lunedì 6 febbraio 2012

Santoro, Livio, Una fenomenologia dell’assenza. Studio su Borges

Salerno, Arcoiris, 2011, pp. VII-143, euro 12, ISBN 978-88-96583-29-6. Con un prologo di Blas Matamoro

Recensione di Daniele Petrella - 21/12/2011

Le riflessioni di Livio Santoro sulle implicazioni filosofiche dell’opera di Borges hanno il pregio di inscriverne il portato nel quadro della più ampia presa di congedo – che informa larga parte della filosofia del Novecento – dalla centralità accordata alla soggettività da Descartes all’alba della modernità. Se la filosofia di Hegel può essere considerata come il vertice speculativo del ruolo fondante accreditato alla soggettività, l’opera letteraria di Borges rappresenta una profonda e radicale problematizzazione del primato “ontologico” assunto in generale dalla soggettività nella modernità. 

Risulta del tutto evidente come ciò non sia una sola esclusiva di Borges. Infatti, Santoro adduce come esempi di “tentativi di abbandonare la questione ontologica” (p. 22) della soggettività Essere e tempo (1927) di Heidegger (in particolare la categoria esistenziale della “gettatezza” (Geworfenheit) nel mondo), ed i Principi di una filosofia della morale (1972) di Pietro Piovani, in particolare il principio dell’assenzialismo che interpreta programmaticamente la soggettività come “assenza di fondamento”. La gettatezza e l’assenza di fondamento allora “fondano per Heidegger e Piovani il soggetto come ente inizialmente e originariamente negativo” (p. 24), dando luogo ad una coerente “ontologia negativa” della soggettività. Entro queste coordinate filosofiche l’opera di Borges si configura per Santoro come il “coronamento della dichiarazione di impraticabilità del terreno dell’ontologia” (p. 27). Per documentare in maniera esemplare il ribaltamento dell’ordine assiologico scandito dal privilegio della soggettività rispetto agli oggetti, Santoro rimanda al noto racconto L’incontro tratto dal Il manoscritto di Brodie (1970), in cui si narra del duello mortale tra Uriarte e Duncan. Come spesso accade in Borges, i veri protagonisti del racconto non sono i due gauchos, ma i pugnali, gli oggetti, con cui essi si sfidano all’ultimo duello: “Entrambe [sc. le armi] sapevano combattere – non gli uomini, loro strumenti – e combatterono bene quella notte”. È, dunque, il pugnale, l’oggetto, – com’è il caso, per esempio, anche degli scacchi nell’omonimo poema di Borges – a muovere ed a istruire il processo dell’agire proprio del soggetto, rendendolo mero strumento di lotta. Indissociabile da questa caratterizzazione negativa della soggettività si rivela anche l’indagine sul tempo da parte di Borges. Infatti, nella Storia dell’eternità (1936), accanto al concetto di eternità inteso come “scorrimento lineare” (p. 38) del tempo, secondo Santoro Borges mostra come il concetto di tempo sia stato improntato nella tradizione filosofica alla nozione di ciclicità. Rispetto alla concezione del tempo come eterno ritorno dell’uguale, per Santoro Borges delinea – anche in polemica con Nietzsche – una “concezione dei cicli similari ma non identici” (p. 40) del tempo. Come si riflette ciò, in termini positivi, sulla nozione negativa di soggettività? A giudizio di Santoro, la concezione di tempo proposta da Borges implica che “l’esistenza dell’uomo, e con essa quella del mondo, segue una sorta di indeterminabile finitezza in cui poter preservare da una parte il destino della libertà e dell’arbitrio, e dall’altra anche, e contemporaneamente, le peculiarità “definitorie” della realtà stessa nei suoi diversi accenti (anche al di là dell’uomo)” (p. 40). Le diverse declinazioni cui è stato sottoposto il concetto di tempo nel corso della storia del pensiero sono interpretate da Santoro in maniera fenomenologica, ossia sono concepite nell’opera di Borges come possibili concezioni del tempo a cui corrispondono altrettante concezioni della soggettività, incarnate in maniera esemplare dai protagonisti dei racconti. A tal proposito, si pensi qui al noto racconto Funes il memorioso (1956), in cui il protagonista ha una capacità di ricordo talmente abnorme, da vivere in un eterno passato sempre attualizzato nel presente. Scrive Borges: “In effetti, Funes ricordava non solo ogni foglia di ogni albero di ogni bosco, ma ognuna delle volte che l’aveva percepita o immaginata (…) Era quasi incapace di idee generali, platoniche” (p. 72). Prendendo come termine di riferimento contrastivo la diade heideggeriana di autenticità/inautenticità, Santoro mostra come Borges non voglia proporre una concezione del soggetto che sia più originaria di quella pensata dalla modernità, ma far vedere su un piano fenomenologico come vi siano possibili nozioni di soggetto in correlazioni a diversi concetti di tempo e di realtà. Su questo terreno, Santoro illumina – ed è qui che consiste il tratto peculiare del suo lavoro – la complessità dei personaggi borgesiani, avvalendosi delle interpretazioni fenomenologiche di Binswanger e di Minkowski. Per Santoro, infatti, Funes rappresenta in maniera esemplare un caso di soggetto psicotico nel quale la realtà, il tempo e il linguaggio sono, sì, ‘psicopatologicamente’ distorte, ma costituiscono al contempo una possibilità interpretativa degna e legittima. Scrive Santoro: “Ma l’angoscia di Funes, come d’altronde si potrebbe dire per le forme caratteriali degli altri personaggi borgesiani, non viene presentata come uno scacco ineludibile mosso all’autenticità (heideggeriana) del vissuto soggettivo, essa è ipotesi possibile di realtà (…)” (p. 76). Da questa prospettiva, Santoro mostra allora come alla temporalità vissuta dai soggetti di Borges corrisponda “una piattaforma esperienziale in cui vengono frammentati a dismisura gli accenti del reale, fino al raggiungimento paradossale della diffusione di presenti legittimi” (p. 41). E, di rimando, una concezione complessa, prospettica, della realtà interpretata da Borges come labirinto, la cui cifra costitutiva risiede nell’invalidare qualsivoglia tentativo di definizione ultima da parte del soggetto. Il labirinto o il caos “diventa la cifra negativa di un’indagine che principia come ontologica, ma che si nega nella diffusione dell’affermazione e delle legittimazione di ogni versione ipotizzabile del reale” (p. 106). A partire da questo quadro filosofico fondamentale, Santoro legge e affronta le altre tematiche borgesiane del sogno, dell’utopia, del significato della biblioteca universale, etc. Più in generale, a nostro avviso il pregio di questo volume di Santoro si configura come una rinnovata sollecitazione a leggere direttamente l’opera di Borges, la quale, benché offra notevoli spunti di discussione sui classi temi filosofici, è rimasta – anche polemicamente per bocca di Borges medesimo – letteratura e non filosofia. Se Borges stesso ha scritto che la metafisica può essere considerata come una diramazione della letteratura fantastica, resta sempre aperta la domanda – che ogni studio filosofico sullo scrittore argentino dovrà sempre affrontare – perché Borges ha scelto di fare letteratura e non filosofia.   


Indice


Prologo. Un elogio dell’assenza, di Blas Matamoro

I. Un’introduzione. Prolegomeni per un’ontologia negativa

II. Borges: le ipotesi autoriali del mondo

III. Dall’eternità al tempo

IV. L’inattualità di Emma e del gaucho, suo precursore

V. La memoria incontrollabile e asfittica di Ireneo Funes

VI. Le innumerevoli possibilità antropologiche del verbo

VII. Il molteplice e l’uno: le corrispondenze inestimabili degli oggetti totali

VIII. Dai libri alla biblioteca: dagli oggetti totali ai luoghi totali

IX. Da La casa di Asterione a Le rovine circolari. Due argomenti per una tematizzazione del labirinto

X. La sostanza affermativa della negazione come diffusione infinita della litote

Bibliografia

11 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

È evidente che se filosoficamente indagato e con presupposti materialistici non materialisti, qualsiasi non qualunque realismo magico (Borges aveva il proprio) diventa nichilistico-annichilente, lasciando essere materia stessa del materialistico autonegarsi... E ciò per Borges era stato modo politico-critico-letterario e maniera di anticritica non antiletteraria ma in queste autoiniziative-autoiniziazioni v'era quale alterità coinvolta il filosofare politico civile culturale del comunismo sociale cui controparte ne era il filosofoggiare di futuristi capitalismo...
Quindi non esattezza in pensare suggestioni pseudofilosofiche neanche inesatto a considerarne...

Ma, data concretezza di azione letteraria di J. L. Borges e notandone adattatezza a condizioni politiche, da autore stesso... rigettate (e... ri-gettate), dunque si deve inquadrare questione ex-cartesiana - post-heideggeriana messa - ri-messa in gioco da recensore in sua recensione a partire da analisi politiche di collettività di destinazioni culturali - letterarie e di singolarità di destino letterario-culturale.


...


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In messaggio precedente

'futuristi capitalismo '

sta per:

futuristi del capitalismo .


Reinvierò testo completo.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

+


È evidente che se filosoficamente indagato e con presupposti materialistici non materialisti, qualsiasi non qualunque realismo magico (Borges aveva il proprio) diventa nichilistico-annichilente, lasciando essere materia stessa del materialistico autonegarsi... E ciò per Borges era stato modo politico-critico-letterario e maniera di anticritica non antiletteraria ma in queste autoiniziative-autoiniziazioni v'era quale alterità coinvolta il filosofare politico civile culturale del comunismo sociale cui controparte ne era il filosofoggiare di futuristi del capitalismo...
Quindi non esattezza in pensare suggestioni pseudofilosofiche neanche inesatto a considerarne...

Ma, data concretezza di azione letteraria di J. L. Borges e notandone adattatezza a condizioni politiche, da autore stesso... rigettate (e... ri-gettate), dunque si deve inquadrare questione ex-cartesiana - post-heideggeriana messa - ri-messa in gioco da recensore in sua recensione a partire da analisi politiche di collettività di destinazioni culturali - letterarie e di singolarità di destino letterario-culturale.


...


MAURO PASTORE



MAURO PASTORE ha detto...

J. L. Borges fu "ultraista" che equivale a 'radical-conservatore'; ideologia pratica di politica non aliena da autoritarismo e giustizialismi ma ad autoritarismi negata e non portata a totalitarismi; perché autorità aggiunta avendo senso non significato nell'atto ad oltranza e totalità non necessitando di alcuna oltranza e perché parzialità ad oltranza possibile se non eterovolta cioè stante in politici limiti od extrapolitiche forierità.

Ultraismo era rifiuto a rifar tutto e politologicamente era diritto, diritto-dovere, destino di parte importante di politica in Argentina, differente che in Italia perché lì Istituzioni Statali non per Paese stesso istituibili ma con Paese stesso; ed Istituzioni Politiche a tal necessità referenti per necessità non medesima soltanto oppure non solo stessa.
In questo ...quanto di deliberazione — ulteriore a necessità statali-statuali in Argentina ulteriormente vincolanti quelle statuali-statali rispetto a solo vincolo italiano e in Italia — v'era ((e v'è)) variabilità-varietà decisionale cui rapportabile deliberabile varietà-variabilità politica; questa ultima possibilità puramente politica in politiche possibilità di Paese 'argentino' devesi relazionare dunque a politiche impossibilità da medesimo Paese; ciò condizione universale che ogni Paese del Mondo presenta a qualsiasi qualunque politica nel Mondo.

La specularità politica di Argentina ed Italia, ciascun Paese rispetto all'altro con rapporti Stato-Politica-Istituzioni inversi per differenza di possibilità-impossibilità, naturali, di ciascuno ( Paese), non fu oggetto di rispetto politico da parte di totalitarismo comunista, il quale ne faceva conto di inesistenza dopo che fascismo totalitario ne aveva fatto conto di inezia.
Componente ultraista di politica 'argentina' [ho usato apici per non confondere -o non limitare a- indicazioni specifiche materiali e cromatiche] fu stata ed era (ed è) istanza ovvia in politica di Argentina e in più era stata ed era () azione non ovvia, politica scelta di aggiunta oltre che semplice aggiunta in stessa Argentina.
Ultraismo ideologico in Italia non è mai potuto assurgere a ideologia neppure qual scelta di aggiungere, poiché, qui, in tal e sol ultima accezione lo si avrebbe potuto se disastro totale di impolitica; ma potette essere assunta qual idea; e ne fu, né è stata, in multipla-plurima democratica forza politica italiana, pur marginalmente fino ad ora.


Indubbiamente argomenti di cui indice di lavoro recensito rappresentano anche concetti cui concretezza quella idea, politica, di ultraismo, da stessa ideologia politica 'argentina'.
Forse autore recensito inconsapevole di cosa rappresentasse estremismo in sue trattazioni, ne svolgeva per scopi non di acculturazione filosofica e tentandone viceversa; ma gli estremi contenuti, ne fanno occasione di Decostruzione Ultima del Convenzionalismo e di Intera Dissoluzione del Formalismo, rispettivamente: non dittatorismo fascista né neofascista; non impositivismo comunista-totalitario né totalitarismo-comunista.


Borges dunque aveva deciso e realizzato scritti e scrittura che fossero diaframma a pretese totalitarie e caleidoscopio ad inviti impolitici.
Sistemi interpretativi di materialismo dialettico sono esclusi dal comprenderne materia letteraria e sistematica dialettica materiale invece non esclusane.

Si potrebbe dire che Gramsci avrebbe potuto rendersi critico letterario di J. L. Borges ma non Marx (perché comunismo gramsciano in sue autentiche tesi estreme era eticamente non economico cioè antimonista ed ammettendo anche monopòli ed oligopòli non solo pantopòli [:pan-to-poli] e poiché ultraismo 'argentino' era da etica di base pluralista - pluralista-eventualista).


Recensore di argomentatività recensita non ne rappresenta la multiformità-indefinità.


(...)


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Recensore scriveva di ex primato filosofico sociale del soggetto è di ruolo ormai secondario di ontologia...

Di paure immotivate e di reazioni ingiuste segregative ai danni di schizofrenici e psicotici, è ontologica inconsistenza corrispondente a cosmologica funzione di entrambe sintomatologie-patologie; di cui solo circostanze particolari di situazioni particolari potrebbero rendere i sintomi ed i patimenti problema di salute e malattia e non tutta umanità vive in tal rischio anzi parte non saprebbe neppure esporsene (neppure io saprei) perché ha ed aveva (ed anch'io ho - e in passato pure mai altro) da utilizzare piene facoltà sia a multiformi evenienze che a uniformi accadimenti e perché sintomatologie-patologie negative a chi in positivo fanno restar in positivo ed a chi in negativo fanno perlomeno notare un positivo; ché se i malati da stato non solo in stato di schizofrenia e di psicosi avessero meno ancora che malattia, sarebbero a stento ed a corto di energie vitali cioè moribondi o morituri.
Borges diede esempio...
di un folle non tale in sé stesso ma per evenienza folle cui capitato... come (?) chi restato appeso ad una fune e neppure resistente deve pensare a nulla di nuovo perché tutto gli cambia troppo sotto e deve cadere inventando e creando sua stessa sopravvivenza...
e di due non in grado con armi ma armi facili e istruttive per loro più di speranze...
Ed insomma tali abbozzi esemplari diventano significati sociali se chi non volendone significare uguale tuttavia ne vuol pensare uguale: per virtù empatica non simpatica e forza di antipatia... una realtà sociale avversa in sua mente il materialista dialettico si costruisce... per odio contraddittorio!
Di ciò, non di questo, Frammenti di Anassimandro, non Binswanger né Minkowski; ed infatti star da sempre e per il sempre al riparo con salute da malattia, accade anche in vita ordinaria ma datoché: multiformi evenienze e uniformi accadimenti, possono pure esser da lontananze o remotezza, sia in tempo che spazio e sia in spazio che tempo.
Questo riparo oppur destino, è soggettualità-oggettualità naturale - civile cui tutte le possibili eventuali oggettività-soggettività non sono mai perdita di soggettivizzazione minima e salutare; perciò disciplina ontologica, in anno di recensione non ancora mutata di ruolo sociale culturale politico, ne è mutata comunque con indifferenza ed estranità a mondo ove civiltà accade in naturalità ((che è sempre stato il mio mondo)).
La uniformazione sociale ed il vuoto etnico non mutano civiltà che è in naturalità però ne sono avverse e sono un pericolo per destino di umanità non solo per civiltà in naturalità.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In messaggio precedente:

'Recensore scriveva di ex primato filosofico sociale del soggetto è di ruolo ormai secondario di ontologia...'

non è logicamente sbagliato e neppure inventato se inteso così

'Recensore scriveva di:
ex primato filosofico sociale del soggetto è di ruolo ormai secondario di ontologia...'

In verità a questo anche pensavo revisionando e perciò (ed anche a causa di immancabili brighe da pressi contro di me (non da bestie) ) non mi preoccupavo tanto di ricontrollare che altro non diverso senso fosse inviato e cioè:

| Recensore scriveva di ex primato filosofico sociale del soggetto e di ruolo ormai secondario di ontologia...|

Reinvierò.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

+(-)


Recensore scriveva di ex primato filosofico sociale del soggetto e di ruolo ormai secondario di ontologia...

Di paure immotivate e di reazioni ingiuste segregative ai danni di schizofrenici e psicotici, è ontologica inconsistenza corrispondente a cosmologica funzione di entrambe sintomatologie-patologie; di cui solo circostanze particolari di situazioni particolari potrebbero rendere i sintomi ed i patimenti problema di salute e malattia e non tutta umanità vive in tal rischio anzi parte non saprebbe neppure esporsene (neppure io saprei) perché ha ed aveva (ed anch'io ho - e in passato pure mai altro) da utilizzare piene facoltà sia a multiformi evenienze che a uniformi accadimenti e perché sintomatologie-patologie negative a chi in positivo fanno restar in positivo ed a chi in negativo fanno perlomeno notare un positivo; ché se i malati da stato non solo in stato di schizofrenia e di psicosi avessero meno ancora che malattia, sarebbero a stento ed a corto di energie vitali cioè moribondi o morituri.
Borges diede esempio...
di un folle non tale in sé stesso ma per evenienza folle cui capitato... come (?) chi restato appeso ad una fune e neppure resistente deve pensare a nulla di nuovo perché tutto gli cambia troppo sotto e deve cadere inventando e creando sua stessa sopravvivenza...
e di due non in grado con armi ma armi facili e istruttive per loro più di speranze...
Ed insomma tali abbozzi esemplari diventano significati sociali se chi non volendone significare uguale tuttavia ne vuol pensare uguale: per virtù empatica non simpatica e forza di antipatia... una realtà sociale avversa in sua mente il materialista dialettico si costruisce... per odio contraddittorio!
Di ciò, non di questo, Frammenti di Anassimandro, non Binswanger né Minkowski; ed infatti star da sempre e per il sempre al riparo con salute da malattia, accade anche in vita ordinaria ma datoché: multiformi evenienze e uniformi accadimenti, possono pure esser da lontananze o remotezza, sia in tempo che spazio e sia in spazio che tempo.
Questo riparo oppur destino, è soggettualità-oggettualità naturale - civile cui tutte le possibili eventuali oggettività-soggettività non sono mai perdita di soggettivizzazione minima e salutare; perciò disciplina ontologica, in anno di recensione non ancora mutata di ruolo sociale culturale politico, ne è mutata comunque con indifferenza ed estranità a mondo ove civiltà accade in naturalità ((che è sempre stato il mio mondo)).
La uniformazione sociale ed il vuoto etnico non mutano civiltà che è in naturalità però ne sono avverse e sono un pericolo per destino di umanità non solo per civiltà in naturalità.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Quando ormai futuro di ontologia diviso tra applicazione disciplinare universitaria e genericità indiretta di discorso logico rigoroso, stesso ruolo ne era, in alcuni ambienti culturali ex politici, stato ridotto. Ciò accadeva in anno di recensione.
A revanscismo comunista-totalitario piaceva che l'essere stato del potere totalitario-comunista non fosse detto in studi universitari rigorosi.
Se Europa fosse terminata in tutt'altro, sarebbe stato esaudito il piacere ricercato da quelli. Non è andata così ed è più che un bene.

Ontologia odiernamente ha ulteriore altro ruolo principale utile quale ormai statuita disciplina: non quale principio per nuovo realismo però quale strumento per ermeneutica della esistenza.

Pretesa di certi comunisti era assurda anche per saggezza di bestie.


In indice di lavoro recensito trovasi nome antico, del mito, ma che era anche di animale non razionale.

Leggenda assai nota tempi addietro, narrava di Regina emersa dalle onde di una spiaggia, seduta sulla testa di un toro, assieme a un toro poi andata via, in un palazzo vuoto ove chiunque aveva temuto di andare.

Meno nota anche tempi addietro quest'altra leggenda:
un uomo era entrato in un labirinto da chiunque sconosciuto e temuto; poi ne era uscito un toro e chiunque non sapeva altro che obbedire...

!


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

(... ...)


Dato che in indice di lavoro recensito trovasi nome antico, del mito, ma che era anche di animale non razionale, e dato che già ne ho detto altro; allego pure questo altro, anche per scrupolosità culturale oltre che filosofica:

Leggenda forse da più nessuno nota o ricordata:
Su un'isola, viveva molta gente obbedendo alle indicazioni che un toro faceva con le corna; un giorno il toro indicò la porta di un labirinto; ma nessuno voleva entrarvi. Finché, una notte, una persona se ne decise, ed uscendone la notte seguente colmo di gioie e di felicità; e ugualmente accadde di altre persone. Quando gli altri si domandarono perché mai solo ad alcuni le corna del toro avessero dato tanta ispirazione e coraggio e non sùbito, il toro non voleva più alcunché indicare; e dalla porta del labirinto uscirono un uomo e una donna nudi; e quelli già stati dentro si accorsero che il labirinto era un palazzo; e quelli non stati dentro scorsero che le chiome dei due si erano fatte di identico colore; ma l'acqua, poi, ne tolse la identità e chi non aveva già amato i due chiedeva al toro che desse un indizio con le corna; ma la bestia si infuriò contro i richiedenti e sino a che si domandarono perché mai temessero desiderando morte e come mai non temessero morte non desiderando... ma ancora furioso il toro, essi chiedevano ai due che ordinassero loro; ma nulla ne ricevevano fino a che non decidendo di amarli...
Sparito in mare il toro, anche dei due nessuno ne trovava più; chiunque non sapeva più vivere uguale a prima e soltanto così sapeva non morire. Ma nel palazzo nessuno riusciva a entrare, di nuovo.


In che senso ad irrazionalismo filosofico può accadere di spaventare chi da filosofia vuol poco o troppo?
Esempio:
Psicosi e schizofrenie quali iperspecializzazioni, sono odiernamente non malattie di falsi automobilisti ovvero solo guidatori nel resto funesti, per volontario divario percettivo-sensoriale o viceversa, sicché scordano dove vanno e vanno senza sapere di non stare in guerra e arrivano solo per recare noie o peggio. A far da compari, pedoni volontariamente in divario intellettuale - sentimentale, che non sanno perché andare e vanno a recare noie o peggio; ed a volte incontrandosi fuori ristoranti, vogliono entrarci dentro e tentar di mangiare vanamente; poi ne escono con esigenza di maggiore attività ma non sanno dove stanno e cosa fare; ed allora iniziano a darsi ceffi e botte ma con tutti quei divariare psicofisici non riescono a liberare energie se non inventando questione è litigio vero e pessimo.

Il lettore mediti codesto esempio per capire.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In ultimo messaggio:

'questione è litigio vero e '

sta, stia per:

questione e litigio vero e .


Reinvierò.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

()
(... ...)


Dato che in indice di lavoro recensito trovasi nome antico, del mito, ma che era anche di animale non razionale, e dato che già ne ho detto altro; allego pure questo altro, anche per scrupolosità culturale oltre che filosofica:

Leggenda forse da più nessuno nota o ricordata:
Su un'isola, viveva molta gente obbedendo alle indicazioni che un toro faceva con le corna; un giorno il toro indicò la porta di un labirinto; ma nessuno voleva entrarvi. Finché, una notte, una persona se ne decise, ed uscendone la notte seguente colmo di gioie e di felicità; e ugualmente accadde di altre persone. Quando gli altri si domandarono perché mai solo ad alcuni le corna del toro avessero dato tanta ispirazione e coraggio e non sùbito, il toro non voleva più alcunché indicare; e dalla porta del labirinto uscirono un uomo e una donna nudi; e quelli già stati dentro si accorsero che il labirinto era un palazzo; e quelli non stati dentro scorsero che le chiome dei due si erano fatte di identico colore; ma l'acqua, poi, ne tolse la identità e chi non aveva già amato i due chiedeva al toro che desse un indizio con le corna; ma la bestia si infuriò contro i richiedenti e sino a che si domandarono perché mai temessero desiderando morte e come mai non temessero morte non desiderando... ma ancora furioso il toro, essi chiedevano ai due che ordinassero loro; ma nulla ne ricevevano fino a che non decidendo di amarli...
Sparito in mare il toro, anche dei due nessuno ne trovava più; chiunque non sapeva più vivere uguale a prima e soltanto così sapeva non morire. Ma nel palazzo nessuno riusciva a entrare, di nuovo.


In che senso ad irrazionalismo filosofico può accadere di spaventare chi da filosofia vuol poco o troppo?
Esempio:
Psicosi e schizofrenie quali iperspecializzazioni, sono odiernamente non malattie di falsi automobilisti ovvero solo guidatori nel resto funesti, per volontario divario percettivo-sensoriale o viceversa, sicché scordano dove vanno e vanno senza sapere di non stare in guerra e arrivano solo per recare noie o peggio. A far da compari, pedoni volontariamente in divario intellettuale - sentimentale, che non sanno perché andare e vanno a recare noie o peggio; ed a volte incontrandosi fuori ristoranti, vogliono entrarci dentro e tentar di mangiare vanamente; poi ne escono con esigenza di maggiore attività ma non sanno dove stanno e cosa fare; ed allora iniziano a darsi ceffi e botte ma con tutti quei divariare psicofisici non riescono a liberare energie se non inventando questione e litigio vero e pessimo.

Il lettore mediti codesto esempio per capire.


MAURO PASTORE