mercoledì 26 ottobre 2011

Marcucci, Silvestro, Scritti su Kant. Scienza, teleologia, mondo

a cura di C. La Rocca, Pisa, ETS, 2010, pp. 255, euro 20, ISBN 978-884672655-1

Recensione di Francesco Crapanzano - 18/01/2011

Come avverte in Premessa Claudio La Rocca, le ricerche di Marcucci si sono concentrate soprattutto sull’aspetto epistemologico della riflessione kantiana “e, di conseguenza, al confronto di Kant con il pensiero scientifico della sua epoca” (p. 7). I dieci saggi riuniti nel volume rispecchiano tale intendimento, mantenendo fede all’esigenza di sufficiente omogeneità e rappresentatività del quadro di ricerche dell’Autore.
Nel primo, la puntuale analisi di A priori e trascendentale (pp. 11-31), si evidenziano le sfumature e gli slittamenti di significato presenti nei due termini. La grande 'invenzione' teoretica kantiana (non priva di lungo travaglio nello stesso Kant) finisce per avere accoglienze e interpretazioni diverse da parte dei seguaci tedeschi e di quelli inglesi: i primi impegnati a sottolineare la soggettività del trascendentale e dell’a priori (identificandoli sotto l’egida del primo termine, cfr. pp. 17-25), i secondi, al contrario, concentranti sull’a priori epistemologicamente inteso. I kantiani inglesi, in breve, avrebbero trascurato il concetto di trascendentale, senza il quale l’a priori rischia di cadere nello psicologismo; quelli tedeschi avrebbero sbrigativamente attribuito al trascendentale dei caratteri idealistici (cfr. pp. 20-25).
Nel successivo saggio, Kant e la scienza moderna (pp. 35-54), Marcucci rilegge alcuni passi degli scritti kantiani per sostenerne l’attualità in rapporto agli sviluppi scientifici contemporanei. È un compito arduo il cui fine non è tanto quello di rovesciare consolidati paradigmi interpretativi, che vedono, ad esempio, nel filosofo tedesco un newtoniano convinto, quanto quello di sollevare dei dubbi riguardo alla loro assoluta completezza. Così, “si è sempre pensato che Kant avesse in mente solo lo spazio tridimensionale della geometria euclidea. Ed invece non è così” (p. 37); sembra anticipare la possibilità delle non euclidee (cfr. pp. 38-39). Nella Critica del giudizio emerge la differenza tra il modo di concepire il principio fisico, il “nulla avviene a caso”, Grundsatz necessario, dal “nulla è inutile” delle scienze della vita, Maxime soggettiva; l’uno è un principio di intelletto, l’altro di ragione (cfr. pp. 46 ss.). Il merito di Kant sarebbe allora quello di aver dato, attraverso l’esplicita tematizzazione del finalismo, autonomia conoscitiva e dignità teoretica alle scienze della vita (cfr. pp. 52-54).
Che a Kant non fosse estranea l’opera naturalistica di Linneo, ma anzi ne tenesse in considerazione utilità e limiti, viene mostrato da Marcucci nel terzo e nel quarto saggio, Kant e Linneo. Un superamento scientifico-filosofico di una visione descrittiva della natura (pp. 55-85); e Sull’uso dei termini genere e specie nella filosofia di Kant (pp. 87-120). Intanto segnala come nelle opere pubblicate Kant abbia elogiato o si sia spinto al massimo a fare qualche critica implicita al grande naturalista; invece nei numerosi corsi universitari, raccolti nell’Opus postumum, le accuse diventano esplicite (cfr. p. 55). Tuttavia Kant ha pure espresso una profonda ammirazione per colui che lo avrebbe aiutato, grazie al suo metodo, a scoprire il “principio della facoltà di giudizio centrata sul concetto di sistema logico”. Marcucci sottolinea come le questioni sollevate da Kant a proposito delle classificazioni (naturali o artificiali, normative o descrittive) giungono fino a noi; prova ne sia l’interesse di Carl Gustav Hempel che, in una delle sue opere principali, dedica spazio alle Fundamentals of taxonomy (cfr. pp. 84-85).
Ma se il filosofo di Königsberg aveva maggiori simpatie per Buffon rispetto a Linneo, ciò non toglie che la 'metodica' del Systema naturae (1735) e della Philosophia botanica (1781) avesse esercitato un indubbio fascino sul modo di concepire e articolare le forme di conoscenza.
Quando faceva lezione, Kant criticava apertamente Linneo per l’artificialità del suo sistema (non sembra accorgersi dell’esplicita ammissione del naturalista svedese in tal senso); ed anche se una semplice “descrizione della natura” non è una “storia della natura”, “dobbiamo accontentarci di tale classificazione” che, grazie all’uso dell’analogia, permette di penetrare con l’osservazione fin dove è intellettualmente possibile (cfr. pp. 104-106).
Ne’ Le “scienze della vita” nella Physische Geographie di Kant (pp. 121-142) emergono nitidamente le idee sulle scienze della vita del Kant giovane e di quello maturo. Già nel 1755 (Allgemeine Naturgeschichte und Theorie des Himmels) si mostra studioso appassionato della natura che lo circonda, dagli insetti ai mondi, pervasa da un potere creativo che supera la morte del singolo elemento (la «fenice della natura», cfr. pp. 121 ss.). All’interno di questo “universo” vitale distingue, “forse a partire dal 1766” suggerisce l’Autore, due tipi di “corpi”: non organizzati e organizzati, pressappoco coincidenti con quelli inorganici ed organici; i secondi posseggono una finalità, da cui la capacità formatrice e non solo motrice (cfr. pp. 127-129). Nelle sue lezioni di “Geografia fisica” Kant si mostrava scienziato prudente sotto la “supervisione” del Kant filosofo: adottava la tavola di Linneo “ed aggiungeva poche varianti solo per quanto riguarda le classi e gli ordini, mentre dei generi e delle specie non parlava quasi mai”, mirando all’essenziale per un corso universitario (p. 133). Da Linneo si smarcava decisamente nella classificazione dell’uomo, non ritenendo di poterlo inquadrare insieme alle scimmie e ai bradipi per motivi “esteriori” (si muove eretto) e, soprattutto, per dignità morale.
Etica e antropologia in Kant (pp. 143-158) evidenzia il diverso ufficio che le due discipline dovrebbero svolgere: se i contenuti dell’etica venivano anticipati in alcuni scritti anteriori al 1781, è con la Critica della ragion pura che il rapporto trova un assetto stabile (cfr. pp. 144-146). Fin dalle Lezioni di etica, tenute dal 1775, si chiarisce che è “compito dell’antropologia occuparsi delle regole pratiche soggettive”, cioè di ricavare regole di comportamento pratico, mentre la filosofia morale prescrive “quanto deve accadere”, cioè cosa è giusto fare (cfr. p. 146). Filosofia pratica e antropologia sono unite sul piano etico, antecedentemente alla prima Critica, in quanto la “morale per esistere […] deve presupporre l’esistenza dell’antropologia: una regola, cioè, non può divenire oggettiva, se prima non la si sente come nostra, se prima non è 'soggettiva'” (p. 147). L’antropologia “diviene quindi la condizione necessaria, anche se non sufficiente, per la realizzazione di qualsiasi morale” (p. 148).
Un’attenta valutazione, fa considerare come l’intento di Kant possa essere stato quello di recuperare sul piano della filosofia pura diversi saperi, o meglio di estendere la portata teoretica degli a priori. Ecco spiegate le suddivisioni tra metafisica della natura e fisica empirica o tra etica e antropologia che si risolvono a vantaggio dei primi termini (cfr. pp. 157-158).
In molte delle pagine fin qui considerate, fa capolino un concetto di grande importanza teoretico-conoscitiva: il finalismo. E Marcucci ne restituisce il significato nel saggio La teleologia in Kant (pp. 161-198). Egli denuncia subito la differenza, espressa nella Critica del giudizio, tra teleologia, che è sempre un principio interno alla natura, e teologia, deduzione a partire da principio divino (cfr. pp. 161-164). L’una non è d’aiuto all’altra poiché ogni principio introdotto dall’esterno, vale a dire estraneo alla natura, è metafisico e perciò non scientifico. Questa precisa divisione di campo comporta l’impossibilità di trovare risposta a domande sulla finalità della natura nel suo complesso, poiché “tale ricerca risulta sempre essere superiore alle nostre possibilità e ai nostri mezzi” (p. 165), mezzi della ragione, s’intende, e non di fede. Il rapporto teleologico si introduce, perciò, come ipotesi (cfr. pp. 179, 183-188). Introdurre dei fini è l’unico sistema per testimoniare l’esistenza della finalità interna, cioè di “un prodotto organizzato della natura […] in cui tutto è fine e reciprocamente anche mezzo. Niente in esso è vano, senza scopo, o da attribuirsi ad un cieco meccanismo della natura” (p. 195).
Le originali conclusioni di Marcucci attribuiscono l’ascendenza della teleologia kantiana alla sfera epistemologica. Contrariamente alla tradizionale lettura, esiste uno stretto rapporto tra pensiero filosofico e scientifico anche nel finalismo della natura organica, che mai Kant vuole contaminato da teologia o dogmatismo; per evitare ciò, cerca di fondarlo sul piano teoretico.
Il saggio successivo, su L’appropriatezza epistemologica dell’idea di finalità in Kant, riprende la riflessione sulla teleologia in Kant, ribadendone le ascendenze scientifiche e non metafisiche (cfr. pp. 201, 206-209). Se è sostanzialmente errato, per Kant, ascriverla alle categorie a priori, nondimeno resta necessaria come idea che permette di cogliere le leggi che reggono i fenomeni, come idea appropriata (il termine è usato da Whewell, vd. p. 210) per l’acquisizione di conoscenza. Dopo il 1790, Kant affianca la finalità alla causalità tra i principi che fondano l’intera scienza, in particolare la prima risulta alla base delle ricerche dei biologi, dei fisiologi e dei botanici.
L’idea di mondo in Kant è il penultimo saggio del volume, in esso Marcucci segnala come, al di là di importanti difficoltà interpretative, ciò di cui si può esser certi è che una totalità, per essere “mondo” deve presentare una coordinazione al proprio interno, deve possedere una “forma mundis essentialis […] un principio che ha a che fare con l’‘essenza’ e non con le varie forme dell’essere che appaiono e che mutano col mutar dei tempi” (pp. 232-233). Già da queste poche parole si intuisce come Kant pensi ad una nozione di mondo che è connessa con l’universo, sia in modo materiale, perché i fenomeni fisici del cosmo comprendono quelli della Terra, sia trascendentale, perché l’intellegibilità del pianeta è connessa all’idea cosmologica (cfr. pp. 234-237). Il die welt è allora tanto ricco da far esprimere più volte il concetto che esiste un solo mondo e un solo Dio; la pluralità dei mondi è in contraddizione con la “totalità assoluta”, è l’unità a coordinare le parti e non viceversa; unità reale e ideale, fisica e trascendentale (cfr. p. 239).
Il libro si chiude con un’analisi delle opinioni kantiane sull’Entretiens sur la pluralité des mondes habités di Bernard de Fontanelle (Analogia e pluralità dei mondi in Kant; pp. 243-255). Seguace di Cartesio e divulgatore delle teorie copernicane, il Fontanelle pubblica a Parigi l’Entretiens nel 1686. Il filosofo di Königsberg, riprendendo proprio questo tema nell’ultima parte della Allgemeine Naturgeschichte, chiarisce immediatamente che si deve fare un uso scientifico dell’analogia e non ricoprire di un velo di scientificità “le divagazioni folli della propria spiritosaggine” (ibidem). Questo convincimento, non solo gli fa censurare talune idee fontanelliane e limitare al rango di ipotesi le proprie (di fatto, mutando opinione), ma offre l’occasione di mostrare come l’analogia, da un punto di vista epistemologico, funzioni da idea regolativa. Anche su ciò non pare conservi la stessa veduta, se nell’Opus postumum viene respinta con vigore l’ipotesi dell’esistenza di altri mondi e, conseguentemente, negata ogni valenza teoretica dell’analogia (cfr. pp. 250-252).
Sono le prime idee kantiane allora a riscuotere successo, sebbene egli le considerasse, quasi certamente, “giovanili errori”. Ciò “nulla toglie al fatto – chiosa Marcucci – che anche su questo tema particolare […] abbia dato importanti contributi sia nella affermazione che nella negazione di una 'teoria' la quale […] ancora oggi ci coinvolge e che riguarda quindi anche l’uomo a noi contemporaneo” (p. 255).   


Indice

Premessa di C. La Rocca

A priori trascendentale

SCIENZA
Kant e la scienza moderna
Kant e Linneo. Un “superamento scientifico-filosofico di una visione “descrittiva” della natura
Sull’uso dei termini “genere” e “specie” nella filosofia di Kant
Le “scienze della vita” nella Physische Geographie di Kant
Etica e antropologia in Kant

TELEOLOGIA
La teleologia in Kant
L’“appropriatezza” epistemologica dell’idea di finalità in Kant

MONDO
L’idea di mondo in Kant
Analogia e pluralità di mondi in Kant 

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