Günter Figal con la sua ultima fatica - che appare in traduzione italiana col testo tedesco a fronte, arricchita da un’intervista all’autore - fornisce un compendio del suo percorso teoretico all’interno della filosofia ermeneutica.
In sette capitoli, Figal ripercorre le tappe che portano il lettore alla comprensione di quella compagine vitale in cui si trova da sempre e che include il tutto e la parte, il mondo e l’uomo.
Quel che emerge come punto centrale all’interno dell’esperienza ermeneutica proposta è l’oggettualità, che dà il titolo al volume.
Per iniziare il percorso della comprensione, infatti, c’è bisogno di qualcosa che si opponga alla nostra conoscenza, che la sfidi. Ed è proprio l’oggetto, der Gegenstand, che possiede per sua essenza la proprietà dello stare-contro, dell’opporsi, innescando un’interpretazione da parte dell’uomo che è tutt’altro che semplice e scontata.
Per iniziare il percorso della comprensione, infatti, c’è bisogno di qualcosa che si opponga alla nostra conoscenza, che la sfidi. Ed è proprio l’oggetto, der Gegenstand, che possiede per sua essenza la proprietà dello stare-contro, dell’opporsi, innescando un’interpretazione da parte dell’uomo che è tutt’altro che semplice e scontata.
Il terreno in cui si gioca la partita dell’oggettualità, e quindi della filosofia per eccellenza, è il mondo.
«Anche se si parla di un “luogo iperuranio”, i viaggi filosofici non conducono al di fuori del mondo, bensì si limitano ad illustrare la distanza fra ciò che è abituale e il mondo esperito filosoficamente. Con lo scaturire della filosofia si fuoriesce dalla quotidianità, ma non dal mondo” (p. 149).
Illustrare la distanza apparirà allora come la vera missione della filosofia. Del resto: «[…] non esiste comprendere senza distanza» (p. 87). Le dichiarazioni di intenti di Figal sono fin da subito chiare: nel tematizzare la distanza, si contrappone al pur ambizioso progetto di possedere il dato della conoscenza. Contro ogni positivismo che voglia cristallizzare il sapere in dogmi, la filosofia ermeneutica deve dischiudere la possibilità del comprendere. La possibilità ogni volta rinnovata e mai uguale a se stessa diventa la vera e propria meta del sapere: «“La” filosofia si può rappresentare sempre e solo per modelli. Non è mai semplicemente presente e nemmeno si disperde in una serie di dati storici. Ognuna delle sue possibilità si riferisce a un’essenza filosofica, che è in sé una possibilità e che per questo si dà sempre e solo in possibilità» (p. 103).
Una volta gettate le fondamenta dell’edificio ermeneutico, Figal illustra il suo metodo, la sua logica interna a partire dall’interpretazione a cui è dedicato il secondo capitolo.
Il procedimento comprensivo inizia da un’interpretazione dell’oggetto che ci si pone contro: un riferimento a qualcosa di altro rispetto a ciò che abbiamo di fronte, il quale di per sé, che sia una cosa o un testo, non possiede intenzioni o scopi di nessun genere e grado. Quando il riferimento trova una conferma delle aspettative all’interno della ragione, si può dire che esso è in atto e quindi si forma una rappresentazione, che altro non è che una presenza mediata dell’oggetto che può così venir appreso da un soggetto.
Si capisce allora perché «“Comprendere” è una parola che indica riuscita; se comprendiamo, qualcosa è riuscito e quindi è giunto a conclusione. Ciò vale anche nel caso in cui facciamo con successo ciò che è stato compreso; allora la riuscita consiste nel fatto che ne siamo appunto capaci, a differenza di prima» (p. 313). Sapere qualcosa allora equivale ad essere capaci di fare qualcosa con quel fenomeno appreso, come quando recitando un testo si può dire che lo mettiamo in atto. Lo facciamo valere nella sua significatività. Così come la comprensione ha origine da qualcosa che sta contro, l’autocomprensione emerge da un’estraneità presso se stessi: «Dobbiamo essere diventati estranei a noi stessi per tentare di comprenderci, cioè di comprendere una fase precedente o un altro aspetto della nostra vita» (p. 317).
Ciò che riesce nel comprendere è quindi il cogliere, ogni volta determinato, la relazione tra possibilità e realtà. L’oggettuale è la possibilità del voler comprendere.
«E’ vero che l’emergere dell’oggettuale è un accadere. Qualcosa si presenta di fronte ed è tutt’a un tratto presente. Tuttavia all’oggettuale appartiene la sua determinatezza; qualcosa si presenta di fronte e rimane. Il suo rimanere è come un attendere; è anche una promessa. Dà ad intendere, attivando in questo modo la possibilità del voler comprendere” (p. 393).
Con la comprensione entra in gioco sempre anche lo spazio ermeneutico, tema che Figal esplora in tutta la sua portata concettuale nel terzo capitolo, dato che comprendere qualcosa significa sempre comprendere anche il modo in cui questo qualcosa si dà.
La relazione tra la rappresentazione di un oggetto e l’oggetto stesso va a formare quella che Figal definisce compagine rappresentativa (p. 411). Il passo in avanti che la fenomenologia apporta alla comprensione del mondo è sicuramente l’aver tematizzato il diverso grado di intensità correlativa tra il soggetto e il reale dal quale deriva la fondamentale differenza tra l’atteggiamento naturale e quello fenomenologico. «Il grado di intensità correlativa peculiare per la fenomenologia è raggiunto nel momento in cui non poniamo più il problema relativo alle manifestazioni, bensì vogliamo chiarire cosa è lo stesso manifestarsi» (p. 435). È importante sottolineare che così come la distanza dischiude il mondo al soggetto, allo stesso modo «ovunque ci sia qualcosa c’è anche apertura» (p. 439). Tale apertura rinvenibile nell’epoché fenomenologica è l’elemento che ha profondamente colto e sviluppato in particolar modo il filosofo ceco Jan Patočka.
A questo punto Figal arriva ad un momento cruciale nella trattazione dell’oggettualità: lo spazio ermeneutico (capitolo terzo).
Essere nello spazio ermeneutico significa stare nella differenza tra i due mondi: quello della vita e quello delle cose. In questa differenza si trova una grande libertà per l’uomo, concetto indicato efficacemente nel titolo del paragrafo 18: deliberazione riflessiva (p. 547).
La libertà attraverso la distanza è in un certo senso l’elemento della differenza che ritorna in veste spaziale. Si pone a distanza, ovvero si contempla qualcosa: «La meta non è un elemento esteriore a cui procuriamo una presenza mediata, bensì una possibilità del proprio particolare agire gettata nella lontananza, all’esterno» (p. 555), scrive Figal.
Differenza, distanza, libertà e contemplazione sono concetti che indicano chiaramente come non vi sia mai un possesso delle cose, ma sempre una nuova e diversa possibilità del comprendere. «L’intervento è possibile solo se esso si accompagna a un lasciar essere. Nel lasciar essere rimaniamo liberi nei confronti delle cose; ad ogni intervento manteniamo anche la distanza, e le cose restano lontane. Ma così anche esse sono libere; restano libere dal tentativo di impadronirsene unicamente nell’ottica dell’intervento» (p. 573).
Nella libertà del mondo come spazio ermeneutico rientra la possibilità dell’anche diversamente, di differenti «[…] modi di accedere ad esso. Diversi modi di accedere significano: il medesimo mondo può essere esperito anche diversamente. Così si presenta nel mondo, come una particolare manifestazione della libertà, la libertà con riguardo al mondo» (p. 629).
Si è visto, all’interno del secondo capitolo, come l’interpretare all’interno della comprensione sia sempre un riferirsi a qualcosa di altro, e nel linguaggio, tema del quinto capitolo, emerge tale carattere di rimando, come esprime l’autore: «Seguire la frase significa quindi: farsi rimandare da essa a qualcosa. Seguendo questo rimando, comprendiamo cosa intende la frase. “Meinen” significa originariamente: indirizzare il proprio sentire verso qualcosa” (p. 671).
Ed è proprio nel linguaggio che emerge in tutta la sua portata la differenza che si è vista essere il carattere saliente del comprendere. A questo riguardo, Figal lascia la parola a Derrida: «Différance è l’“operazione del differenziare e del differire” – il verbo différer significa entrambe le cose – “che insieme fende e ritarda la presenza, sottomettendola in un colpo alla separazione originaria e al ritardo originario”». (p. 785).
Il collante della struttura, che ordina tutti gli elementi della compagine rappresentativa e li inserisce in quella vitale è il tempo: «[…] con l’oggettualità è diventato chiaro che le sensazioni e i vissuti sono connessi fra loro non solo in riferimento al mondo della vita.
Nel tempo c’è il legame con il mondo, nella misura in cui questo è il mondo delle cose. E con il tempo in questo mondo c’è senso» (pp. 1005, 1007).
La fitta trama concettuale finemente elaborata ed esposta in Oggettualità ha un senso se collocata nella compagine vitale dell’uomo: «L’uomo è un essere vivente ermeneutico; l’aspetto peculiare della vita umana risiede nel rappresentare – in ciò e nella relativa capacità: non poter fare a meno del rappresentare e di rappresentazioni» (p. 1023). Se la possibilità di comprensione è iscritta nel Dna dell’uomo, alla luce delle considerazioni sin qui accennate, appare chiaro che è proprio l’elemento della distanza a far emergere la vita del singolo uomo come di tutti gli altri.
La facoltà umana per eccellenza che è preposta a cogliere le differenze dando loro una logica unitaria è la ragione: «Sapere, cogliere significa dunque: percepire differenze, e ciò a sua volta significa: vedere queste nella loro coappartenenza, riconoscendo le cose distinte per come sono. Le cose distinte non sono un mero coacervo di molteplici elementi; sono le cose separate le une dalle altre e in ciò connesse” (p. 1127). La ragione è quindi «la capacità di differenziare gli elementi di un complesso di significati e di tenerli insieme nella loro differenza» (pp. 1129).
Il viaggio nella filosofia come esperienza ermeneutica che ci propone Günter Figal con Oggettualità vede l’uomo immerso nelle cose del mondo, senza alcuna possibilità di un anche diversamente, eppure con il dovere etico di tematizzare, ogni volta e di nuovo, la distanza da esse, pena il non comprendere: «Siamo in mezzo alle cose, ma le vediamo a malapena, dato che abbiamo a che fare “con noi”» (p. 1147). Si deve quindi raccogliere la sfida che gli oggetti ci lanciano per rendersi conto della propria dimensione nel mondo e per ricoprire quel luogo ermeneutico mai sicuro e dato una volta per tutte, ma sempre in bilico, alla ricerca di un punto fermo. Il punto fermo sono unicamente gli oggetti del mondo: «Proprio nel momento in cui gli stessi oggetti rifiutano ogni risposta e tanto più un’ultima risposta, danno una misura, in base a cui l’uomo può rendersi conto della sua esteriorità. Dato che con essi si intensifica l’esteriorità della vita, ci fanno essere aperti nel mondo e ci fanno continuamente scoprire quel senso del contemplare e rappresentare che entra in gioco in ogni vita umana. È un senso che media, al di là di ciò che è solo umano» (p. 1175).
INDICE
SAGGIO INTRODUTTIVO
Filosofia dell’oggettualità
di Antonio Cimino
1. Premessa
2. Cinquanta anni dopo Verità e metodo
3. La riabilitazione dell’oggettuale
4. La riabilitazione del teoretico e la possibilità di una filosofia ermeneutico-fenomenologica
NOTA EDITORIALE
PREFAZIONE, di Günter Figal
INTRODUZIONE
Capitolo primo
DALL’ERMENEUTICA FILOSOFICA ALLA FILOSOFIA ERMENEUTICA
§ 1 Il problema delle scienze dello spirito
§ 2 Ermeneutica della fatticità
§ 3 Ermeneutica e filosofia pratica
§ 4 Origine
§ 5 Modelli originari
§ 6 Elementi originari
Capitolo secondo
INTERPRETAZIONE
§ 7 Trasposizione
§ 8 Interpretandum
§ 9 Avvio
§ 10 Relazioni esteriori
§ 11 Ricognizione rappresentativa
§ 12 Comprendere
§ 13 Oggettualità
Capitolo terzo
IL MONDO COME SPAZIO ERMENEUTICO
§ 14 Fenomenologia
§ 15 Spazio
§ 16 Il concetto di mondo
Capitolo quarto
LIBERTA’
§ 17 Agire
§ 18 Deliberazione riflessiva
§ 19 Libertà delle cose
§ 20 Libertà condivisa
§ 21 Libera contemplazione
Capitolo quinto
LINGUAGGIO
§ 22 A partire dal parlare
§ 23 Una frase singola, semplice
§ 24 Segni
§ 25 Significato
§ 26 Decostruzione della voce
§ 27 Posizioni
§ 28 Pensiero scritto
Capitolo sesto
TEMPO
§ 29 Ovunque e in tutto
§ 30 Qualcosa accade
§ 31 Essere nel tempo
§ 32 Tempo attuativo
§ 33 Temporalità
§ 34 Costellazioni del senso
Capitolo settimo
VITA
§ 35 Nello spazio ermeneutico
§ 36 Essere tratto fuori e chiasmo
§ 37 Originarietà
§ 38 Forma di vita
§ 39 Corpo e soma
§ 40 Ragione
§ 41 Compagine vitale
§ 42 Carenza e pienezza
Note del curatore
APPARATI
1. Bibliografia
2. Indice dei nomi
3. Indice dei concetti fondamentali
4. Indice dei termini greci
APPENDICI
1. Glossario
2. Nota bio-bibliografica
3. Intervista a Günter Figal
7 commenti:
Nella recensione accanto alla descrizione di passaggi fondamentali si trova menzione di nessi particolari unitamente a rilevazioni esterne ad Opera stessa recensita della quale esse non condividono lo scopo, tanto che il recensore si ferma alla considerazione analogica di "filosofia come esperienza ermeneutica" scontrandosi con stessa definitorietá dell'indice che afferma altro in stesso inizio: "DALL’ERMENEUTICA FILOSOFICA ALLA FILOSOFIA ERMENEUTICA". Il tramite nel pensiero dell'Autore non è analogico neppure dialogico quale invece appare in espressione del recensore: "Il viaggio nella filosofia come esperienza ermeneutica". L'Autore inoltra a una filosofia pratica determinata, dandone descrizione completa e relazione con precedente prassi filosofica; quest'ultima fu in Germania definita rigorosamente da H. G. Gadamer con la precauzione di evitare limitazioni statiche e considerando con stessa universalità e generalità di giudizio le chiusure statiche quali arbitrarietà ed operando affinché tali arbitrarietà non fossero impeditive per il procedere degli interessi non solo filosofici ma della stessa filosofia. Invece recensore ignora la sequenza di differenza e di fenomenologia arbitrariamente presentando la logica fenomenologica in sostituzione anche di logica fenomenica. Tale sostituzione operata dal recensore verte su un assunto geometricamente dimostrato spinozianamente inquadrando finito in infinito e considerando oggettività geograficamente quale centralità non fondamentalità, senza fornire coordinate spaziali ovvero contesti entro cui accade tale soggettiva panoramica recensoria e finendo col confondere i contesti temporali pur presenti in Opera proprio in stesso sottotitolo ed indice costringendo il lettore che volesse dar cedito alla arbitrarietà recensoria a relazionarli coi contesti spaziali, pur inclusi in pubblicazione per tramite di intervista ad Autore ma ingiustamente posti in non dovuta causa dalla recensione. Una motivazione di tale arbitrio potrebbe esser rinvenuta nel pregiudizio, che non mostra di essere di stesso recensore, contro stessa ermeneutica filosofica, in riferimento alla quale però il recensore organizza un corredo che, per quanto utile ad ermeneutica filosofica, non è utile a filosofia ermeneutica. Volendo tener conto che esistono recensioni secondo vari fini e destinazioni, si può evitare inutile ed ingiusta polemica contro recensore stesso ma senza evitare di porne in evidenza in soggettività e parzialità di sua operazione una certa faziosità, sicuramente non gadameriana perché esorbitante e non indifferentemente i limiti intrinseci del pensiero di Gadamer, di fatto neppure metafisica semmai antimetafisica perché accogliendo l'assunto emeneutico il recensore non lo accetta quale mezzo di filosofia ma solo quale strumento per la filosofia, secondo un assolutismo critico, cioè rifiutando costruzioni effettivamente tali di saperi filosofici ma offrendo modalità intellettuali per unire saperi non filosofici a prassi filosofiche, ovvero non accogliendo interamente facoltà di estetica filosofica e mediandone riduzione con estetica non filosofica, cioè da critica estetica senza speciale applicazione ad arti, ovvero per intellettualismo generico.
...
MAURO PASTORE
MAURO PASTORE :
Dai deliberati geometrici inserti di recensore domandandosi quale ne sia geografia intellettuale se ne può o potrebbe ritrovare corrispettivo nella subcultura del cattolicismo (non cattolicesimo) che fa della antimetafisica una critica oltre che generale anche generica della realtà, perché impegnato anche contro stessa propria originarietà e senza propria originalità e tal duplice assenza costituendo aporie intellettuali che doppiano le già esistenti inderimibili contraddizioni logiche delle premesse esclusivamente civili cattoliche inclini a considerare il disinganno filosofico una azione di pochi per pochi secondo cattolicista affermazione di sudditanza del laicato al clericato. È infatti in tale subculturalità eletta a premessa per la cultura la scaturigine del criticismo estremo che ha scopo di ridurre il filosofare a solo rifiuto per opposizione dei tempi moderni; e non ne sono i corrispettivi eventi ad esser rifiutati da questo criticismo, che non accetta l'accadere della modernità ma non ha autentico altro suo tempo per propri eventi e non ha coerenza sufficiente per essere alcunché di eventuale accettabile opposizione perché si ispira a mutazioni storiche e poi ne avversa qualunque esito. Esiste una logica vaticanense che favoreggia l'antimetafisica ed il criticismo i quali riducendo spazi filosofici non costituiscono alternative in quanto tale riduzione non può esser tramite di altre filosofie ed allora in questa penuria trova potere non il solo rifiuto dei tempi del tradizionalismo estremo della cultura cattolica ma anche l'avversione ai tempi della Globalità ed in particolare di quella occidentale. Di fatto il descritto criticismo antimetafisico preferito dalla logica vaticanense non è più espressione di potere ufficiale ma di antipotere anti-istituzionale, perché le sue proposte culturali sono state smentite dai fatti, dal persistere di una convivenza occidentale ed europea ed italiana anche nella coesistenza della Globalità, dal rifiuto di Unione Europea ed Onu delle richieste del Vaticano, dalla inclusione della Zona Vaticana da parte dell'Unesco e dai reali progressi burocratici della Corte per i diritti umani, ancora in sopravvivenza nonostante i filocattolicisti tentativi eversivi interni di screditarla per esempio facendo parere i diritti della poligamia i diritti della omosessualità: per la logica vaticanense nulla dovrebbe aver vero senso e un amplesso bisessuale dovrebbe aver senso di amplesso omosessuale e un amplesso eterosessuale dovrebbe aver senso di un non amplesso, ma esiste la verità del linguaggio per la vita che appunto è fatto per nominar varietà di amplessi a scopo vitale mentre una follia pseudoreligiosa insiste con confondere astrattezza di croci per la concretezza particolare delle crocifissioni perché è follia in definitiva omicida attuata da ambienti che si protraggono per coincidenze non combinazioni vitali, solo queste ultime essendo durative. Non saprei dire se il recensore ha agito inavvedutamente o per sua anche contrarietà ai destini filosofici di Occidente e Mondo e se voleva lui medesimo tanta strana chiarezza 'da retrobottega' e se davvero voleva tanto suo assolutismo di prospettive intellettuali o se ne ha ricevuto involontariamente dalle passate intrusioni culturali ed intellettuali vaticanensi che ancora fanno opposizioni intellettuali senza esiti vitali.
Codesti miei anatemi e non solo anatemi contenuti in questo mio messaggio hanno scopo di difendere la vita filosofica e non sono opposizioni contro la vita.
MAURO PASTORE
MAURO PASTORE :
Nel mio messaggio precedente si trova scritto di inclusione della Zona Vaticana da parte dell'Unesco:
Preciso che tale inclusione non è una annessione territoriale, restando tale Zona parte di territorio che era stata concessa non ceduta da Stato Italiano a Chiesa Cattolica in base a dichiarazione di fini ecclesiastici da parte di tale Chiesa in ogni caso sottoposta a legislazione italiana anche entro tale specifica Zona che adesso, dopo la passata esclusione del Vaticano stesso (detto "Stato della città del Vaticano") da Unione Europea cui appartiene stesso Stato Italiano e da Organizzazione della Nazioni Unite cui membro anche Stato Italiano e dopo la dichiarazione della Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura siglata UNESCO (Unesco) in merito alla stessa Zona Vaticana, risulta non esser più di precedente pertinenza e risultando unico referente legittimo per essa non più stessa Chiesa Cattolica ma quanto indicato secondo dichiarazione UNESCO in considerazione di destinazioni architettoniche e valori culturali cioè culturali religiosi specificati.
Tali valori e destinazioni corrispondono a volontà legittime originarie, di stesso Architetto anche, di sede di Patriarcato cattolico-ortodosso non ortodosso-cattolico, volontà mai in alcunché veramente rispettate o mai a sufficienza rispettate da gerarchia clericale cattolica prima di effettività di stessa dichiarazione Unesco (UNESCO).
MAURO PASTORE
In primo messaggio inviato 'cedito' sta per: credito. Qui di sèguito intero testo con correzione inclusa:
Nella recensione accanto alla descrizione di passaggi fondamentali si trova menzione di nessi particolari unitamente a rilevazioni esterne ad Opera stessa recensita della quale esse non condividono lo scopo, tanto che il recensore si ferma alla considerazione analogica di "filosofia come esperienza ermeneutica" scontrandosi con stessa definitorietá dell'indice che afferma altro in stesso inizio: "DALL’ERMENEUTICA FILOSOFICA ALLA FILOSOFIA ERMENEUTICA". Il tramite nel pensiero dell'Autore non è analogico neppure dialogico quale invece appare in espressione del recensore: "Il viaggio nella filosofia come esperienza ermeneutica". L'Autore inoltra a una filosofia pratica determinata, dandone descrizione completa e relazione con precedente prassi filosofica; quest'ultima fu in Germania definita rigorosamente da H. G. Gadamer con la precauzione di evitare limitazioni statiche e considerando con stessa universalità e generalità di giudizio le chiusure statiche quali arbitrarietà ed operando affinché tali arbitrarietà non fossero impeditive per il procedere degli interessi non solo filosofici ma della stessa filosofia. Invece recensore ignora la sequenza di differenza e di fenomenologia arbitrariamente presentando la logica fenomenologica in sostituzione anche di logica fenomenica. Tale sostituzione operata dal recensore verte su un assunto geometricamente dimostrato spinozianamente inquadrando finito in infinito e considerando oggettività geograficamente quale centralità non fondamentalità, senza fornire coordinate spaziali ovvero contesti entro cui accade tale soggettiva panoramica recensoria e finendo col confondere i contesti temporali pur presenti in Opera proprio in stesso sottotitolo ed indice costringendo il lettore che volesse dar credito alla arbitrarietà recensoria a relazionarli coi contesti spaziali, pur inclusi in pubblicazione per tramite di intervista ad Autore ma ingiustamente posti in non dovuta causa dalla recensione. Una motivazione di tale arbitrio potrebbe esser rinvenuta nel pregiudizio, che non mostra di essere di stesso recensore, contro stessa ermeneutica filosofica, in riferimento alla quale però il recensore organizza un corredo che, per quanto utile ad ermeneutica filosofica, non è utile a filosofia ermeneutica. Volendo tener conto che esistono recensioni secondo vari fini e destinazioni, si può evitare inutile ed ingiusta polemica contro recensore stesso ma senza evitare di porne in evidenza in soggettività e parzialità di sua operazione una certa faziosità, sicuramente non gadameriana perché esorbitante e non indifferentemente i limiti intrinseci del pensiero di Gadamer, di fatto neppure metafisica semmai antimetafisica perché accogliendo l'assunto emeneutico il recensore non lo accetta quale mezzo di filosofia ma solo quale strumento per la filosofia, secondo un assolutismo critico, cioè rifiutando costruzioni effettivamente tali di saperi filosofici ma offrendo modalità intellettuali per unire saperi non filosofici a prassi filosofiche, ovvero non accogliendo interamente facoltà di estetica filosofica e mediandone riduzione con estetica non filosofica, cioè da critica estetica senza speciale applicazione ad arti, ovvero per intellettualismo generico.
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MAURO PASTORE
MAURO PASTORE :...
Dai deliberati geometrici inserti di recensore domandandosi quale ne sia geografia intellettuale se ne può o potrebbe ritrovare corrispettivo nella subcultura del cattolicismo (non cattolicesimo) che fa della antimetafisica una critica oltre che generale anche generica della realtà, perché impegnato anche contro stessa propria originarietà e senza propria originalità e tal duplice assenza costituendo aporie intellettuali che doppiano le già esistenti inderimibili contraddizioni logiche delle premesse esclusivamente civili cattoliche inclini a considerare il disinganno filosofico una azione di pochi per pochi secondo cattolicista affermazione di sudditanza del laicato al clericato. È infatti in tale subculturalità eletta a premessa per la cultura la scaturigine del criticismo estremo che ha scopo di ridurre il filosofare a solo rifiuto per opposizione dei tempi moderni; e non ne sono i corrispettivi eventi ad esser rifiutati da questo criticismo, che non accetta l'accadere della modernità ma non ha autentico altro suo tempo per propri eventi e non ha coerenza sufficiente per essere alcunché di eventuale accettabile opposizione perché si ispira a mutazioni storiche e poi ne avversa qualunque esito. Esiste una logica vaticanense che favoreggia l'antimetafisica ed il criticismo i quali riducendo spazi filosofici non costituiscono alternative in quanto tale riduzione non può esser tramite di altre filosofie ed allora in questa penuria trova potere non il solo rifiuto dei tempi del tradizionalismo estremo della cultura cattolica ma anche l'avversione ai tempi della Globalità ed in particolare di quella occidentale. Di fatto il descritto criticismo antimetafisico preferito dalla logica vaticanense non è più espressione di potere ufficiale ma di antipotere anti-istituzionale, perché le sue proposte culturali sono state smentite dai fatti, dal persistere di una convivenza occidentale ed europea ed italiana anche nella coesistenza della Globalità, dal rifiuto di Unione Europea ed Onu delle richieste del Vaticano, dalla inclusione della Zona Vaticana da parte dell'Unesco e dai reali progressi burocratici della Corte per i diritti umani, ancora in sopravvivenza nonostante i filocattolicisti tentativi eversivi interni di screditarla per esempio facendo parere i diritti della poligamia i diritti della omosessualità: per la logica vaticanense nulla dovrebbe aver vero senso e un amplesso bisessuale dovrebbe aver senso di amplesso omosessuale e un amplesso eterosessuale dovrebbe aver senso di un non amplesso, ma esiste la verità del linguaggio per la vita che appunto è fatto per nominar varietà di amplessi a scopo vitale mentre una follia pseudoreligiosa insiste con confondere astrattezza di croci per la concretezza particolare delle crocifissioni perché è follia in definitiva omicida attuata da ambienti che si protraggono per coincidenze non combinazioni vitali, solo queste ultime essendo durative. Non saprei dire se il recensore ha agito inavvedutamente o per sua anche contrarietà ai destini filosofici di Occidente e Mondo e se voleva lui medesimo tanta strana chiarezza 'da retrobottega' e se davvero voleva tanto suo assolutismo di prospettive intellettuali o se ne ha ricevuto involontariamente dalle passate intrusioni culturali ed intellettuali vaticanensi che ancora fanno opposizioni intellettuali senza esiti vitali.
Codesti miei anatemi e non solo anatemi contenuti in questo mio messaggio hanno scopo di difendere la vita filosofica e non sono opposizioni contro la vita.
MAURO PASTORE
MAURO PASTORE :
In mio messaggio precedente si trova scritto di inclusione della Zona Vaticana da parte dell'Unesco:
Preciso che tale inclusione non è una annessione territoriale, restando tale Zona parte di territorio che era stata concessa non ceduta da Stato Italiano a Chiesa Cattolica in base a dichiarazione di fini ecclesiastici da parte di tale Chiesa in ogni caso sottoposta a legislazione italiana anche entro tale specifica Zona che adesso, dopo la passata esclusione del Vaticano stesso (detto "Stato della città del Vaticano") da Unione Europea cui appartiene stesso Stato Italiano e da Organizzazione della Nazioni Unite cui membro anche Stato Italiano e dopo la dichiarazione della Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura siglata UNESCO (Unesco) in merito alla stessa Zona Vaticana, risulta non esser più di precedente pertinenza e risultando unico referente legittimo per essa non più stessa Chiesa Cattolica ma quanto indicato secondo dichiarazione UNESCO in considerazione di destinazioni architettoniche e valori culturali cioè culturali religiosi specificati.
Tali valori e destinazioni corrispondono a volontà legittime originarie, di stesso Architetto anche, di sede di Patriarcato cattolico-ortodosso non ortodosso-cattolico, volontà mai in alcunché veramente rispettate o mai a sufficienza rispettate da gerarchia clericale cattolica prima di effettività di stessa dichiarazione Unesco (UNESCO).
MAURO PASTORE
Sono spiacente dell'inconveniente di scrittura accaduto ma Internet non è una libreria bensì un sistema di acquisizione dati ed allora basta invio finale.
Purtroppo le condizioni del mio scrivere sono state sottoposte a tentativi di impedimento della stessa matrice disonesta prospettata ed indicata in miei messaggi precedenti e tali altrui tentativi sono fatti anche di reale minacciosità per cui non sempre conviene per la vita e le sue cose porre tanta attenzione in più a stesso scrivere. Inoltre mi è capitato non di rado di intuire maggiore violenza anche contro terzi da parte di tali ambienti impeditivi in caso di testi direttamente usufruibili senza porvi prima propria logica intuitiva aggiunta per decifrarne contenuti.
MAURO PASTORE
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