Recensione di Sergio A. Dagradi - 30/09/2009
Logica, Epistemologia
Il libro di Juan Canseco appare come uno stimolante manuale, anche da utilizzarsi in corsi liceali o di avviamento universitario, per implementare il rigore del nostro modo di pensare. Fin dalla Prefazione, infatti, esso si presenta come una guida per migliorare le proprie capacità di ragionamento, in termini soprattutto di chiarezza e precisione. L’idea che sostiene questo volume è al contempo semplice e illuminante: così come la pratica di un qualsiasi sport, non essendo geneticamente innato, richiede l’acquisizione dei fondamentali e un training di addestramento per utilizzarli efficacemente, alla stessa stregua occorre considerare la nostra capacità di ragionare correttamente non come un dato naturale della nostra condizione umana. Come già insegnava implicitamente Kant, la presenza di un certo volume di sostanza grigia nella nostra scatola cranica non ci rende automaticamente utilizzatori di questa, né tanto meno degli utilizzatori capaci ed efficaci. Ecco, allora, che è necessario addestrarci al suo utilizzo, impararne le strategie più idonee, anche attraverso una serie di esercizi appositi. Scopo del libro è dispiegare, appunto, un percorso in questa direzione, partendo da una condizione di principianti; percorso che, al contempo, funga anche da addestramento alla difesa contro l’accoglimento di qualsiasi asserzione riferitaci da qualcuno o letta o appresa da un qualsiasi mezzo di informazione. Come esplicitamente afferma in tal senso l’autore “soltanto la credulità delle persone le dispone a credere qualsiasi cosa venga loro detta senza richiedere una certa ragione per farlo” (p. 107). Un libro, allora, ancor più necessario in una nazione in cui il luogo geometrico di formazione dell’opinione pubblica sembra essersi ridotto al piccolo schermo.
Il primo elemento - il presupposto originario, forse - di ogni ragionamento chiaro è individuato dall’autore nell’identificazione dell’oggetto attorno al quale il ragionamento verte e deve vertere. Riconoscere l’oggetto di un ragionamento significa, infatti, mantenerlo costante durante ogni fase del ragionamento stesso, dall’inizio sino alla sua conclusione. Questo implica il procedere in modo metodico, ponendosi via via domande alle quali si forniscono effettive risposte, prima di procedere oltre con nuovi quesiti e questioni. Corollario al primo prerequisito è evidentemente la chiarificazione preliminare dei significati dei termini che stiamo utilizzando, specialmente di quelli che l’autore definisce incompleti (ossia il cui significato non è univocamente determinato) e di quelli che tendiamo ad usare secondo una cifra personale (anche morale), al fine di evitare fraintendimenti e inutili discussioni con eventuali interlocutori. In particolare sono i termini astratti, interpretati come denotativi di oggetti fattivamente esistenti, a poter generare confusione nei ragionamenti.
Solamente dopo aver accertato il grado di puntualità della nostra argomentazione, anche mediante l’esercizio della ri-enunciazione del significato degli enunciati che la compongono attraverso altre parole, e condensandone in particolare il senso in enunciati brevi ed espliciti, la stessa argomentazione è pronta per essere sottoposta a giudizio circa la veridicità del suo contenuto. A presiedere questa fase deve esservi, secondo le indicazioni dell’autore, la ferrea volontà di ognuno a mettere tra parentesi ogni nostra personale convinzione: sia quelle nelle quali siamo nati, cresciuti ed educati e che - in quanto tali - ci appaiono come naturalmente certe; sia quelle che difficilmente siamo disposti a sottoporre ad esame vuoi perché legate alla giustificazione di interessi personali, oppure perché sostenute da associazioni sentimentali di differente natura. Viceversa, “nostro obiettivo è quello di offrire al lettore un mezzo per mettere alla prova e giudicare da solo (su ogni materia della quale egli abbia informazione sufficiente) se ci siano oppure no elementi adeguati per sentirsi giustificato a sostenere una determinata opinione o credenza” (p. 34).
Tale giustificazione rimanda, in ultima analisi, ad una corrispondenza tra credenza e fatti, dove “un fatto è ciò che è, ciò che succede, indipendentemente dalla nostra percezione e dalle nostre credenze” (p. 40). Essendo lo scopo del libro l’offrirsi come manuale per un utilizzo chiaro della ragione nella quotidianità, l’autore non si addentra a discutere i problemi di natura ontologica a cui la definizione di fatto rimanderebbe, sebbene non si sottragga dal constatare come, quando parliamo di fatti conosciuti per mezzo dell’osservazione, questi rimandino sempre ad un certo grado problematico di ricognizione e di interpretazione dei meri dati percettivi (onde soppesare opportunamente l’affidabilità dell’osservazione stessa). Analogamente, Canseco, nel rilevare come solamente alcuni dei fatti possono essere direttamente conosciuti attraverso i sensi, mentre la maggior parte possono essere individuati solamente attraverso il ragionamento, non appesantisce la presentazione soffermandosi ad analizzare i problemi logici ed epistemologici soggiacenti al presupposto ultimo a cui ogni inferenza rimanderebbe, postulando una sostanziale non contraddittorietà del reale e una regolarità e sistematicità dello stesso, che sole consentono la tenuta di una concatenazione di inferenze e l’assunzione come vere di conoscenze coerenti tra di loro (un rimando utile, come raffronto di problematizzazione, potrebbe in tal senso essere il volume di Francesco Berto sulle Teorie dell’Assurdo, Carocci, Roma 2006, recensito anche su queste pagine). Ma lo scopo del volume, come detto, è consolidare delle strategie di ragionamento chiaro e corretto utilizzabili nella quotidianità, a livello, potremmo dire, basic: non di fare della ricerca scientifica o dell’alta speculazione teoretica, come indirettamente ricorda lo stesso autore, più oltre, parlando dell’utilizzo delle spiegazioni per causa ed effetto alle quali ricorriamo nella vita di tutti i giorni, o della costruzione di teorie esplicative dei fatti, o, ancora, nel vagliare le forme e le regole della deduzione logica.
Proprio questo intento si mostra comunque estremamente efficace nel mettere alla prova la tendenza assai comune ai nostri giorni non solo a produrre conclusioni non fondate sui più disparati argomenti, ma anche a generalizzare arbitrariamente le conclusioni alle quali perveniamo. L’abitudine ampiamente diffusa è, infatti, quella di condurre generalizzazioni affrettate, non sufficientemente ponderate dal punto di vista del numero di casi considerati come base osservativa della generalizzazione, o della varietà delle circostanze degli stessi, nonché il tentativo di falsificare la generalizzazione ricercando casi contrastanti. Il richiamo pressante è, in tal senso, quello di considerare, quale teoria esplicativa fondata, sempre e solo una teoria che possa coerentemente corrispondere ai fatti rilevati e che funzioni nell’applicarla ai fatti stessi. In tal senso il libro si presenta, come detto in precedenza, anche come un manuale efficace per abituarci a rifuggire quella credulità che ammanta ormai spazi sempre maggiori della società italiana, presentandosi in tal senso anche come un libro di impegno civile, nel senso più alto del termine.
Capitolo 1 - Controlli e salvaguardie
Capitolo 2 - Credenze infondate
Capitolo 3 - Cosa possiamo credere
Capitolo 4 - Osservazione ed evidenza
Capitolo 5 - Generalizzazione
Capitolo 6 - La spiegazione
Capitolo 7 - Teorie
Capitolo 8 - Ragionamento deduttivo
Capitolo 9 - Mettere alla prova i nostri elementi per credere
Capitolo 10 - Esercizi per far pratica
L'autore
Juan I. C. Canseco ha studiato filosofia presso l’Università Nazionale Autonoma del Messico a Città del Messico, e si è successivamente specializzato in epistemologia presso la Cambridge University e in storia della scienza presso l’Università degli studi di Bari. Si occupa di ricerche in ambito di filosofia e storia della biologia, argomenti sui quali ha pubblicato articoli in riviste specializzate. Attualmente è ricercatore presso l’Osservatorio di Pavia.
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