Recensione di Tiziana Torresi – 26/07/2010
Filosofia politica
In Cittadini del mondo. Verso una democrazia cosmopolitica Daniele Archibugi discute la necessità di estendere la pratica democratica alla comunità internazionale, offrendoci un’analisi critica della reale possibilità di successo di una riforma democratica cosmopolita. Questo libro rappresenta un contributo molto atteso da parte di uno dei maggiori ed originali sostenitori della teoria cosmopolita, ed è la culminazione di due decenni di riflessione su questi temi. Questo fatto è evidente nella ricchezza e profondità di pensiero delle argomentazioni che l’autore propone in questo suo testo che è un contributo sia ad un dibattito politico fondamentale che alla trattazione accademica della teoria democratica in senso più stretto.
Il libro si sviluppa in due parti. La prima è dedicata alla teoria democratica cosmopolita. La seconda affronta le questioni più pragmatiche e istituzionali poste da un progetto di riforma così ambizioso. È un pregio del libro questo affrontare il problema di quali passi siano necessari per arrivare alla realizzazione del progetto di democrazia cosmopolita. Archibugi non descrive semplicemente l’assetto finale che dovrebbero idealmente avere le istituzioni cosmopolite democratiche, che sarebbe già in se stesso un grosso risultato, ma insiste nello spiegare quale possibile strada potrebbero prendere le riforme necessarie a raggiungere il fine preposto. L’autore traccia quindi una possibile e plausibile traiettoria di riforma e riorganizzazione delle organizzazioni internazionali nella direzione di una maggiore democraticità e sottolinea anche quali cambiamenti sarebbero necessari alla politica estera delle attuali democrazie, parte integrante quest’ultima del progetto di democrazia cosmopolita proposto da Archibugi. Questo libro rappresenta quindi una risposta convincente ai tanti scettici e critici della democrazia cosmopolita, delineando un modello ideale ma non limitandosi alla definizione di una mera utopia.
Archibugi afferma che la democrazia è, all’alba di questo nuovo millennio, non solo il sistema politico vittorioso, ma l’unico che abbiamo a disposizione. La gente, in tutto il mondo, ha scelto la democrazia e combattuto per essa, dando vita ad un potente movimento transnazionale che ha raggiunto sorprendenti risultati di cambiamento, spesso con mezzi relativamente poco cruenti. Questa è forse la maggiore indicazione che la democrazia sia realmente un sistema di valori universali. Questa interpretazione è forse un po’ ottimista, ma questo libro non è certo un’ingenua celebrazione delle effettive virtù delle democrazie esistenti, anche se l’autore riconosce i vantaggi materiali che il vivere in una democrazia comporta.
Al contrario, è proprio la dualità di comportamento politico delle democrazie a diventare il bersaglio della critica dell’autore: le democrazie applicano due standard diversi nel loro comportamento, rispettando principi democratici all’interno dei loro confini ma rifiutandosi di fare altrettanto, e quindi di condividere il potere decisionale, nell’arena internazionale. La politica mondiale quindi è dominata da un’oligarchia di stati. È questa schizofrenia che la democrazia cosmopolita si propone di curare estendendo i principi e le pratiche democratiche di là dai confini degli stati.
L’istituzione di un sistema democratico cosmopolita è, d’altra parte, anche necessario all’effettivo controllo democratico da parte delle comunità politiche. La crescente globalizzazione di economie, culture, e processi politici e sociali ha eroso le capacità decisionali democratiche delle comunità politiche le cui azioni sempre più sono influenzate, ed influenzano, quello che succede al di fuori dei loro confini. I processi decisionali democratici devono quindi essere aperti ed allargati a tutti coloro che subiscono gli effetti delle decisioni prese.
Archibugi suggerisce un progetto di partecipazione diretta delle persone alla democrazia a livello internazionale attraverso la creazione di istituzioni cosmopolite che vadano ad affiancare le tradizionali istituzioni statali e internazionali, nel senso di inter-statali. Lo scopo non è quindi, la creazione di istituzioni federali fortemente centralizzate a livello globale, una specie di stato e governo mondiale, ma piuttosto la creazione di livelli multipli di governo democratico. Le istituzioni cosmopolite supplementerebbero quindi, ma avendo anche una funzione contenitiva, le istituzioni statali nel governare su questioni che abbiano rilevanza globale.
Questo scopo si può raggiungere riformando e rafforzando il ruolo delle istituzioni internazionali già esistenti ma anche con la creazione di nuove istituzioni. Il candidato principale per le riforme è l’ONU per la quale Archibugi propone che, prima di tutto, svolga effettivamente le mansioni che già ora gli spettano e poi che si muova nella direzione di procedure, e di un ethos, più democratici.
Tra le nuove istituzioni suggerite da Archibugi la più interessante è quella di un parlamento mondiale. Questo organo avrebbe, almeno inizialmente, un ruolo di consiglio e di suggerimento di politiche, ma con la prospettiva di un ampliamento dei suoi poteri. Il parlamento mondiale sarebbe il foro ideale per l’espressione della voce dei cittadini del mondo. Un foro dove fosse possibile rappresentare anche soggetti politici diversi dagli stati, per esempio, movimenti sociali, migranti, minoranze i cui interessi e richieste spesso non coincidono con quelli espressi dagli stati.
Archibugi propone anche profondi cambiamenti nella politica estera delle democrazie per allinearla con i principi democratici che esse applicano all’interno dei loro confini, e suggerisce come le istituzioni cosmopolite potrebbero contribuire efficacemente alla soluzione di problemi internazionali spinosi come interventi umanitari e rivendicazioni di auto-determinazione nazionale fornendo una fonte indipendente di giudizio. Discute inoltre lo scottante problema della promozione della democrazia nei paesi che ancora non la hanno adottata sostenendo con forza l’idea che la democrazia non possa essere “esportata” con la forza delle armi.
Non si può sottovalutare la portata dei cambiamenti che Archibugi suggerisce per le istituzioni internazionali esistenti e per la politica estera degli stati, se implementate, la politica globale ne sarebbe cambiata radicalmente.
Però voglio concentrarmi qui sull’idea che ho trovato più suggestiva nella trattazione di Archibugi, la rappresentazione diretta degli individui a livello globale, ed in maniera forse un po’ ingiusta mi concentrerò in particolare su quello che Archibugi non dice nel suo libro ed in particolare su quelli che si potrebbero definire problemi di accesso.
La politica democratica presume l’esistenza di una sfera pubblica di dibattito. Mi sembra che questo punto richieda risposte particolarmente convincenti a livello globale, visto che molti teorici politici hanno ipotizzato l’impossibilità dell’esistenza di una sfera di dibattito pubblico efficace e, soprattutto, inclusiva a livello globale.
Archibugi affronta il problema del multilinguismo nella comunità politica globale, e suggerisce delle soluzioni plausibili a quel livello. Però mi sembra che ci siano altri problemi collegati a questo, tra i quali, il pluralismo di valori, che si estende fino a negare la validità stessa del sistema democratico; ed un problema che potremmo definire epistemico, che include problemi di pubblicità, trasparenza e di informazione efficace. E questo soprattutto per tutti quei cittadini del mondo che si trovano in una posizione svantaggiata, molti dei quali potrebbero non essere neanche consapevoli della natura globale delle decisioni politiche che li riguardano. E ciò conduce direttamente al prossimo punto.
È un peccato che il dibattito sulla democrazia cosmopolita e quello sulla giustizia socio-economica globale spesso procedano su binari paralleli, come in questo caso. Tale aspetto mi sembra problematico per tre motivi. Il primo, è teorico, e si riferisce alla compatibilità teorica di alcune teorie di giustizia globale con quella di teoria cosmopolita, per cui un maggiore dialogo tra questi due campi di ricerca potrebbe risultare proficuo per entrambi.
La seconda, e più importante, ragione è che ignorare la preoccupazione principale dei teorici che si occupano di giustizia socio-economica globale, cioè la povertà globale, è un serio limite della proposta di democrazia cosmopolita qui discussa.
Se infatti la proposta di democrazia globale di Archibugi ha come scopo il dare voce a tutti i “cittadini del mondo”, non affrontare direttamente l’enorme ostacolo alla partecipazione democratica rappresentato dalla situazione di povertà e privazioni di un così grande numero di essi è un grosso punto cieco della teoria proposta.
Una condizione di povertà estrema impedirebbe effettivamente a coloro che ne soffrono di partecipare nella politica globale, anche se esistessero istituzioni democratiche cosmopolite formalmente inclusive. Mi sembra quindi che una proposta di democrazia cosmopolita debba affrontare in parte anche la questione delle basi socio-economiche dei diritti politici affrontando il problema della giustizia socio-economica globale.
La relazione funziona anche al contrario, nel senso che – e questa è la mia terza ragione - la creazione di istituzioni cosmopolite democratiche potrebbe rappresentare uno strumento importante nel raggiungimento di riforme che possano alleviare la povertà globale.
Se queste questioni non sono affrontate seriamente la rappresentazione individuale in un possibile parlamento mondiale non sarà genuinamente di tutti i cittadini del mondo, ma solo di quelli fortunati abbastanza da trovarsi in condizioni tali da poter partecipare, e questo sembrerebbe privare questa proposta di riforma democratica di una parte rilevante del suo potere progressista.
Indice
PRIMA PARTE: La teoria della democrazia cosmopolitica
1. La concezione della democrazia
2. Democrazia e sistema globale
3. L'architettura della democrazia cosmopolitica
4. Il dibattito critico sulla democrazia cosmopolitica
SECONDA PARTE: La prassi della democrazia cosmopolitica
5. La centralità delle Nazioni Unite
6. Cosmopolitismo e intervento umanitario
7. Si può esportare la democrazia?
8. Una prospettiva cosmopolitica sull'autodeterminazione dei popoli
9. E' possibile una democrazia multilinguistica?
CONCLUSIONI: La prospettiva di una democrazia cosmopolitica
L'autore
Daniele Archibugi è Dirigente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Roma, affiliato all'Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali (IRPPS) ed è Professore di Innovation, Governance and Public Policy all' Università di Londra, Birkbeck College, Department of Management. Si occupa di economia e politica del cambiamento tecnologico e di teoria politica delle relazioni internazionali. Si è laureato in Economia presso l’Università di Roma "La Sapienza" e ha conseguito il Dottorato di Ricerca presso lo SPRU, Università del Sussex. Ha lavorato e insegnato presso le Università del Sussex, Cambridge, Napoli e Roma. Nell'anno accademico 2003-2004 è stato Leverhulme Visiting Professor alla London School of Economics and Political Science, affiliato al Department of Government e al Centre for the Study of Global Governance, e nell'anno accademico 2004-2005 Lauro de Bosis Visiting Professor alla Harvard University, affiliato al Department of Government e al Minda de Gunzeberg Center for European Studies. Nel giugno 2006 è stato nominato Professore Onorario dell'Università del Sussex. È consulente dell’Unione Europa, dell’OCSE, di varie agenzie delle Nazioni Unite e di governi nazionali. Ha diretto numerosi progetti di ricerca per la Commissione Europea e per altre organizzazioni internazionali. E' attualmente il PResidente del Gruppo di Esperti della Commissione Europea sul tema "A Wide Opening of the European Research Area to the World". Ha scritto diversi libri e più di 150 articoli in riviste accademiche. Tra i suoi libri più recenti, è co-curatore di The Globalising Learning Economy (Oxford University Press, 2001), e curatore di Debating Cosmopolitics (Verso, 2003). Il suo ultimo libro, The Global Commonwealth of Citizens. Toward Cosmopolitan Democracy, è stato pubblicato dalla Princeton University Press nell'ottobre 2008 e con il titolo Cittadini del mondo. Verso una democrazia cosmopolitca da Il Saggiatore nel gennaio 2009.
Link
Il sito dell’autore
http://www.danielearchibugi.org/indexi.htm
5 commenti:
La traduzione del titolo da inglese in italiano nella edizione del libro cui recensione si riferisce è faziosa.
Ne propongo una diversa che non omette alcunché di necessario e non aggiunge alcunché di arbitrario:
"Valori comuni di una Cittadinanza Globale e tramite della Democrazia cosmopolitica."
MAURO PASTORE
Il recensore lasciandosi trasportare suo intelletto in pensiero non obiettivo (quandanche fosse stato stesso Autore a spostare significati originari con la traduzione della edizione recensita, ne resta non obiettività) ne valuta le risultanze che non sono oggettivo risultato ma arbitraria mutazione ed in verità con nefaste coincidenze oltre che per abituali rinomate azioni di: rifiuto intellettuale, parzializzazione-trasformazione, riformulazione non solo diversa ma anche in parte inversa, degli assunti tali quali esposti in testo originale non tradotto. È vero che tale infedeltà era od è ancora adesso di stessi autori italiani di testi inglesi di economia politica, evidentemente per tradimento ed odio; ma appare inverosimile in tal caso che l'odio possa esser stato maggiore della necessità filosofica.
In pratica il recensore si riferisce a non effettivamente né possibilmente esistente àmbito di azione cosmopolita, perché riformula il prospetto originario della pubblicazione senza rispettarne i limiti delle definizioni e i confini della applicazione intellettuale, i quali, limiti e confini, configurano raggio di azione individuabile non in stessa primaria realtà cosmopolita bensì in secondaria realtà cosmopolitica, che si offre in base a ragioni e motivazioni in non identità con realtà internazionale e condivise a realtà globale non viceversa da questa assumibili...
Difatti la realtà cosmopolita è multipla-unica non una-molteplice, essendo tal ultima inerente con internazionalismo ma codesto costituendo polo politico distinto, radicalmente altro dal cosmopolitismo; in particolare l'esser cosmopolita è il non esser internazionale, solo attraverso mediazione tra entità cosmopolitica ed entità internazionale potendosi costruire una comunanza di cosmopolitismo ed internazionalismo, datoché la esistenza cosmopolita è direttamente attuata secondo appartenenze a vita e natura locali di progetti di vita universalmente concepibili, mentre l'esistere internazionale ne è tutto il rovescio, cioè si fonda sulla non appartenenza del vivere stesso a nature localmente riferibili.
Concretamente si nota che l'esser cosmopolita è etnicamente differenziato entro identità antropologica, che dunque non inerisce direttamente cittadinanza neppure mondiale ma si estrinseca in rapporto umano a natura particolare; in tal senso tal essere, ugualmente a terminologia che ne indica in filosofia ed in politica, è intuizione ed attuazione greca dell'esistere, indeterminatamente però con determinazioni che recan senso oltre i luoghi greci; per cui in Ellade non avrebbe senso esser cosmopoliti e neppure negli altri luoghi greci (Cipro, Macedonia, Italia ed in specie meridionale ma non solo, Montenegro...).
Invece l'internazionalismo ha necessità eventualmente assoluta o certamente forte soltanto nell'esistere e nel vivere non naturalmente né primariamente a nature e natura vòlti, tanto che di fatto esso non è contraddistinto da semplice grecità ma da politica culturale affine alla giudaica o giudaica. Storicamente tali elementarità separate costruirono arbitraria provvisoria ed aggiunta comunanza nel giudaismo dell'Egitto ellenista, odiernamente esiste un culturalismo ellenista-orientaleggiante (in certi accadimenti limitati nuovamente giudaico-ellenista), per esempio nella universalità della comunicazione o comunicatività musicali (le reinterpretazioni soggettive, esplicative, del melodramma da originale-originario in originale-non-originario): si tratta di casi-limite indubbiamente preziosi per politica globale ed esistenza multinazionale ma afferenti realtà multinazionale non cosmopolita.
MAURO PASTORE
In forza degli spostamenti semantici e dei sensi arbitrari cui di fatto soggiace, il recensore pone in atto pensiero ex marxista, peraltro scartandone esito post marxista, ovvero include il giudizio non consapevolmente utopico di indefinita realizzabilità di progetti umanitari contro la povertà escludendo questa ultima da non socioeconomiche previe autorealizzazioni politiche perché basandosi considerazione marxista su limitazione della forza politica alle forze economiche politiche socialmente attuabili, tale esclusione culturalmente iniziata in Secolo Decimo Nono per via di assolutizzazione hegelista,l poi ex hegelista di matrice subculturale euroasiatica-non-europea, ma non culturalmente iniziata già in Secolo precedente ed in luoghi imprecisabili. Dunque intellettualizzando ma non parimenti intuendo di diretta realtà cosmopolita come fosse soltanto indiretta realtà cosmopolitica il recensore non si avvede delle scaturigini cosmopolitiche di realtà non socioeconomica ignorandone ed escludendone stesse realizzazioni poiché accludendone non includendone gli eventi dei relativi poteri non solamente socioeconomici, appunto in recensione solo in parzialità socioeconomica riconosciuti quindi anche disconosciuti in tal parzialità medesima perché senza darne totale riconoscimento. Dal disconoscimento di livello globale e socioeconomico attuato in recensione consegue delegittimazione di istanze politiche di povertà, non accolte dato che dalla condizione della povertà il pensiero marxista non accettava attività politica autonoma rifiutandone decisioni non economiche e dato che il pensiero post marxista da condizioni della povertà ha accolto ed accoglie solo istanze di passività politica. Tali ristrettezze marxiste poi ex marxiste, entro realtà globale sono, oltre che umanamente e politicamente inaccettabili, immancabilmente invadenti e sicuramente inaccoglibili ed inaccettabili.
(Non saprei se il recensore ha agito in conoscenza delle ridotte-riducenti premesse da egli stesso applicate.)
MAURO PASTORE
In precedente messaggio la espressione:
'per via di assolutizzazione hegelista,l poi ex hegelista'
sta per:
per via di assolutizzazione hegelista, poi ex hegelista .
Reinvierò intero testo, corretto.
MAURO PASTORE
In forza degli spostamenti semantici e dei sensi arbitrari cui di fatto soggiace, il recensore pone in atto pensiero ex marxista, peraltro scartandone esito post marxista, ovvero include il giudizio non consapevolmente utopico di indefinita realizzabilità di progetti umanitari contro la povertà escludendo questa ultima da non socioeconomiche previe autorealizzazioni politiche perché basandosi considerazione marxista su limitazione della forza politica alle forze economiche politiche socialmente attuabili, tale esclusione culturalmente iniziata in Secolo Decimo Nono per via di assolutizzazione hegelista, poi ex hegelista di matrice subculturale euroasiatica-non-europea, ma non culturalmente iniziata già in Secolo precedente ed in luoghi imprecisabili. Dunque intellettualizzando ma non parimenti intuendo di diretta realtà cosmopolita come fosse soltanto indiretta realtà cosmopolitica il recensore non si avvede delle scaturigini cosmopolitiche di realtà non socioeconomica ignorandone ed escludendone stesse realizzazioni poiché accludendone non includendone gli eventi dei relativi poteri non solamente socioeconomici, appunto in recensione solo in parzialità socioeconomica riconosciuti quindi anche disconosciuti in tal parzialità medesima perché senza darne totale riconoscimento. Dal disconoscimento di livello globale e socioeconomico attuato in recensione consegue delegittimazione di istanze politiche di povertà, non accolte dato che dalla condizione della povertà il pensiero marxista non accettava attività politica autonoma rifiutandone decisioni non economiche e dato che il pensiero post marxista da condizioni della povertà ha accolto ed accoglie solo istanze di passività politica. Tali ristrettezze marxiste poi ex marxiste, entro realtà globale sono, oltre che umanamente e politicamente inaccettabili, immancabilmente invadenti e sicuramente inaccoglibili ed inaccettabili.
(Non saprei se il recensore ha agito in conoscenza delle ridotte-riducenti premesse da egli stesso applicate.)
MAURO PASTORE
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