Recensione di Daniela Di Dato – 10/01/2011
Sociologia
Il sentire controverso rappresenta uno studio di “scienze della cultura” (p. 17) perché l’origine delle emozioni, passioni e sentimenti è fortemente determinata dal substrato culturale di ogni comunità: è per questo che non potrà mai esistere un sentire emozionale univoco ed universale.
Il testo si articola in tre momenti di riflessione: il primo è chiarire la differenza semantica e di contenuto tra emozione, sentimento e passione.
L’emozione è la reazione affettiva dell’individuo a stimoli esterni, che coinvolge sia il corpo sia la psiche. Essa ci racconta di un’intelligenza che è anche emozionale. Quando l’emozione è autentica, è pure incontrollata, involontaria: fa da ponte tra l’individuo e tutto ciò che è fuori dal suo sé. Non può esistere un’emozione solo pensata e vissuta nella corteccia celebrale. Pur essendo soggettiva e individuale, l’emozione si lega circolarmente al contesto socio-ambientale: essa modifica il nostro agire sociale ma è da quest’ultimo innescata. Per chiarire il concetto, si potrebbe paragonare il sistema emozione-uomo-società ad un sistema automatico contro-reazionato, in cui input ed output non sono mai identici a se stessi perché modificati dal sistema che li elabora. In questo senso le emozioni inducono in ciascun uomo uno spunto di riflessione (azione) ma sono, al tempo stesso, una risposta alla riflessione (controreazione). È per questo che l’emozione diventa strumento di conoscenza, perché svanito l’hic et nunc della sua durata, sedimenta nel nostro mondo interiore, modificandone sia la relazione intrapersonale sia quella interpersonale.
Il sentimento invece è una risonanza affettiva, ha carattere sociale, in quanto rivolto verso persone, animali, ideali. Esso ha un carattere più duraturo, storicizza l’emozione, perché, con il sentimento, l’individuo traghetta dal “dominio della partecipazione” al “dominio dell’osservazione” (p. 30), da un coinvolgimento che è fatto spesso di turbamento e sconvolgimento, ad un avvolgimento più esterno che rende il sentimento uno strumento di comprensione del sociale. Ricorrendo ancora ad un fenomeno fisico che, per analogia, possa rendere meglio i concetti dell’autore, l’emozione può essere paragonata ad una vera e propria vibrazione destinata rapidamente a smorzarsi ed esaurirsi; il sentimento invece è risonanza, ossia quel particolare modo di vibrare, secondo una ben determinata frequenza, il quale genera una vibrazione che non si smorza mai e la cui costanza genera forze in grado anche di far crollare ponti e solidi edifici. La risonanza (il sentimento) stabilizza una vibrazione (l’emozione), rendendola duratura nel tempo.
La passione, infine, non si fa ma si subisce, nel senso che l’individuo è come uno strumento nelle mani di un valore, di un ideale e da esso viene agito. La passione agisce quindi dinamicamente come strumento di mutamento sociale.
Nella seconda parte del testo, Cerulo ripercorre la storia della sociologia delle emozioni, partendo da Durkheim in cui coglie, in embrione, il valore sociale delle emozioni pur se limitato alla sfera religiosa. È solo nel simbolismo e nella collettività del rito religioso che le emozioni trovano libera espressione ed amplificazione: al di fuori nulla è concesso. Prevale così la convinzione di un’accezione negativa dell’emozione come elemento destabilizzante dell’individuo quando non espressa in ambito collettivo.
In Max Weber, invece, compare la dimensione individuale dell’emozione, ma essendo questa motore dell’agire affettivo originato cioè da un bisogno, non è declinabile al sociale a cui è utile solo l’agire razionale rispetto ad un determinato scopo.
Sull’extrarazionalità dell’emozione in Weber, l’autore suggerisce una diversa visione prospettica che porterebbe a riconoscere un elemento emozionale nell’agire razionale che non ne altera i contenuti e gli obiettivi, ma forse ad un livello qualitativo ne determina orientamenti e priorità. Per Cerulo, considerare Max Weber sociologo è forse possibile solo in una fase più matura del filosofo, quando delinea una visione dell’uomo politico che sia guidato, tra l’altro, anche dalla passione la quale, però, non nasce dalla sua interiorità ma è solo un mordente esterno.
Solo in Simmel la sociologia delle emozioni comincia a strutturarsi in maniera più organica.
Infatti la caratteristica della modernità è l’intellettualismo della coscienza, ossia l’uso della facoltà più superficiale della coscienza che permette all’uomo di adattarsi rapidamente alla ridondanza di stimoli esterni. In tal modo l’uomo moderno, attivando solo le facoltà più superficiali, riesce a preservare la propria ragione, facoltà più profonda della coscienza, ed i sentimenti più sinceri tenendoli nel mare calmo dell’interiorità.
Inoltre, per Simmel, altro elemento innegabile della modernità è l’ambivalenza, ossia il continuo oscillare tra l’intellettualismo della coscienza ed il coinvolgimento emotivo: è inevitabile che il percorso individuale e sociale sia circolare con la ragione che segue l’intelletto, e l’essere per sé che insegue l’essere sociale.
Interessante poi il concetto di amicizia differenziata e discreta. La discrezione è, per Simmel, un elemento indispensabile di coesione sociale: essa infatti permette di mantenere aspetti inesplorati e sconosciuti dell’altro e di noi stessi in ciascun rapporto di amicizia, garantendo la curiosità dei soggetti dell’amicizia stessa e la predisposizione al rapporto di amicizia come ad una continua e rinnovata ‘ad-ventura’.
L’amore, infine, risolve in sé tutta l’ambivalenza e le opposte tendenze del vivere moderno, irrisolte tra libertà e solitudine individuale da un lato e ricerca dell’umanità dall’altra. L’amore è esperienza totalizzante, in cui tutti i veli dell’amicizia crollano: nel rapporto d’amore, l’individuo continuamente sospeso tra essere “porta” e “ponte” (p. 71), incontra l’altro in un’esperienza totalizzante e di completa fusione.
L’ultimo cenno storico, Massimo Cerulo lo riserva alla sociologia americana di Talcott Parsons e alle variabili strutturali contrapposte di affettività e neutralità affettiva: quest’ultima funzionale al nascente sistema sociale del capitalismo (indispensabile, per esempio, nel rapporto lavoratore-datore di lavoro), finirà per coinvolgere l’individuo nella totalità dei suoi rapporti umani, contaminandone l’affettività e le sfere più profonde del suo sentire.
L’ultima parte del libro è dedicata al modo in cui sentimenti ed emozioni prendono forma nella società contemporanea. L’autore preferisce parlare di tardomodernità in quanto non siamo ancora traghettati nell’era successiva a quella moderna ma ne stiamo vivendo la fase più tardiva.
A differenza delle epoche precedenti la dimensione collettiva si è ormai disgregata: l’individuo oscilla sempre più debolmente tra libertà individuale e solitudine esistenziale, le emozioni non sono più collettive ed il sentire è così disgregato. Ciò che conta è consumare: oggetti, beni, servizi purché consumati istantaneamente, velocemente, fastly, nel tempo musicale del prestissimo.
Anche i mass media, che oggi vivono con noi, riempiono e condizionano i nostri spazi.
Tutto è liquido e mutevole, transeunte comprese le relazioni personali e i sentimenti.
Cerulo si sofferma sull’analisi di Bauman per il quale il mondo moderno-liquido rifiuta tutto ciò che è solido e che ha bisogno di tempo per consolidarsi, prediligendo le emozioni ai sentimenti. È il fallimento della relazione in quanto l’individuo, pur di sfuggire alla scelta, alla decisione dello svelarsi nel rapporto con l’altro, preferisce la solitudine.
In contrapposizione invece Giddens introduce il concetto di relazioni “pure” (p. 92) in cui l’esistenza e la durata delle stesse è legata al piacere di entrambi i soggetti. Così come l’amore non ha più i caratteri dell’amore romantico, assoluto ed eterno, ma diventa “convergente” (p. 93), spesso separante e divorziante nel momento in cui compromette la libertà individuale e sentimentale dei soggetti.
La vita intima viene, nel nostro tempo, reificata. Sentimenti ed emozioni sono ridotti a beni di consumo usa e getta. In questo contesto, il linguaggio si adatta, per primo, al mutamento sociale con il conio di termini ed espressioni che metaforicamente significano più di lunghe dissertazioni. È il caso dell’“hooking up”, il cui significato letterale “connettersi”, “agganciarsi” (pag. 94) rimanda al nuovo modo di stringere relazioni amorose tra i giovani d’oltreoceano: non ci sono più distinzioni tra un semplice flirt, un rapporto sessuale ‘one shot’ senza alcun coinvolgimento emotivo ed una relazione stabile. Si evita la cura e la costruzione dei sentimenti. Per l’autore tutto questo rischia di ridurre l’uomo a vagare nella sua vita senza alcun ancoraggio solido: ma l’uomo non può vivere di solo sé o di oggetti, intendendo per questi ultimi non solo quelli materiali ma anche finte relazioni e sentimenti reificati.
Un cenno a parte viene rivolto ai mass media, in particolare alla televisione e alla rete. La prima attraverso alcune tipologie di programmi, quali talk show e reality produce un preconfezionamento delle emozioni: Lacroix le chiama emozioni shock, figlie di una bulimia del sentire che finisce con l’anestetizzare la capacità profonda di sentire e commuoversi (intesa nel senso etimologico del muoversi insieme). In tv lo spettatore-uomo oscilla tra il bisogno di condividere le emozioni (a bella posta esposte nella vetrina dei reality) e il desiderio di autenticità.
Con la rete virtuale, invece, l’uomo sembra trovare nei social network uno spazio di libertà, un luogo di narrazione in cui raccontare e raccontarsi senza vincoli e senza veli, con il concreto rischio, però, di perdere ‘sensibilità’ sul quotidiano a vantaggio di un sentire collocato in una dimensione atemporale e aspaziale. Da tutto questo emerge, secondo l’autore, la necessità di introdurre un concetto fondamentale che è il lavoro emozionale che ciascun individuo compie per trovare e ridefinire continuamente le coordinate della sua esistenza all’interno della società in cui vive: ecco quindi che, per stare al mondo, finisce con l’aderire ad un processo di omologazione delle emozioni (quelle che producono business) allontanandosi da riflessioni più profonde. Tutto questo però, per Massimo Cerulo, non sempre ha un valore negativo, in quanto tale processo, in una forma sana, non è da intendersi come una sorta di repressione ma più come un orientamento dettato dall’”habitus” (p. 124n.) emozionale in cui l’uomo vive, che, al tempo stesso, plasma ed è plasmato dai rapporti di socializzazione.
Come il patrimonio genetico ci caratterizza come individui unici così il capitale emozionale è il nostro DNA sentimentale che inevitabilmente emerge e crea disagio se non ascoltato: è il caso del fenomeno diffuso tra i giovani giapponesi dell’“eremitismo sociale” (p. 109): si sceglie di tenersi fuori dal mondo, fisicamente rinchiusi nelle proprie stanze, avendo come ponte di comunicazione con l’esterno da sé solo internet. Si chiude il canale di comunicazione ad una società che non permette loro di esprimersi in modo autentico: per Cerulo questo atteggiamento di tenersi fuori, che spesso conduce alla patologia psichiatrica, si contrappone allo stesso disagio avvertito dalla gioventù americana che, culturalmente diversa, oppone una reazione più costruttiva del self made man.
La sociologa Eva Illouz teorizza così il capitalismo delle emozioni in quanto nella nostra epoca se le emozioni non sono più autenticamente frutto del sentire individuale, anche il capitalismo economico è generato da emozioni artefatte. L’ambivalenza di Simmel è amplificata a tal punto da non sapere più cosa sentiamo: ed è per questo che trovano grande diffusione strumenti che facilitino tale processo di comprensione (counseling, psicoterapia, training, fino all’assunzione di sostanze in grado di farci provare sensazioni). Il rischio è che, anche in tal caso, si generi un amplificato bisogno di un benessere emozionale a tutti i costi e soprattutto omologato a certi standard, continuando ad alimentare una ‘cultura della dipendenza’ che è probabilmente il tratto più distintivo della nostra epoca.
Forse oggi dovremmo, invece, imparare di nuovo il valore della consistenza, che, come riporta Jedlowsky, è la capacità di tornare in sé e so-stare, imparando a stare, con il proprio emozionale. Per l’autore, un atteggiamento di questo tipo conduce naturalmente alla salute emotiva, in quanto dandosi la libertà di stare con le proprie emozioni si è in grado di farle lavorare trasformandole in strumenti di comunicazione e socializzazione con il mondo. Probabilmente ciò che di originale e personale abbiamo da dire al mondo sono proprio le nostre emozioni: il segreto è nel saperle maneggiare con cura e questo libro, ricco, anche nelle note, di ulteriori spunti di riflessione, ne diventa un buon manuale d’uso.
Indice
Introduzione
I. Emozioni, sentimenti e passioni: tentativi di distinzione semantica
a. Emozioni
b. Sentimenti
c. Passioni
II. Alle origini della sociologia delle emozioni
a. Emile Durkheim e le emozioni collettive
b. Max Weber e l’extra-razionalità dell’emozione
c. Gorge Simmel
d. Talcott Parsons e la neutralità affettiva
III. Emozioni e tardomodernità: un’ambivalenza amplificata
a. La condizione tardomoderna
b. Un sentire controverso
c. Un “ambiente emotivamente surriscaldato”: l’influenza dei media
d. Sprazzi di vita quotidiana
e. Verso un “eremitismo sociale”?
f. Il diffondersi del “capitalismo emotivo”
g. Incertezze quotidiane
h. A guisa di conclusione (e soprattutto per non concludere)
IV. Bibliografia
L'autore
Massimo Cerulo (Rossano Calabro, 1980) insegna Etnografia e Ricerca Sociale presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università della Calabria. Specializzatosi in Scienze della Cultura presso la Scuola Internazionale di Alti Studi “San Carlo” di Modena, si occupa di sociologia della vita quotidiana. Tra le sue pubbicazioni: Sociologia delle cornici. Il concetto di frame nella teoria sociale di Erving Goffman (Cosenza 2005): Un mondo (quasi) a parte. La vita quotidiana del politico di professione: uno studio etnografico (Milano 2009). Ha introdotto in Italia parti del pensiero di alcuni classici della sociologia come Pierre Bourdieu (Sul concetto di campo in sociologia, Roma, 2010) e Gabriel Tarde (La logica sociale dei sentimenti, Roma, 2011).
Links
http://polaris.unical.it/user/report/visualizzacurriculum.php3?IDutente=1289178525 (curriculum e recapiti del prof. Cerulo)
1 commento:
Procedere adottato da recensore socio-antropologico e non coincideva a progressione tematica, da indice di lavoro recensito.
Autore recensito conduceva ricerca scientifica tecnica che consisteva in distribuzione etnografica di materiale socioantropologico. Dunque recensione comparata a trattazione recensita aiuta ad evidenziare una maggior concretezza cui argomento etnico e socio-antropo-etnologico.
In Italia sono diffusi studi scientifici-tecnici di etnografia che non sono da confondersi con corredi antropologici neppure etno-antropologici. Solitamente sono di tipo specifico ridotto antropo-etnologico; sicuramente così si spiega non diretta ascendenza da stessa scienza etnologica e questa restando ovviamente inevitabilmente l'unica derivazione reale.
Mediazione principale è antropo-etnologica; secondaria e da questa dipendente è mediazione etno-antropologica; quanto di aggiunto - preposto in scrittura - limita non muta diretta attinenza logica esperienziale - posta direttamente a stessa logia in scrittura.
Lavoro recensito è da una applicazione scientifico-tecnica riferita particolarmente a distribuzione etnica politica; oltre che socio-antropo-etnologica, antropo-etnologica, cui apposto correlato interdisciplinare antropologico in particolare a caratterizzazione sociale.
Grave incertezza di riferirsi etnici in società civile moderna e odierna italiana, europea, occidentale, aveva reso preferibile realtà universitaria fortemente legata ad applicazioni scientifiche e risoluzioni tecniche della scienza etnologica (che è basata su esperire non su esperimento) e lasciato a considerazione accademica la origine stessa della scientificità.
Lavoro recensito è presentato quale descrizione cui scheda scientifica - tecnica; così tramite recensione; su evidenza, cioè, di scheda etnografica: difatti non si trovano evidenze di antropologia culturale bensì di etnologia delle culture cui abbinata riferibilità a culture antropologiche di ambienti civili sociali politici; trattazione appunto concerne distinzioni secondo ideologie della politica etnicamente connotate in base ad ambienti di provenienza degli autori citati ed in specie secondo differenze di società entro cui studi sociali considerati.
Solo però originarietà scientifica non tecnica ne permette il catalogo; comunque esso contiene categorie di:
Est, Ovest del Mondo;
comunismo sociale, capitalismo civile;
americanismi, sovietismi;
Occidente, Globalità.
Senza dubbio, separatezza etnologica di schedarietà etnografica in lavoro recensito - ed in molti altri pure - aveva consentito di sottrarre valenze tecniche da interdizioni di antropologismi.
Attualmente presenza universitaria anche generica non solo specifica di studi scientifici etnografici rende conveniente allegare scientificità proprie corrispondenti teoriche non pratiche.
Da anni 2009, 2011 e fino ad oggi, può dirsi concluso Dopoguerra Freddo e restando Dopoguerra quale Conseguenza 'Fredda', non attiva ma effettiva; essendone valutabile sia evoluzione capitalistica-associazionistica di conflittualità economica politica sia antecedente parzializzazione o degenerazione.
Questo accorgimento consente di meglio distinguere ambientalità coinvolte e idee impiegate, in materiale di studio recensito presenti qual etica sociale posposta non contrapposta a utile civile.
Cioè di schematicità di genere post-ex-sovietico, da culturalità fortemente socializzata di studio secondo canoni socialisti di cultura ideologica premessane, riesce vantaggioso abbinarne l'altra opposta-apposta: occidentale-americana-europea. A tal scopo basterà lettura diacronica inversa e sincronica eguale non stessa, di quanto recensito da dati scientifici inversamente impiegati e riformulati in altre rispondenze, Ovest-Est.
MAURO PASTORE
Posta un commento