trad. it. di Franco Camera Genova-Milano, Marietti, 2009, pp. 89, € 12, ISBN 9788821188183.
[Ed. or.: Transcendence et intelligibilité. Suivi d’un entretien, Labor et Fides, Genève 1984].
Recensione di Matteo Sozzi – 20/11/2009
Filosofia della religione
Il breve volume raccoglie una conferenza tenuta da Levinas nel 1983 all’Università di Ginevra e il contenuto di una conversazione seguita il giorno seguente dall’autore con il prof. Halpérin e altri interlocutori cattolici, protestanti ed ebrei. Conclude il libro una Postfazione di Franco Camera.
Questo testo appare un documento prezioso per chi si avvicina ad uno dei pensieri maggiormente rilevanti e a tratti anche provocatori del secolo passato. Si tratta infatti di due scritti, una conferenza e una conversazione, in cui l’autore affronta i temi centrali della sua riflessione con uno stile e un approccio che nascono dall’esposizione orale e che rendono la lettura nel complesso agevole, benché siano esplicitate le dense questioni di fondo della filosofia levinasiana.
Nella Conferenza, in particolare, Levinas si confronta direttamente con la concezione del sapere tipica dell’ontologia classica e della modernità da Cartesio a Kant ad Hegel e con la tradizione fenomenologica in particolare husserliana, per proporre all’interno dell’orizzonte di pensiero della modernità le tematiche che lo hanno reso celebre: l’alterità, la trascendenza, la possibilità di una intelligibilità per l’assoluto. Quale pensabilità è data per l’Altro da sé, mantenuto nella sua differenza, all’interno di una prospettiva filosofica che riduce i contenuti del pensiero ad immanenza? E’ sufficiente riconoscere kantianamente l’aporia insormontabile di un pensiero che voglia ricercare la Verità al di là del dato sensibile, oltre i limiti di ciò che può essere ridotto ad oggetto del sapere e accontentarsi della fine di ogni possibile metafisica? Chiaramente Levinas indica tracce per un pensiero della differenza, capace di apertura nei confronti di contenuti che superino le oggettivazioni della coscienza e l’adeguazione del pensiero al pensato. Conseguentemente il filosofo pone in discussione la stessa concezione del pensiero, che non può essere ridotto a visione, intenzione, volontà. In questa prospettiva, assumono valore e rilevanza i momenti in cui lo stesso pensiero moderno evidenzia i propri limiti: la pensabilità dell’incontro con l’altro in quanto tale, non oggettivato, l’idea di infinito, l’apertura innegabile del pensiero a ciò che lo trascende. Momento centrale di questa riflessione è la rivendicazione della decisività di una analisi fenomenologica e di una autentica ermeneutica priva di pregiudizi dell’incontro dell’uomo con l’altro da sé, salvaguardato nella sua differenza. La riflessione si mantiene rigorosamente filosofica: il problema è l’intelligibilità di questa trascendenza, differenza dal Medesimo, a partire dalle esperienze in cui essa viene sperimentata e non ridotta a mero oggetto della coscienza conoscente. Tra questi luoghi, primario è quello dell’etica in cui si dà concretezza alla relazione tra Me e l’Altro, mantenuto nell’originaria irriducibilità al soggetto dell’essere altro, e quello dell’incontro con l’Infinito, la trascendenza, cui si rinuncia di attribuire significati e valenze puramente immanenti nel rispetto della assolutezza.
Oggetto fondamentale della Conversazione è quindi proprio la possibilità del darsi all’idea del trascendente, senza ricondurlo a categorie immanenti, come quelle di oggetto, presenza o essere. La razionalità, infatti, per Levinas è legata all’apertura di un senso che non può essere ridotto unicamente alla sfera del sapere, che implica di per sé l’oggettivazione dell’altro, come testimonia la filosofia moderna. Ci sono, al contrario, esperienze che aprono al sensato al di là del sapere dell’io, primo tra tutti il rapporto etico con l’altro, l’incontro con il volto dell’altro, per usare una formulazione tipica di Levinas. In questa prospettiva viene ripresa la tradizione ebraica all’interno della quale la concezione dell’intelligibilità appare liberata dalle rigidità della logica formale e si offre ad una apertura all’ineffabile attraverso un linguaggio che spesso indica senza la presunzione di possedere il proprio contenuto. Levinas sembra offrire all’intelligibilità mete irraggiungibili nella misura in cui la razionalità voglia condurre ad oggetto immanente a sé, ma possibili a partire da un’ermeneutica delle esperienze in cui viene sperimentata la trascendenza dell’altro.
Attraverso la lettura di queste pagine il lettore viene così a essere introdotto all’interno della filosofia della differenza di Levinas e viene invitato a confrontarsi con le questioni che l’autore ha posto al pensiero nelle sue opere principali, certamente ben più impegnative della presente: la critica al pensiero della totalità, tipico dell’ontologia classica e del sapere moderno che riducono l’altro ad oggetto immanente alla propria indagine, l’appello etico che proviene dal volto dell’altro che obbliga ad un decentramento verso l’altro da sé, l’apertura al differente all’interno di relazioni di responsabilità, il recupero dell’ebraismo e dell’ermeneutica all’interno di questa indagine delle tracce dell’infinito nelle esperienze umane; in definitiva, la sfida filosofica per una affermazione di ambiti di significatività differente rispetto alle categorie oggettivanti della razionalità legata alla logica formale.
Indice
Prefazione
Trascendenza e intelligibilità
Note del curatore
Postfazione di Franco Camera
Bibliografia
L'autore
Emmanuel Levinas (1905-1995) è una delle figure di maggiore rilevanza della filosofia del Novecento. Nasce in Lituania da famiglia ebraica, circostanza che lo porterà ad una esperienza di prigionia sotto il regime nazista. Studia in Germania dove entra in contatto con Husserl e Heidegger e in Francia dove insegna presso diverse Università prima di essere chiamato alla Sorbona; conosce Sartre, Derrida, Marcel e tanti altri protagonisti del pensiero novecentesco. Vastissima la sua produzione filosofica, di cui fondamentali sono i testi divenuti celebri Totalità ed infinito e Altrimenti che essere o al di là dell'essenza e Nomi propri. Particolare, per il tema dell'ebraismo, è Quattro lettere talmudiche.
13 commenti:
I contenuti che il recensore espone essendo gli stessi di opere di I. Levinas specificamente scritte, essendo citata conversazione per tale non ascrivibile nei contenuti stessi, evidentemente se ne deduce che l'evento non fu di pensiero nuovo ma di incontri nuovi, combinazioni umane religiose filosofiche culturali politiche.
La alterità dalla trascendenza sarebbe mezzo per incontrare, secondo stessa filosofia levinassiana, nel Medesimo, che può essere, è anche classicità, l'impensato o non pensato Altro. Per la cultura italiana però classicità può significare anche comprensione della originarietà ontologica eleatica oltre gli usi indiretti indirettamente conosciuti.
Non pensato altro, è per molto postmarxismo stesso monoteismo, medesimo eleatismo; non pensato altro può essere per la intuizione greca la impossibilità a rifiutare i retaggi culturali greci, dunque se da grecità altra proprio non pensata la grecità stessa, allora ciò accadendo per ignarità, ignoranza, perché proprio quei pensieri essendo greci e non pensati quindi non negati cioè comunque intuiti ma senza intellettualizzazioni.
Destini greci ed italiani, fatalità grecali italiane... Ma filosoficamente intellettualizzazioni sono per far filosofia necessarie ed allora non ha senso riferirsi a tradizioni classiche estranee, ha senso recuperare le proprie e non conviene, essendo esse disponibili, usare filosofia di fatto israeliana per reidentificarle. Questa ultima conviene per capire... gli altri ma in più vasto medesimo mondo cioè euroasiatico e senza scordarsi di cultura europea ovvero senza definizioni ulteriori di classicità non per tali descritte.
MAURO PASTORE
Dovendosi recuperare pensiero culturale autoctono, europeo, italiano, ritengo che risulta utile da parte mia, proprio in quanto non coinvolto in sue vicende essendo io italiano bizantino, fornire a mio modo contestualizzazione storica della attività filosofica di Levinas.
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MAURO PASTORE
MAURO PASTORE :...
Per gli accademici antichi quale "filosofia prima" era da porsi la metafisica ma tale filosofia prima quale metafisica fu realtà intellettuale medioevale, nella cultura della modernità atea rovesciata in 'metafisica quale filosofia prima'; e gli ambienti culturali che subirono, specialmente attraverso il post-illuminismo, la influenza determinante dell'ateismo ne ebbero per contraccambio concetto assoluto, per cui la dizione monumentale corrispondente a scrittura anche maiuscola “Filosofia Prima" divenne riferimento culturale necessario in quanto obbligato, per affermazioni o per negazioni, queste più razionali data assolutizzazione non autenticamente necessitata da riferimento culturale filosofico ad Assoluto. In politica e cultura tale negazione era il rifiuto dell'Assolutismo moderno, da Hobbes ad Hegel, di cui specialmente osteggiata la riduzione relativistica da Hegel stesso operata del proprio sistema filosofico; per politica culturale era antimodernità, ma nella cultura politica essa non poteva essere accolta e cotale speculare affermazione era accolta senza adesione perché politicamente subculturale. La influenza atea sulla cultura filosofica e politica non era compatibile con tutte le esigenze della cultura e della politica occidentali. Questa incompatibilità fu evidenziata dai pensatori cristiani, quali Novalis, Kierkegaard, Dostoevsky. ...
MAURO PASTORE
MAURO PASTORE :...
La vera Modernità non continuò il destino della "filosofia prima quale metafisica“ ma ne assunse il passato medioevale ed iniziò a definire una primarietà filosofica e s t e t i c a: così la dimostrazione geometrica di Spinoza che evidenziava la ovvietà anche tutta naturale del pensiero di Dio e dell'Assoluto nella Infinità massimamente concepibile; così nella critica di Kant ai ragionamenti assoluti sugli assoluti che fossero privi di finalità pratiche in unità coi fini del Destino ed in armonia con le finalità della Natura, difatti tale critica individuando ragionativamente la sublimità della esperienza naturale compiutamente tale ed identificando la sublimazione ottenuta dalle conoscenze della vita in entrambe le assolutezze nel sentimento indiretto e diretto della Totalità; così la filosofia romantica dell'Io e del Desiderio di Fichte, Schopenhauer, Stirner ("Stirner, Max", pseudonimo), rispettivamente secondo possibilità, impossibilità, potenzialità. Ad una prima filosofia estetica moderna compiuta pervenne la cultura universitaria tedesca, secondo vicende collettive delle quali fu maggior protagonista il Rettorato universitario che impartiva ad Hegel dovere di rientrare nei ranghi della neutralità ed oggettività di quanto lo fosse costui medesimo, da alternativa culturale particolare in contrasto con gli scopi di una cultura tedesca unitaria e dunque da pensiero estetico solo avveneristicamente oggettivo a presenziale oggettività di estetica del pensiero contemporaneo e collettivo quale storicamente evidente e ravvisato da Autorità universitarie ed accademiche tedesche. Queste erano le Lezioni di Estetica date da Hegel ed anche pubblicate con lui quale Autore di lezioni stesse ma non di contenuto di esse, questo essendo il prodotto di meditazioni filosofiche collettive di cui Hegel era solo non immediato conoscitore ed espositore, nel resto continuando impegno suo singolo in pensiero dialettico. Per i circoli culturali hegeliani nel frattempo filosofia prima era stata la dialettica, quale linguaggio mondano e cifra cosmologica, ma i destini della Germania divergevano da questo esito particolare che restò fatalmente senza realizzarsi nella cultura accademica europea, infatti poi che questa minacciata da dittatura marxista, di matrice post-hegeliana, ne era in gran parte invasa ma solo per rovesci dialogici e con inversioni materialistiche, restava infine comunque unico futuro possibile per le accademie europee la assenza della dialettica assoluta hegeliana quale riferimento e guida. La parentesi assolutistica ed atea segnò incertezze per le quali la filosofia reagì anche con le tradizioni intellettuali medioevali oppure tentando improbabili avventure per altre vie culturali, queste per destino antioccidentali e quindi provvisorie o relative od antifilosofiche. Da questa ultima evenienza il prospetto di una fine non provvisoria della filosofia nella storia occidentale, solo ultimamente ridotta a minimi e non necessari t e r m i n i. Nel frattempo la estetica filosofica non cessava di esistere anzi con le riflessioni filologiche di Nietzsche sul teatro tragico antico acquistava virtù critica e potere di attualità e politica. ...
MAURO PASTORE
MAURO PASTORE :...
Alle Lezioni fomulate da Hegel si aggiungeva l'Opera estetica, omonima ("Estetica") di B. Croce, che da immanentismo etico e per trascendentalismo politico situava l'impresa estetica-filosofica in àmbito socialmente impegnato e culturalmente rilevante. Durante la Guerra Fredda l'estetica crociana fu di fatto pensiero di regime liberale ed antitotalitario-anticomunista, per tramite delle Istituzioni accademiche britanniche, assieme al pragmatismo e poi anche al neopragmatismo delle università americane. Finita la Guerra Fredda, fu una istanza estetica antagonista promossa dai gramsciani, per programma di relativismo materialista e per fine socialista. In tale movimento culturale, che ebbe per sostenitore e realizzatore anche P. P. Pasolini con sue riflessioni disparate ed in particolare su architettura, politica, linguaggio, il comunismo di tipo sovietico era stato usato per minaccia reale quanto effettiva ma poi mutato ed inserito nei quadri istituzionali locali comunali, attraverso una fine delle attività filosofiche marxiste, quando erano universitariamente preponderanti. Da termine del pensiero unico, comunismo-comunitarismo, politica dei valori prima che delle idee, si pervenne a riflessioni estetiche di fondo, di àmbito filosofico, prima dalla critica dell'arte, che formulava aspetti e valori della transavanguardia in pittura ed arti figurative, in contrapposizione con distruttivismo culturale rivoluzionario e con riappropriazione di un destino civile occidentale; quindi da questa possibilità muoveva anche filosofia accademica ed universitaria ed i risultati di queste imprese furono la Estetica del Pensiero Debole e la Estetica Razionale, questa ultima post-decostruttivista poi travolta ma non del tutto dal positivismo intromesso a sèguito dei diverbi tra filosofi continentali ed analitici. Quale realtà intellettuale di fatto (tale in Opera di Derrida) poi anche teoria culturale-filosofica (per impegno acciò fondamentale di G. Vattimo), il Pensiero Debole dominò vasta parte della cultura filosofica e politica delle sinistre europee, in America arrestando propria diffusione per assenza di dialettiche contrarie. In tale Pensiero, secondo sua pregnanza non successive prestanze arbitrarie (anche di stesso Vattimo), la Estetica è strumento per raggiungere l'Assoluto quale idea prima che per concetto, perché evitandosi le vie veritative-intuitive e restando quelle intuitive-veritative. Estetica liberale ed Estetica Debole sono state di fatto e sono affermazioni di: filosofia prima quale estetica.
In questa storia di non sola filosofia è riconoscibile un dramma culturale, politico, civile, tra esigenze religiose non superstiziose cioè autentiche, ed intolleranze, irreligiose non areligiose ma pure e in principio maggiori areligiose non irreligiose. Dunque il passaggio fondamentale, dalla M e t a f i s i c a alla E s t e t i c a, segnato anche dalla definizione del pensare metafisico di Jaspers, cui conseguiva secondarietà filosofica di metafisica stessa e primarietà religiosa di essa, accadeva in vicenda non semplice e contrastata. ...
MAURO PASTORE
MAURO PASTORE :...
Odiernamente, cessato il dissidio tra filosofi analisti e continentali con la disputa risolta da questi ultimi, l'Occidente generalmente concretamente e filosoficamente trova nella estetica il metodo per l'Assoluto ed il Mistero e non in altro; e tale preponderanza non unicità culturale - filosofica testimonia senza arbitrarie incertezze un cambiamento complesso, costituito da un rifiuto morale non affermazione etica e da rifiuto etico non affermazione morale. Questa complessità corrisponde alle divisioni culturali e politiche che travagliarono le imprese storiche occidentali generando occasione della stessa Guerra Fredda Est - Ovest che in Occidente era eminentemente consumata tra poteri della America e della Siberia. La forte speculare contrapposizione, anche estetica-politica, di blocchi culturali-politici, fu a sua volta per il futuro politico globale un blocco, una terribile stasi cui la vita non solo occidentale voleva, q u i n d i... doveva: r e a g i r e. Non per porsi obiettivi ma per bisogno, restava la filosofia morale l'unico rimedio per cultura e per politica o viceversa per politica e per cultura. Secondo tali varie combinazioni la filosofia morale fu dunque disposta: primariamente o non primariamente. Per quel che restava della comunità ebraica in Europa e in colonie europee di Israele vivere nel pensiero necessario dell'Assoluto era lottare per altro destino da quello segnato dal passato degli ebrei. La filosofia, ugualmente a sempre, non consentiva più vita da ebrei, ma stavolta con certa definitività storica, che assegnava a solo ebraismo un futuro storico e non soltanto eventuale-evenienziale, lasciando fuori dalla storia l'umanità medesima ebraica. Immanuel Levinas era partecipe volontario di questa fine, non a caso accogliendo gli anatemi politici di Heidegger ed abbandonandone gli ontologismi culturali ed estetici. Questo itinerario mentale lo condusse da ebreo qual era a semplice appartenente ad ebraismo, infine a giudaismo e la sua personale liberazione era tra tante altre uguali, da parte sua con filosofia, morale innanzitutto ed in quanto pensiero autogiudicante e non pregiudicante, singolo e collettivo e non universale. ...
MAURO PASTORE
MAURO PASTORE :...
Nell'avvilimento dei valori del progresso gli ebrei restanti non trovavano alternativa atea anzi in questa ravvisavano nemico del futuro, perché la loro condizione era di una negatività dell'assolutezza della storia che consentiva solo la costruzione o ricostruzione di positività di stessa assolutezza ed entro tale opzione unica restavano le alternative etiche per loro. Diversità di politiche segnavano questi eventi e dilemmi morali. Tuttavia Levinas, abbandonando la compiuta Occidentalità agendo a favore di Stato di Israele non coloniale, non era preso da quei dilemmi perché altro non poteva che dissolvere tutte le relazioni culturali e politiche atee in non atee, neppure l'agnosticismo essendogli opzione perché dominato da relativismo, che nella sua vita gli era impossibile o sfavorevole. D'altronde itinerari spirituali europei ed ebraici agli ultimi ebrei non si davano oramai fuori da solo tradizionalismo o senza esotismi non etnici. Insomma semplice reazione, culturale, poi filosofica, che trovava nella metafisica medioevale un elenco corrispondente di fatto a descrizione di guai, nella estetica moderna un piacere troppo distante, troppo debole, senza senso. Tuttavia dovendo anche filosoficamente trarsi fuori dal passo a vuoto, era il passaggio, ma nel suo caso del tutto interrotto, metafisico-estetico, parte della sua impresa. La non continuità del destino unico poteva esser vinta dalle sentenze morali di saggezza, ma non senza le conoscenze aperte dalla filosofia, strumento di apertura di vie intellettuali. Eppure la saggezza della filosofia gli era dapprincipio indisponibile, perché era suo ambiente alieno da esse! Si trattava di porre ma con dovere la necessità del passaggio metafisico-estetico, ma in ciò fuoriuscendo da cultura di Occidente non era da giungere alla meta, ma lasciarla... senza divieto di lasciarla! ...
MAURO PASTORE
MAURO PASTORE :...
Metafisica quale Desiderio, era la tesi cui antitesi era la Etica in quanto Necessità per nessuna sintesi dato che la tesi era da evitare di assumersi dialetticamente. L'Assolutismo moderno era rifiutato in blocco col lascito di un interrogativo non eludibile, politicamente reso necessario dal periodo di autoritarismo israeliano da Levinas stesso ideologicamente improntato perché si forniva modo di estromettere, col beneficio del provvedere a richiesta, il beneficio di agire per diritto. Questa che potrebbe dirsi barbarie era in pratica però barbaricità, direttamente legata all'antisionismo tedesco che si adottava per costruire un altro sionismo in Israele. Questo nuovo sionismo poneva all'Occidente necessario distacco politico e culturale e faceva scaturire fine delle diatribe tradizionali su ateismo, agnosticismo, areligiosità, portandone fuori le premesse trasformate in non premesse. Il Pensiero Occidentale ne prese atto con una nuova diplomazia, filosofica, politica, culturale. La teologia di Levinas è ex-occidentale. Non serba interesse precipuo per la salvezza di Dio perché la inquadra in necessità primarie occidentali ma attua il disinteresse alla salvezza cristiana quale mezzo di inclusione di essa in realtà altrimenti aliena da essa, inoltre non accoglie la ricerca della conoscenza universale se questa accade entro il Mistero, perché constatando per proprio mondo forte necessità di conoscere l'universo previa sapienza del Mistero stesso, quale destino assoluto non necessità assoluta. Il disinteresse alla morale cristiana era anche la volontà di fornire a Stato di Israele una imminenza di possibile fine di Stato medesimo, non salvo a priori, secondo il principio cattolico, cristico, della Provvidenza 'esterna maggiore che interna'. Per questo quando Levinas stesso fece chiudere la fase autoritaristica dello Stato di Israele fornendo una conoscenza dei possibili diritti futuri ciò rappresentò occasione maggiore di cristianesimo in Stato di Israele stesso. ...
MAURO PASTORE
MAURO PASTORE :...
Parrebbe a questo punto perdere "il filo del racconto" considerare questo altro "resoconto" qui di sèguito ma invece pare solamente e così non è:
La Metafisica del Desiderio storicamente nacque per le opposizioni ideologiche e belliche contro i greci eleati e mosse da non greci che non volevano riconoscere la fine della natura della Enotria e si opponevano ad inizio del Paese Italiano. Essa era ciò che attualmente è cosi detta "psicologia dello specchio", che tempi addietro gli eleati davano ai nemici per fermarli con imposta autoconsapevolezza.
Si tramandò che Parmenide, che ad Elea fu ufficialmente tiranno, fermasse intere folle di violenti anche dando esse autoattenzione. I nemici invece ne avrebbero voluto usare per fermarsi dal considerare il mondo mutato restando in propria autoconsiderazione. Parte di questo mondo di sconfitti divenne, in età moderna, appartenente a comunità ebraiche. Fino a non tanti anni orsono nel Meridione di Italia se ne trovavano sorta di reduci, o pentiti, o polemici velleitariamente ma non senza reali, pessimi effetti antisociali antoeconomici antiecologici.
I. Levinas aveva conosciuto il filoellenismo germanico ma senza poter sapere delle origini culturali dei filoellenici tedeschi e conosceva il parmenidismo ma non l'autentico storicamente determinato eleatismo e non sapeva degli scopi delle antiche o vetuste militanze intellettuali greche ed eleate, avendo nozione solo dell'uso non greco postumo della ontologia derivata da quella greca ed antica. La sua decisione di agire per Israele testimoniò sua estraneità ad odi etnofobici antiellenici.
MAURO PASTORE
In mio ultimo messaggio 'antoeconomici' sta per: antieconomici. Reinvierò testo corretto.
MAURO PASTORE
MAURO PASTORE :...
Parrebbe a questo punto perdere "il filo del racconto" considerare questo altro "resoconto" qui di sèguito ma invece pare solamente e così non è:
La Metafisica del Desiderio storicamente nacque per le opposizioni ideologiche e belliche contro i greci eleati e mosse da non greci che non volevano riconoscere la fine della natura della Enotria e si opponevano ad inizio del Paese Italiano. Essa era ciò che attualmente è cosi detta "psicologia dello specchio", che tempi addietro gli eleati davano ai nemici per fermarli con imposta autoconsapevolezza.
Si tramandò che Parmenide, che ad Elea fu ufficialmente tiranno, fermasse intere folle di violenti anche dando esse autoattenzione. I nemici invece ne avrebbero voluto usare per fermarsi dal considerare il mondo mutato restando in propria autoconsiderazione. Parte di questo mondo di sconfitti divenne, in età moderna, appartenente a comunità ebraiche. Fino a non tanti anni orsono nel Meridione di Italia se ne trovavano sorta di reduci, o pentiti, o polemici velleitariamente ma non senza reali, pessimi effetti antisociali antieconomici antiecologici.
I. Levinas aveva conosciuto il filoellenismo germanico ma senza poter sapere delle origini culturali dei filoellenici tedeschi e conosceva il parmenidismo ma non l'autentico storicamente determinato eleatismo e non sapeva degli scopi delle antiche o vetuste militanze intellettuali greche ed eleate, avendo nozione solo dell'uso non greco postumo della ontologia derivata da quella greca ed antica. La sua decisione di agire per Israele testimoniò sua estraneità ad odi etnofobici antiellenici.
MAURO PASTORE
Sono spiacente per aver dovuto reinviare testo con correzione ma sono stato subissato di umani e criminosi messaggi subliminali da attorno dove sto che mi hanno costretto ad altre attenzioni più necessarie. D'altronde Internet non è una libreria ma sistema di acquisizione dati e allora basta il reinvio anche perché la violenza di interferenza ai miei danni è abnorme e sarebbe davvero poco saggio sprecarci troppe reazioni. Ho accluso questa notazione per eventuale sicurezza di lettori (e di lettrici).
MAURO PASTORE
Ho scritto Immanuel Levinas in base a mia pronuncia per la occasione anglofona. Dunque Immanuel sta per Emmanuel.
MAURO PASTORE
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