Recensione di Davide Sisto – 02/11/2009
Storia della filosofia (idealismo)
Redatto originariamente nel 1968, viene ripubblicato da Claudio Cesa, per i tipi della Ets, uno dei suoi principali studi sulla filosofia di Schelling, quello concernente il problema della “deduzione” della personalità o dell’individuo umano nel System des transcendentalen Idealismus (p. 28); detto in altri termini, il modo in cui il filosofo di Leonberg tentò di risolvere il problema dell’individuazione del soggetto (p. 32). Due sono fondamentalmente i motivi che hanno spinto Cesa a riproporre il saggio così come fu stampato la prima volta: in primo luogo, la consapevolezza della rinnovata attenzione da parte degli studiosi nei confronti della filosofia di Schelling, sempre meno riconducibile a quella vetusta visione storico-filosofica che ne fa un anello di congiunzione tra il soggettivismo fichtiano e il razionalismo metafisico hegeliano. Ciò trova la sua decisiva conferma nella voluminosa e multiforme bibliografia, curata con invidiabile meticolosità da Carlo Tatasciore, la quale presenta ai lettori tutte le opere italiane pubblicate su Schelling dal 1971 al 2008. In secondo luogo, l’importanza che il Sistema dell’idealismo trascendentale (1800) riveste nell’oscillatoria bibliografia del filosofo tedesco, in quanto “unico ‘sistema’ completo che Schelling abbia mai pubblicato”, nonché opera principale di riferimento e di confronto da parte dei contemporanei (pp. 17-18).
Il punto di partenza delle riflessioni di Cesa è l’indubbia problematicità che si pone a monte di qualsivoglia decifrazione del rapporto tra autocoscienza e intuizione intellettuale nel pensiero giovanile di Schelling, la quale pretenda di avere una sua precisa trasparenza speculativa. Oscillatorie sono infatti le posizioni del filosofo di Leonberg: se, infatti, nello scritto Sull’Io egli ironizza sulla coscienza e prende le distanze dall’io empirico, esaltando come organo filosofico per eccellenza l’intuizione intellettuale, nelle Lettere filosofiche si compie un’operazione inversa, che alla critica dell’intuizione intellettuale contrappone l’assunzione della coscienza come ciò che accompagna il sentimento della vita e della finitezza come elemento costitutivo dell’uomo. Per Cesa, ciò va interpretato come “passaggio da un tentativo di discorso ‘scientifico’ alla esposizione di una Weltanschauung” (p. 25), che conduce man mano la speculazione schellinghiana al Sistema dell’idealismo trascendentale, all’interno del quale il filosofo tedesco cerca di elaborare sistematicamente l’idea che si possa risolvere il contrasto tra il dogmatismo e l’idealismo attraverso il ricorso a un linguaggio in grado di rendere possibile la comunicazione tra infinito e finito, una volta messo in luce il problema dell’individuazione del soggetto. Qui la costruzione schellinghiana si articola in vista di una possibile conciliazione della presa di coscienza con lo svolgimento oscuro del tutto, conciliazione che non può eludere il gravoso problema del rapporto tra la libertà e la necessità che caratterizza l’uomo-frammento nella sua costitutiva contraddittorietà e limitatezza, nonché nella sua perpetua oscillazione tra assoluto e finito. Intuizione intellettuale e autocoscienza, quest’ultima l’organo essenziale a cui è strettamente legato il concetto di soggettività, vengono – all’interno del Sistema – quasi a identificarsi, dal momento che la loro differenza è da ricercarsi, non tanto sul piano gnoseologico, quanto su quello esistenziale: “È con l’intuizione intellettuale che l’io si libera non solo dal sapere comune, ma si dà esistenza, produce se stesso. Questo suo atto è però privo di ogni mediazione [...] ciò che introduce la mediazione è un riflettere, il quale non è altro che l’autocoscienza” (pp. 56-57). Cesa percorre questa via speculativa, consapevole delle difficoltà che ne seguono, là dove tali figure idealistiche non vanno intese come forme individuali del divenire. In particolare, attraverso un’analisi acuta del Sistema schellinghiano, l’autore si interroga riguardo a quale concezione dell’uomo faccia riferimento Schelling, tenuto conto che l’unico vero soggetto della trattazione è l’io dell’autocoscienza (p. 63). Il quesito, che accomuna – in fondo – i principali esponenti dell’idealismo tedesco, viene affrontato attraverso la complessa esplicitazione, attorno a cui è costruita l’intera trattazione, del contrasto tra la finitezza umana come punto di partenza e l’infinità quale esigenza o attività ideale. Non può che emergere, sulla base di un’interpretazione che pone in comunicazione l’antropologia schellinghiana con una visione piuttosto complessa della temporalità, la certezza che l’individualità non sia un mero attributo dell’io, da acquisire pacificamente in se stesso. Piuttosto, va rimarcato come quella frammentarietà che connota il soggetto in Schelling fin dagli scritti giovanili rimandi a un fondamento che, il più delle volte, è negativo e non positivo. L’individuazione del soggetto passa attraverso “una fondazione della libertà che non è contro natura, ma dentro di essa, che non mira a una separazione, ma a una unificazione di umanità e naturalità” (p. 93); ciò permette a Cesa di cogliere il filo rosso che lega le speculazioni del Sistema dell’idealismo trascendentale alla dialettica tra fondamento ed esistenza nelle più tarde Ricerche sull’essenza della libertà umana.
Al di là della brevità richiesta da una recensione, la quale implica la scelta approssimativa di alcune linee direttive del libro in esame, va sottolineato come il testo di Cesa cerchi, anche attraverso svariati riferimenti agli altri esponenti dell’idealismo tedesco (Fichte in primis), di ricostruire il rapporto tra individuazione e libertà nel Sistema schellinghiano, evidenziando le ambiguità di fondo della prospettiva imbastita dal filosofo di Leonberg e la sua difficoltà a mettere in luce limpidamente le prerogative, per così dire, morali dell’individuo. Una difficoltà che spesso è, per Cesa, direttamente proporzionale al bisogno schellinghiano di rielaborare e sistemare il materiale altrui. Ma, azzardiamo noi, il problema è probabilmente intrinseco al Sistema dell’idealismo trascendentale stesso, il testo di Schelling più importante secondo gli studiosi, ma forse ancora incapace di evidenziare quelle prerogative fondamentali, che emergeranno negli anni a venire e che allontaneranno progressivamente Schelling dall’idealismo tedesco tout court e dai suoi evidenti limiti interni.
Indice
Introduzione
Individuazione e libertà nel «Sistema dell’idealismo trascendentale» di Schelling
Bibliografia italiana di Schelling (1971-2008) a cura di Carlo Tatasciore
L'autore
Claudio Cesa (1928), accademico Linceo e professore emerito nella Scuola Normale Superiore di Pisa, si è occupato soprattutto di pensiero tedesco, sui versanti teorico, politico e storiografico. È membro della Fichte-Kommission dell’Accademia delle scienze di Monaco di Baviera. Fra le sue opere La filosofia politica di Schelling (Laterza, 1969), Hegel filosofo politico (Guida, 1976), Introduzione a Fichte (Laterza 1994; 3° ed. 2000).
Nessun commento:
Posta un commento