Milano-Udine, Mimesis, 2011, pp. 284, € 22, ISBN 9 788857506067
Recensione di Matteo Sozzi – 29/10/2011
Un percorso originale e suggestivo all’interno della filosofia aristotelica è offerto da questo testo di Elena Irrera. La tematica affascinante della bellezza è infatti un indovinato fil rouge, che accompagna il lettore in una rivisitazione di diversi aspetti della speculazione aristotelica e permette di cogliere prospettive e connessioni, che sovente rischiano di sfuggire anche per la tendenza dello Stagirita ad offrire trattazioni sistematiche di definiti campi d’indagine.
La bellezza, invece, presenta in Aristotele le caratteristiche dell’interdisciplinarietà: è oggetto delle scienze teoretiche e matematiche, è indagato nelle ricerche biologiche come segno del raggiungimento del proprio fine da parte degli esseri viventi, è associato negli studi etici alle azioni virtuose e, infine, assume il ruolo di obiettivo da realizzare per i politici retti. Studiare il bello in Aristotele, pertanto, conduce inevitabilmente, da un lato, a indagare l’intero pensiero del filosofo, dall’altro lato, a considerare l’unità profonda della sua speculazione. Così, emergerà, ad esempio, come il bello in quanto oggetto di contemplazione intellettuale possa orientare la comprensione della categoria di bellezza all’interno degli ambiti morale e politico e, viceversa, come la bellezza delle azioni virtuose possa connettersi con il bello oggetto di contemplazione intellettuale.
Il testo si articola in quattro capitoli. Il primo introduce al tema della bellezza quale stimolo della ricerca conoscitiva dell’uomo, a partire dall’esperienza visiva fino all’indagine sul bello offerta dalla scienze matematiche; quest’ultima permette di cogliere la natura teoretica della bellezza, separabile dai suoi aspetti accidentali e riferibile alla struttura interna degli enti. Il bello, infatti, rappresenta una “forma” sussistente nel pensiero a prescindere dalla contingenza delle situazioni e, pertanto, conduce chi lo contempli a separare gli aspetti essenziali della realtà da quelli corruttibili. Tale osservazione si applica significativamente non solo al campo delle scienze matematiche, ma anche alle azioni virtuose. A tal proposito, all’interno di questo capitolo, viene delineato un interessante confronto circa il rapporto tra bello e bene in Aristotele e in Platone. A questa comparazione fa seguito, infine, l’importante considerazione sull’imprescindibilità del soggetto contemplante per il darsi dell’esperienza stessa della bellezza: qualsiasi cosa venga giudicata bella presuppone un soggetto intenzionato a conoscerla nelle sue caratteristiche essenziali.
Il secondo capitolo affronta, quindi, il nucleo della tesi dell’autrice: il bello come causalità metafisica. Viene richiamata la dottrina aristotelica delle quattro cause dell’essere e viene motivata la pertinenza delle categorie di causalità formale, causalità finale e causalità efficiente riferite al bello, mentre viene escluso che il bello possa essere causa materiale. All’interno di queste considerazioni vengono proposti alcuni riferimenti fondamentali della cosmologia aristotelica considerati anche nel loro rapporto con la concezione platonica.
Il terzo capitolo è invece dedicato interamente all’analisi della bellezza quale causa efficiente. In tale prospettiva, viene illustrata una interessante interpretazione del Primum movens immobile, con particolare riferimento alla modalità con cui la contemplazione promuove il movimento. L’autrice sostiene la tesi che sia proprio la bellezza l’elemento che conduce la sostanza divina a comprendere e ad amare se stessa, così da perseverare in atto, nella propria perfezione e nella propria essenza, rimanendo eternamente quel bene da cui tutta la realtà dipende. In quest’ottica, la bellezza della sostanza prima, bene sommo e vita in atto, non è mera apparenza, ma riesce ad imprimere ordine e uniformità all’intero cosmo. Si tratta di un capitolo certamente impegnativo, la cui importanza è dovuta al fatto che la stessa idea di causalità efficiente della sostanza divina fornisce una chiave d’accesso anche alla comprensione di alcuni aspetti della natura umana: come la bellezza del Motore immobile mantiene perennemente in atto la sostanza divina, così la visione del bello potrà permettere all’uomo di sviluppare strategie per il raggiungimento della bellezza ideale, mantenendo vivo il desiderio di realizzare nella pratica ciò che è pensato come bello, pur nei limiti dell’umano. La contemplazione del bello per l’uomo diventa quindi esigenza di contemplazione, che lo conduce a realizzazioni nella vita pratica ad esso coerenti.
Questa concezione trova piena conferma nel quarto capitolo, che si sviluppa a partire da due importanti convinzioni: la prima è che l’etica sia in grado di indirizzare e indurre mutamenti nella vita dell’uomo, la seconda che l’individuo e il politico virtuosi agiscano con una motivazione e un fine legati al bello. Tali presupposti vengono illustrati con importanti riferimenti alla concezione di natura, al rapporto tra natura e arte, al Protreptico, alla dimensione politica e all’arte legislativa in particolare, e conducono la riflessione al riconoscimento che la bellezza non sia per Aristotele riducibile unicamente alla sfera contemplativa, ma sia anche fattore di cambiamento pratico dell’uomo in vista del raggiungimento della sua propria natura.
Il pensiero aristotelico viene così offerto alla comprensione del lettore privo di rigide separazioni, in una prospettiva unitaria, garantita dal tema della bellezza, che è il filo conduttore dell’intero testo. Importante è infine notare il poderoso apparato critico. Sono, infatti, presenti numerosi approfondimenti di singole tematiche o significative esplicitazione di questioni dibattute, affidati a digressioni, note esplicative, riferimenti bibliografici. A tal proposito, è utile notare come il testo si presti sia ad una lettura attenta agli argomenti di fondo che non voglia indugiare sui singoli contributi critici, sia all’analisi più mirata di uno o più aspetti in cui si voglia addentrarsi e di cui vengono forniti significativi percorsi di approfondimento. Certamente il lettore avrà comunque modo di apprezzare il rigore dell’analisi dei testi e la profondità della riflessione che supporta le argomentazioni proposte.
Indice
Avvertenze generali per il lettore
Abbreviazioni
Introduzione
I. L’esperienza umana della bellezza
1.1 La tensione verso la conoscenza
1.2 Il bello, il bene e le scienze matematiche
1.3 Alcune osservazioni sul bene e il bello in Platone
1.4 I rapporti tra bellezza e bene in Aristotele
1.5 La recettività umana della bellezza e il soggetto contemplante
II. In quali cause è contenuto il bello?
2.1 L’assenza del bello dalla causa materiale
2.2 Causa formale
2.3 Causa finale
2.4 Causa efficiente
III. La causalità efficiente della sostanza soprasensibile
3.1 Introduzione
3.2 Caratteristiche del primo motore
3.3 Immobilità e attualità della sostanza prima. Un confronto con Platone
3.4 Il bello e la sostanza prima come “oggetti di attrazione”
3.5 Come muove il motore immobile? Alcune interpretazioni
3.6 Da chi è amato il motore immobile?
3.7 Il motore immobile come principio attualizzante
3.8 La sostanza soprasensibile come Noesis Noeseos
3.9 La sostanza prima come “forma perfetta di vita”
3.10 Come la contemplazione promuove il movimento. Conclusioni
IV Dalla contemplazione all’azione. Il bello come valore da realizzare
4.1 Il bello nella dimensione pratica: causa efficiente o finale?
4.2 Un comune denominatore tra bellezza teoretica e bellezza pratica: la physis
4.3 tra contemplazione e azione. Il Protreptico
4.4 Essere e divenire “secondo natura”
4.5 Il rapporto tra natura e arte
4.6 Dalla natura all’azione politica: il caso dell’arte legislativa
4.7 Conclusioni
Nota conclusiva
Bibliografia
Recensione di Matteo Sozzi – 29/10/2011
Un percorso originale e suggestivo all’interno della filosofia aristotelica è offerto da questo testo di Elena Irrera. La tematica affascinante della bellezza è infatti un indovinato fil rouge, che accompagna il lettore in una rivisitazione di diversi aspetti della speculazione aristotelica e permette di cogliere prospettive e connessioni, che sovente rischiano di sfuggire anche per la tendenza dello Stagirita ad offrire trattazioni sistematiche di definiti campi d’indagine.
La bellezza, invece, presenta in Aristotele le caratteristiche dell’interdisciplinarietà: è oggetto delle scienze teoretiche e matematiche, è indagato nelle ricerche biologiche come segno del raggiungimento del proprio fine da parte degli esseri viventi, è associato negli studi etici alle azioni virtuose e, infine, assume il ruolo di obiettivo da realizzare per i politici retti. Studiare il bello in Aristotele, pertanto, conduce inevitabilmente, da un lato, a indagare l’intero pensiero del filosofo, dall’altro lato, a considerare l’unità profonda della sua speculazione. Così, emergerà, ad esempio, come il bello in quanto oggetto di contemplazione intellettuale possa orientare la comprensione della categoria di bellezza all’interno degli ambiti morale e politico e, viceversa, come la bellezza delle azioni virtuose possa connettersi con il bello oggetto di contemplazione intellettuale.
Il testo si articola in quattro capitoli. Il primo introduce al tema della bellezza quale stimolo della ricerca conoscitiva dell’uomo, a partire dall’esperienza visiva fino all’indagine sul bello offerta dalla scienze matematiche; quest’ultima permette di cogliere la natura teoretica della bellezza, separabile dai suoi aspetti accidentali e riferibile alla struttura interna degli enti. Il bello, infatti, rappresenta una “forma” sussistente nel pensiero a prescindere dalla contingenza delle situazioni e, pertanto, conduce chi lo contempli a separare gli aspetti essenziali della realtà da quelli corruttibili. Tale osservazione si applica significativamente non solo al campo delle scienze matematiche, ma anche alle azioni virtuose. A tal proposito, all’interno di questo capitolo, viene delineato un interessante confronto circa il rapporto tra bello e bene in Aristotele e in Platone. A questa comparazione fa seguito, infine, l’importante considerazione sull’imprescindibilità del soggetto contemplante per il darsi dell’esperienza stessa della bellezza: qualsiasi cosa venga giudicata bella presuppone un soggetto intenzionato a conoscerla nelle sue caratteristiche essenziali.
Il secondo capitolo affronta, quindi, il nucleo della tesi dell’autrice: il bello come causalità metafisica. Viene richiamata la dottrina aristotelica delle quattro cause dell’essere e viene motivata la pertinenza delle categorie di causalità formale, causalità finale e causalità efficiente riferite al bello, mentre viene escluso che il bello possa essere causa materiale. All’interno di queste considerazioni vengono proposti alcuni riferimenti fondamentali della cosmologia aristotelica considerati anche nel loro rapporto con la concezione platonica.
Il terzo capitolo è invece dedicato interamente all’analisi della bellezza quale causa efficiente. In tale prospettiva, viene illustrata una interessante interpretazione del Primum movens immobile, con particolare riferimento alla modalità con cui la contemplazione promuove il movimento. L’autrice sostiene la tesi che sia proprio la bellezza l’elemento che conduce la sostanza divina a comprendere e ad amare se stessa, così da perseverare in atto, nella propria perfezione e nella propria essenza, rimanendo eternamente quel bene da cui tutta la realtà dipende. In quest’ottica, la bellezza della sostanza prima, bene sommo e vita in atto, non è mera apparenza, ma riesce ad imprimere ordine e uniformità all’intero cosmo. Si tratta di un capitolo certamente impegnativo, la cui importanza è dovuta al fatto che la stessa idea di causalità efficiente della sostanza divina fornisce una chiave d’accesso anche alla comprensione di alcuni aspetti della natura umana: come la bellezza del Motore immobile mantiene perennemente in atto la sostanza divina, così la visione del bello potrà permettere all’uomo di sviluppare strategie per il raggiungimento della bellezza ideale, mantenendo vivo il desiderio di realizzare nella pratica ciò che è pensato come bello, pur nei limiti dell’umano. La contemplazione del bello per l’uomo diventa quindi esigenza di contemplazione, che lo conduce a realizzazioni nella vita pratica ad esso coerenti.
Questa concezione trova piena conferma nel quarto capitolo, che si sviluppa a partire da due importanti convinzioni: la prima è che l’etica sia in grado di indirizzare e indurre mutamenti nella vita dell’uomo, la seconda che l’individuo e il politico virtuosi agiscano con una motivazione e un fine legati al bello. Tali presupposti vengono illustrati con importanti riferimenti alla concezione di natura, al rapporto tra natura e arte, al Protreptico, alla dimensione politica e all’arte legislativa in particolare, e conducono la riflessione al riconoscimento che la bellezza non sia per Aristotele riducibile unicamente alla sfera contemplativa, ma sia anche fattore di cambiamento pratico dell’uomo in vista del raggiungimento della sua propria natura.
Il pensiero aristotelico viene così offerto alla comprensione del lettore privo di rigide separazioni, in una prospettiva unitaria, garantita dal tema della bellezza, che è il filo conduttore dell’intero testo. Importante è infine notare il poderoso apparato critico. Sono, infatti, presenti numerosi approfondimenti di singole tematiche o significative esplicitazione di questioni dibattute, affidati a digressioni, note esplicative, riferimenti bibliografici. A tal proposito, è utile notare come il testo si presti sia ad una lettura attenta agli argomenti di fondo che non voglia indugiare sui singoli contributi critici, sia all’analisi più mirata di uno o più aspetti in cui si voglia addentrarsi e di cui vengono forniti significativi percorsi di approfondimento. Certamente il lettore avrà comunque modo di apprezzare il rigore dell’analisi dei testi e la profondità della riflessione che supporta le argomentazioni proposte.
Indice
Avvertenze generali per il lettore
Abbreviazioni
Introduzione
I. L’esperienza umana della bellezza
1.1 La tensione verso la conoscenza
1.2 Il bello, il bene e le scienze matematiche
1.3 Alcune osservazioni sul bene e il bello in Platone
1.4 I rapporti tra bellezza e bene in Aristotele
1.5 La recettività umana della bellezza e il soggetto contemplante
II. In quali cause è contenuto il bello?
2.1 L’assenza del bello dalla causa materiale
2.2 Causa formale
2.3 Causa finale
2.4 Causa efficiente
III. La causalità efficiente della sostanza soprasensibile
3.1 Introduzione
3.2 Caratteristiche del primo motore
3.3 Immobilità e attualità della sostanza prima. Un confronto con Platone
3.4 Il bello e la sostanza prima come “oggetti di attrazione”
3.5 Come muove il motore immobile? Alcune interpretazioni
3.6 Da chi è amato il motore immobile?
3.7 Il motore immobile come principio attualizzante
3.8 La sostanza soprasensibile come Noesis Noeseos
3.9 La sostanza prima come “forma perfetta di vita”
3.10 Come la contemplazione promuove il movimento. Conclusioni
IV Dalla contemplazione all’azione. Il bello come valore da realizzare
4.1 Il bello nella dimensione pratica: causa efficiente o finale?
4.2 Un comune denominatore tra bellezza teoretica e bellezza pratica: la physis
4.3 tra contemplazione e azione. Il Protreptico
4.4 Essere e divenire “secondo natura”
4.5 Il rapporto tra natura e arte
4.6 Dalla natura all’azione politica: il caso dell’arte legislativa
4.7 Conclusioni
Nota conclusiva
Bibliografia
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