Recensione di Silverio Zanobetti - 26/07/2010
Storia della filosofia (contemporanea)
Nietzsche è stato la scatola degli attrezzi di Foucault e Deleuze; questi ultimi sono la scatola degli attrezzi per i nostri due autori che, valutando come fondamentale l'apporto del poststrutturalismo, cercano di leggere il presente in veloce trasformazione.
Il testo è intessuto di numerose note bibliografiche in cui vengono prospettate interpretazioni discordanti o necessarie contestualizzazioni.
Nel primo capitolo della prima parte, attraverso una breve rivisitazione di quelle che sono le tappe del pensiero di Foucault, vengono rilevati alcuni punti critici a causa dei quali il suo discorso rischia di cadere su se stesso, salvo poi ritrovare nuova linfa alla fine degli anni '70.
Viene innanzitutto descritto il passaggio dal momento semistrutturalista in cui è presente un certo positivismo ad un'analitica interpretativa in cui sono le formazioni discorsive che creano l'oggetto.
Viene poi descritto l'avvicinamento di Foucault a Nietzsche attraverso l'articolo “Nietzsche, la genealogia, la storia”: qui si delineano i concetti di biopotere, biodiritto, biopolitica, potere pastorale, ortopedia sociale. In Le parole e le cose risulta ancora più evidente la vicinanza di Foucault a Nietzsche, soprattutto nella critica a Marx ("sono i rapporti di potere che si servono dell'economico per assoggettare i soggetti e non viceversa", p. 29; "non è tanto l'economico che fonda la morale ma è la morale che produce l'istanza economica", p.30). Foucault cerca di mostrare la continuità tra il paradigma utilitaristico-illuminista e il paradigma confessionale, tra il potere disciplinare e il calvinismo-puritanesimo.
Uno dei punti critici del suo pensiero consiste nel fatto che, date le sue premesse, Foucault non può scegliere fra la visione rousseauiana-marxista e la visione positivistico-nazista: da una parte ritiene ingenua la possibilità stessa della rivoluzione (non c'è alcuno spontaneismo all'interno della popolazione e non tutti i criminali e i pericolosi sono utili per la rivoluzione) e dall'altra rifiuta la medicalizzazione e il pensiero che esistano delinquenti nati. In altre parole: o Foucault abbandona la visione rousseauiana-marxista dando il via libera alla volontà di potenza, affermando, nietzschianamente, che i criminali resistono al potere, oppure crede ad uno Stato veramente democratico in cui il potere punisce non mascherandosi da sapere. Connesso a questo punto critico ne nasce un altro che risulta centrale in questa parte del libro. Foucault non crede a una morale naturale o ad una natura morale. Ma, allora, se non esistessero istinti o piaceri del corpo, il potere normalizzatore non incontrerebbe resistenze. Ecco che viene qui in aiuto la nozione di soggettività intesa come cura di sé. Il ritorno alla Grecia dell'ultimo Foucault deriva dall'aver intuito che il potere pastorale, che sta alla base della modernità e del biopotere, trova le proprie radici nel pensiero ellenistico-romano. Ecco che Foucault trova nel cinico e nello stoico nuove possibilità di resistenza al potere. Berni ripercorre il passaggio descritto da Foucault dal momento greco-romano (autofinalizzazione del rapporto con sé, etica coincidente con l'estetica, estetica dell'esistenza, ontologia critica di noi stessi) a quello cristiano (il soggetto si giudica in base a norme, vuole conoscere se stesso, vuole la verità sul sesso).
Il secondo capitolo affronta più da vicino il rapporto Foucault-Nietzsche e analizza criticamente alcuni punti come la dialettica nei due autori e la presenza di un certo positivismo-hegelismo nelle diverse tappe del pensiero di Foucault. Centrale rimane il punto critico già visto nel primo capitolo: Foucault, a differenza di Nietzsche, evita volontariamente di riconoscere le istanze vitali del corpo, le forze pulsionali e istintuali, limitandosi a sospettare del potere descrivendo come esso operi, senza dire cosa dobbiamo fare per resistere ad esso.
Dopo aver spiegato in che senso per Berni (e per Deleuze) Nietzsche sia antidialettico, viene rilevato un evidente positivismo di Foucault nel momento in cui il filosofo tenta di far "parlare la storia" (p. 62). Il suo essere dialettico-hegeliano nel periodo della Storia della follia è innegabile e confermato dallo stesso Foucault: non c'è niente di sovrastorico, tutto è dentro la logica del potere. Anche se la storia di Foucault è la storia dei vinti, storia non più alla ricerca della verità ma dell'esteriorità dell'accidente, non c'è storia che non sia della razionalità. Nelle pagine successive Berni si chiede se tale riflessione possa valere anche per il Foucault genealogista.
Nel terzo capitolo Berni prova a "dedurre che le tesi di Callicle stanno a quelle di Trasimaco come quelle di Nietzsche stanno alle tesi di Foucault" (p. 79). Berni conclude sostenendo che la posizione di Foucault (la natura è solo un guscio vuoto) è condivisibile nel momento in cui si intende quest'ultima come natura razionalistica di tipo giusnaturalistico ma non è più utile se ci accorgiamo della necessità di tener conto della natura umana intesa come "naturalità corporea e fisica connessa a pulsioni presenti biologicamente nell'uomo" che si presentano come "quanti di energia piuttosto plastici ed eterodiretti" (p. 92)
La seconda parte, elaborata da Fadini, si innesta perfettamente nel discorso di Berni rilevando come lo stesso Deleuze si sia preoccupato di sottolineare l'importanza delle linee di soggettivazione (deleuzianamente nelle linee di soggettivazione la forza invece di entrare in rapporto con un'altra forza ritorna su sé) in Foucault nel momento in cui quest'ultimo si accorse che esse sfuggivano alle pretese di sovradeterminazione dei poteri e dei saperi. Se Berni notava giustamente la ritrosia di Foucault a dispensare consigli su cosa fare per resistere (limitandosi a descrivere come si comporta il potere), la lettura deleuziana risponde certamente anche a questa istanza. Infatti i dispositivi di potere in Deleuze (il dispositivo consiste in una serie di pratiche sia discorsive che non-discorsive: esso può comprendere, ad esempio, discorsi, istituzioni, sistemazioni architettoniche, leggi, misure amministrative, enunciati scientifici e proposizioni filosofiche) sono solo delle "affermazioni del desiderio stesso". Grazie alla lettura deleuziana il pensiero di Foucault riesce a liberarsi da un certo storicismo attraverso le linee di fuga, intese come "le punte di deterritorializzazione nei concatenamenti di desiderio" (p. 115). Fadini analizza le loro differenti prospettive: dalla questione del desiderio-piacere al primato dei concatenamenti di desiderio rispetto ai dispositivi di potere, dalla società che si fa strategia in Foucault (in cui quindi acquista senso la nozione di resistenza) alla società del controllo in Deleuze.
I successivi capitoli risultano apparentemente più frammentari.
In realtà il saggio sul cyborg cerca di interpretare i cambiamenti della società postfordista a tecnologia avanzata attraverso una rivisitazione dei concetti di biopotere e biopolitica, che così com'erano stati elaborati da Foucault, non risultano più molto utili.
Partendo dal testo Il Cyborg, Fadini rileva "un'invasione immateriale dei corpi a opera del linguaggio" (p. 123) che si scontra con lo scatenamento della pluralità dei corpi foucaultiano perché la vita non è più un dato e il corpo foucaultiano non c'è più, il corpo del cyborg è solo un'"amalgama di biologia e tecnologia". Cedono i confini fra umano e animale, fra macchina e organismo (il professore parla di "naturale artificialità dell'essere umano" p. 127) e fra fisico e non fisico. Questi cedimenti ad opera delle tecnologie avanzate vanno letti politicamente in modo da far sì che meccanismi come il networking diventino motore di una mutazione antropologica, sociale e collettiva. Nel Manifesto cyborg della Haraway viene sottolineata la velocità della vita sociale che crea un tempo detemporalizzato (la "società del rischio" odierna è caratterizzata anche dall'"elevazione della simultaneità a parametro temporale essenziale", pp. 132-133) e una quasi impossibilità di un'agire progettuale. Auspicando una ritemporalizzazione dell'agire in vista di una maggiore responsabilizzazione rispetto alle conseguenze delle proprie azioni, la cura di sé e la parresia socratica risultano concetti fondamentali per ipotizzare una trasfigurazione del soggetto come conseguenza delle esperienze del medesimo. Abbandonare un'etica prescrittiva per un’etica in cui il sapere, al centro delle nostre società (temi che sono al centro anche dei lavori precedenti di Fadini) della conoscenza, possa essere l'oggetto di "un reinvestimento da parte del soggetto su se stesso" (p. 135).
Fadini, riprendendo brevemente l'analisi di Berni su Foucault, sottolinea come la biopolitca moderna oggi diventi "molecolare e intrusiva" (p. 137) e che quindi, perdendo il corpo la sua unità, le analisi di Foucault necessitino del contributo di Deleuze nel configurare il ‘fuori’ come un'opportunità per tracciare "una zona di soggettivazione non facilmente controllabile".
Nei capitoli successivi ci si concentra su vari testi di studiosi contemporanei e su vari autori (l'incapacità del linguaggio nozionale nell'esprimere l'estasi della pura perdita di Bataille, il pensiero corporante di Klossowski, lo Spinoza deleuziano) attualizzando queste letture nel contesto della società globalizzata (constatando le conseguenze di una morale prescrittiva, una diffusa cancellazione della contingenza della storia, la disattenzione verso l'importanza democratica delle "forme del linguaggio" e dell'"apprendimento in generale" rilevata anche nei testi di P. Levy, la supremazia tradizionale della coscienza sul corpo).
In conclusione, il merito del volume è da una parte quello di indagare il contesto intellettuale che ha determinato l'interesse di Foucault per le "tecniche del sè" (p. 49), dall'altra quello di attualizzare la ricerca foucaultiana in modo da giocare la carta di un'etica del soggetto non prescrittiva contro le dinamiche del capitalismo postfordista. La continua problematizzazione delle questioni contribuisce, insieme alla indicazione di molteplici vie di ricerca, a fare di questo libro un utile e inattuale strumento di lettura del presente.
Indice
Introduzione
CAPITOLO PRIMO - FOUCAULT
Al di là dello strutturalismo e dell'ermeneutica
Il diritto e la forza
Biodiritto
Economia, diritto e potere
Potere disciplinare e modernità
L'azione politica del sé
CAPITOLO SECONDO - NIETZSCHE E FOUCAULT
Il Problema della dialettica
Nietzsche e Foucault teorici della politica?
I "sofisti" Nietzsche e Foucault
Biopolitica e natura umana in Nietzsche e Foucault
CAPITOLO TERZO - A PARTIRE DA DELEUZE E FOUCAULT
Deleuze attraverso Foucault
Relazioni incerte. Tra Deleuze e Foucault
Soggetto cyborg. Differenze
Pretesti foucaultiani
L'affetto del fuori. Annotazioni a partire dal "Roussel" di Foucault
Esperienze del pathos
Il "pensiero corporante”. Complicità, amicizie e impertinenze in filosofia
L'autore
Stefano Berni svolge attività di ricerca presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Siena. Tra le sue ultime pubblicazioni: Nietzsche e Foucault. Corporeità e potere in una critica radicale della modernità, Milano 2005; Epigoni di Nietzsche. Sei modelli del Novecento, Firenze 2009.
Ubaldo Fadini insegna all'Università di Firenze, occupandosi prevalentemente di antropologia filosofica e di estetica. Tra le sue ultime pubblicazioni segnaliamo: Figure del tempo. A partire da Deleuze/Bacon (ed. Ombre corte, 2003); Soggetti a rischio. Fenomenologie del contemporaneo (ed. Città aperta, 2004); Le mappe del possibile. Per un'estetica della salute (ed. Clinamen, 2007); La vita eccentrica. Soggetti e saperi nel mondo della rete ed. (Dedalo, 2009).
Link
http://www.scform.unifi.it/mdswitch.html (sito della Facoltà di Scienze della Formazione di Firenze: la pagina personale di Fadini si trova nella sezione Docenti).
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