Recensione di Francesco Giacomantonio - 02/05/2011
Filosofia contemporanea, sociologia, ermeneutica
Una delle questioni più ricorrenti che caratterizza la letteratura critica, che si è occupata del pensiero di Habermas, è, probabilmente, quella del rapporto che intercorre tra il filosofo-sociologo tedesco e l’ambito della teoria critica, con i cui maestri egli si è formato. Si tratta di una questione a tutt’oggi alquanto dibattuta, in cui si delineano posizioni variegate, a seconda delle quali, Habermas appare, di volta in volta, continuatore, traghettatore, erede o addirittura “traditore” della teoria critica. Questo volume di Antonio De Simone, da tempo attento studioso dell’opera habermasiana e di altri importanti protagonisti della scena filosofica contemporanea, si indirizza a delineare l’immagine di Habermas come “trasformatore” della teoria critica, tracciando un confronto con alcuni degli studiosi principali con cui il teorico dell’agire comunicativo si è misurato nel corso della sua lunga riflessione.
Il percorso di De Simone prende le mosse dal testo habermasiano Conoscenza e interesse (1968), attraverso cui è possibile indagare la relazione di Habermas con Kant e Dilthey, Freud e Peirce, Gadamer e Ricoeur. L’argomentazione al riguardo occupa tutto il primo capitolo del volume, che è, forse, il più denso di tutto il libro: nodi chiave sono qui i temi dell’intersoggettività e del rapporto ermeneutico; del parallelismo tra psicoanalisi, ermeneutica e critica dell’ideologia.
De Simone svolge un’analisi serrata, articolata e puntuale dei passaggi testuali di Conoscenza e interesse, giungendo a importanti specificazioni. Egli, ad esempio, sottolinea che il punto in cui si traccia la distanza tra Habermas e Dilthey sta nel fatto che, per il primo, l’interesse pratico della conoscenza svolge un ruolo determinante non solo nella genesi delle scienze dello spirito, ma anche per il contesto di impiego del sapere ermeneutico. Linguaggio e comunicazione, inoltre, rendono possibile l’autoriflessione ed è su questa base che Habermas in Conoscenza e interesse dischiude anche un confronto metacritico tra Dilthey e Freud. Il riferimento a Freud permette di porre il problema del rapporto possibile tra psicoanalisi e critica dell’ideologia, che è un altro dei temi salienti riscontrabili in Conoscenza e interesse. A tal proposito, De Simone riprende le osservazioni di Ricoeur per il quale psicoanalisi e critica dell’ideologia hanno diversi criteri di riuscita, sebbene la stessa critica dell’ideologia possa avere momenti terapeutici, quando, leggendo Marx, possiamo trasformare il nostro modo di vedere la società (p. 141).
Se l’attenzione per la dimensione sociale e linguistica costituisce un tratto tipico habermasiano, questo nucleo, secondo De Simone, non ha mai determinato la dismissione da parte di Habermas dell’attualità di Marx. Da questo punto di vista, riprendendo nel secondo e terzo capitolo, alcune valutazioni di Honneth, allievo di Habermas, De Simone osserva, infatti, che, malgrado alcune interpretazioni ritengano che Habermas si configuri come un “moderato” rispetto alla tradizione della Scuola di Francoforte, in realtà la situazione va considerata con più attenzione. Honneth ricorda che l’allontanamento da Francoforte di Habermas, da parte di Horkheimer, fu dovuto al fatto che, agli occhi di Horkheimer, Habermas appariva sin troppo estremista dal punto di vista marxista, in una fase storica in cui la Scuola di Francoforte voleva prendere un po’ le distanze da Marx. Secondo Honneth, dunque, al di là dell’abbaglio di Horkheimer, Habermas era probabilmente lo studioso che, più di ogni altro, poteva portare avanti la tradizione francofortese. Prendendo le mosse da questa valutazione di Honneth, De Simone si dedica a chiarire il rapporto tra i due studiosi (pp. 168-171), sottolineando la differenza epistemologica di base tra l’allievo Honneth e il maestro Habermas: mentre il secondo fa della comunicazione linguistica un orizzonte imprescindibile della forma intersoggettiva della vita umana, il primo cerca, nei saperi antropologici e nella psicologia evolutiva, le forme relazionali che precedono quelle legate al linguaggio.
La cifra del pensiero di Habermas risiede, comunque, con ogni probabilità, nel concetto di ragione e, attorno a questo tema, De Simone sviluppa il quarto capitolo del suo testo, ponendolo in relazione con le prospettive teoriche delineate da Foucault e da Weber. Sotto questo profilo, diventano rilevanti questioni legate al senso dell’Illuminismo, alla ricezione di Kant, al ruolo dell’intellettuale, che hanno caratterizzato, ad esempio, il pensiero di Foucault e sulle quali si è indirizzato anche Habermas, provando ad affrontarle attraverso la sua ricostruzione critica della teoria della razionalizzazione, sviluppata nella Teoria dell’agire comunicativo (1981). Anche in questo caso De Simone delinea una trattazione corposa e puntuale nei riferimenti testuali, osservando che la teoria dell’agire comunicativo può compensare la debolezza della teoria weberiana dell’azione, perché assume una visione più ampia dei processi di razionalizzazione, che non si riducono come in Weber a motivazioni esclusivamente legate agli scopi, ma comprendono anche altre dimensioni: in tal modo, in Habermas è presente una idea di ragione e razionalità maggiormente capace di cogliere l’ambivalenza che le caratterizza.
Gli ultimi tre capitoli dello studio di De Simone si indirizzano alle riflessioni più strettamente politiche di Habermas, che lo studioso tedesco ha sviluppato sistematicamente negli ultimi due decenni: gli ambiti di discussione riguardano, dunque, la globalizzazione, il cosmopolitismo, la democrazia, la sfera pubblica, il potere, la comunicazione politica. Sul tema della globalizzazione e del cosmopolitismo il referente principale individuato da De Simone è il sociologo Beck, del quale vengono efficacemente ricostruite le posizioni principali, che ruotano attorno alla critica delle categorie concettuali tradizionali del politico e alla questione del rapporto tra globale e locale, che lo conduce all’idea cosmopolitica del coordinamento di una pluralità di stati transnazionali. Un idea, nella sostanza, non molto differente dalla prospettiva di Habermas, che, però, come noto, si caratterizza per una costruzione concettuale non solo sociologica come in Beck, ma filosofico-sociologico-politica, attraverso una riflessione sulle tradizioni politiche del liberalismo da una parte e del repubblicanesimo dall’altra, attraverso l’enfasi sul ruolo dell’opinione pubblica e dello Stato di diritto, che sono le basi di una teoria discorsiva del diritto e della democrazia e del paradigma giuridico-procedurale. In questo ambito, emerge l’importanza, per Habermas, del nesso tra sfera pubblica e società civile e sul fatto che quest’ultima possa realizzarsi solo “nel contesto di una cultura politica liberale e dei relativi modelli di socializzazione pulsionale e di una sfera privata intatta” (p. 279). Peraltro, il tema dello spazio pubblico pone la questione del rapporto tra potere, comunicazione e democrazia: tale aspetto è sondato da De Simone tramite il contributo del sociologo Castells, che si richiama alla teoria politica di Habermas, per il quale il processo di legittimazione è la chiave che mette lo stato in grado di stabilizzare ed esercitare il suo dominio. Castells sostiene che i processi di legittimazione contemporanei sono messi in crisi dalle “forme di politica mediatica dell’età globale” (p. 292), che plasmano la mente del pubblico.
Nell’insieme, il “passaggio per Francoforte”, tracciato da De Simone, risulta essere una lettura istruttiva, per mettere ampiamente a fuoco molti momenti fondamentali dei testi habermasiani, senza trascurare argomentazioni, anche sostanziali, sulle figure intellettuali con cui vengono raffrontati, il tutto arricchito da una pregevole e aggiornata bibliografia critica. Certamente, tale studio, per la sua strutturazione tematica e la presenza di lunghe citazioni, si indirizza preferibilmente al lettore che abbia una minima dimestichezza con l’opera habermasiana e la costellazione di questioni teoriche che ad essa si accompagna.
De Simone, in definitiva, tenta di riaffermare quella prospettiva che, dalla Scuola di Francoforte a Habermas appunto, mira a “comprendere in modo critico il proprio tempo col pensiero” (p. 12), saldando tra loro la riflessione filosofica e le ricerche delle scienze sociali e politiche. È questa una prospettiva che, come De Simone stesso rileva, specialmente in Italia, malgrado l’ampia ricezione dell’opera dei francofortesi, sembra attualmente rimossa. Occuparsi del pensiero habermasiano diventa, così, una opportunità per far sì che la ricchezza di quella prospettiva e di quell’insegnamento non sia passata invano.
Introduzione
I. Metacritica del senso
II. Passaggio per Francoforte
III. Quale Francoforte?
IV. L’ambivalenza della ragione: tra Parigi e Francoforte
V. Il nostro tempo tra “globus et locus”
VI. Jürgen Habermas
VII. Da Francoforte a Santamonica
Appendice
Indice dei nomi
L'autore
Antonio De Simone è docente di Storia della filosofia contemporanea e Teoria dei processi di socializzazione presso l’Università di Urbino. È autore di numerosi studi su momenti e autori cardine del pensiero contemporaneo come Simmel, Weber, Gadamer, Dilthey, Habermas, Canetti. Tra le sue pubblicazioni più recenti si segnala Dislocazioni del politico, Morlacchi, Perugia 2011 (2a ed.).
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