Recensione di Mara Montanaro 13/04/09
Filosofia politica, critica dell'economia politica
Il testo che mi accingo a recensire è una raccolta di dodici interventi su concetti-chiave del lessico marxiano, frutto del ciclo seminariale della Libera Università Metropolitana, tenutosi all’atelier occupato Esc tra dicembre 2006 e maggio 2007.
Anzitutto mi sembra rilevante sottolineare l’importanza della Lum, un esperimento vero e proprio di autoformazione e di conflitto costituente dentro e contro le trasformazioni dell’università e dell’ortodossia accademica; un laboratorio composto da studenti, dottorandi, ricercatori, docenti che insiste, come un dispositivo, sulla condivisione piuttosto che sulla mera trasmissione delle conoscenze.
La domanda che attraversa secondo differenti modalità, ma con un’analisi sempre densa e articolata tutti gli interventi è: “quale attualità oggi per Marx?”. Il tentativo è di rileggerlo, a partire dalla sua critica ai fondamenti della rivoluzione francese, dalle lotte sul rifiuto del lavoro salariato. Riattraversare Il Capitale aprendolo sul nostro tempo, provando a definire una capacità di lotta sul terreno di una forza lavoro sempre più metropolitana, dove la centralità ed egemonia di fabbrica è diventata sempre più egemonia del lavoro cognitivo. Basti far riferimento a un testo come Università globale, che attraversa senza circoscriverla la stessa crisi del capitalismo globale, la lotta del potere cognitivo nel capitalismo contemporaneo, il conflitto sulla produzione di saperi e costruzione del comune, la lotta del precariato e l’organizzazione di istituzioni autonome per capire quanto sia non inedita ma sicuramente problematica la domanda, la proposta teorica e politica dei saggi.
Si rintracciano tre linee guida, tre possibili terreni di ricerca: la critica del concetto di storia e del determinismo storico, una rilettura delle categorie di cooperazione e di forza lavoro a partire dal rapporto tra produzione e riproduzione (soprattutto i saggi di Alisa del Re, Toni Negri e Paolo Virno), infine il tema dell’egemonia del comune, laddove lo stesso lavoro produttivo viene ad essere concepito come lavoro produttivo del comune, forza lavoro complessa.
Il saggio che apre la raccolta è quello di Sandro Mezzadra che analizza la “cosiddetta” Accumulazione originaria, tema che Marx tratta nel Libro Primo de Il Capitale. Se essa è “la preistoria del modo di produzione specificatamente capitalistico”, è anche, al contempo, immanente e coestensiva allo sviluppo stesso; il saggio di Mezzadra, ripercorrendo a ritroso il tema dell’accumulazione originaria, ci conduce dall’Inghilterra dei primi secoli moderni agli studi di A. Lowenhaupt Tsing, antropologa americana che mostra come l’accumulazione originaria istituisca negli spazi che investe condizioni di frontiera selvaggia e di salvataggio per approdare al grande tema a essa correlato dei commons, di quelle terre e di quei diritti comuni su cui operano le recinzioni del sistema capitalistico, istituendo in modo violento lo spazio della proprietà privata. Quello dei commons, su cui Mezzadra conclude il suo saggio, è un tema cruciale e complesso. Riguarda questioni del tutto pratiche come l’utilizzo dei servizi pubblici e si collega anche, in termini filosofici e politici, alla stessa semantica della comunità. L’indicazione possibile di ricerca che ci fornisce è quella di prendere le distanze da un’immagine dei commons come qualcosa di già dato ed esistente, e lavorare all’ipotesi che il comune sia qualcosa che deve essere prodotto da un soggetto collettivo costituente capace di destrutturate le basi dello sfruttamento. Il comune è sempre davanti a noi, è un processo, è produzione, invenzione sempre ricominciata.
Paolo Vinci, nel suo saggio estremamente chiaro e denso, partendo dal concetto di Astrazione determinata si misura con la stessa forma-pensiero di Marx. In primo luogo, è necessario solo ricordare che astrazione determinata è esattamente il nome che viene dato al metodo marxiano, metodo di critica all’economia politica classica, ma anche strumento di una teoria materialistica: Marx ne parla nell’introduzione del ’57 ai Grundrisse. Vinci, nel suo saggio, riesce a mostrare in atto il funzionamento del metodo di Marx, il suo flirtare con la dialettica hegeliana. L’astrazione è necessaria costituendo la forma stessa del pensiero, ma al contempo deve essere determinata, è ciò che accade ogni giorno nella società capitalistica nello scambio delle merci, dove il valore viene assunto come una proprietà stessa delle cose. Marx chiama ciò apparenza; decifrare questa apparenza, sostiene Vinci, significa essere in grado di compiere un’inversione, ovvero mostrare che la forma fenomenica del valore nasconde un contenuto: il lavoro che si compie sempre in base a rapporti storicamente determinati.
Mario Tronti analizza tutta la problematicità e complessità del concetto di Classe in Marx: classe vuol dire sempre lotta di classe; il concetto di classe - ci ricorda Tronti ripercorrendo e i Grundrisse e il breve testo Le Classi con cui si conclude la parte teorica del Il Capitale - è un concetto politico fondato su un dato economico e non una categoria economica o una determinazione sociologica. Classe è sempre il rapporto tra il capitalista e il capitale, tra il lavoratore e il lavoro.
Paolo Virno ci consegna invece due saggi: uno dedicato alla Cooperazione, l’altro alla Forza-lavoro.
Per quanto concerne il concetto di cooperazione, Virno parte dal celebre Frammento sulle macchine contenuto nei Grundrisse e dal capitolo 11 del Libro primo del Il Capitale. Marx definisce la cooperazione come la forza collettiva di cui il capitalista si appropria senza pagare, cooperazione è produzione collettiva e sfruttamento. Marx scrive: “La forma del lavoro di molte persone che lavorano l’uno accanto all’altra e l’una assieme all’altra secondo un piano, in uno stesso processo di produzione, o in processi di produzione differenti, ma connessi, si chiama cooperazione” ( K. Marx, Il Capitale. Critica dell’economia politica, Editori Riuniti, 1994, Libro primo, p. 367).
Virno parte dall’importanza di questa nozione di cooperazione per due motivi: anzitutto perché nell’analisi del processo produttivo è il concetto più vicino alla dimensione politica; in secondo luogo perché, anziché accordarsi con le altre parole chiave della costellazione marxiana (valore di scambio, valore d’uso, lavoro astratto e concreto, forza lavoro) finisce con l’entrare in contrasto con la logica che da esse deriva. Si sofferma poi sul significato di una possibile riflessione sulla cooperazione odierna: a suo avviso parlare di cooperazione oggi significa parlare di una lavoro sociale in quanto le diverse attività esplicate nel processo produttivo sono interrelate, collegate materialmente.
Virno continua il suo ragionamento operando una distinzione tra cooperazione oggettiva e soggettiva. Con la prima si intende che le singole forze lavoro sono combinate e intrecciate sulla base di uno schema istituito dalla direzione dell’azienda, con la seconda si intende la fondazione della teoria della moltitudine nel processo produttivo capace di dar conto del fatto che una parte consistente della mansione lavorativa di tutti e di ciascuno consiste nel migliorare e raffinare la cooperazione nella quale si è inseriti.
L’ultima questione con cui chiude il suo intervento è una riflessione sulla cooperazione extralavorativa, rivolta cioè mostrare come la cooperazione direttamente produttiva, produttiva di plusvalore, non sia solo quella messa in atto nell’orario di lavoro.
Nell’altro suo intervento, Virno parte dal concetto di forza-lavoro come elemento centrale nella ridefinizione del processo produttivo. Per forza lavoro non si intende, infatti, un determinato lavoro quanto la capacità in generale di produrre lavoro. È la potenza di un corpo di produrre valore e lavorare; la forza lavoro, cioè, è immessa giornalmente sul mercato, tuttavia ciò che è in vendita è la capacità stessa di produrre. Il prezzo della merce forza lavoro, ossia il suo valore di scambio è legato alla riproduzione del detentore di forza lavoro, ovvero delle capacità fisiche e individuali che vengono giornalmente messe in vendita. Tuttavia, il valore d’uso della forza lavoro, non ha più a che fare con il lavoro in potenza, è al contrario lavoro in atto. Nello scarto tra potenza e atto del lavoro, tra forza acquistata e forza lavoro scambiata si dà la produzione di plusvalore: è solo in questo passaggio, ci dice Marx, che si produce capitale. Partendo da tale dato, ovvero dal fatto che nel concetto di forza lavoro è inscritto quello della vita messa al lavoro, Virno sposta la sua riflessione in chiave biopolitica: anche se ciò che interessa il capitale è la forza lavoro, esso deve necessariamente porsi il problema di governare i corpi viventi; Virno, insomma, ci mostra come la biopolitica nasca dalla forza lavoro, non il contrario; si governa la vita perché, ormai, ciò che più conta nel mercato del lavoro è la potenza in quanto potenza non ancora diventata atto.
Crisi della legge del valore-lavoro è la traduzione di un articolo di Negri apparso in Futur antèrieur, n. 10, 1992/2. Negri parte dalla considerazione che nella tradizione marxista la teoria del valore si presenta in due forme, la prima come teoria del lavoro astratto, presente in tutte le merci, poiché il lavoro è la sostanza comune di ogni attività di produzione, la seconda come legge del valore della forza lavoro che consiste, ci spiega Negri, nel considerare il valore del lavoro soggetto di una rottura dinamica del sistema. In tale prospettiva vede la legge del valore come parte della legge del plusvalore, in quanto elemento che scatena la crisi costituzionale dell’equilibrio e osserva come la prima forma della legge del valore si esaurisce e raggiunge la seconda forma della legge. Partendo da tale convergenza e estinzione delle due forme della legge, Negri si chiede: se il concetto di valore è concepito all’origine come la misura temporale della produttività, in quale forma allora il tempo può divenire misura della produttività del lavoro sociale? Quando il tempo della vita è divenuto, interamente, tempo di produzione, chi misura chi? Lo sviluppo della legge del valore nella sua seconda forma ci conduce verso la sussunzione reale della società produttiva nel capitale e verso l’impossibilità di misurare lo sfruttamento, il quale, tuttavia, resta. La prospettiva che Negri propone è di “reiventare il valore d’uso all’interno della sussunzione reale, nella sua indifferenza, ovvero il valore di scambio è reiventato come valore d’uso nella creatività dei nuovi soggetti” (p.94).
Più denso e ricco di maggiori implicazioni è l’altro saggio, Lavoro produttivo e improduttivo. Negri nella prima parte assume l’affermazione marxiana contenuta nei Grundrisse secondo cui il lavoro produttivo è definito come soggettivo, cooperativo e sociale e complica tale definizione con quella contenuta ne Il Capitale secondo cui il lavoro produttivo è considerato dal punto vista prevalentemente politico come lavoro che produce plusvalore. Nella seconda parte confronta il lavoro produttivo con le definizioni postindustriali dell’organizzazione del lavoro, avvicinandosi ad una concezione biopolitica del lavoro produttivo che considera la ristrutturazione contemporanea dello sfruttamento e della nuova figura del dominio capitalista sul mercato globale.
Alisa del Re, muovendo da un ripensamento del testo marxiano, in Produzione-Riproduzione mostra come sia stato il femminismo a portare al centro del dibattito teorico e politico il tema della Produzione-riproduzione, soffermandosi e sul valore negato al lavoro di riproduzione e sulla divisione sessuale del lavoro, fondamento della produzione capitalistica.
Michele Surdi, invece, nella voce Diritto, partendo dal presupposto che la critica di Marx al diritto moderno si traduce in critica alla filosofia hegeliana del diritto, fa convergere, operazione marxiana anch’essa, la riflessione di Marx sul diritto nella critica marxista dello Stato.
Gli ultimi tre saggi sono di Marazzi, Illuminati e Vercellone.
Marazzi, in Socialismo del capitale, ricordando a proposito della nascita delle società per azioni che esse sono, in un certo senso, per Marx, la soppressione della proprietà privata sulla base della proprietà privata stessa, si collega al fatto che quando noi oggi parliamo di socialismo del capitale poniamo l’accento sui processi di finanziarizzazione dell’economia, del capitale; ciò perché è in crisi il rapporto tra capitale e lavoro. Crisi, osserva Marazzi seguendo Foucault, della governabilità della società civile.
Scrive Vercellone nella voce Trinità del capitale: “Tutto accade come se al movimento di autonomizzazione della cooperazione del lavoro corrispondesse un movimento parallelo di autonomizzazione del capitale sotto la forma astratta, eminentemente flessibile e mobile del capitale-denaro” (p. 188); tesi di Vercellone è che la rendita capitalistica sia l’altra faccia del comune e che essa rappresenti non solo il punto di partenza, ma anche il divenire del capitalismo contemporaneo. Il discorso viene articolato poi con un’analisi del nesso salario-rendita-profitto nel capitalismo cognitivo, in cui osserviamo uno sfaldarsi delle frontiere tra rendita e profitto.
Concludo con il saggio di Augusto Illuminati, Storia, che ricostruisce il percorso, ispirato a Marx, attraverso cui Althusser traccia l’irrisolto problema dell’organizzazione, di come riempire il vuoto lasciato dalla crisi irreversibile della forma partito tradizionale, ponendo la questione delle coordinate spazio-temporali in cui si articola il rapporto tra organizzazione e movimento, tra evento e decisione.
Indice
La Libera Università Metropolitana 7
Afferrare il fulmine a mani nude 9
La «cosiddetta» accumulazione originaria 23
Sandro Mezzadra
Astrazione determinata 53
Paolo Vinci
Classe 65
Mario Tronti
Cooperazione 77
Paolo Virno
Crisi della legge del valore-lavoro 87
Toni Negri
Diritto 95
Michele Surdi
Forza lavoro 105
Paolo Virno
Lavoro produttivo e improduttivo 117
Toni Negri
Produzione/Riproduzione 137
Alisa del Re
Socialismo del capitale 155
Christian Marazzi
Storia 169
Augusto Illuminati
Trinità del capitale 181
Carlo Vercellone
Notizie sugli autori 197
Gli autori
ALISA DEL RE – Insegna presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova e all’Institut d’Etudes Politiques di Parigi. Dal 1998 è responsabile della Scuola di Politica delle donne di Venezia. Tra le sue pubblicazioni: Struttura capitalistica del lavoro legato alla riproduzione in Oltre il lavoro domestico (opuscoli marxisti Feltrinelli, Milano, 1979); Donne in politica ( Franco Angeli, 1999)
AUGUSTO ILLUMINATI- Insegna Storia della filosofia politica all’Università di Urbino, preside del corso di laurea in Filosofia. Tra le sue pubblicazioni: Esercizi politici (Manifestolibri, Roma, 1994); Percorsi del’68 (DeriveApprodi, 2008); Del Comune (Manifestolibri, 2003)
CHRISTIAN MARAZZI- Ha insegnato in diverse università tra le quali Padova, Losanna, Ginevra e New York, e insegna attualmente alla South of Switzerland University. Tra le sue pubblicazioni: Il posto dei calzini ( Bollati Boringhieri, 1999); Capitale e linguaggio (Deriveapprodi, 2002)
SANDRO MEZZADRA- Insegna Studi coloniali e postcoloniali e le Frontiere della cittadinanza presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Bologna. Tra le sue pubblicazioni: Diritto di fuga. Migrazioni,Cittadinanza, globalizzazione (Ombre corte, 2006); La condizione postcoloniale.Storia e politica nel presente globale (Ombre corte, 2008)
TONI NEGRI- Ha insegnato Dottrina dello Stato all’Università di Padova e presso l’Ecole Normale Supèrieure di Parigi. Tra le sue pubblicazioni: con Michel Hardt, Impero. Il nuovo ordine della globalizzazione (Rizzoli, 2002); Goodbye Mr Socialism (Feltrinelli, 2006); di recente è stato ripubblicato Marx oltre Marx (Manifestolibri, 2008)
MICHELE SURDI- Insegna Filosofia del diritto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università La Sapienza di Roma. Collabora in qualità di autore della rivista Posse. Tra le sue pubblicazioni: Faida, contratto, patto (Giappichelli Editore, 2001)
MICHELE TRONTI- Ha insegnato Filosofia Morale e Filosofia politica presso l’Università degli studi di Siena. Tra le sue pubblicazioni : Con le spalle al futuro ( Editori Riuniti, 1992); di recente è stato ripubblicato Operai e Capitale (DeriveApprodi, 2006)
CARLO VERCELLONE- Insegna all’Universitè di Paris 1-Panthèon- Sorbonne, membro del Laboratorio di ricerca Matisse-ISYS ( Francia) e redattore della rivista Moltitudes. Tra le sue pubblicazioni: Sommes-nous sortis du capitalisme industriel? (La Dispute,2003); curatore di Capitalismo cognitivo.Conoscenza e finanza nell’epoca post-fordista (Manifestolibri, 2006)
PAOLO VINCI- Insegna Filosofia Pratica presso L’Università La Sapienza di Roma. Tra le sue pubblicazioni: La forma filosofia in Marx: Commento a l’Ideologia tedesca (Cadmo, 1981); Coscienza infelice e anima bella. Commentario alla Fenomenologia dello Spirito di Hegel (Guerini e Associati,1999)
PAOLO VIRNO- Insegna Etica della comunicazione presso l’Università della Calabria. È redattore della rivista Forme di vita. Tra le sue pubblicazioni: Esercizi di esodo (Ombre corte, 2002); Grammatica della moltitudine ( Derive Approdi, 2003)
Links
www.escatelier.net
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