Che rapporto esiste tra la bellezza, come concetto eterno e senza tempo, e la realtà che si dipana entro lo scorrere della nostra vita quotidiana? Platone, Burke, Kant, Croce e molti altri pensatori, più o meno recenti, hanno dedicato molte delle loro riflessioni al bello, e al ruolo che l’estetica ricopre nell’interpretazione del mondo. Roger Scruton, definito dal New Yorker come «il più influente filosofo al mondo», probabilmente con un pizzico di esagerazione,
ha indagato la questione attraverso una sottile analisi dell’alternanza tra ragione e sentimento riuscendo a tratteggiare, col suo stile sempre sagace e polemico, una ricerca – dettagliata e puntuale – lungi da essere il “classico” e prolisso manuale d’estetica.
ha indagato la questione attraverso una sottile analisi dell’alternanza tra ragione e sentimento riuscendo a tratteggiare, col suo stile sempre sagace e polemico, una ricerca – dettagliata e puntuale – lungi da essere il “classico” e prolisso manuale d’estetica.
Scopo principale dell’opera è argomentare a favore della bellezza come «un valore reale e universale, radicato nella nostra natura razionale», contrastando apertamente con quei filosofi che vedono nella contemplazione estetica un abbandono alla passione irrazionale. Volutamente pop, il saggio di Scruton individua la bellezza nell'eros, nella natura selvaggia, nelle architetture delle città d’arte, nella semplicità della vita di tutti i giorni e, addirittura, nella moda da non banalizzare come semplice fenomeno sociale passeggero.
Pur rintracciando la bellezza in diverse forme del “darsi” dell’oggetto estetico, Scruton polemizza con ferocia nei confronti del relativismo in merito alla possibilità di equiparare Brahms ad un qualsiasi gruppo punk, Michelangelo ad un artista di strada senza nome, contestando – più attraverso opinioni che argomenti – il concetto estetico di "fuga dalla bellezza" che incombe sulla filosofia dell’arte da quando Duchamp, e il suo famoso gabinetto, hanno negato ogni sacralità alla contemplazione della bellezza ponendo, solenne, la domanda delle domande: “ma che cos’è arte e cosa non lo è?”.
Per contrastare il relativismo artistico, l’idea che si possa rispondere con “ciò che viene ritenuto tale” alla domanda, e l’incombere delle “pornografie estetiche”, Roger Scruton si muove con disinvoltura tra modernisti del calibro di Eliot e Pound, in favore di uno scopo spirituale che dovrebbe essere impresso, dall’artista, in ogni manifestazione della sua opera; recuperando dunque la presunta morte del bello, forse più grave di quella di Dio cantata dallo Zarathustra di Nietzsche, per sostenere che in un incontro ben ponderato tra cultura e intenzione verso una risoluzione dei problemi del presente, un’autentica esperienza estetica sia ancora possibile.
Nonostante l’estrema difficoltà della materia trattata, Scruton si avvale di una fluidità stilistica e di una semplicità espositiva che rendono, anche per un pubblico di non addetti ai lavori, questo saggio una piacevole lettura, costellata di una ricca bibliografia sull’evolversi dell’estetica dai classici sino ad oggi. Uno stile frequente in ogni sua opera, sia che si tratti di globalizzazione che di filosofia del vino, anche se qualche volta il suo preferire la sagacia agli argomenti ben costruiti risulta inficiare le sue architetture filosofiche (si pensi al suo testo contro i diritti animali, privo di controesempi ai filosofi dell’antispecismo).
Criticando Tommaso, e intrigato da Platone e Plotino da cui pur si discosta, Scruton ci consegna un volume che consacra la bellezza entro il più complesso sistema della ragione, sostenendo che è impossibile contemplare il bello senza la facoltà che più ci rende umani, la razionalità. La ricerca della bellezza, la più dubbia e sfocata delle attrazioni umane diviene, da Kierkegaard a Wilde, approdando fino al testo qui recensito, l’aspetto più «estetico» dell’esistenza, ricercata come valore supremo, e difficilmente equiparabile, a causa del suo valore sovversivo, a verità e bontà come vorrebbero i filosofi del passato. La bellezza, posta da Scruton su un piano metafisico ben diverso da quello di verità ed epifenomeni affini, diviene questione che concerne l’apparenza, e non l’essere; ma proprio qui, in questa distinzione, risiede in fondo la potenza dell’estetica per una visione filosofica del reale: occupandoci della bellezza, scopriamo la vita mentale della gente, degli animali umani che dunque siamo, invece che la struttura superficiale del mondo. La bellezza, analizzata attraverso la luce della filosofia di Scruton, esige di essere notata.
Indice:
Prefazione
- Il giudizio di bellezza
- La bellezza umana
- La bellezza naturale
- La bellezza quotidiana
- La bellezza artistica
- Gusto e ordine
VII. Arte ed Eros
VIII. Fuga dalla bellezza
IX. Riflessioni conclusive
Bibliografia
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