In merito a questi ultimi due, Deleuze notando eterogeneità di ambienti relativi non solo sociali, constatava necessità di ridurre i campi di azioni; cosa che Focault non evitò di realizzare.
...
MAURO PASTORE
La simpatia e compassione foucaultiana per gli ambienti sociali e culturali marxisti fu oggetto di risentimenti o perplessità; ciò nel quadro di partecipazione a conflitto Est-Ovest di guerra Fredda; in questo erano opinioni politiche a guidare sentimenti e dubbi; altro invece è stata la rabbia di molti marxisti non pseudomarxisti per non poter ottenere in Francia e altrove il monopolio su propri stessi ambienti; ove verbalità marxista-comunista subissata da verbosità decostruente poi decostruttiva... e ciò fu proprio un impedimento alla costruzione marxista-comunista della società europea ed occidentale la quale era promossa da sovietismo e gestita da criminali stalinisti. Molti intellettuali italiani non hanno accettato questo impedimento o per ignoranza o per imprudenza cioè illudendosi di inconsistenza effettiva e finale di crimini politici stalinisti. Ciò ne ha inimicato del tutto le intelligenze politiche ideologiche di zone ex sovietiche non russe; le russe non ne erano mai state coinvolte in reale concordia.
A scopo di difesa ed autodifese non solo intellettuali, M. Foucault giunse fino al punto di accogliere verbosità pseudomarxista; sul punto di annullare tutto quanto fatto, era Egli nel frattempo scomparso da scene politiche e culturali e scenari intellettuali militanti.
Di sua scomparsa sarebbe giusto il caso del rispetto; ma purtroppo non è questo il caso cui dèdita vasta parte di cultura filosofica italiana.
MAURO PASTORE
Propriamente M. Foucault non realizzò mai alcun suo proprio decostruttismo, solo due identici decostruttivismi, diacronicamente differenti. Ad evitare provvide critica, recepita, di Deleuze. Tuttavia Foucault oltre ad accogliere limitazioni suggerite da collega, provvide ad integrare Decostruttismo già esistente; quanto di più, giudicandone di danno a tradizioni e retaggi; francesi, europei, occidentali.
Perciò critica di Deleuze va distinta dalle numerose polemiche critiche italiane che non ebbero e non hanno reali scopi. Essa fu fatta in riferimento ad altre parti di attività di Foucault — fuori sintesi recensiva che d'altronde ha valore preliminare perché si riferisce a periodo di Decostruzione - Decostruzionismo non di Decostruttivismo(1) - Decostruttivismo(2) né di Decostruttivismo(1,2,3) - Decostruttismo. In merito a questi ultimi quattro, Deleuze e poi Foucault ed altramente pure, notando eterogeneità anche massima di ambienti relativi ed inerenti e non solo sociali anche civili e di civilizzazioni, constatavano e riconstatavano necessità di ridurre campi di azioni ed azioni; cose che Deleuze non evitò di far realizzare e che Focault non evitò di realizzare anche in proprio.
I decostruttismi accolti valutati e proposti da Foucault erano contro-post-coloniali; cui pseudomarxismo serviva di demistificazione antimarxista perché verbo sociale marxista era stato insinuato in realtà postcoloniali europee fino ad omologarsene.
Pseudomarxismo foucaultiano era destinalmente antimarxista; poiché diade proletariato\borghesia si trasformava in altra: sessualità / urbanità cui connesse svariate e varie in secondo termine: civiltà, semiciviltà, selvatichezza, socialità, asocialità... con primo termine sempre uguale, di: |sessualità|.
M. Foucault era quanto a persona un occidentale-europeo. Di ciò alcuni confondevano per timore inautentico di invasioni africane e per falsa antipatia contro stesse invasioni, africane. Sicuramente per un periodo postmodernità di Derrida e Foucault fu colma di intellettualità in parte africaneggiante; ma ciò dipendeva da scopi occidentali-globali in quadro di Guerra Fredda ed in conflitto militare-economico mondiale; e quanto di criticabile a scopi particolari europei ed europei francesi e francesi e di criticato, da entrambi non era stato continuato ed il resto refutabile aveva costituito limite non altro e stesso e più forte, ìnsito ed intrinseco a forte occidentalità filosofica.
MAURO PASTORE
M. Foucault, vissuto ampiamente in ambienti religiosi culturali cattolici poi sempre più culturalmente - religiosamente tali, non viceversa!, si ritrovò a studiare: cultura antica non cristiana, romana, greca; antichità cristiana, evidentemente non greca, non romana. Tali oggetti erano evidenze da contingenze, di sostituzioni, sociali e civili, gnostiche, di abbandoni sapienziali, civili e sociali, agnostici; per i quali cattolicesimo si tramutava in cattolicismo che era ostile a culturalità occidentale e propenso a subculturalità.
M. Foucault studiava quelle antichità studiando premesse, di nichilismo civile e sociale contemporaneo e di violenza sociale e civile moderna; di fatto tali premesse discendendo da separazioni culturali in Occidente non culturale protratte da antioccidentalità culturale-subculturale attraverso Medioevo-Modernità. Studiando i meccanismi del potere fine a se stesso, criticato e negato da politiche europee di ispirazione autenticamente cattolica, Foucault ne ritrovò speculare opposta criticabilità-negabilità in tensioni di non-poteri a poteri cui destino iperpoteri non indipendenti.
Dunque si scopriva che quanto da poteri inutili e prepotenti, antirepubblicani ed antidemocratici, avversato:... originalità, creatività, trasgressività, esuberanza;... era in relazione a non separatezze occidentali, cui invece ambizioni contrarie non alternative erano da separatezze: di cristianesimo moderno da antico, nuovo da tradizionale, di grecità non cristiana da cristiana, di romanità cristiana da non cristiana...
Illudersi che Foucault avesse, tutto ciò facendo emergere in coscienza culturale collettiva, portato in crisi Costrutti stabili ed utili culturalmente, non è saggio.
Difatti ad esser portati a crisi erano costrutti di intrusioni, sconvenienti o direttamente criminali; ed in crisi anche i costrutti di imbonitori che confondevano e costringevano a confondere eternità e non eternità, tempo e non tempo.
... Da un dire a dei non detti, dai non detti e per meglio dire: un processo di recupero-chiarificazione a sua volta occidentale, europeo, francese; di cui intendere se ne può meglio se avvalendosi di riferimento sociologico a: Postsecolarismo, Postsecolarizzazione; Postsecolarità. Verso ultimo elemento in particolare, convergevano non vertevano gli studi di M. Foucault di cui pubblicazione recensita.
MAURO PASTORE
MAURO PASTORE
Nota Bene:
Duplice menzione di miei nome e cognome in mio ultimo messaggio può aver funzione di ribadire e non di escludere parti del mio testo da novero cui menzione stessa (anche duplice) serve.
MAURO PASTORE
Posta un commento