« […] non bisogna confondere il molle tepore dei compromessi con la freddezza che è propria delle vere passioni. Gli scrittori che amiamo di più, noi “freddi” sistematici, sono Sade e Nietzsche, che in effetti “parlavano male dell'uomo”. Non erano, però, anche gli scrittori più appassionati?». È con questo significativo accostamento, fra la passione e la freddezza, fra il creatore di Justine e il filosofo dello Zarathustra, che Michel Foucault nel 1966 concludeva un'intervista rilasciata ad una nota rivista letteraria
(Archivio Foucault. Interventi, colloqui, interviste. 1. 1961-1970. A cura di Judith Revel, Feltrinelli, Milano, 1996, p.122).
(Archivio Foucault. Interventi, colloqui, interviste. 1. 1961-1970. A cura di Judith Revel, Feltrinelli, Milano, 1996, p.122).
Freddezza e passione sono d'altronde gli attributi che meglio descrivono la grande macchina decostruttiva nietzschana, la stessa che avrebbe influenzato il freddo e appassionato Foucault. Freddezza e passione quali attributi essenziali, non a caso, del dinamitardo, immagine iperbolica che la Aronica sceglie per definire l'assoluta originalità, la grande forza dirompente e rinnovatrice che il modello genealogico di Nietzsche ha rappresentato per il pensiero filosofico occidentale.
Informato da questa necessità dimostrativa, il libro sottolinea in tutti e tre i suoi agili capitoli la frattura che l'opera del filosofo prussiano compie sulla tradizione metafisica e dialettica, quella crepa prodotta da una dinamite argomentativa che distrugge soggetto, Dio, uomo, morale ecc.
Particolare attenzione viene riservata però al metodo genealogico, oggetto di attenta analisi nel capitolo iniziale. L'autrice prende le mosse dal fondamentale legame che unisce il Nietzsche filologo al Nietzsche filosofo. Nesso che, nell'insofferenza per una filologia centripeta e autoreferenziale, portò il filosofo prussiano a polemizzare con i suoi coetanei colleghi filologi, fra i quali giova ricordare la figura di Wilamowitz-Moellendorff, sorta di monumento del filologismo classico teutonico. Prendendo quindi le mosse da Sull'utilità e il danno della storia per la vita, lavoro giovanile, dove il filologo Nietzsche è già abbondantemente filosofo, l'analisi si concentra sulla critica nietzschana allo storicismo, grezza anticipazione di quella che prenderà corpo come analisi genealogica. Obiettivo resistente, lo storicismo, se anche Foucault, a distanza di un secolo dall'opera nietzschana, si sarebbe soffermato a disinnescare quella pretesa di “obiettività da apocalisse” che continuava a caratterizzare molta scuola storiografica del novecento, soprattutto in Francia. Ed è attraverso l'utilizzo del saggio foucaultiano Nietzsche, la genealogia e la storia, che l'autrice enuclea la novità della riflessione nietzschana: “il senso storico-genealogico non deve fondarsi infatti, né costituirsi a partire da linee continue, da costanti, da concetti assoluti. Per la prima volta viene messo in discussione tutto il sistema filosofico-platonico su cui la nostra cultura si è, spesso inconsapevolmente, formata e da cui proviene” (p.18).
La genealogia quindi “non potrà che rifiutare la ricerca dell'origine, se la cosiddetta 'origine' coincide con l'essenza … poiché proprio il senso storico è in grado di mostrare come dietro alle cose non c'è «il loro segreto essenziale e senza data, ma il segreto che sono senza essenza, o che la loro essenza fu costruita pezzo per pezzo a partire da figure che le erano estranee»” (p.20). Questa opportuna citazione foucaultiana sembra indicare in Nietzsche il fondatore di una vasto e aspro campo di ricerca, lo stesso che sarebbe stato poi oggetto di lavoro per i vari Philippe Ariès, Fernand Braudel, Paul Veyne, storici notoriamente vicini a Foucault.
Chiarite le origini della riflessione nietzschana sulla genealogia, l'autrice propone un'analisi di questa come «pensiero nomade». Sottolineate le valenze nomadiche delle stesse esperienze esistenziali del giovane Nietzsche, e quelle allegoriche del suo personalissimo metodo di lavoro, composto da erratiche escursioni montane e brevi e concentrate sedute di scrittura serale, è il Deleuze di Nietzsche e la filosofia e altri testi a costituire la guida per l'identificazione di un nomadismo prettamente nietzschano: “ l'individuo della tradizione occidentale perde la sua sintesi e la sua unità: la persona si rivela essere piuttosto un rendez-vous di persone, un soggetto collettivo, decentrato” (p.26). Emerge il distacco epocale dal soggetto e dalla metafisica, quella valenza esplosiva del pensiero genealogico che il testo tiene a sottolineare a più riprese.
Questo spiazzamento totale operato dalla genealogia non può non coinvolgere il corpo. L'autrice sottolinea la centralità assunta dal corpo per il sapere genealogico, corpo che conquista spazio e valenze, una volta franate le antiche certezze di concetti come “anima”, “dio”, “uomo”. “Nietzsche, contesta il presunto dominio della coscienza e il secolare dualismo anima/corpo, ci insegna come la corretta raffigurazione della nostra soggettività ci sia in realtà insegnata dal nostro fisico, che designa quel baratro e quella voragine di affetti che dal profondo ci muove e ci comanda e di cui l'intelletto è solo uno strumento” (p.32).
Questa attenta analisi del metodo genealogico si conclude, secondo una precisa scelta dell'autrice, con le inferenze genealogiche nell'ermeneutica. Timone per questo importante momento analitico è il seminale lavoro di Salvatore Natoli Ermeneutica e genealogia. Partendo dalla genealogia come “disciplina che ricerca le strutture di fondo” e che riduce ogni evento al “risultato di un contrasto di forze” (p.36), l’autrice rinviene una frattura fra l’interpretazione del filosofo italiano, che istituisce un rapporto non antagonistico fra il Nietzsche genealogico e l’Hegel dialettico, e quella offerta da Deleuze, che al contrario definisce l’inconciliabilità fra volontà di potenza e dialettica. Un conflitto interpretativo che nasconde il pericolo di un’aporia: la volontà di potenza non costituisce un momentaneo, ma significativo, retrocedere verso una concettualizzazione metafisica?
Dubbio che lede minimamente l’immagine del dinamitardo Nietzsche: il prospettivismo della sua volontà di potenza trasforma la filosofia nella cosiddetta filosofia dei valori (Deleuze), ed è proprio grazie al concetto di valore, inteso come enunciato bisognoso di interpretazione, come cristallizzazione continuativa, che Nietzsche può teorizzare il suo metodo genealogico.
Prima di passare all’analisi dei principali interpreti contemporanei del pensiero nietzschano, l’autrice si sofferma su La genealogia della morale, testo particolarmente significativo per il Nietzsche genealogista. Mirabile esempio di lavoro prospettivista, il testo costituisce una sorta di “biografia” del bene e del male, un’opera di decostruzione, etimologica oltre che valoriale, che lascia sul terreno i corpi esangui dello storicismo, della causalità, del soggetto. Genealogia della morale come filosofia del valore destinata a scardinare la filosofia dei concetti e degli ideali e quello storicismo di ascendenza tucididea fondato sul meccanicismo causale. Testo che diventa, secondo la prospettiva offerta dall’autrice, atto fondativo di una filosofia senza soggetto, di una filosofia del superuomo, dell’Oltreuomo nietzschano, vero antisoggetto, vero profeta della fine di un uomo che la tradizione esigeva come ideale e origine, piuttosto che prodotto, del pensiero.
Delineate così le linee guida del metodo genealogico nei suoi testi fondativi, l’autrice si sofferma in una breve e concentrata analisi sull’esito che quel metodo ha sperimentato in Foucault e Sini, le figure forse più rappresentative del genealogismo nel pensiero filosofico contemporaneo.
Se l’intero progetto d’indagine foucaultiano, se l’elaborazione di concetti come dispositivo, soglia, discorso, enunciato, evento, possono essere interpretati, secondo l’autrice, come la messa a punto, la calibratura e infine la piena realizzazione del metodo genealogico nietzschano, e se infine la genealogia si può definire, nel suo esito foucaultiano, come trasformazione in storiografia della discontinuità, meno limpida appare la posizione che il filosofo francese mantiene all’interno di questa stessa opera di decostruzione: rispetto al potere dell’enunciato, qual è la sua posizione, da dove parte, dove poggia il suo esercizio critico?
Problematica affrontata anche da Carlo Sini che, nella particolare attenzione riservata alla scrittura alfabetica e al «pensiero delle pratiche», sembra trovare una sistematizzazione di maggiore coerenza: se la scrittura alfabetica costituisce una soglia nella quale inevitabilmente si colloca la critica, è lo stesso gesto critico del filosofo a farsi esercizio di autobiografia della pratica. E’ da questa consapevolezza che il progetto siniano dell’Enciclopedia dei saperi viene a configurarsi come sorta di compimento genealogico, di “via del ritorno a casa delle scienze nella filosofia” (p.80). Consapevolezza di una liberazione, quella del soggetto dal dominio delle pratiche, di cui sembra farsi portavoce il Bataille di Su Nietzsche, vera summa di una scomparsa del soggetto/autore nel flusso delle parole.
Indice
Introduzione
Capitolo I. Il metodo genealogico all'interno della filosofia nietzschana
Paragrafo 1.1 Genealogia e filologia
Paragrafo 1.2 Genealogia e storia
Paragrafo 1,3 Genealogia e «pensiero nomade»
Paragrafo 1.4 Genealogia e filosofia come autobiografia
Paragrafo 1.5 Genealogia ed ermeneutica
Paragrafo 1.6 Genealogia e scrittura
Capitolo II. Il metodo genealogico all'opera: la “Genealogia della morale”
Paragrafo 2.1 L'origine dei valori di “bene” e “male”: il metodo genealogico applicato ad un esempio concreto
Paragrafo 2.2 Il metodo genealogico nella Genealogia della morale
Paragrafo 2,3 In che senso ogni genealogia è sempre genealogia della morale
Capitolo III. Due riletture contemporanee del metodo genealogico
Paragrafo 3.1 La genealogia letta da M. Foucault
Paragrafo 3.2 La genealogia letta da C. Sini
Paragrafo 3.3 Le conseguenze della genealogia: M. Foucault a confronto con C. Sini
Bibliografia
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