lunedì 22 ottobre 2012

Chiaradonna, Riccardo (a cura di), Il Platonismo e le scienze

Roma, Carocci, 2012, pp. 275, euro 29, ISBN 9788843061945

Recensione di Elisabetta Micucci - 20/07/2012

Il volume curato da Riccardo Chiaradonna raccoglie il lavoro di un seminario svoltosi presso l’Università di Roma Tre dal 2008 al 2010, il cui tema centrale era il “platonismo” e le sue declinazioni, dall’età tardo antica ai giorni nostri. Il platonismo si configura come un fenomeno storico e una categoria concettuale strettamente correlati con l’indagine filosofica sulla conoscenza e il suo oggetto. Il progetto “Il platonismo e le scienze” ha preso le mosse da questa constatazione, cercando un terreno di confronto tra metodi e chiavi di lettura certamente diversi, ma complementari. 

Il libro consta di undici saggi, nei quali si prende in considerazione il problema della conoscenza scientifica, ponendolo in stretta relazione con le varie sfumature di platonismo che, nell’arco dei secoli, gli esponenti più importanti del pensiero filosofico e logico-epistemologico hanno assunto.
I due concetti chiave analizzati sono quelli di “platonismo matematico” e di “platonismo scientifico”: se per “platonismo matematico” si intende quel particolare atteggiamento per cui si concepiscono le entità matematiche come indipendenti dalla mente umana, eterne, astratte, prive di poteri causali, atemporali e aspaziali, resta molto controversa una possibile definizione universalmente valida di “platonismo scientifico”. Nei saggi raccolti nel volume si tenta di fornire una risposta articolata a questo problema, illustrando alcuni esempi particolarmente rappresentativi del lascito di Platone e dell’influsso del platonismo nei campi dell’epistemologia, della metafisica e della filosofia della matematica.
Marwan Rashed, nella sua indagine attinente il rapporto tra ontologia e dottrina della conoscenza nel Timeo, incentra la propria ricerca sul ruolo dell’ontologia matematica e dei piani irriducibili che essa distingue; sarebbe proprio la complessa ontologia gradualistica di tipo matematico elaborata nel Timeo a permettere di superare, secondo Rashed, le aporie sull’esistenza delle idee sollevate nel Parmenide. Rashed mette in evidenza come la deduzione dei quattro elementi che occupa la seconda parte del Timeo, viene effettuata sotto il segno della necessità. La Necessità è il piano dei mathemata, di cui possiamo rendere conto con i logoi; pertanto la commistione di Bene, che altro non è se non il piano della necessità assoluta, e Necessità, costituisce il piano del divenire. Ma i nostri ragionamenti (logoi) non sono in grado di dar conto dei processi, del divenire, a causa della contingenza strutturale dei logoi; per questo Platone ricorre al nous verisimile.
Tali questioni, invece, sono del tutto assenti nella versione logica del platonismo proposta nel tardo Medioevo da Walter Burley e riconosciuta da Alessandro Conti nei suoi complessi rapporti con le altre posizioni filosofiche tardo-medievali. In questo caso, non è l’ontologia matematica a venire in primo piano, ma la dottrina degli universali. Burley, chiamato direttamente in causa da Ockham, nel tentativo di elaborare una serie di risposte convincenti alle critiche ockhamiste al realismo degli universali, ne ripensò principi e fondamenta, giungendo a perfezionarne una sua particolare versione incentrata su tre ordini di distinzioni reali: tra oggetti e stati di cose; tra nature universali e individui; ed infine, tra le dieci categorie aristoteliche. Conti vuole presentare il sistema di Burley evidenziandone gli influssi sia da parte dell’aristotelismo che del platonismo medievali. Per Burley universali ed individui appaiono legati da una sorta di relazione di esemplificazione, considerato che ciascun individuo è una realizzazione concreta del tipo che il suo universale rappresenta, e può essere riconosciuto come una esemplificazione di quel dato tipo in virtù della conformità che manifesta ai canoni che la natura comune, cioè l’universale, fissa, e quindi anche alla sua somiglianza con altre sostanze individuali che già a quel dato tipo si riconoscono appartenere. Egli concorda con Aristotele nel considerare le nature comuni come esistenzialmente dipendenti, dato che non hanno un essere al di fuori di quello dei loro individui. L’identità tra l’essere delle nature comuni e quello degli individui è il punctum dolens del realismo degli universali proprio degli aristotelici del tardo Medioevo.
Nei saggi di Matteo Plebani e Andrea Sereni, infine, la questione del platonismo matematico è affrontata studiando la discussione contemporanea. In particolare, Plebani indaga in dettaglio la concezione fregeana, e neo-fregeana, secondo la quale la verità degli enunciati matematici può essere stabilita per via puramente concettuale e i numeri vengono considerati come oggetti. Plebani prende le mosse dalla definizione di Linnebo di “platonismo matematico”, per poi arrivare ad analizzare le posizioni di Quine e Frege. Se per Quine l’unica formalizzazione possibile all’interno delle teorie scientifiche implica un’essenza ontologia delle entità matematiche, per Frege la validità di un enunciato matematico può essere stabilita su base puramente concettuale. Lo strumento utilizzato da Frege per provare la consistenza dell’aritmetica è il “principio di Hume”.
Il capitolo di Sereni tratta di due altre questioni centrali nella filosofia della matematica contemporanea. In primo luogo, si discute della sfida recentemente mossa contro il platonismo matematico da Paul Benacerraf, secondo cui è impossibile soddisfare i due requisiti che soggiacciono, relativamente, alla verità di asserti matematici e alla conoscenza matematica. Pertanto è impossibile trovare un punto di contatto fra la verità degli asserti matematici e la verità della conoscenza matematica. A fronte di questo dilemma, Sereni discute criticamente dei tentativi di riconciliare il platonismo con il naturalismo filosofico sviluppati da Quine, Burgess e Rosen e da Penelope Maddy. Tali considerazione sono svolte alla luce degli autori nei confronti dell’“argomento di indispensabilità”, che pretende di dimostrare l’esistenza di entità matematiche indipendenti dalla mente umana a partire dal ruolo che la matematica gioca nelle nostre migliori teorie scientifiche. Maddy, ad esempio, crede che tale argomento possa essere una delle possibili fonti di giustificazione per una concezione platonista della matematica; continuando nella propria analisi, Sereni rileva come la Maddy, all’interno della sua opera Second Philosophy, abbia distinto tre diverse forme di realismo: il Realismo Robusto, il Realismo Moderato e l’Arealismo. Maddy vede in Burgess un eminente esponente di quel filone di pensiero che riconosce l’autonomia metodologica della matematica nel rispondere a questioni ontologiche.
Un aspetto poco studiato del platonismo scientifico è stato investigato da De Risi, il quale pone in luce come in Plotino possa rinvenirsi la prima formulazione del concetto di spazio geometrico che sarà poi pienamente elaborata da Leibniz. Plotino, dunque, può considerarsi quasi l’inventore del concetto di spazio. La nozione di spazialità che sancisce il punto di contatto fra Leibniz e Plotino è quella di una spazialità che attraversa entrambe le metafisiche in tutti i loro passaggi fondamentali, cioè lo spazio dei fenomeni. Per Plotino è solo il sostrato materiale che consente la predicazione della grandezza; quindi essa è essenzialmente materia della massa, dato che è attitudine a divenire, prima di ogni altra cosa, massa. De Risi vede in questo capovolgimento  la nascita di un sistema strutturale fatto da relazioni: lo spazio moderno di cui parla Leibniz. L’elaborazione più propria della tarda metafisica monadologia di Leibniz consiste nel riconnettere questo suo moderno concetto di spazio con quello, sempre di origine matematica, di espressione, intesa come identità fra strutture. Leibniz affida allo spazio il compito di una distinzione solo modale fra i contenuti noumenici e quelli sensibili appresi nell’estensione; questo significa che la struttura fondamentale dei fenomeni in quanto fenomeni è precisamente la spazialità. De Risi vede in questa estensione del mondo sensibile la più forte giustificazione filosofica per la possibilità della matematizzazione del mondo, nonché la prima base epistemologica per la scienza moderna. De Risi conclude dicendo che sia per Plotino che per Leibniz “l’essenza di ogni sostanza è la conoscenza e l’essenza di tutti i fenomeni è la spazialità”.
Mario De Caro si occupa dell’influsso della tradizione platonica sulla nascita della scienza moderna e, in particolare, sull’opera di Galileo. In realtà, l’influenza della tradizione platonica su Galileo è innegabile: e ciò al livello sia epistemologico sia ontologico sia metodologico. Secondo De Caro, tra le ragioni principali della svalutazione dell’interpretazione platonica di Galileo, sta proprio la preminenza attribuita alla discussione sul piano metodologico, a discapito delle questioni epistemologiche e ontologiche. Evidenziando l’assoluta adesione al platonismo di Galileo, De Caro critica il tentativo di William A. Wallace di sottolineare, al contrario, l’influenza dell’aristotelismo sullo scienziato pisano. Confutando la tesi di Wallace, De Caro afferma che la geometria euclidea, e non la scienza aristotelica degli Analitici posteriori è per Galileo il modello della conoscenza certa che noi possiamo ottenere, affermando, quindi definitivamente, come la sua ascendenza intellettuale fu solidamente platonico-archimedea.
Tuttavia, il contributo più importante e duraturo del platonismo in epistemologia consiste nella definizione di che cosa significa propriamente conoscere. A tal proposito, Mario Piazza prende in considerazione la struttura dell’elenchos socratico presentata nei dialoghi e ne mette in luce la fecondità filosofica rispetto alle tesi novecentesche che riducono la conoscenza a una semplice congiunzione di singole proposizioni. L’attenzione è incentrata soprattutto nel movimento dialettico instaurato fra anticipazione e confutazione; sottolinea che, a differenza di quanto accade ad un filosofo contemporaneo, che interpreta le proposizioni come unità atomiche di conoscenza, per Platone esse hanno un rapporto areale con la conoscenza, dato che per stabilire la veridicità di una proposizione p si deve possedere un corpus di conoscenze geometriche generali che ineriscano anche il contenuto di p. Il processo stesso della confutazione, allora, si rende necessario e fruttuoso in quanto da’ ragione della mancanza di veridicità di una proposizione non attinente alla realtà, cioè di una proposizione che non trova corrispondenze in uno spettro di credenze, quale quello dato dall’elenchos.
Anche il contributo di Carlo Cellucci mette a fuoco la concezione platonica della conoscenza e del metodo al fine di ricavarne delle indicazioni in rapporto al dibattito attuale. Cellucci considera tre questioni: la possibilità della conoscenza, la natura della conoscenza ed il metodo della conoscenza. L’analisi è incentrata sulla constatazione platonica che il nostro atto di conoscere è solo reminescenza: pertanto, l’uomo è in grado di conoscere solo perché ciò che cerca è già impresso nella sua memoria, facendo sì che la conoscenza umana sia in gran parte innata. Si tratta del metodo dell’analisi, tematizzato in ambito medico e matematico, e del quale Platone dà una complessa presentazione filosofica nel Menone e nel Fedone. Cellucci ripercorre i diversi tentativi di interpretazione della conoscenza condotti da Popper, Polanyi e Russell, arrivando ad ammettere che una definizione significativa, a tal proposito, può essere data solo se ci si pone la domanda “quale ruolo svolge la conoscenza nella vita umana?”. La conoscenza vera e giustificata, cioè quella data dall’intuizione intellettuale, può essere raggiunta solo dopo la morte, quando l’anima è separata dal corpo e può conoscere le idee tramite il metodo dell’analisi. Tuttavia, Cellucci conclude affermando che il metodo dell’analisi di Platone ha un limite ben preciso, dato che sia che si fondi sul metodo assiomatico, sia che si fondi sull’intuizione intellettuale delle idee, l’essere umano non potrà mai avere una conoscenza assolutamente certa.  
Nel punto di intersezione fra l’ontologia platonica e l’epistemologia, si pongono i contributi di Riccardo Chiaradonna e Franco Trabattoni. Chiaradonna prende in esame la dottrina della conoscenza di Plotino e il rapporto che egli stabilisce tra percezione e conoscenza intellettuale. Nelle tesi di Plotino sull’anima e le sue capacità cognitive si è talora voluto vedere la prefigurazione del dualismo cartesiano di pensiero ed estensione. Parimenti, si è letta la concezione plotiniana dell’Intelletto archetipo e non discorsivo come una risposta alle aporie scettiche sulla conoscenza. Egli prende spunto sia dalle trattazioni di Burnyeat, che da quelle di Emilsson: il primo esclude che si possa parlare di un “monismo della mente” in Plotino, il secondo identifica, da un lato, la concezione plotiniana delle cause intelligibili e del pensiero del Nous con una tesi idealistica, dall’altro, come realistica, dato che ciò che percepiamo sono le qualità degli oggetti sensibili. Nella percezione, atto con cui l’uomo conosce, sono distinti due momenti diversi: le impronte prodotte dagli oggetti sensibili e la capacità di percepire dell’anima. Se i commentatori vedono, come unica soluzione a questo dualismo, sostenere che la “capacità di percepire” propria dell’anima sia in realtà cosa diversa dalla sensazione e inclusa processi di tipo superiore, per Chiaradonna questa posizione non è sostenibile, dato che Plotino considera le impronte degli oggetti sensibili come “già intelligibili”. Egli si pone allora due questioni: “è possibile leggere la posizione plotinana sulla conoscenza propria dell’Intelletto archetipo come una risposta agli attacchi scettici sulla possibilità di conoscere oggetti esterni?”; e ancora “nelle linee considerate, la dottrina della percezione che viene opposta all’autoconoscenza noetica è veramente assimilabile a quella anti-realistica secondo cui la percezione non coglie le cose verso cui è diretta, ma soltanto impressioni o immagini soggettive provenienti da esse?”. Chiaradonna risponde negativamente alla prima domanda, mentre, rispetto alla seconda, crede che sia necessario parlare, non tanto di una concezione anti-realistica, quanto soprattutto di un particolare modo di presentare la dottrina della percezione come funzionale a tale argomento. Chiaradonna dà pieno risalto al retroterra platonico-aristotelico della posizione plotiniana, affermando che Plotino prosegue la linea del pensiero greco inaugurata da Platone e Aristotele, secondo cui la filosofia è, in ultima analisi, ricerca delle cause: nella sua concezione l’anima è l’autentico soggetto della conoscenza e il principio che dà conto dei processi che hanno luogo nell’organismo vivente, inclusa la percezione.
Trabattoni traccia un percorso lungo e complesso, nel quale la ricostruzione storica della posterità di Platone si unisce a una rinnovata valutazione del carattere proprio della cosiddetta “teoria delle idee”. La sua analisi si incentra sulla posizione che vede nella filosofia platonica una dottrina epistemologica avente lo scopo di individuare in modo rigoroso i fondamenti, cioè le condizioni di possibilità, di una conoscenza scientifica del mondo. L’autore individua una possibile linea di sviluppo di questo percorso che, muovendo da Kant, passando attraverso Herbart e Lotze, approderà come tappa finale a Cohen e Natorp. Trabattoni sottolinea come, in concomitanza con il tramonto del paradigma neoplatonico si assiste, negli studi platonici tra Sette e Ottocento, all’emergere della dottrina delle idee come elemento centrale e portante di tutto il pensiero di Platone. Questo orientamento in buona parte è dovuto al fatto che l’opzione platonica viene a costituire un ben preciso punto di riferimento nell’ambito del dibattito, corrente nel pensiero moderno da Bacone e Kant, sulla natura delle idee, sulla loro genesi, sulla loro funzione; il problema diventa allora quello di capire in primo luogo se esiste o no in Platone una vera e propria teoria delle idee, e in secondo luogo, quale sia nel caso la risposta sia affermativa, il significato che Platone intendeva attribuirle.
Il contributo di Paolo Pecere si spinge, invece, all’interno dell’interpretazione che del platonismo è stata data, all’interno del filone di studi che va da Cohen a Cassirer, incentrato sulla singolare connessione tra storia del platonismo e problema della conoscenza scientifica. Cohen si prefigge di dare una “rifondazione” della filosofia trascendentale kantiana, secondo la quale concetti come spazio, tempo e categorie operano una “costruzione dell’esperienza” senza lasciare alcun residuo inconoscibile; l’a-priori costituisce così gli oggetti stessi. Per Natorp, invece, le idee sono “metodi”, “posizioni del pensiero”. Cassirer, prendendo le mosse dalla contrapposizione fra aristotelismo e platonismo in Natorp, sviluppa più completamente il tema fisico in Platone, fondata sul principio della dissoluzione della materia.


Indice

Premessa - Riccardo Chiaradonna

Introduzione  - Riccardo Chiaradonna e Mario De Caro

Platone e la confutazione - Mario Piazza

Dialogando con Platone, su conoscenza e metodo - Carlo Cellucci

Il Timeo: negazione del principio di necessità condizionale, matematica e teodicea - Marwan Rashed

Plotino su pensiero, estensione e percezione sensibile: un dualismo “cartesiano”? - Riccardo Chiaradonna

Walter Burley, un aristotelico platonizzante del tardo Medioevo - Alessandro D. Conti

Galileo e il platonismo fisico-matematico - Mario De Caro

Plotino e la Rivoluzione scientifica. La presenza delle Enneadi nell’epistemologia leibniziana dello spazio 
fenomenico - Vincenzo De Risi

La dottrina platonica delle idee come fondamento epistemologico dell’impresa scientifica? Un percorso da Kant a Natorp - Franco Trabattoni

Il “platonismo” e il problema delle conoscenza scientifica da Cohen a Cassirer - Paolo Pecere

Platonismo matematico e naturalismo - Andrea Sereni

Il programma neo-fregeano in filosofia della matematica - Matteo Plebani 

Indice dei nomi

21 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Seminario citato da recensore di fatto era adatto per attuare riferirimento storico culturale, tra storia del pensiero, cultura della scienza; aveva cioè scopo non ultimativo; di questo in recensione se ne trova replicato a prescinder da citazione, quale strumento iniziativo per scopo che mai potrebbe realizzarsi filosoficamente. Recensione dunque contiene elencazione che risulta adatta a descriver argomentatività che seminario serviva a relativizzare-superare: elencazione argomentativa che ripropone elenchi antichi in essa stessa citati, inutilmente distintamente estrapolati perché al contempo decontestualizzati da recensore stesso, cui consistenza di lavoro recensivo si affianca a indice di lavoro recensito in non analogia che attesta carattere euristico-non-ermeneutico di recensire stesso; dunque un abbozzo di recensione ma tale per non tutta considerazione da parte di recensore di oggetto di studio di seminario di cui pubblicazione recensita.
Ciò seppure indicando intelligenza non contraria da parte di seminaristi a valore del platonismo, ne attesta alquanta indifferenza alle ragioni espressive, configurandosene così e di fatto una alternativa più che un approfondimento.

—Miei commenti che invierò invece sono vòlti ad approfondimento di valore del platonismo e ne invierò per necessità culturali gravi non prorogabili. ... —

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Metodologie ideali o riferimenti ideali, rovesciati in idee di riferimento e in idee logico metodiche, non offrono alcuna considerazione circa idee, realtà; neppure a disinganno da attuarsi per riconoscere idee di cui realtà mostra di essere omologa. Per tal scopo culturalmente volto ci vuole pragmatismo-criticismo non viceversa.

Fisica della materia quale autodisintegrazione era da Platone mostrata per indicare unità di relazioni materiali e non per affermare esistere di materia unica medesima; in neoplatonismo antico si mostra direttamente non esistere di stessa materia in ciascuna non stessa cosa, in moderno neoplatonismo tardo-rinascimentale si mostra non-matericità materiante non immateriale, ovvero sostanza unica per ciascuna forma... cioè il differire stesso materiale di ciascuna cosa è mostrato parte di una materialità comune di Differenza (che è anche la differenza ontologica poi studiata da Heidegger) per la quale non infinita materia ma materie infinite in materialità infinita che per infinità stessa tal sussiste senza esser stessa materia ma 'essendo materialmente', 'materialmente essendo', essendo un: 'materialmente'...
Da queste definizioni di G. Bruno seguiva Etica di Spinoza e Metodo cartesiano e Principi monadologici di Leibniz; il resto conduce fuori da possibile saggezza del disinganno platonico, altramente storicamente presente in neoplatonismo cioè platonicamente presente non qual retaggio da Platone ma tal retaggio incluso da Plotino in sue Enneadi, datoché il saggio ricercare plotiniano –o dirsivoglia, ad astrarre da sue stesse origini: la ricerca dello 'enneagramma'– conduce pure (non solo anche) al potere di medesima suddetta saggezza del disinganno.

...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In mio primo messaggio 'riferirimento' sta per

riferimento.

Reinvierò con precisazione anche.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Seminario citato da recensore di fatto era adatto per attuare riferimento storico culturale, tra storia del pensiero, cultura della scienza; aveva cioè scopo non ultimativo; di questo in recensione se ne trova replicato a prescinder da citazione, quale strumento iniziativo per scopo che mai potrebbe realizzarsi filosoficamente. Recensione dunque contiene elencazione che risulta adatta a descriver argomentatività che seminario serviva a relativizzare-superare: elencazione argomentativa che ripropone elenchi antichi in essa stessa citati, inutilmente distintamente estrapolati perché al contempo decontestualizzati da recensore stesso, cui consistenza di lavoro recensivo si affianca a indice di lavoro recensito in non analogia che attesta carattere euristico-non-ermeneutico di recensire stesso; dunque un abbozzo di recensione ma tale per non tutta considerazione da parte di recensore di oggetto di studio di seminario di cui pubblicazione recensita.
Ciò seppure indicando intelligenza non contraria da parte di seminaristi a valore del platonismo, di seminario attesta alquanta indifferenza alle ragioni espressive, configurandosene così e di fatto una alternativa più che un approfondimento.

—Miei commenti che invierò invece sono vòlti ad approfondimento di valore del platonismo e ne invierò per necessità culturali gravi non prorogabili. ... —

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Metodologie ideali o riferimenti ideali, rovesciati in idee di riferimento e in idee logico metodiche, non offrono alcuna considerazione circa idee, realtà; neppure a disinganno da attuarsi per riconoscere idee di cui realtà mostra di essere omologa. Per tal scopo culturalmente volto ci vuole pragmatismo-criticismo non viceversa.

Fisica della materia quale autodisintegrazione era da Platone mostrata per indicare unità di relazioni materiali e non per affermare esistere di materia unica medesima; in neoplatonismo antico si mostra direttamente non esistere di stessa materia in ciascuna non stessa cosa, in moderno neoplatonismo tardo-rinascimentale si mostra non-matericità materiante non immateriale, ovvero sostanza unica per ciascuna forma... cioè il differire stesso materiale di ciascuna cosa è mostrato parte di una materialità comune di Differenza (che è anche la differenza ontologica poi studiata da Heidegger) per la quale non infinita materia ma materie infinite in materialità infinita che per infinità stessa tal sussiste senza esser stessa materia ma 'essendo materialmente', 'materialmente essendo', essendo un: 'materialmente'...
Da queste definizioni di G. Bruno seguiva Etica di Spinoza e Metodo cartesiano e Principi monadologici di Leibniz; il resto conduce fuori da possibile saggezza del disinganno platonico, altramente storicamente presente in neoplatonismo cioè platonicamente presente non qual retaggio da Platone ma tal retaggio incluso da Plotino in sue Enneadi, datoché il saggio ricercare plotiniano –o dirsivoglia, ad astrarre da sue stesse origini: la ricerca dello 'enneagramma'– conduce pure (non solo anche) al potere di medesima suddetta saggezza del disinganno.

...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

(...)
Paradigma platonico solo quale parametro storico, durante modernità, divenne assente in interezza occidentale, poi occidentale - europea quindi europea - italiana; ed era conosciuto dal materialismo dialettico storico soltanto attraverso suddetto parametro e solo per componente italiana di tal movimento —non attribuibile a filosofia ma in filosofia esso medesimo– fu assente.
Analoga vicenda ma più ristretta fu di paradigma neoplatonico, neanche durante modernità, quale parametro storico, presente in interezza occidentale e diventato assente in interezza europea ma alfine non anche italiana —essendo dottrina dell'anima di Plotino eminentemente pratica, essa incorse direttamente nel veto del materialismo comunista, il quale era dialettico ma solo velleitariamente storico perché sua opposizione da disconoscenza ed al contempo oppositivamente disconoscente cioè non autenticamente storicamente volta né fondata; ma al veto non seguì cancellazione di parametri e di paradigma stesso per intera cultura italiana solo per interregionale ...ed a causa di fine del comunismo mondialista dopo Guerra Fredda esso fu di nuovo conoscibile maggiormente interregionalmente ed anche oltre luoghi di retaggio di antica Magna Grecia quindi nazionalmente-internazionalmente per Europa — interdizioni politiche culturali amministrative maggiori furono interrotte prima da ricerche culturali archeologiche poi da movimenti politici locali a scopo o di carattere etnico, fino a caduta di unità comunista partitica italiana. Dottrina delle idee, di Platone, era oggetto di rifiuto diretto, dottrina dell'anima, di Plotino, fu oggetto di odio diretto ma a non identificabilità solo ad individuazione e rifiuto indiretto, in entrambi i casi da parte di marxismo, cui rifiuto consisteva e qual continuazione ad altro scopo altrui (mondialista meridionalista antiglobalista antioccidentale meridionale) consiste in giudizio ingenuo e non veramente connotato, per sole coincidenze pensabile e queste non pensate dai giudicanti: si rifiutavano e si rifiutano interventi culturali in politica volti ad emancipare le menti dalla sudditanza a false apparenze cui negativa antivitale soggezione purtroppo occultata oltre che da coincidenze stesse da altre materialmente istituite per stessa ingenuità che di fatto così continuando diventava fuorilegge ed ormai diventa controlegge e con finire inevitabile di clincidenze a causa di combinazioni naturali non decifrabili senza vincere illusioni concomitanti... e con prospettiva politica unica entro tal eventi di esclusione di tutto quello realizzato invadentemente, ad eccezione dei risultati opposti ad intenzioni...
Esempio: i realizzatori supponendo con Ville Comunali di dare agi e piacevolezze a scopo non culturale e secondario, ne davano a scopo primario e culturale, altrimenti niente ecologia o antiecologia; mentre ostilità esterna faceva continuare pratiche insinuate da marxismo, captate da antioccidentalismo e contrarie ad esister politico forte ed a culture settentrionali del Mondo.
Esempio di zone pedonali urbane più pregnante per ritrarre rifiuto di neoplatonismo: supponendo realizzatori o solo fautori di favorire uniformazione sociale-antropologica, invece ne era favorita distinzione etnica, per dissidio o concordia. Altro esempio, di manti stradali: supponendo dispositori - non-ideatori di maggior non equità e maggior eguaglianza per utenti di strade, ottenevano maggiori possibilità sia di equi realizzarsi di percorsi sia di minori iniqui possibili agguagliamenti; intrusi illudendosi di difformità climatiche presenti-future contro organizzatività occidentali settentrionali mondiali ed invece essi incappati in presente-futuro non discorde da tal organizzatività, poiché climaticità occidentale più estrema e settentrionale più nordica che essi invece non consideravano– né considerano.

...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In mio ultimo messaggio 'clincidenze' sta per

coincidenze.

Reinvierò.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

[-]/[+]

(...)
Paradigma platonico solo quale parametro storico, durante modernità, divenne assente in interezza occidentale, poi occidentale - europea quindi europea - italiana; ed era conosciuto dal materialismo dialettico storico soltanto attraverso suddetto parametro e solo per componente italiana di tal movimento —non attribuibile a filosofia ma in filosofia esso medesimo– fu assente.
Analoga vicenda ma più ristretta fu di paradigma neoplatonico, neanche durante modernità, quale parametro storico, presente in interezza occidentale e diventato assente in interezza europea ma alfine non anche italiana —essendo dottrina dell'anima di Plotino eminentemente pratica, essa incorse direttamente nel veto del materialismo comunista, il quale era dialettico ma solo velleitariamente storico perché sua opposizione da disconoscenza ed al contempo oppositivamente disconoscente cioè non autenticamente storicamente volta né fondata; ma al veto non seguì cancellazione di parametri e di paradigma stesso per intera cultura italiana solo per interregionale ...ed a causa di fine del comunismo mondialista dopo Guerra Fredda esso fu di nuovo conoscibile maggiormente interregionalmente ed anche oltre luoghi di retaggio di antica Magna Grecia quindi nazionalmente-internazionalmente per Europa — interdizioni politiche culturali amministrative maggiori furono interrotte prima da ricerche culturali archeologiche poi da movimenti politici locali a scopo o di carattere etnico, fino a caduta di unità comunista partitica italiana. Dottrina delle idee, di Platone, era oggetto di rifiuto diretto, dottrina dell'anima, di Plotino, fu oggetto di odio diretto ma a non identificabilità solo ad individuazione e rifiuto indiretto, in entrambi i casi da parte di marxismo, cui rifiuto consisteva e qual continuazione ad altro scopo altrui (mondialista meridionalista antiglobalista antioccidentale meridionale) consiste in giudizio ingenuo e non veramente connotato, per sole coincidenze pensabile e queste non pensate dai giudicanti: si rifiutavano e si rifiutano interventi culturali in politica volti ad emancipare le menti dalla sudditanza a false apparenze cui negativa antivitale soggezione purtroppo occultata oltre che da coincidenze stesse da altre materialmente istituite per stessa ingenuità che di fatto così continuando diventava fuorilegge ed ormai diventa controlegge e con finire inevitabile di coincidenze a causa di combinazioni naturali non decifrabili senza vincere illusioni concomitanti... e con prospettiva politica unica entro tal eventi di esclusione di tutto quello realizzato invadentemente, ad eccezione dei risultati opposti ad intenzioni...
Esempio: i realizzatori supponendo con Ville Comunali di dare agi e piacevolezze a scopo non culturale e secondario, ne davano a scopo primario e culturale, altrimenti niente ecologia o antiecologia; mentre ostilità esterna faceva continuare pratiche insinuate da marxismo, captate da antioccidentalismo e contrarie ad esister politico forte ed a culture settentrionali del Mondo.
Esempio di zone pedonali urbane più pregnante per ritrarre rifiuto di neoplatonismo: supponendo realizzatori o solo fautori di favorire uniformazione sociale-antropologica, invece ne era favorita distinzione etnica, per dissidio o concordia. Altro esempio, di manti stradali: supponendo dispositori - non-ideatori di maggior non equità e maggior eguaglianza per utenti di strade, ottenevano maggiori possibilità sia di equi realizzarsi di percorsi sia di minori iniqui possibili agguagliamenti; intrusi illudendosi di difformità climatiche presenti-future contro organizzatività occidentali settentrionali mondiali ed invece essi incappati in presente-futuro non discorde da tal organizzatività, poiché climaticità occidentale più estrema e settentrionale più nordica che essi invece non consideravano– né considerano.

...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

(...)
Intellettualità post ex marxista non ha ancora inteso il paradigma neoplatonico neppure quello platonico che tende a non enunciare e a non far enunciare; perché ne rifiuta effettività di parametri storici, trasformando nominazioni significative anche astoricamente in nominalismi non significativi, uniformati ormai a incomprensioni da altri luoghi del mondo da parte di non politica e da inettitudine ad intender ruolo di politica in umane vita e sopravvivenza, passate, presenti, future.
Tentando tal intellettualità —marxista non pseudomarxista (ne è esistita e tanta per contrarietà a prepotenza culturale sistematica), per marxista ostinazione cui contrario anche Marx (che alfine aveva rinnegato stessi nuovi movimenti comunisti da lui stesso avviati assieme ad Engels ed indicando positivamente solo le Comuni nazionali) —infine di sostituire teoria platonica delle idee ad altra analoga, facendone da realtà ipotesi e da ipotesi solo eventualità di argomento, accadeva, tra il resto ed immane, grandissimo danno a poteri dei luoghi greci, tra i quali in definitiva ormai anche –e variamente– Italia (ove luoghi per clima odierno di fatto sono greci, grecali, grecanici; e non ellenici, non elleni, non ellenisti o non solo ellenisti), e pure gran nocumento ad eventi od eventualità del cosmopolitismo greco, poi che marxismo tentandone follemente distruzione in internazionalismo neoebraizzante ed ignorando bisogni di cosmopolitismo in accadimenti di natura o di natura anche eppoi con ingenua esiziale continuazione di convenzioni internazionaliste non più atte od inette, in particolare anagrafiche, le quali sincroniche per diacronia non più vitalmente utile, a cagione di illusione che orologi funzionino con e non secondo forza gravitazionale e dunque dai reali poteri marxisti supponendosi con cocciutaggine estrema durate vitali inferiori ed agendosi in antitesi a superiori durate e non ponendosi attenzione a coincidenze, non naturali, ed accidentali ed incidentali...

In cotanta gravità, bisogna domandarsi di teoria platonica delle idee non solo di teoria delle idee, affinché disinganno e maggior disinganno prevalgano... Ma si nota che da lavoro di Kant stesso non consegue nulla di decisivo a riguardo, perciò da ripensarne con premessa di monadologia leibniziana, anche per non tralasciare il platonismo di A. Schopenhauer che delle idee platoniche contiene riferimento epistemologico gnoseologico e di critiche kantiane ontologico-fenomenologico ...e tutto questo si consideri onde evitare che criticismo-pragmatismo kantiano-postkantiano sia sostituito e disastrosamente a platonismo-neoplatonismo di idealismi tedeschi ed europei...
Si tratta di necessità pratiche-teoretiche di teorie-pratiche in non circolarità logica ma parallelità.

...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

(...)

Parallela a domanda su realtà di idealità la domanda su esistenza di formalità di realità...
Entrambe sono riferibili a lavori e non ultimi di Accademia platonica e ad aristotelismi, non a Platone e ad Aristotele stessi; dunque neppure a Plotino, spesso malinteso perché se ne traspone riferimenti a direttività non originaria e non se ne constata anche autoreferenzialità (oltre che referenzialità ad altrui culturalità filosofiche).

Plotino non aveva per premessa orfismo né direttamente da Oriente ma pensiero ermetico egizio –non egiziano– di Unità Autoconoscente. Tal Unità corrisponde in specie alle Unità doppie di 'Brahman - Atman' di saggezza induista ed anche a duplicità di saggezza cinese del Tao ma non anche –non originariamente– a unità del 'Vuoto nel Pieno' di saggezza nipponica dello Zen, questa da Egli conosciuta attraverso ellenismo eleatico facente capo a Zenone, cui apporti ancora successivi ad ellenismo giapponese furono per saggezza filosofica-ontologica di Essere/Nulla. Dopo Rinascimento, che aveva attinto da ellenismo orientale, tal ultima diade era attribuita direttamente ad Enneadi, purtroppo col risultato di favorirne decontestualizzazioni solo in apparenza riproposizioni.

...Plotino muoveva da pensiero non africano né autoctono –neppur dopo africano– non di Oriente: alcunché definibile arabo per tradizioni però da greco-egizi (non africani, non egiziani; invero greci non originarii eponimi —e non omonimi— di Egitto e di egiziani) rifatto quale elemento culturale, mediterraneo-non-meridionale, ovvero fatto riconoscere in Egitto (dove dopo a sua volta rifatto non stesso! ) —e tali distinzioni sono importanti per non rischiar sovrapposizioni con filosofemi di Agostino e filosofia di Tertulliano.

Premessa di filosofia di Plotino era allegoria mitica di Egitto monoteista, che verteva su metafora della "Anima Mundi" od Anima ovvero su spiritualità cui riferimento mitografico-mitologico "Psiche" era incompleto perché ne era parte integrante riferimento cosmologico. In tal senso Plotino era di un nuovo inizio greco, cui arcaicità, alternativa, di dottrina monista non monista-dualista:
non la 'densità - non-densità' esiodea - aristotelica (Urano e Gea, Materia/Forma) né quella solo mitologica omerica - alessandrina (Aurora-Oceano, Luce/Materie);
ma quella corrispondente ad antica allegoria mitica di "Os" però allora defunta solo rammemorata, sin da ultimi tempi dei Faraoni...
e da ellenismo fatta corrispondere al mito della dea Psiche, secondo linguaggio autoctono egiziano "dea": cioè non psiche stessa ma bellezza della psiche; dai tempi di Regina Cleopatra fino a quelli di Ipazia così anche espressa dai coloni greci in Egitto, ma già in vita di Plotino ne era oramai necessario corrispondente ellenico od ellenista con mitologia - mitografia di "Afrodite", in verità dagli elleni pensato diversamente;
difatti mito di Afrodite in Enneadi corrisponde ad allegoria-mito fenicia di 'Astarte' ; cui però mondo punico anche italo, italiano, italico, differentemente-altramente intendeva: ciò che in cultura ellenica era detto Zeus-Afrodite.

...'Os' indicava unità di Sé universale-individuale quale identità di agire vitale qualsisia fosse; e dunque con Esso ("Os" significa anche 'Esso' qual assolutezza terminologicamente corrispondente a relatività verbale di indicazione) Plotino adduceva premesse pragmatiche a platonismo e di solamente questo ultimo in verità ne aveva disdegnato poi considerato qual opzione solo a causa di proprio suo neo-platonismo.
Domandarsi circa realtà effettiva di tal agire, che indica parola "Os" che fu egizia poi egiziana, fu destino deii filosofi russi che crearono secondo distinto neoplatonismo: discendente direttamente da allegoria gnostica della Sofia oppure da miti susseguenti; fatto con stessa azione cui però originalità di filosofia e originarità da essa.

...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In mio ultimo messaggio 'deii' sta per

dei (déi).

Reinvierò (anche per agio di lettura).


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

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(...)

Parallela a domanda su realtà di idealità la domanda su esistenza di formalità di realità...
Entrambe sono riferibili a lavori e non ultimi di Accademia platonica e ad aristotelismi, non a Platone e ad Aristotele stessi; dunque neppure a Plotino, spesso malinteso perché se ne traspone riferimenti a direttività non originaria e non se ne constata anche autoreferenzialità (oltre che referenzialità ad altrui culturalità filosofiche).

Plotino non aveva per premessa orfismo né direttamente da Oriente ma pensiero ermetico egizio –non egiziano– di Unità Autoconoscente. Tal Unità corrisponde in specie alle Unità doppie di 'Brahman - Atman' di saggezza induista ed anche a duplicità di saggezza cinese del Tao ma non anche –non originariamente– a unità del 'Vuoto nel Pieno' di saggezza nipponica dello Zen, questa da Egli conosciuta attraverso ellenismo eleatico facente capo a Zenone, cui apporti ancora successivi ad ellenismo giapponese furono per saggezza filosofica-ontologica di Essere/Nulla. Dopo Rinascimento, che aveva attinto da ellenismo orientale, tal ultima diade era attribuita direttamente ad Enneadi, purtroppo col risultato di favorirne decontestualizzazioni solo in apparenza riproposizioni.

...Plotino muoveva da pensiero non africano né autoctono –neppur dopo africano– non di Oriente: alcunché definibile arabo per tradizioni però da greco-egizi (non africani, non egiziani; invero greci non originarii eponimi —e non omonimi— di Egitto e di egiziani) rifatto quale elemento culturale, mediterraneo-non-meridionale, ovvero fatto riconoscere in Egitto (dove dopo a sua volta rifatto non stesso! ) —e tali distinzioni sono importanti per non rischiar sovrapposizioni con filosofemi di Agostino e filosofia di Tertulliano.

Premessa di filosofia di Plotino era allegoria mitica di Egitto monoteista, che verteva su metafora della "Anima Mundi" od Anima ovvero su spiritualità cui riferimento mitografico-mitologico "Psiche" era incompleto perché ne era parte integrante riferimento cosmologico. In tal senso Plotino era di un nuovo inizio greco, cui arcaicità, alternativa, di dottrina monista non monista-dualista:
non la 'densità - non-densità' esiodea - aristotelica (Urano e Gea, Materia/Forma) né quella solo mitologica omerica - alessandrina (Aurora-Oceano, Luce/Materie);
ma quella corrispondente ad antica allegoria mitica di "Os" però allora defunta solo rammemorata, sin da ultimi tempi dei Faraoni...
e da ellenismo fatta corrispondere al mito della dea Psiche, secondo linguaggio autoctono egiziano "dea": cioè non psiche stessa ma bellezza della psiche; dai tempi di Regina Cleopatra fino a quelli di Ipazia così anche espressa dai coloni greci in Egitto, ma già in vita di Plotino ne era oramai necessario corrispondente ellenico od ellenista con mitologia - mitografia di "Afrodite", in verità dagli elleni pensato diversamente;
difatti mito di Afrodite in Enneadi corrisponde ad allegoria-mito fenicia di 'Astarte' ; cui però mondo punico anche italo, italiano, italico, differentemente-altramente intendeva: ciò che in cultura ellenica era detto Zeus-Afrodite.

...'Os' indicava unità di Sé universale-individuale quale identità di agire vitale qualsisia fosse; e dunque con Esso ("Os" significa anche 'Esso' qual assolutezza terminologicamente corrispondente a relatività verbale di indicazione) Plotino adduceva premesse pragmatiche a platonismo e di solamente questo ultimo in verità ne aveva disdegnato poi considerato qual opzione solo a causa di proprio suo neo-platonismo.
Domandarsi circa realtà effettiva di tal agire, che indica parola "Os" che fu egizia poi egiziana, fu destino dei filosofi russi che crearono secondo distinto neoplatonismo: discendente direttamente da allegoria gnostica della Sofia oppure da miti susseguenti; fatto con stessa azione cui però originalità di filosofia e originarità da essa.

...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Neoplatonismo identificò spazialità secondo stessa definizione di numerica indeterminatezza "enneade" che significava unità duplice inconoscibile e alfanumericamente corrispondente a:

9-  | - 11

a seconda di varietà di assunzioni pratiche per 'alfanumeri'... :


A, B, C, D, E, F, G, H, I | {- 9}

A, B, C, D, E, F, G, H, I, L - I {9 -}

Questa duplicità di espressione alfanumerica era esprimibile anche con numeri romani, secondo consuetudine bizantina 'ri-utilizzati' quali cifre-lettere-cifre:

I II III IV V VI VII VIII IX

...Ma lettura romana degli stessi non era greca bizantina; questa ultima era da segnica non verbale, che anche alcuni romani conoscevano lavorando assieme ad etruschi a costruzioni - architetture:

I asta (ergersi, durezza)
II aste (idem)
III più aste (idem)
~
V cuneo
~
X croce

...Propriamente croce etrusca era:
_ X _ ,
in architetture costruzioni non comuni a romani (e solo comunicabili) a sanniti di forme a (e non in) tutto corrispondenti essa; strade etrusche sannite originarie avevano incrocio ad _X_ dopo traverse in numero di nove (9)... Corridoi originari di edifici etruschi si intersecavano a forma di _X_ dopo altri elementi in numero di nove (9) ma non consistenti in utilizzi comprensibili...— ciò indicato anche da opere artistiche etrusche —intuibili mediante conoscenze non comuni — in realtà fino a tempi di futura prima esistenza di Occidente in storia di umanità... Altra la anteriorità, quale greco-egizio non solo egizio, cui Plotino, che abbandonato luogo colonico indicavasi dichiaravasi: greco, egizio; né altre dirette orientali-occidentali né orientali-meridionali-occidentali; più remota, da (non di) evento pre arcaico, proto-pre-arcaico, greco-egizio (appartenenza etnica del tutto incompatibile con africana, quivi solo in circostanze non africane medesime essendo convenuta colonia, ai tempi di Ipazia in sue ultime circostanze storiche determinanti).
Espressione greca ed alla romana in realtà greco-etrusca-latina con scrittura romana, indica ancor oggi, in lettura anche italiana, numerologia non univoca e che con espressione numerica letteraria potrebbesi dire 'pressoché nove, nove pressoché' oppure '9 e dintorni, non meno semmai più'.
In pratica il IX (9) pensato da Plotino sarebbe potuto esser proposta, limitativa cautelativa, a rialzo in vendite a prezzo non fisso; ma esempio codesto solo per successiva età araba medioevale; pur non alieno futuro a Plotino...

—Leinbniz derivava invece sue concezioni di spazialità da esito arabo di accademia platonica e da rinascimentale anche non solo arabeggiante.

...Tralasciar neoplatonismo enneagrammatico comportò genericizzazioni-parzializzazioni ed ignorarne reca oblio storico non viceversa.

...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Platone non affrontò questione di definir limiti di 'conoscer' solo di 'conoscenza', questi identificati in funzione insostituibile di componente non singolare non solo umana non solo animale cioè genericamente vitale di mente.
In riferimento a tempo, si tratta di quanto fisicamente si riproduce in fisico determinato di altre fisiche viventi; ma con pensiero moderno se ne può descriver compiutamente con fisiologia oltre che fisica, pure con biologia e da questa risultando zoologia determinante a totalità descrittive. Zoologia fornisce informazione su ambienti di cui vita, studio utile più a fauna e poco a flora perché questa già essendone in rapporto diretto ed ovvio e pochissimo ad umanità perché questa assai complessamente relazionata, essendone, invece, fauna semplicemente variamente relazionatane (a quegli ambienti appunto).
Entro considerazione di vitalità ambientale si spiegano la replicazione biologica di elementi comuni e le uguaglianze fisiche - fisiologiche di non-identità - identità. Per opera di greci antichi fu il prodromo filosofico di zoologia moderna ... Non inizio di cattivi psicologismi, per trovare i quali bisogna inquadrare non grecità ma pseudogrecità, già nemica dei romani in Evo Antico...
...Si scopre così che sono esistiti ed esistono ancora menzioni di pseudoplatoni, anche in ambienti universitari e scolastici falsi riferimenti e pseudostorici – talché due erranze parendo non essere però essendo – menzioni più o meno personali spacciate per vere senza esserne.

Di natura fisiologica, vero Platone mostrava analoghe comunanze psichiche. Tal mostrare era di realtà detta in riferimento a divenire della vita: metempsicosi; per definire distinzioni forti cioè in vitali eguaglianze non uguaglianze. Zoologicamente Platone inquadrava energetica comune, stessa, a tutti i viventi, ma non medesima, cioè uguaglianza non identità. I destini di tal repliche, tutte, psichiche, fisiche, eran filosoficamente le metempsicosi; cui Platone accludeva da dizione popolare 'trasmigrazione' (non "intra" né "trans" né "tra", ma "tras-"... ) ma pure per ugual riferimento poetico da canti orfici tradizioni musicali di suo tempo e mondo.

Analogalmente fece Plotino riferendo di conoscer stesso.

...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

(...)
Recedere da platonismo a platonismo-socratismo per affermarne logica apriori ha valore limitato a post socratismo ed ex socratismo e non è sufficiente per denotare tutte le illusioni positiviste sorte su geometria antica e suo retaggio moderno; inoltre positivismo ha raggio di azione relazionativa - non-conoscitiva più vasto, per identificare il quale e per individuarne veri limiti dovendosi considerare e rivalutare originarità platonica meta-fisica non metafisica e discerner elemento meta fisico in opera di Aristotele e mostrandone così non identità di fisicalità di concezioni fisiche di positivismo moderno e contemporaneo. Quest'ultimo muove da pensiero di fisica-fisica non fisica, cui positività non essendo consapevolezza e questa essendo analogia di fisica-fisica - non-fisica; che stesso positivismo attribuisce a platonismo; ma che in realtà è pseudoplatonismo, attribuizione erronea per coinvolgimento tra dissidio scientista / oscurantista che opera trasdatazione / occultamento teorico/storico.

...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

(...)

Di eredità platonica ruolo in costituzione di scienza fisica dinamica va distinto da ruolo in costituzione e continuazione di scienza fisica statica.
Se scienza fisica statica antica tanto negletta, ciò accade poiché essa in Età del Rinascimento fu riformulata (e accade perché determinante etnofobia cerca di dimostrare casualità non causalità di scritture scientifiche greche antiche e perché effettiva xenofobia ne rifiuta comprensioni e ricomprensioni concrete).
In riferimento invece a idee platoniche, Schopenhauer espresse ruolo di saggezza platonica del disinganno in nascita della fisica dinamica, dal riconoscer mera apparenza di moti gravitazionali solari fondamentali; ma non parimenti espresse ruolo di filosofia rinascimentale per tal nascere perché non interpretò della filosofia di G. Bruno la fondamentale universalità non mondanità descrivente suggestioni naturali aprioristicamente senza bisogno di accluderne a premessa confutazione di suggestionare; che anche il Bruno mostrava qual evento manifesto non di per sé ingannatore ma in resoconti non discorsi ovviamente, dati suoi considerare.

Non è esplicativo mostrare conoscenze di fisica statica delle leve da parte di G. Galilei al fine di indicazione di premessa filosofica; e porne in evidenza unione di dottrina di Platone serve ad intender che fisica dinamica fu necessaria anche per coincidenze e concomitanze contingenti che facevan parere scienza fisica statica sola ovvietà o inutilità.

...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

((...))

Questione platonica inerente idee e realtà era stata intellettualmente posta e risolta già da Aristotele e i limiti culturali di tal risoluzione furono descritti e superati da Plotino.

...Durante Medio Evo in Europa latina non bizantina ne iniziava altra questione, platonistica, concernente esistenza e realtà delle idee ma con lo scopo di definire i limiti delle negazioni e affermazioni di realtà in rapporto alle affermazioni e negazioni di esistenza.
Non era tal seconda questione la distinzione aristotelica tra esser concreto ed essenze, astratte. Si trattava infatti di definire essere ed essenze in una prassi, specificamente in rapporto alla inconoscibilità, dato che si doveva considerare realtà di rapporto al Mistero.
Quindi: non bisogna ipostatizzare codeste riflessioni medioevali: continuanti nella modernità; attraverso l'ontologia degli enti conducendo alle filosofie contemporanee della esistenza. Di queste principale fautore fu S. Kierkegaard non realizzatore fondamentale...

Però se tante discussioni contorte sono esistite ed esistono in diatribe filosofiche moderne e non solo in tutto alternative, esse dipendono dall'aver fatto commistione tra pensiero elleno e pensiero ellenico, assurto questo a totalità significante in filosofia romana - greca (da non confondersi con stessa scuola neoplatonica romana)...:
In sintesi filosofiche di M. Aurelio il rapporto tra realtà ideale e non ideale si compone su intellettuale piano distintivo molteplicemente sincronicamente di: 'Mente, Anima, Animo, Afflato' , essendo sintesi stesse pratiche non teoriche e necessarie-primarie non altro (ciò che Giuliano definiva 'automaton', secondo pensiero elleno).

Dunque pratica della vita fonda propri giudizi, anche stime matematiche, su mente individuale in Mente Universale; differendo afflato universale e cioè anche destino di ciascuna cosa da sua immediata statica percezione; questa mediata da emotività di mentalità singole; le quali però sono caratteristiche oppure determinazioni psichiche e psicologiche, sono anima, son tutte sottoposte e disposte da determinare, cioè pure da scegliere; da agire, di dinamica antropo-psichica, anche zoopsichica, la quale dicibile in italiano: animo, ovvero l'elemento psichico libero, ciò che diventa secondo se stesso in agire; nella vita stessa.

Ove potendo accadere rovesciamento di rapporti di valore tra animo ed anima (da non confondersi con gli archetipi della distinzione reciproca "Animo" ed "Anima" non a caso da C. G. Jung sistematicamente espressi in latino, da consuetudine culturale ladina, alpina svizzera), si presenta la realtà degli inganni e dei possibili disinganni: quelli naturali, quelli non naturali; entro alternativa di cultura civile (premessa di stesso filosofo, M. Aurelio) e di civiltà culturale (premessa di suoi destinatari maggiori, romani, filoromani).
In prima specie, inganni e disinganni naturali sono entrambi prevalenti rispetto a non naturali; viceversa in seconda specie; e tutto ciò anche in sottospecie matematiche; non esistendo alcuna intellettuale problematicità generale né generica, né culturale civile né civile culturale, da realtà numerica astratta a realtà numeriche concrete, queste ultime soggettive, le astratte oggettive, in quanto pensate indirettamente (astratte).
Ciò in pensiero elleno trova corrispettivo platonismo di sintesi culturali stoiche, formulante le precedenti distinzioni in tal guisa:
Anima del Mondo,
Anima delle cose,
Anima dell'Infinito cioè della Vita,
Anima del vivere cioè del limitato.

Questa fu anche sintesi impiegata dal neoplatonico Plotino, cui Opera:
in qualità fondativa-rifondativa o ridotta di commentario;
peraltro improntata a stoicismo e per fondamentalità (non accessoreità ad opere di Platone e platoniche);
ma quale neoplatonismo - neo-platonismo non neo platonismo.

...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

(...)
L'intera significanza della distinzione tra divenire mondano-universale ed universale-mondano fu in Occidente illustrata dal pensiero bizantino, in tal fattispecie teologico e materialista; che difatti prendeva inizio determinante nonché caratteristico da Proclo e dai suoi studi di corrispondenza tra atomismo e idealismo, tra atomi e anima. Ma (di fatto) già in altro pensiero stoico v'era concordia materialista idealista non antiplatonica ed in Stoa non v'era alcuna necessità di concordarne, in stoicismo romano antico la Stoa riproposta quale cultura filosofica concreta quindi realtà di ideale e non ideale considerata quale spontaneità /non-spontaneità di comprensioni ((si consideri contenuto particolare delle Lettere a Lucilio di Seneca)); così in contesti culturali romani e greci risultando questo stoicismo indiscutibile opportunità espressiva di affermazioni originarie della Stoa, queste per il mondo solamente greco non più utili a rifarne. Se, a riguardo, si ponesse maggior attenzione e rispetto a valore pratico ed ineccepibilità teorica di antica filosofia, romana, romana - greca, non avrebbero più fortuna né successo i mesti labirinti critici anticulturali-antiplatonici che non insegnano nulla a nessuno o creano fraintendimenti e a danni indiretti di troppi e così si potrebbe capire, di volta in volta, se e quale antiplatonismo proficuo realmente e se e quale finanche utile ad alcuni prosequi o non prosequii di alcuni platonismi... invece da parte di cultura ormai antifilosofica si evitano tal distinzioni e si oppongono sterili platonismi a non utili antiplatonismi in confronti che da diatribe decadono a diverbi non filosofici infine antifilosofici.

...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Platone considerava realtà di inganno e disinganno non differentemente da platonismo cristiano né da ex cristiano ma diversamente.

Premessa di teologia medioevale era l'Assoluto, generale, del Dio Vivente; che tanto evidente in cultura filosofica araba medioevale ellenista e filoellenista, da non esser necessaria (... Avicenna) o da esser implicita (... Averroè).

A Platone era premessa Assoluto non generale e non di spiritualità cristiana, ovvero di monoteismo non comune orfico, del Dio Mediatore, Mediazione tra mondo di natura e di artificio.
Ciò a Platone non derivava dal dover conciliare civiltà a cultura ma dal dover coniugare spontaneità non ispirata a costruttività ispirata; dal doversi districare tra eredità selvagge e semplici.
Estremo di semplicità non implica dramma di natura e non-natura; non estremo selvaggio ne potrebbe e ne implicava in Europa ma non in tutta; la Ellade si trovava a confrontarsi con esulare di minoranze selvagge da destino naturale ed anche opportuno; ma non così il piccolo mondo di Platone, di cui retaggio selvaggio-guerriero per il quale erano impossibili tali inopportunità. Spiritualità orfica consentiva alternativa pacifica a ideologie amazzoni (non analogie od imitazioni caucasiche), presenti in Europa da tempi di Occidente ancora in interezze di contatti o per contatti di eccezione (anche caucasici)...
Dunque non era questione di scarsità vitale ed inettitudine psicologica; ma di conservare armonia tra retaggio selvaggio e semplicità.
Itali-greci poi greci italiani, non ellenici, non rischiavano in simili eventualità disarmonie di retaggi. Tanto che pensiero eleatico era rigidamente gnoseologicamente monista.

...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

...

A Platone interessavano dilemmi di questo tipo – ne descrivo con esempio:

se un selvaggio incontra uno scoiattolo su un albero, può facilmente comunicarne; se un semplice incontra uno scoiattolo su un albero, può sicuramente comunicarne; ma come farebbe un selvaggio a restar selvaggio e a trovar certezza? ...E come trovar certezze passate in semplici sicurezze presenti...?

Non si trattava di questioni di inibizioni psicologiche, le quali per realtà greca, anche odierna, non sono né mai potrebbero essere problemi né di ordine terapeutico. ... Ne potrebbe esser invece problematico il sussister quali risultanze di impedimenti da altri commessi, in odiernità problema concreto di violenza sociale e psicologica e soprattutto etnofobica; ma che realtà greca non recepisce psicologicamente né psichicamente vi si rapporta perché non pratica ovvero intrinsecamente non contiene separazioni di propria civiltà e natura. Non in tal ultimo senso dunque i dilemmi di Platone sono continuati nei dilemmi della psicologia degli archetipi alle prese con la intrusione mentale né coi dilemmi della etnologia che studia i contrasti etnici...
Epperò alla base di inutili polemiche oramai fuori da vera filosofia sta etnofobia contro grecità ed invadenza sociale contro grecità e specialmente contro filogrecità.


Odiernamente continuazione climatica europea ripresenta forte necessità e con futuro di tradizioni greche, in specie bizantine; quali retaggio da riaccogliere od accogliere per totalità nazionale italiana; ...e bisogna riconoscere sia pertinenze che non pertinenze con tradizioni intellettuali greche; ciò non equivale, neppur prendendo a scuse grandi numeri e tantomeno temendo e maledendo impreviste sopravvivenze di singoli o pochi, a negare violenze di falsità, di finzioni di appartenenze in realtà inesistenti, non veramente italiane né europee ed essendone il fingerne da parte dei negatori di verità greca; la quale non è la vulgata a volte prevalente finanche in ambienti scolastici ed universitari.
(...Non solo a causa di tale situazione in ultimo esposta, ho inviato questi miei commenti qui (e ne invierò anche un altro, successivo).)


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

(...)

Il ruolo intellettuale della matematica è in considerazioni assai distanti da matematica stessa eppure tale distanza non è incommensurabile se la relazione tra idee della realtà e realtà è pensata pragmaticamente cioè riferendo azioni umane ad atti naturali col criterio di conformità /non-conformità a saggezza pratica, nel caso di Platone e platonismo: la saggezza del disinganno.

Conviene davvero avventurarsi in percorsi critici nonché in critiche di critiche senza aver prima fatto dovute relazioni tra gli stessi idealismi, realismi, materialismi, spiritualismi antichi, anche solo di àmbito elleno? Evidentemente no.

Inquadrare specifica destinazione di critica a supervalutazioni epistemologiche sul platonismo conduce a distinzioni previe e generali di valori e non valori, di critiche e non critiche circa il platonismo.
Differentemente, non questo cioè, da atto di Paul Benacerraf, citato in recensione: che avvertiva di un problema epistemologico presente in interpreti positivisti del platonismo; ma i quali non ne intendevano saggezza né conoscenze derivate da saggezza non da altre conoscenze cioè non si erano provvisti di bastante etica loro necessaria per evenienza.


MAURO PASTORE