Recensione di Adriana Marigliano – 15/01/2010
Antropologia, Scienze cognitive
Il testo, animato da un eclettismo labirintico, tipicamente postmoderno, annoda, intorno all’antropologia filosofica novecentesca, diverse discipline, spaziando dalla sociologia alle scienze cognitive, dalla letteratura alla cinematografia. In esso traspare lo sforzo dell’autore di leggere in profondità i grandi mutamenti determinati dallo sviluppo tecnologico, in particolare dalla rivoluzione informatica.
Il discorso si sviluppa a partire dalla considerazione che l’intimo rapporto tra lo sviluppo della società della conoscenza e determinate dinamiche della formazione costituisce il motore propulsivo di cambiamenti formativi, produttivi e sociali, bisognosi di una nuova analisi, distinta dal quella specifica fordista. Infatti, sostiene Fadini, riprendendo le acute analisi di Sergio Bologna e di Christian Marazzi, in un tempo in cui la potenza tecnologica non è espressa dalla catena di montaggio ma dal computer, bisogna prendere atto che la forza-lavoro non è tanto disciplinata quanto stimolata dalla tecnologia così come, in uno spazio sociale che punta massicci investimenti sulla formazione e che poggia sull’economia della conoscenza, bisogna riconoscere che il corpo della forza-lavoro, in quanto sedimentazione viva di saperi codificati e di esperienze (il General intellect di cui parlava già Marx nei Grundrisse), contiene funzioni proprie del capitale fisso e dei mezzi di produzione.
Certo, le grandi trasformazioni portatrici di radicali sconvolgimenti nei modi di vita di milioni di persone necessitano di una chiave interpretativa attenta a non cadere in facili toni catastrofici o entusiastici. Questa volontà di equilibrio ermeneutico, resa possibile dal dialogo con autori molto diversi come, per citarne solo alcuni, Arendt, Haraway, Baudrillard, Virilio, Guattari, Deleuze, Foucault, Benjamin, Bauman, Latour, Simondon, Lévy, è sempre presente in tutto il saggio. Fadini non si esime dal mettere in evidenzia i processi di assoggettamento, visibili nell’ideologia perversa della formazione perenne e del controllo biopolitico, nella crisi dell’educazione, nella “socializzazione asociale”, proprie del mondo post-industriale, sprovvisto di una sintesi sociale in cui sia condiviso un orizzonte di senso comune, costruito e consolidatosi nel tempo. A questa inquietudine che permea, come dice Heidegger, la nostra epoca dell’insicura sicurezza, Fadini fa più volte riferimento, ricorrendo alle visioni oniriche della letteratura distopica o della filmografia fantascientifica, in cui si ripete un continuo richiamo alla fine dell’uomo. Lo studioso, però, cerca anche la possibilità di una valutazione positiva dei cambiamenti in atto, capace di cogliere i processi di soggettivazione innescati dalle sollecitazioni del post-fordismo, di individuare le nuove strategie contenute nella rete, che può attivare il “prosumerismo” (contrazione di produzione e consumo), rendere più trasparenti “le sfere opache del potere”(p. 182) e diffondere, sebbene sulla base di un “legame debole”(p. 182), pratiche di socializzazione creativa portatrici di una nuova “cultura partecipativa” (p. 187). Di qui si spiega il continuo rimando, in tutto il testo a Pierre Lévy, del quale Fadini, pur non condividendo i toni eccessivamente enfatici rivolti al cyberspazio, riconosce l’importante contributo teorico alla comprensione delle trasformazioni della società post-industriale, che poggiano essenzialmente sulla teoria degli spazi antropologici.
Nella prospettiva di Lévy, fortemente influenzata dagli studi del paleontologo Leroi-Gourhan, natura e artificio costituiscono due aspetti strettamente connessi nella vita dell’uomo, la cui humanitas richiama non solo la terra, ma anche i processi che la umanizzano e la trasformano nello spazio sedentario del territorio (mediante quello che Derrida chiama il processo di linearizzazione che prende avvio con l’istituzione dell’agricoltura, della città e della scrittura), nello spazio deterritorializzato dei flussi (mediante l’affermazione del rapido scambio di energie, materie prime e merci) e nello spazio “liquido” dell’intelligenza collettiva (mediante la formazione, comunicazione, informazione su cui poggiano le reti di produzione e transazione).
Secondo Fadini, il nuovo spazio antropologico, molteplice, virtuale ha finalmente consentito di pensare la tecnica nel soggetto: nel cyberspazio tutto pensa, per cui i dispositivi tecnici sono degli attori a pieno titolo quanti gli uomini, che hanno ingranaggio con la macchina (p. 26), costituendo con essa un unico corpo vivente. In questa relazione assolutamente simmetrica (Latour) tra uomo e tecnica cade ogni rivendicazione umanistica: non c’è nulla che si possa definire puramente umano; l’idea di purezza, anzi, è solo uno schema astratto che, sostiene l’autore riprendendo il pensiero di Deleuze-Guattari e le suggestioni teratologiche della cyborg-culture, separa quanto nella realtà si è dato, da sempre, come ibrido, combinato, composto, mescolato. L’splosione della tecnologia nell'poca post-industriale ha fatto emergere potentemente questa con-fusione, eliminando quei confini, tra umano e animale, fisico e non fisico, naturale ed artificiale, interno ed esterno, difesi dalla filosofia logocentrica e dalla sua fedeltà al mito delle origini e della purezza. Essa ha fatto tramontare il feticcio dell’oggettività legato alla pretesa di identità stabile e unitaria” (p. 54).
La vita dell’uomo si è finalmente palesata a partire dal corpo, vera e propria chiave d’accesso all’agire tecnologico. L’antropologia filosofica lo ha diversamente sostenuto, presupponendo un’originaria carenza organica o, al contrario, un’originaria “capacità – sempre organica – di altissimo livello” (p. 91). Fadini analizza queste due prospettive fondamentali dell’antropologia filosofica novecentesca (Gehlen, Plessner, Alsberg) alla quale accosta, in modo originale, le posizioni più recenti del filosofo francese Simondon, mostrando tutte le potenzialità ermeneutiche presenti in un approccio, come il suo, basato su una curvatura antropologica. Grazie a questa prospettiva, l’autore, in tutto il testo, ci indica nuovi segnavia di pensiero, alla cui base c’è la chiara consapevolezza che l’intelligenza produttiva dell’uomo, legata al corpo che è “di-segno di differenza” (p. 51) , si svela come capacità di trasformare la sua natura “altra” rispetto all’ambiente, in una continua proiezione fuori di sé, in un continuo processo di oltrepassamento di quella centralità che l’uomo stesso riconosce come propria posizione nel mondo. Ben si comprende, quindi, la scelta operata da Fadini, di intitolare “La vita eccentrica” questo testo, dedicato ai “soggetti e saperi nel mondo della rete”, la cui idea di fondo consiste nel rendere utilizzabile l’antropologia filosofica attraverso la sua applicazione al mondo artificiale del cyberspazio, al fine di cogliere nell’”ingegnosità sociotecnica” nuove “linee di soggettivazione“, capaci di fornire energia all’agire politico in senso tecno-democratico.
In tale direzione si spingono le analisi che occupano l’ultima parte del testo, ove si configura una nuova ecologia cognitiva capace di reinventare nuovi modi di abitare l’oikos, nuovi modi possibili di stare al mondo, grazie alla naturale artificialità dell’essere umano, cui è connesso un processo di continua ridefinizione dell’uomo.
Una nuova soggettività nello spazio comunicativo delineato dall’interconnessione globale è possibile, però, solo a partire dalla comprensione della dimensione temporale, alla quale Fadini dedica interessanti analisi. L’era della globalizzazione è caratterizzata da un’inaudita “contrazione” delle distanze spazio-temporali che hanno comportato una ridefinizione percettiva di ciò che è vicino, lontano, presente, passato e futuro, con una “forte ricaduta sulle forme del pensiero e del linguaggio, sulle modalità della comunicazione, sugli aspetti fondamentali di vita sociale e su tutto ciò che concorre alla riproduzione individuale” (p. 146). Si è affermata una nuova cognizione della temporalità, accompagnata dall’angosciante sensazione di una continua mancanza di tempo. Appiattendosi nella dimensione de-temporalizzata ed assoluta del “qui ed ora”, il tempo ha perso il suo carattere estatico. Si è passati, “dal presente come dimensione strategica dell’agire al presente come istantaneità de-temporalizzata” (p. 151). Che fare, quindi, di fronte alla disarmante de-temporalizzazione del tempo che accompagna “l’accelerazione sociale in modo da destrutturare irrimediabilmente i costrutti dell’esperienza che scaturiscono dai processi di soggettivazione” (p. 152)? Che fare in quello che Heidegger chiama il “tempo della povertà” e Virilio l’era dell’accelerazione cronofaga, dominato da una saturazione infomazionale che se da un lato consente all’uomo di vedere tutto, dall’altro rischia di farlo diventare cieco di fronte a diverse visioni del mondo? Fadini, propone di appellarsi alla responsabilità, intesa come “pratica di ri-temporalizzazione dell’agire” etico-politico (p. 153), capace di rispondere ad una ridefinizione del soggetto e di connetterlo nuovamente con gli altri e con il mondo a partire da una “alter senza ego” (Stiegler) , capace di fare i conti con quella dimensione irriducibile ed extrasoggettiva del “fuori” e capace di prendere coscienza di “uno spazio antropologico di scorrimento, di apertura, di multi-appartenenze”, in cui campeggia non un uni-verso, ma i mondi diversi della moltitudine: soggetti e corpi, liberi, che possano spinozianamente, accrescere la dynamis, il potenziale di “creazione affettiva e cognitiva” (p. 164) .
Prefazione di Pietro Barcellona
LA «SOCIALIZZAZIONE ASOCIALE». APPRENDIMENTO E PROCESSI PRODUTTIVI
Esperienza e specialismi
La pratica della connessione e la comunicazione difficile
TECNICA E CORPO SOCIALE
Fare-macchina
Il corpo come interfaccia
L’ibridazione soggettiva e il nuovo divenire umano
LO SPECIFICO CYBORG
Di-segni di differenza: mostri
Urbanografie ed esercizi di libertà (nell’«età della tecnica»)
ANTHROPOS E CAPITALISMO DIGITALE
La differenza di Marx. Un supplemento
ANTROPOLOGIA DELLA TECNICA
Retroterra tecno-filosofici
Attività tecnica, ragione sociale e libertà: Gilbert Simondon
Deleuze su Simondon
SPAZIO E SAPERE
SOGGETTIVAZIONI ECCENTRICHE
CONTRAZIONI SPAZIO-TEMPORALI: LETTURE DEL CONTEMPORANEO
Per un’etica della libertà
ETICA E CYBERSPAZIO
L'autore
Ubaldo Fadini insegna presso l’Università di Firenze. Fa parte dei comitati di redazione e dei comitati scientifici di alcune riviste, tra le quali «Fenomenologia e società», «Iride» e «Millepiani». È autore di numerosi saggi, tra i quali: Sviluppo tecnologico e identità personali. Linee di antropologia della tecnica (2000); Figure nel tempo. A partire da Deleuze/Bacon (2003); Soggetti a rischio. Fenomenologie del contemporaneo (2004); Le mappe del possibile. Per un’estetica della salute (2007). Ha inoltre tradotto e curato testi di Deleuze, Gehlen, Lessing e Virilio.
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