[Ed. Or.: Evil in Modern Thought. An Alternative History of Philosophy, Princeton University Press, 2002]
Recensione di Matteo Sozzi – 29/03/2011
storia della filosofia moderna, teodicea, metafisica, etica, male.
Quest’opera rappresenta la prima pubblicazione in italiano di Susan Neiman, autrice che ha al suo attivo numerosi volumi di filosofia morale, politica e metafisica tradotti in diverse lingue. Si tratta di un lavoro che certamente sorprende per la singolarità della prospettiva, la ricchezza dei contenuti e la radicalità dell’interrogazione filosofica.
La tesi di fondo, meglio evidenziata nel titolo dell’edizione inglese Evil in Modern Thought. An Alternative History of Philosophy, è semplice e originale: la riflessione filosofica moderna si è sviluppata e si è alimentata dal confronto costante e drammatico con il problema del male, in particolare dal diciottesimo secolo in poi. La presenza del male, infatti, rappresenta l’attacco più potente al pensiero e ai suoi tentativi di affermare che il reale abbia struttura razionale, che il mondo sia quindi comprensibile e sia dunque giustificata e legittima la pretesa di indagare la realtà per interpretarla razionalmente. Infatti, l’esistenza indubitabile del male mette in crisi ogni tentativo di sostenere l’intelligibilità del reale, sradicando ogni sforzo mirante ad attribuire un senso all’essere, alla storia, all’esistenza. È l’accadere del male che mette sotto scacco il pensiero, smentendo ogni sistema filosofico che abbia l’ambizione di leggere l’universo non come caos, ma come cosmo e la vita non come evento casuale e accidentale, ma come percorso dotato di un qualsivoglia senso o fine. Un saliente riscontro della permanenza del male come interlocutore primario del pensiero è il resistente stato aporetico della ragione di fronte ad esso: il male resta sempre al di là della comprensione della razionalità, a tal punto da sfuggire agli stessi schemi di cui la ragione ordinatrice si serve per interpretare la realtà, come testimonia l’inadeguatezza di tutti i concetti, suddivisioni e definizioni di male, come ad esempio il male naturale, distinto da quello fisico, metafisico, morale. Male infatti è il terremoto di Lisbona che nel 1755 fece crollare gli edifici della ragione trionfante ed ottimista degli illuministi; male nel ventesimo secolo è Auschwitz, che lasciò attoniti e significativamente ridusse al silenzio, salvo rare eccezioni, le spiegazioni razionali, e spesso condusse persino a giudicare il solo tentativo di spiegazione quasi una blasfemia e un’offesa alle vittime di tale orrore; male sono certamente i recenti eventi accaduti in Ruanda, in Bosnia; male è stato l’11 settembre: mali differenti, incommensurabili, irriducibili ad ogni comprensione e definizione. Di fronte alle domande che il problema del male pone, inoltre, sbiadisce anche la distinzione tra una riflessione che utilizzi le categorie e la terminologia teologica, dando vita ai tentativi di teodicea e alle rispettive critiche, e un pensiero unicamente secolarizzato che si interroghi solamente sull’intelligibilità del mondo. Non si tratta ovviamente di una mera interrogazione metafisica, poiché le conseguenze di tale problematica sono ampie e spesso irrisolte, prima fra tutte quella circa la necessità per la morale di rendere ragione del male, come sosterranno tanti, da Rousseau alla Arendt, in opposizione a coloro, da Voltaire a Jean Améry, che riterranno più semplicemente che alla morale non debba essere richiesta tale comprensione.
Il dibattito che scaturisce così dall’interrogazione filosofica sul male diventa animato e intenso, restituendo alla filosofia moderna una vitalità e una profondità che sembravano essere scemate in alcune prospettive di parte analitica che hanno voluto ridurla a mera epistemologia. La grande abilità dell’autrice è certamente quella di far emergere questa profondità dell’interrogazione filosofica attraverso i tentativi di formulare il problema del male e gli sforzi di trovare percorsi e spunti di risposta da parte dei protagonisti della storia della filosofia moderna e contemporanea.
L’articolazione dell’opera sviluppa le concezioni dei filosofi a partire dal loro approccio epistemologico al reale: il mondo dell’esperienza è l’unica realtà possibile? Questo interrogativo segna un confine tra due prospettive e propone accostamenti atipici e a volte spiazzanti, che senz’altro contribuiscono a rendere accattivante e vivace il panorama della riflessione.
Nel primo capitolo vengono presentate le concezioni di chi ha sostenuto che il mondo in cui viviamo non esaurisce l’intera realtà dell’essere, poiché, oltre ad esso, è da collocarsi un ordine e una realtà migliore e più vera: sono i casi di Leibniz, Pope, Rousseau, Kant, Hegel e Marx. Si tratta di posizioni che appaiono estremamente distanti, ma che condividono la spinta metafisica a trovare un ordine reale dietro a quello apparente. È, ad esempio, il caso di Leibniz, che rivendica l’esistenza di un piano della realtà al di là di quello dell’esperienza, in cui sono presenti bontà, verità e bellezza, che solo Dio può comprendere e realizzare appieno. In un accostamento per molti versi inconsueto, anche Marx condivide tale prospettiva metafisica, sostenendo la possibilità che l’umanità possa istituire un mondo giusto, negando che le apparenze della realtà siano ultimative. Sono solo due esempi di pensatori che aspirano ad un mondo altro, vero e buono e poco importa se esso si trovi in cielo o nella storia.
Nel secondo capitolo si eleva forte, invece, la voce di coloro che rivendicano al mondo dell’esperienza carattere di compiutezza e di definitività: Bayle, Voltaire, Hume, Sade, Schopenhauer. Anche in questo campo le voci sono assai differenti: Voltaire veementemente rifiuta l’appello a riconciliarci con il mondo attraverso la Provvidenza, ma lo fa animato dalla solidarietà per le vittime. Sade, al contrario, sembra volerci indicare dei paradigmi dell’orrore del mondo; entrambi ci vogliono convincere che l’esperienza coincide proprio con ciò che sembra.
Il terzo capitolo presenta, invece, due posizioni peculiari ed irriducibili ad una delle prime due prospettive: da un lato, Nietzsche, che ha strenuamente negato un ordine al di là delle apparenze, smascherato spesso come una vera e propria negazione della vita, e che, al contempo, ha lottato con altrettanta energia contro un’accettazione passiva delle apparenze; dall’altro lato, la riflessione di Freud che si pone di fronte al mondo con un disincanto tanto radicale da far apparire senza valore anche la semplice affermazione circa l’assenza di ragione, mostrando al contempo però che tale assenza è fonte di frustrazioni e sofferenze.
Il quarto capitolo è dedicato, invece, alla riflessione del ventesimo secolo dopo aver fornito quasi un catalogo del male moderno e contemporaneo attraverso l’individuazione di eventi peculiari e di per sé paradigmatici della presenza del male nella storia: i terremoti, gli stermini di massa, il terrorismo. Per l’autrice caratteristica distintiva della ragione filosofica di fronte a tali avvenimenti è la rinuncia a una discussione esplicita sul problema del male. Da un lato, infatti, sembra evidente come la filosofia del ventesimo secolo non veda alcun futuro per la teodicea; dall’altro lato, tuttavia, sembrano emergere spunti di riflessione che sembrano ribadire la decisività per il pensiero dell’interrogazione sul tema del male. Di tali aspetti l’autrice fornisce alcune esemplificazioni, che valgono come frammenti di un discorso globale che manca di compiutezza, in genere accomunate dalla consapevolezza di affrontare problemi che nessuna teodicea e nessun sistema filosofico hanno risolto. Tra questi l’autrice sceglie, in particolare, i contributi di Camus, Arendt, Adorno e Horkheimer, Rawls, tenendo peraltro in considerazione anche altri interventi, tra i quali un posto di rilievo assume Levinas. Nella conclusione viene avanzata una prospettiva di minimale difesa della ragione di fronte allo scacco del male: affermare la ragion sufficiente, certamente rinunciando a spiegazioni globali, ma rivendicando uno spazio per la speranza.
Appare evidente, anche solo da un rapido sguardo sulle tematiche e sul numero di filosofi coinvolti in questo confronto tra la ragione e il problema del male, che il testo non vuole essere un’accademica e specialistica trattazione di ambiti filosofici limitati, ma ha la pretesa di offrire un modo alternativo di leggere e interpretare la filosofia moderna e di riaffermare la vitalità delle questioni metafisiche ed etiche, con il vantaggio di mostrare una vivacità e una passione dell’argomentare filosofico proprio in autori sovente relegati negli scaffali della storia della filosofia. La ricchezza dei contenuti è davvero notevole e penso che quest’opera riesca in uno degli intenti che l’autrice si propone: non interessare soltanto chi è appassionato di filosofia o filosofo di professione, ma appassionare di filosofia anche chi non è cultore di filosofia grazie alle questioni vitali sollevate e allo stile scevro da apparati e argomentazioni accademiche.
Indice
Prefazione all’edizione economica
Introduzione
1. Fuoco dal cielo
I difensori di Dio: Leibniz e Pope
Il Newton della mente: Jean-Jacques Rousseau
Una saggezza divisa: Immanuel Kant
Reale e razionale: Hegel e Marx
In conclusione
2. Condannare l’Architetto
Una materia prima: il “Dizionario” di Bayle
L’impotenza della ragione: David Hume
La fine del tunnel: il marchese de Sade
Schopenhauer: il mondo come tribunale
3. Le fini di un’illusione
Scelte eterne: Nietzsche sulla redenzione
Della consolazione: Freud contro Provvidenza
4. Senzatetto
I terremoti: perché Lisbona?
Gli stermini di massa: perché Auschwitz?
Le perdite: mettere fine alle teodicea moderne
Le intenzioni: significato e dolo
Il terrore: dopo l’11 settembre
Quel che resta: Camus e Arendt, la Teoria critica, Rawls
Le origini: la ragion sufficiente
Note
Bibliografia
Ringraziamenti
Indice analitico
L'autrice
Susan Neiman è filosofa, saggista e scrittrice conosciuta in tutto il mondo. E’ direttrice dell’Einstein Forum di Postdam in Germania. Ha insegnato all’Università di Tel Aviv e di Yale. Ha fatto parte del Centro ricerche dell’Università di Princeton. La presente è la sua prima pubblicazione in italiano.
4 commenti:
Il lavoro recensito si presenta quale quadro filosofico politico di riferimento restante per il mondo raggiunto dalla ragion filosofica, la quale ne resta in quintessenza di "ragion sufficiente": necessità etica-razionale (spinoziana!) passata al vaglio della critica dell'assolutismo razionalista culminato con le riflessioni di Hegel e le rivendicazioni di Marx, non senza inclusione di Leibniz e della Teodicea, di Kant, del Pensiero Alternativo (Adorno...) ma con esito conservativo: la necessità della giustizia alla politica, che con opera di Rawls non rappresentò una teoria ma una relativizzazione di un principio universale, declinato per i sistemi liberali (difatti, opposta logica non contraria se ne trova in applicazione ai metodi socialisti (di cui Cuba e Cina ed altri luoghi sono esempi in alcunché inconciliabili ma che offrono logiche paritetiche ad occidentali capitaliste post Guerra Fredda Mondiale))... Senonché il particolare rilievo dato a Levinas rende non casuale il quadro fornito e nuovo per vasti ambienti culturali occidentali europei italiani. Difatti nel notare ortodossia razionale di Relatività - Connotatività di facoltà razionali, da critiche kantiane, ridimensionamenti schopenhaueriani, inversioni nietzschiane, tutto parrebbe attestarsi su poco troppo poco per affrontare meditazioni filosofiche sul male nel mondo, se non ci fosse il pensiero di una non intellettualizzabile né immaginabile Alterità: e ciò storicamente rappresenta vicenda non in tutto compresa entro costanti ideologiche della Guerra Fredda tra Blocchi Est - Ovest né comprensibile entro schemi concettuali di quella attuale mondialista americana - cinese; difatti si tratta del dissidio totale verso totalizzante rifiuto dello "status quo" locale - e - globale non antipolitico né impolitico né apolitico, cui tendevano ispirazioni politiche-militari - militari israeliane solo provvisoriamente sostenute da filosofia postmoderna di Levinas ma differentemente restanti anche poi, di contro a emergere di Realtà entro stessa Realtà non medesima di "status quo" cui doversi attribuire potere manifestativo ulteriore...
MAURO PASTORE
Evidentemente autrice si chiedeva (si chiederebbe) implicitamente cosa potesse (possa) fermare futuro di dissidio-rifiuto che in anni '70 ed '80 ed oltre di Secolo Ventesimo era eventualità costruita per stima di inaccettabilità dei contesti politici non solo politici mondiali cui si notava mancanza di vero impegno. Teocrazia israeliana lamentava d'esser stata confinata tra ossessività violente e dementi antidemocratiche e di sopravvivere tra azioni-reazioni insensate più dei propri nemici che dei propri, mentre altrove nulla politicamente sufficiente; invitava a politiche di relazioni connotate, ad eventi consapevoli non solo di tempistiche ma di tempi e a pensieri non obliosi di intuizioni di totalità-eternità entro cui si agisce e cui si -pensa e può pensare- non vanamente. Einstein ((che fu ebreo poi uno non fuori ebraismo...)) amava suscitare pensiero di età nuova primitiva anche per odio contro inconcludenze mondiali non solo diplomatiche; e sionismo non impegnato in conflittualità israelo-palestinese accusò vasto mondo politico di esser continuato col ricatto peggiore della guerra, cioè di esplosioni atomiche, accadimenti più violenti di quelli veri di guerra. Poco prima del 2012, fine del diretto Dopoguerra per ex Unione Sovietica, intravedendosi soluzioni stabili di moderazione per conflitti attorno e dentro Israele, stessa accusa si faceva più grave, interrogativo sul perché di tutto ciò che fosse civile finanche culturale; e pubblicazione recensita ne attesta sfondo non fondo intellettuale filosofico comune. Da allora, i progressi del dialogo interreligioso hanno reso stesso interrogativo più grave ma non spiacevole. Ragion filosofica confinata in modestia da irrazionaliste dimostrazioni pur esse filosofiche... rendon implicitezza e novità ad appello ad Alterità che non è più quello di Levinas, già non inaudito a vicende dei veri Crociati di Terrasanta, cui motivazioni principali personali erano in massima parte di tutte ovvie soddisfazioni sessuali e non per disagio di civiltà ma per noia di errori esistentivi di vasta parte di umanità e non senza poteri anzi troppi...Che senso ha tutto quel di civile, culturale, politico, se (per esempio) ci si ritira a casa ai limiti di tormenti subiti o in tormenti per attacchi occulti di armi elettriche, azionate da scellerati per "... sfizio..." che non tanto chiusi in autovetture sfilanti a tempi eliocentrici - geodistruttivi vedendo nudità o non vedendone protestano contro stessa umana emotività per esser stati resi inetti al suicidio da agi e per non esser stati uccisi da consumismi a causa di circostanze fortunate oltre ogni aspettabilità? Una valle dell'Eden, simbolica anche non cinematografica e poi reale sarebbe a tutto buona alternativa;... o il simbolo di un igloo; o in onda conteplata del mare si trovererebbe la risposta, ugualmente al Poeta de "I fiori del male" esule da carnali cesti (non incesti), non solo creoli... O se (per altro esempio) si ha dovuto conservarsi il sangue imparando sin da piccini dalle vipere a farne così amaro per negarne anche ai moribondi delle malasanità (più omicidi quelli delle folle di sinistra– )...?
Pubblicazione recensita evidentemente non sporge fino a tali concretezze (e tante alttlre pure...) il pensiero (per le quali bisogna saper di inedia e passarne non una sola volta), perché non solo vicina a tradizioni e proprio di Crociate ma proprio del mondo amato dai crociati fatta esperienza e fino ad incontro con: dilemma greco (entro cui io già scrivo invece!! ).
MAURO PASTORE
In ultimo mio messaggio: 'alttlre' sta per: altre.
Reinvierò testo anche migliorato.
MAURO PASTORE
Evidentemente autrice si chiedeva (si chiederebbe) implicitamente cosa potesse (possa) fermare futuro di dissidio-rifiuto che in anni '70 ed '80 ed oltre di Secolo Ventesimo era eventualità costruita per stima di inaccettabilità dei contesti politici non solo politici mondiali cui si notava mancanza di vero impegno. Teocrazia israeliana lamentava d'esser stata confinata tra ossessività violente e dementi antidemocratiche e di sopravvivere tra azioni-reazioni insensate più dei propri nemici che dei propri, mentre altrove nulla politicamente sufficiente; invitava a politiche di relazioni connotate, ad eventi consapevoli non solo di tempistiche ma di tempi e a pensieri non obliosi di intuizioni di totalità-eternità entro cui si agisce e cui si -pensa e può pensare- non vanamente. Einstein ((che fu ebreo poi uno non fuori ebraismo...)) amava suscitare pensiero di età nuova primitiva anche per odio contro inconcludenze mondiali non solo diplomatiche; e sionismo non impegnato in conflittualità israelo-palestinese accusò vasto mondo politico di esser continuato col ricatto peggiore della guerra, cioè di esplosioni atomiche, accadimenti più violenti di quelli veri di guerra. Poco prima del 2012, fine del diretto Dopoguerra per ex Unione Sovietica, intravedendosi soluzioni stabili di moderazione per conflitti attorno e dentro Israele, stessa accusa si faceva più grave, interrogativo sul perché di tutto ciò che fosse civile finanche culturale; e pubblicazione recensita ne attesta sfondo non fondo intellettuale filosofico comune. Da allora, i progressi del dialogo interreligioso hanno reso stesso interrogativo più grave ma non spiacevole. Ragion filosofica confinata in modestia da irrazionaliste dimostrazioni pur esse filosofiche... rendon implicitezza e novità ad appello ad Alterità che non è più quello di Levinas, già non inaudito a vicende dei veri Crociati di Terrasanta, cui motivazioni principali personali erano in massima parte di tutte ovvie soddisfazioni sessuali e non per disagio di civiltà ma per noia di errori esistentivi di vasta parte di umanità e non senza poteri anzi troppi...Che senso ha tutto quel di civile, culturale, politico, se (per esempio) ci si ritira a casa ai limiti di tormenti subiti o in tormenti per attacchi occulti di armi elettriche, azionate da scellerati per "... sfizio..." che non tanto chiusi in autovetture sfilanti a tempi eliocentrici - geodistruttivi vedendo nudità o non vedendone protestano contro stessa umana emotività per esser stati resi inetti al suicidio da agi e per non esser stati uccisi da consumismi a causa di circostanze fortunate oltre ogni aspettabilità? Una valle dell'Eden, simbolica anche non cinematografica e poi reale sarebbe a tutto buona alternativa;... o il simbolo di un igloo; o in onda conteplata del mare si trovererebbe la risposta, ugualmente al Poeta de "I fiori del male" esule da carnali cesti (non incesti), non solo creoli... O se (per altro esempio) si ha dovuto conservarsi il sangue imparando sin da piccini dalle vipere a farne così amaro per negarne anche ai moribondi delle malasanità (più omicidi quelli delle folle di sinistra– )...?
Pubblicazione recensita evidentemente non sporge fino a tali concretezze (e tante altre pure...) il pensiero (per le quali bisogna saper di inedia e passarne non una sola volta), perché non solo vicina a tradizioni e proprio di Crociate ma proprio del mondo amato dai crociati fatta esperienza e fino ad incontro con: dilemma greco — entro cui io già scrivo invece!.
MAURO PASTORE
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