Bollati Boringhieri (Universale 573), Torino 2008, pp. XV + 360, € 25 [ISBN 978-88-339-1947-8]
Filosofia della scienza, Storia della scienza
Storia e filosofia dell’analisi infinitesimale, frutto delle lezioni che Geymonat tenne fra il 1946 e il 1949 a Torino per il corso di Storia delle matematiche, si apre con un richiamo, che caratterizzerà l’opera futura di Geymonat, alla necessità di tenere sempre presente “il problema dei rapporti fra evoluzione delle speculazioni filosofiche ed evoluzione delle dottrine scientifiche; tra sviluppo della scienza e della tecnica in genere e sviluppo delle ricerche matematiche” (p. 9).
Il pitagorismo ha posto le basi per spiegare il significato infinitesimale della scoperta dei numeri irrazionali. La dimostrazione dell’incommensurabilità del lato con la diagonale del quadrato mina radicalmente l’idea che ogni segmento sia costituito da un numero finito di punti ed esprimibile quindi con numeri interi. I paradossi di Zenone, iniziatore con Parmenide della critica filosofica della scienza, superano l’illusione pitagorica che le figure continue possano ottenersi con l’accostamento di enti reali discontinui aprendo così la via al metodo di esaustione e al calcolo integrale. Fra i progenitori dell’analisi infinitesimale vi è anche Anassagora per il quale la materia è infinitamente estesa e divisibile.
L’esigenza di assoluta chiarezza introdotta da Platone costituisce un trapasso rivoluzionario: mentre nella concezione pitagorica le figure geometriche sono costituite da punti monade dotati di un’esistenza effettiva ed effettivamente raggiungibile, per Platone questi elementi ultimi costituiscono qualcosa su cui non si può ragionare con rigore. Bisogna restringere la ricerca a quelle che sono le precise proprietà delle figure prima e durante l’opera di suddivisione e non a ciò che si pensa di raggiungere alla fine. Chi darà salda fondazione al nuovo ragionamento è Eudosso che col metodo di esaustione, surrogato del calcolo integrale, elimina ogni riferimento ai pretesi elementi ultimi. Nonostante i grandi risultati raggiunti da Archimede si fondino sul procedimento di esaustione, in una lettera ad Eratostene, ignota fino al 1906, Archimede descrive un procedimento analogo a quello che sarà adottato dagli analisti del Seicento, in cui emerge una vera e propria anticipazione del calcolo integrale.
La fisica del Seicento apre la via alla trattazione matematica dei fenomeni naturali e il calcolo differenziale e integrale origina un nuovo dominio della matematica sempre più autonomo rispetto ad algebra e geometria. Kepler è il primo ad abbandonare il metodo per esaustione e a sostituirlo con ragionamenti diretti su infiniti e infinitesimi mentre è la scuola di Galileo a fornire, soprattutto con Cavalieri, un aspetto generale e unitario ai nuovi metodi. Considerato che Galileo aveva una chiara nozione del principio di inversione e che Torricelli riprende e sviluppa la dimostrazione galileiana che lo spazio è l’integrale della velocità, si può dire che l’analisi infinitesimale sia già nata in Italia, per quanto di parto prematuro, prima di Newton e Leibniz.
L’invenzione della geometria analitica da parte di Cartesio e Fermat favorisce ulteriormente la ricerca e verso il 1650-60 un metodo infinitesimale è di fatto costituito. Quello che manca, oltre un’uniformità di simboli, è un superiore livello di scienza e filosofia capace di garantire uniformità e generalità ai metodi di calcolo e solidità razionale ai concetti di infinito e infinitesimo.
In Newton le ricerche analitiche e meccaniche si sviluppano e progrediscono insieme convalidandosi a vicenda e anche se nei Principia non parla, prudente di fronte alle diffidenze dell’ambiente scientifico, di flussioni e fluenti ciò non toglie che il carattere infinitesimale costituisca la sostanza della meccanica newtoniana. Il calcolo infinitesimale non è una prole sine matre creata. Nella contesa fra Leibniz e Newton i problemi trattati sono gli stessi risolti dai matematici precedenti e d’altra parte la formula dei postulati su cui poggia il nuovo calcolo rimarrà insufficiente fino all’ottocento. Si può escludere qualsiasi ipotesi di plagio: un’analisi logico-filosofica del processo inventivo mostra come nell’inglese l’invenzione sia dettata da preoccupazioni tecniche mentre nel tedesco scaturisca da considerazioni filosofiche. Secondo Leibniz per raggiungere l’oggettività bisogna risolvere i concetti scientifici in verità prime puramente logiche. È l’esigenza di una caratteristica universale che ha spinto Leibniz a inventare i simboli differenziali e se si limita la novità alla parte formale del calcolo Leibniz sopravanza sicuramente Newton.
Nella prima metà dell’Ottocento l’avvio della revisione critica dell’analisi infinitesimale porta Bolzano, con considerazioni logico-filosofiche, a distinguere chiaramente il campo in cui il termine “infinito” denota solo un limite da quello in cui denota un tipo particolare di grandezza. Alla fine del secolo, dai lavori di Riemann, emergerà l’esistenza di funzioni continue che non hanno derivata; è una svolta decisiva e l’analisi si afferma come disciplina autonoma indipendente dall’intuizione geometrica.
L’esigenza di rigore che caratterizza la seconda metà dell’ottocento dà vita a due fasi: il processo di aritmetizzazione iniziato da Weierstrass e concluso da Peano con un simbolismo logico, col quale è possibile in via teorica tradurre tutta la matematica in simboli, e il processo di logicizzazione di Frege e Russell. Weierstrass e Peano, secondo Frege, si sono accontentati di riportare tutti i concetti aritmetici al concetto base di numero naturale, ma non hanno cercato una spiegazione logica di questo concetto. Bisogna ricondurre il tutto ad una scienza più generale dell’aritmetica: la logica. La definizione di numero naturale ideata da Frege e perfezionata da Russell condurrà al concetto di insieme che, introdotto per definire i numeri naturali, farà scoprire, con Cantor, la categoria ancora più ampia e difficile dei numeri transfiniti.
Qui l’esposizione storica viene da Geymonat interrotta con un approfondimento critico (capitoli 13-22) della teoria dei numeri e della teoria del continuo quali fondamenti dell’analisi moderna. Negli ultimi decenni del XIX secolo si cerca di ampliare il concetto di numero naturale nel campo dell’infinito. Sorgono però delle antinomie trasferibili dalla teoria degli insiemi alla teoria dei concetti e la soluzione di Russell, ovvero che un concetto non può mai fungere da predicato in una proposizione il cui soggetto sia di tipo eguale o maggiore del concetto stesso, permette importanti progressi, ma non si può certo dire abbia svelato la “natura assoluta” della logica. È una convinzione metafisica, cui del resto si ispira tutto l’indirizzo logicista, che crede di aver trovato la base della scienza dei numeri riducendo l’aritmetica alla logica. Non si può “fondare l’aritmetica” come se questa si elevasse su un gruppo di verità assolute ed eterne quando invece è un puro e semplice calcolo proveniente da convenzioni. Resta il fatto che la scoperta delle “antinomie logiche” ha mostrato come possa “non esistere l’insieme” quando “esistono gli individui” di tale preteso insieme.
Coi numeri reali si esce dal campo del numerabile per entrare nel “campo del continuo”. La struttura del continuo può essere intesa a partire non dai punti ma dal continuo stesso, i pretesi “punti indivisibili” sono segni divisori tra un segmento e l’altro e non elementi costituivi del continuo. Già Leibniz aveva sostenuto, avendo ben chiaro il carattere matematico del problema del continuo da non confondere col problema fisico della composizione della materia, che i punti matematici non fossero “parti dello spazio”. Mentre Dedekind e Cantor danno l’impressione di voler prima definire i singoli numeri reali per mezzo di considerazioni sui numeri razionali e di voler poi costruire con essi il continuo, Brouwer parte dal continuo come intuizione primitiva che non necessita di spiegazioni e presenta i singoli numeri reali come “estratti” dal continuo.
Un ulteriore sviluppo nell’analisi della struttura logica degli insiemi infiniti riguarda il problema, risolvibile con alternative convenzioni, del significato della loro esistenza. All’inizio i matematici ammisero come verità evidente che “l’esistenza di un insieme trascina con sé l’esistenza di tutti gli elementi che lo costituiscono”; nel momento però in cui ci si riferisce a insiemi come l’insieme dei numeri reali il presupposto che non sia concepibile l’esistenza della “riunione” senza che esistano gli oggetti riuniti viene a cadere.
I concetti moderni di misura e integrale chiudono lo sviluppo storico tracciato da Geymonat e mettono in luce gli stretti rapporti fra teoria degli insiemi e della misura evitando di considerare la prima come separata dalla matematica classica. Se è possibile impostare il problema dell’integrazione in forma nuova ciò è dovuto alla teoria degli insiemi infiniti che costituisce la più grande rivoluzione matematica dopo l’invenzione del calcolo differenziale e integrale. Con ciò Geymonat ribadisce anche in conclusione l’impegno metodologico “di dare – secondo i preziosi suggerimenti di Enriques – una «visione dinamica» della scienza” (p. 325).
Quest’opera è particolarmente rilevante in quanto costituisce il primo confronto di Geymonat con la dimensione storica – ponendo così le premesse per il superamento della sua formazione neopositivista – in cui emerge il precetto metodologico, che accompagnerà tutta l’evoluzione geymonatiana, della continua attenzione all’effettualità storica. Si può considerare la presente Storia come prima espressione di quella capacità di Geymonat di collegare gli aspetti scientifici allo sviluppo storico della disciplina specifica che viene a sua volta inserita nel più vasto sistema della storia del pensiero.
Indice
Introduzione di Gabriele Lolli
Le origini dell’analisi infinitesimale nel periodo greco (1. Sguardo generale alla storia della matematica greca; 2. Pitagora e Zenone; 3. Anassagora, Democrito, Eudosso; 4. Archimede)
Primi sviluppi dell’analisi infinitesimale nell’era moderna (5. Nuovi caratteri della ricerca matematica nei secoli XVI e XVII; 6. La scuola di Galileo; 7. Gli analisti francesi; 8. Gli analisti inglesi. Newton; 9. Leibniz e i suoi continuatori)
La vittoria dell’esigenza del rigore (10. Dalla matematica del Settecento alla matematica dell’Ottocento; 11. Sviluppo dell’esigenza critica negli analisti della prima metà dell’Ottocento; 12. Sviluppo dell’esigenza critica negli analisti della seconda metà dell’Ottocento; 13. I numeri naturali; 14. I numeri cardinali; 15. I numeri ordinali; 16. Gli alef; 17. Le antinomie logiche; 18. I numeri reali; 19. Continuo atomistico e continuo geometrico; 20. La potenza del continuo; 21. L’esistenza degli insiemi e il postulato di Zermelo; 22. Buon ordinamento e ipotesi del continuo; 23. Il problema della misura degli insiemi lineari; 24. Il problema dell’integrazione).
L'autore
Ludovico Geymonat (1908-1991), laureatosi in filosofia e matematica, dopo la partecipazione alla lotta partigiana, è titolare a Milano nel 1956 della prima cattedra di Filosofia della scienza in Italia. Fra le sue opere principali: Galileo Galilei (Einaudi, Torino 1957), Filosofia e filosofia della scienza (Feltrinelli, Milano 1960), Storia del pensiero filosofico e scientifico (Garzanti, Milano 1970-76), Attualità del materialismo dialettico (Editori Riuniti, Roma 1974), Scienza e realismo (Feltrinelli, Milano 1977), Riflessioni critiche su Kuhn e Popper (Dedalo, Bari 1983), Lineamenti di filosofia della scienza (Mondadori, Milano 1986), Del marxismo (Bertani, Verona 1987).
Links
Su Geymonat:
http://filosofico.net/geymonat.htm
http://geocities.com/prc_pinerolo/geymonat.htm
http://www.kelebekler.com/occ/geymonat01.htm
Sulla storia della matematica:
http://digilander.libero.it/freemate/STORIA/STORIA%20DELLA%20MATEMATICA.htm
http://www.na.iac.cnr.it/even/main.htm#Indice
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