Recensione di Daniela Verducci - 10/11/2009
Antropologia, Filosofia teoretica (ontologia)
Il titolo del recente volume di Cusinato sembra annunciare che la riflessione sull’essere della persona indotta dal focus sull’antropologia filosofica non approderà ad una definitività: la persona vi resterà colta, quasi sfruttando la corrente calda dello spirito dell’utopia di blochiana memoria, nel suo enigmatico mantenersi aperta e sospesa sull’essere, nel suo estenuante protendersi verso un altrove sempre desiderativamente re-anticipato e dunque dai contorni perennemente sfumati. A spingere G. Cusinato a scavare nella dimensione personale allo scopo di rinvenirvi prospettive innovative sull’essere, è dunque un’insoddisfazione ontologica, al cui delinearsi hanno certo contribuito gli approfonditi studi scheleriani da lui condotti fin dagli anni ’90. Infatti, dell’esigenza filosofica di elaborare un’ontologia della persona, che rivitalizzasse la metafisica stessa - istanza già avvertita, aggiungiamo noi, nel cuore della modernità da G. W. Leibniz e oggi ripresa con decisione da Anna-Teresa Tymieniecka - Max Scheler fu l’araldo più convinto, oltre che il padre dell’antropologia filosofica, la nuova disciplina sul cui terreno quell’esigenza, prepotentemente emersa nel XX sec., potè trovare accoglienza e incipiente soddisfazione. A Scheler non sfuggì l’incapacità della chiusa e statica ontologia tradizionale di assumersi l’onere di dar conto di quell’eccedenza dionisiaca, evidenziata da F. Nietzsche, per la quale l’uomo, mentre è in grado di compiere il gesto di portarsi über sich hinaus e di liberarsi dalla soggezione nei confronti tanto della logica dell’utilità e del piacere quanto di quella evoluzionistica dell’adattamento biologico, trova tuttavia che la sua Wille zur Macht non lo proietta affatto su un orizzonte relativistico e arbitrario; al contrario essa àncora il suo slancio di trascendenza alla scala oggettiva del Grad der Macht, cui è legata quella stessa “potenza pura che tracima, eccede, si diffonde oltre se stessa” (p. 20), della quale egli nella sua volontà individuale è portatore e non creatore. Tale base “ontologica” della volontà di potenza Cusinato ritiene di poter evincere da alcuni luoghi nietzscheani, individuati nelle Nietzsche Werke. Kritische Studienausgabe, hrsg. von G. Colli und M. Montanari, Berlin-New York 19882 (pp. 19-21), purtroppo indicati con i soli numeri di volume e di pagina, così da non poter essere rintracciati con facilità in altre edizioni delle opere di Nietzsche. Ma la sfida all'ontologia tradizionale si rinnova radicalmente allorchè Scheler assume la visuale antropologica, già agostiniana, dell’eccedenza agapica, completamente misconosciuta da Nietzsche. Il movimento amoroso, che promana dalla persona, infatti, coinvolge nella sua dinamica dirompente i ripiegamenti sul mondo ancora presenti nel trascendere dionisiaco ed erotico dell’homo faber alla P. Alsberg (pp. 142-158), determinando un'apertura al/del mondo (Weltoffenheit) che resta unica e specialissima in quanto comporta una Umkehrung ovvero una ri-apertura delle precedenti eccedenze, pur non richiedendo affatto la coincidenza della volontà di generare il proprio superamento con la volontà di morire/tramontare, come avviene nell’uomo nietzscheano (p. 12). Anzi, proprio in virtù di tale prospettiva, nell’osservazione delle modalità effettive della cura sui, produttiva di Bildung e di Umbildung individuale, presente nell’antropologia scheleriana dell’ordo amoris e foucaultiana ante litteram (pp. 43-45), si potranno localizzare nell’essere quelle virtualità di incremento, che fanno capo alla coscienza e alla volontà dell’essere personale e anzi, premono su quest'ultimo perché si liberi dalle forme intellettualistiche e ascetiche di narcotizzazione dell’eccedenza (pp. 32-42), di cui è caduto vittima nel corso dei secoli, e riprenda a coltivarsi come istanza di trascendenza vivente e proprio perciò, in quanto radicato nel flusso universale della vita, capace di trascinare nel proprio potenziamento l’universo intero dell’essere. Attraverso il contegno umano si fa strada, così, l’idea di un essere sui generis, un essere che è “solo una direzione di un processo possibile”; inoltre, si delinea una condizione ontologica paradossale perchè “l’uomo – che dal punto di vista dell’evoluzione biologica è l’essere più fisso e stabile, il filisteo della vita – dal punto di vista del divenire personale risulta un sistema aperto e imprevedibile”; non solo un superuomo (Übermensch), dunque, ma un uomo globale (Allmensch) (pp. 49-50), la cui “eccedenza [...] è la struttura aperta che dà vita all’uomo” (p. 51). Proprio da tale condizione antropologica - segnala Cusinato - Scheler trarrà, nell’ultima fase del suo pensiero, lo spunto per ridisegnare l’intera metafisica occidentale del nous poietikòs e avviare un pensiero “post-metafisico” in cui non solo campeggeranno le tesi, “scandalose” per il teismo razionalistico contemporaneo, del werdender Gott, delle ideae cum rebus, dell’Ohnmacht des Geistes (p. 47), ma l’essere umano stesso diverrà lo snodo imprescindibile per la nuova metafisica dell’atto o meta-antropologia. Tuttavia, dalla fenomenologia della persona umana, fin qui da Cusinato intessuta, non emerge ancora che le pratiche formative e di autoincremento, che la persona è in grado di porre in essere, vadano a incidere sull’essere totale, secondo le linee di un’ontologia dinamica, dove la soggettività partecipa al far essere dell’essere. Manca tuttora, infatti, una “scala-d'essere” – diciamo noi - che veicoli la contestualizzazione ontologica della specialissima forma d'essere della persona e che insieme la salvaguardi sia dalla volatilità della sua più corrente interpretazione spiritualistico-moralistica che dallo snaturamento dell'appiattimento biologistico. Il riferimento obbligato per una tale riforma della concezione d’essere, che tenga ontologicamente insieme causalità fisica e libertà, resta F. W. J. Schelling, della cui influenza su Scheler, Cusinato è finalmente in grado di offrire circostanziata documentazione, avendo individuato, nell’opera scheleriana Idealismus-Realismus, tre citazioni da saggi schellinghiani, risalenti al periodo di Berlino, finora “passate inosservate in quanto Scheler omette d’indicarne la fonte” (pp. 81-83). Schelling agisce sulla strozzatura ontologica prodotta dal formalismo kantiano, restituendo al Naturprodukt la sua portata ontologica e inserendone la specifica forma di auto-organizzazione in una ontologia “a strati”, comprensiva di oggetti, organismi, persone, dove in un’unica Stufenfolge si apre la possibilità inedita di “ripercorrere la preistoria della libertà dell’Io fino alla natura stessa e d’individuare nella natura vivente un processo ascendente in cui s’esplicita sempre di più l’effettualità della libertà” (pp. 69-70). In cruciali passaggi schellinghiani, opportunamente riportati da Cusinato, si mette a fuoco la dinamica di “centricità” con cui l'organismo, operando sulla serie lineare inorganica di cause ed effetti, unifica questi due estremi e, flettendo in circolarità autoripiegantesi la linearità della natura inorganica, da essa fa sorgere il sistema vivente, secondo una “legatura-d'essere” che lo dota di finalità autonoma e perciò lo abilita a produrre le proprie tappe auto-organizzative in livelli di sempre maggiore complessità, dall’organismo più elementare alla coscienza umana (p. 73). Addirittura, il “ritornare su se stessa” della legatura ontologica dell’organismo, che fa coincidere esistenza e auto-referenzialità, diviene, in Schelling, la chiave interpretativa di tutto l’essere, che nella Stufenfolge viene scandito per gradi crescenti di centricità ovvero di autoreferenzialità sempre più autoindividualizzante, a partire dalla Selbstlosigkeit dell’inorganico, attraverso tutto il mondo organico, fino alla coscienza quale forma della completa di Zurückwendung in sich selbst (pp. 74-75). Ma si identifica forse la dimensione personale dell'essere umano, con tale curvatura psichistica/coscienzale/autocoscienziale, ontologicamente ridotta, come nella tradizionale visione intellettualistica cartesiana, ancora dominante fino a Brentano e Husserl, sebbene integrata dall’intenzionalità istintiva e pulsionale, ad opera di W. Dilthey (pp. 123-129)? Evidentemente, i gradi ontologici fin qui guadagnati dall'indagine di Cusinato (pp. 17-173), sono serviti solo a far emergere, per differenza, la specificità della dinamica personale, incarnata dal vivente umano. L’uomo, infatti, è certo in rapporto all’ambiente (Umwelt) e al mondo (Welt) (cfr.: ecologismo di J. Gibson, pp. 191-194); è vivente autopoietico (cfr.: U. Maturana, F. Varela e N. Luhmann, pp. 91-97); è un Io (cfr.: emergentismo e ontologie della persona di L. Baker e R. Sokolowski); egli è però soprattutto portatore di una dimensione che va oltre, pur comprendendo i livelli psico-fisici e cognitivo-pratici del vivere: per cogliere tale costituzione Cusinato imposta un'apposita investigazione, di nuovo sulla scorta di Schelling, tendente a enucleare il carattere ex-centrico dell’essere umano rispetto alla centricità organica (pp. 218-230). La persona si attua, infatti, in una espressività sui generis: non proietta se stessa all’esterno, come avviene nel metabolismo dei viventi, si fa invece terreno pronto ad accogliere e far germinare un’esemplarità positiva; essa vive un' esperienza non affidata all’attività sintetica delle categorie intellettuali kantiane, ma piuttosto consegnata alle tonalità affettive e a specifici sfondamenti emozionali, che ampliano l’orizzonte mondano in direzione della Selbstgegebenheit. E' compiendo atti agapici compartecipativi dell'alterità che la persona determina il rovesciamento (Umkehrung) della logica percettiva vitale, che viene ri-aperta e orientata verso la profondità personale (p. 197) per cogliervi quell’innalzamento di valore rispetto all’esistente, che può mostrarsi solo all'amoroso “domandare a cui il mondo risponde dischiudendosi”: in tale “atto fecondante”, la persona “non si limita a intenzionare qualcosa che c’è già, ma intercetta, al di là del piano fattuale, l’intenzionalità di ciò che ancora non è, creando lo spazio per la sua costituzione”, nel “vuoto promettente” o Sehnsucht, che ospita al suo interno (pp. 309-310). Così facendo, l’atto personale dell’amore dà anche luogo effettivo, nel suo centro reale personale “all’emergere di una novità positiva (o nel caso dell’odio, negativa) che non aveva ancora trovato spazio nella fattualità” (p. 206), oltrepassando ogni metafisica della presenza (p. 199). Superando anche l'antropologia ermeneutica di Ch. Taylor, si delinea qui, tramite la forma di co-eseguibilità degli atti, in cui si dà esclusivamente la fecondante esemplarità altrui (pp. 304-308), una vivente e creativa ontogenesi personale reciprocamente formativa e libera da qualunque uniformarsi esecutivo a modelli. Si completa così la “scala-d'essere”, elaborata da Cusinato per raggiungere le altezze cui la persona sembrava inizialmente sospesa e che rappresenta, a nostro avviso, il risultato più cospicuo della sua presente ricerca. La persona trova ora la sua definizione ontologica come “totalità incompiuta che metabolizza funzioni psichiche in atti grazie a una singolarizzazione operativa di tipo compartecipativo e non a una chiusura operativa omeostatica” (p. 296). A chi però abbia seguito l'intensa e incalzante investigazione di Cusinato e percorso fino al suo termine la “scala-d'essere” da lui approntata, senza attardarsi nelle pur interessantissime énclaves di commento che continuamente le si aprono lateralmente, si spalanca lo spettacolo sorprendente dell'essere della persona dispiegato: un essere non più solo incompiuto, ma piuttosto singolarmente aperto all'infinito ontologico e capace di effettivo ed incessante potenziamento di sé e dell'universo intero.
Indice
Introduzione
PARTE I. ANTROPOLOGIA FILOSOFICA
L'eccedenza dionisiaca
Oggetti, organismi, persone: un'ontologia a strati
Gli occhi dell'eros
PARTE II. ONTOLOGIA DELLA PERSONA
Riduzione e Weltoffenheit
La persona compartecipativa
Indice dei concetti
Indice dei nomi
L'autore
Guido Cusinato insegna Antropologia filosofica all'Università di Verona e dal 2001 è membro della Commissione Scientifica Internazionale della «Max-Scheler-Gesellschaft». È autore di Katharsis. La morte dell’ego e il divino come apertura al mondo nella prospettiva di Max Scheler (1999) e di Scheler. Il Dio in divenire (2002). Per i tipi della FrancoAngeli ha curato la traduzione italiana di La posizione dell'uomo nel cosmo di Max Scheler, corredandola di un'ampia Guida alla lettura (I ed. 2000, II ed. ampliata 2004) e il volume Max Scheler. Esistenza della persona e radicalizzazione della fenomenologia (2007).
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