numero monografico di «Rocinante, Rivista di Filosofia iberica e iberoamericana», Universidad Catòlica de Colombia (Bogotà) - Fondazione I.S.L.A. per gli studi Latinoamericani-Pagani, n° 5/2010, Firenze, Le Cariti, 2011, ISSN 1971-2871.
Recensione di Marco Strona – 09/05/2012.
Recensione di Marco Strona – 09/05/2012.
Il numero 5 della Rivista «Rocinante» è dedicato interamente al pensiero di uno dei maggiori autori spagnoli del ‘900: Xavier Zubiri.
Poco ancora conosciuta in Italia, l’opera di Zubiri rappresenta di certo un importante contributo originale per la storia del pensiero e per la fenomenologia in particolare.
In questo testo troviamo numerosi interventi di validi studiosi ed interpreti dell’Autore spagnolo, sia di lingua italiana che di lingua iberica.
Il saggio di Diego Gracia, intitolato, “Zubiri en su contexto. O la difìcil tarea de hacer metafisica a la altura del siglo XX”, cerca di indagare il “fondo del fondamento” del pensiero zubiriano: la ricerca della verità che consiste in un cammino sempre aperto all’incontro, alla realtà.
Verificare, afferma Zubiri, è sempre e solo “ir verificando” (p. 22).
In opposizione alla mentalità positivista, che pretendeva ridurre la realtà ad oggetto sperimentabile e verificabile in laboratorio, Zubiri sottolinea il carattere contingente del mondo e dell’uomo stesso: la verità, perciò, consiste sempre in un incontro tra il soggetto e l’oggetto. Da qui deriva ciò che il filosofo spagnolo chiamerà, in tutte le sue opere, la “poderosidad de la realidad” (il potere della realtà). Non è, quindi, il soggetto, l’uomo che pone le leggi alla realtà, ma è la realtà stessa che si apre all’uomo: ciò che si dà è una manifestazione che, appunto, si dona.
Da qui emergono, rileva Gracia, due conseguenze: la prima riguarda l’ineffabilità della realtà, il suo non essere ascrivibile entro i limiti della sola ragione; la seconda, riguarda la contingenza, il fatto che tutte le descrizioni che facciamo della realtà risulteranno sempre imperfette.
Nonostante ciò, il mondo è e resta sempre l’orizzonte entro cui si muove l’essere umano, ed in cui è possibile trovare le tracce, i “signa” – per dirla con Bonaventura – di Dio.
Il saggio di Antonio Gonzàlez ci invita a riflettere sulla questione della tecnica: tema centrale nella filosofia contemporanea. Non ci sono scritti di Zubiri che trattano direttamente di questo tema, ma possiamo evincere l’influenza che ha esercitato su di lui sia Martin Heidegger (suo maestro a Friburgo) che Ortega y Gasset.
Zubiri tratterà il tema della tecnica in un corso del 1933 presso l’Universidad de Verano de Santander: la sua intenzione è quella di mostrare l’unità radicale tra il sapere, e quindi la verità, e la tecnica. Tale unità prende il nome di “intellecciòn sentiente” (p. 44). Ne consegue che la prima funzione dell’intelligenza è quella di “farsi carico” (hacerse cargo) della realtà, del contesto in cui siamo inseriti: il prius dell’intelligenza, quindi, non consiste tanto nel produrre concetti, quanto piuttosto quello di “apprendere le cose come reali” (p. 46).
Ciò sta a significare che tutto si muove e parte dalla realtà, che diviene così generatrice di concetti: “los conceptos surgen y se mueven en la realidad en que estamos, y por tanto tambièn pretendendecirnos lo que las cosas son en realidad”.
La formulazione dell’intelligenza senziente, quindi, permette a Zubiri di concepire il ruolo stesso dell’indagine razionale come “una ricerca sempre aperta” (p. 59): la scienza, in questo caso, non può essere considerata come “una mera costruzione ideale separata dalle cose”, ma deve essere pensata invece come “una penetrazione ogni volta più profonda ed estesa del mondo dei fenomeni nei quali continuamente siamo immersi” (p. 60).
Il saggio di Victor Manuel Tirado affronta invece la dimensione estetica della realtà: in particolare l’autore cerca di vedere come si possa pensare la dimensione estetica all’interno della riflessione zubiriana iscrivibile, a mio avviso, nell’alveo della grande tradizione dell’estetica fenomenologica di cui fanno anche parte, in Francia, Jean-Luc Marion, Michel Henry, ecc..
La coscienza è ricca di significati che non inventa o produce lei stessa, ma che le vengono invece dati, offerti dalla realtà: sono le datità originarie, le gegebenheiten.
Ancora una volta, si tenta di sottolineare il valore fondamentale che acquista la realtà “in sé e per sé”: Zubiri, rileva Tirado, intende edificare un’antropologia a partire da una riduzione fenomenologica in cui, appunto, il reale, i fenomeni si danno per quello che sono. Non a caso, è proprio da qui che Ignacio Ellacuria fa partire la sua importante riflessione filosofica e teologica. Occorre, pertanto, vivere pienamente e densamente il reale, il contesto sociale in cui siamo inseriti: lo “estar” (l’esser-ci, inteso però in maniera differente da quella di Heidegger) è il punto di Archimede del pensiero di Zubiri. Senza realtà, si afferma nel testo, “non c’è Io che valga” (p. 71).
In questo modo acquista un valore primario il ruolo teologico dell’Incarnazione: siamo, cioè, costitutivamente rinviati al Fondamento mediante il “potere” della realtà, “che si manifesta radicalmente in noi costituendoci” (p. 77).
Oscar Barroso ci propone un saggio proprio sul “metodo fenomenologico”: la filosofia di Zubiri, come abbiamo già cercato di delineare, si sviluppa a partire “dalle cose stesse” (p. 80). Tale è l’ottica in cui si muove il pensatore spagnolo già a partire dal 1932 nell’articolo Filosofia y Metafisica ove aggiunge che “un tale modo di procedere non implica un’uscita dalla fenomenologia, bensì, piuttosto, la maturazione di questa”.
L’influenza di Heidegger, conduce Zubiri a superare l’idealismo “a partire dalla fatticità, ma non come eliminazione dell’essenzialità, bensì come unità radicale del fattizio e dell’essenziale” (p. 81). In vista di ciò, Zubiri deve formulare, osserva Barroso, “una nozione diversa di essenza alla quale sia possibile arrivare non a partire da una riduzione eidetica o trascendentale, bensì a partire da un approfondimento fattizio stesso”(p. 81). Zubiri, quindi, cerca il reale e il suo ambito essenziale: le note essenziali non dipendono cioè dal nostro modo di considerare la cosa, “ma costituiscono ciò che è una cosa reale”.
Il compito della ragione è proprio quello di “intelligere le cose a partire dal mondo” (p. 85): la ragione è in cammino (marcha) verso la realtà dell’apprensione, verso il mondo in quanto tale. La ragione è, quindi, sempre aperta al reale che, in quanto dato in apprensione primordiale di realtà, “si presenta come qualcosa di «suo», come qualcosa che non si limita ad essere un momento intellettivo, ma, piuttosto, mira ad un’interiorità propria”. (p. 86) Ogni cosa reale si presenta come “totalità” (le note apprese non restano in modo isolato, ma come un tutto); come “coerenza” (tale totalità non è soltanto un insieme, ma ogni nota è nota di tutte le altre); come “duratività” (la cosa si presenta come uno “stare essendo”, come qualcosa che dura).
La ragione perciò si attiene sempre alla realtà che si dona, al presente visto come dono: è solamente nell’esperienza, quindi, che avviene l’incontro “metodico” con il reale, e quindi con la verità. La verità della ragione, rileva Barroso, ha la forma di “incontro” che rappresenta il “compimento di ciò che è stato abbozzato, sul quale coincidono l’intellezione razionale e il reale stesso” (p. 94). La verità razionale, perciò, mostra sempre due caratteri estrinseci: l’incontro e il compimento. Il carattere della verità razionale in quanto avvenimento è ciò che costituisce “l’essenza stessa dello storico di questa verità” (p. 94).
Il metodo fenomenologico di Zubiri, perciò, non parte dall’essere e dal suo senso, bensì dalla realtà e dalla sua forza, dal suo potere: la realtà è “presente fisicamente nell’intellezione, attualizzata nella sua propria forza” (p. 98). Realtà ed intelligenza, in conclusione, appaiono in una attualità comune, ed è proprio a partire da essa che diviene possibile sviluppare “una filosofia descrittiva e una filosofia esplicativa in relazione ad ognuno di questi ambiti” (p. 99).
Il saggio di Giuseppe Cacciatore, intitolato Vita e storia tra Zubiri e Dilthey, riprende il tema della “metafisica della realtà” del filosofo spagnolo accompagnato da una lettura di Dilthey: sia Dilthey che Zubiri si pongono in maniera critica rispetto “alla drammatica aporia del relativismo acritico e deresponsabilizzante da una parte, e del dogmatismo dall’altra” (p. 105). Il valore della storia attribuito da Dilthey viene ripreso anche da Zubiri, con particolare riferimento al concetto di “capacitazione”: l’uomo, cita il filosofo spagnolo, “aperto alle sue capacità tramite la storia, produce, prima dei suoi atti, le proprie capacità. Per questo motivo la storia è realizzazione radicale. Essa è produzione dell’ambito stesso del possibile come condizione del reale; è fare un potere”.
Proseguendo questo discorso, Pio Colonnello tenta di rileggere il nesso sentire/comprendere a partire in particolare dal testo Intelligenza senziente.
In questo testo, fondamentale per l’intero sviluppo del pensiero del filosofo spagnolo, si snoda una questione importante: “la congenericità del reale e del sapere, in quanto il momento noematico e il momento noetico non possono essere considerati l’uno precedente o anteriore all’altro” (p. 109).
Non si tratta tanto di concepire l’atto di intellezione come totalmente contrapposto al sentire; quanto piuttosto considerare il sentire e l’intellezione come un atto unico, denominato, appunto, “intelligenza senziente”: l’intelligenza umana viene definita da Zubiri come una mera attualizzazione del reale nell’intelligenza senziente.
È la realtà, la “fatticità della vita” (p. 115) nella sua totale storicità che fonda e chiarisce il senso dell’essere e che lo apre all’incontro con la Verità.
La chiave di questo realismo si chiama speranza e il saggio di Armando Mascolo tenta proprio di sottolineare tale fondamentale aspetto.
Il desiderio zubiriano di farci “reinstallare nella realtà” affonda le sue radici nel terreno fecondo di altre esperienze, quali ad esempio, la mistica: per il filosofo spagnolo l’intellezione senziente “è relazionata con l’impressione di realtà, vale a dire, con la forma in cui le caratteristiche proprie della realtà – le “note” (o datità) – sono apprese dall’uomo e costituiscono l’apprensione primordiale” (p. 122).
Pertanto, osserva Mascolo, “l’atto unico e unitario di intellezione senziente è impressione di realtà” (p. 122). La realtà, in questo senso, consiste nell’apprendere qualcosa in quanto “alterità”, come qualcosa che possiede delle qualità che le appartengono prima ancora che il soggetto le giudichi. Voler possedere la realtà significa, per l’uomo, cadere in preda all’angoscia: la radice ultima della sua stabilità, l’uomo la ritrova solo “nel suo essere vincolato al reale come possibilità stessa della sua vita” (p. 128); in ciò che Zubiri chiama religaciòn.
È la religaciòn, il sentirsi parte della realtà la chiave per la fondazione di una “metafisica etica”, una metafisica, cioè, nata “per rispondere ad un’esigenza eminentemente esistenziale e pratica, in quanto volta a contrastare quella «crisi nichilista», quel mal du siècle che aveva investito l’Europa sul finire del XIX secolo e che Zubiri riteneva gravare pericolosamente sullo spirito del suo tempo” (p. 131).
La realtà, il mondo – ci ricorda Marìa Lida Mollo nel suo saggio – si impone nella sua nudità, è coattuale: per questo “intelligere è intelligere senzientemente, e il sentire umano è sentire intellettivamente” (p. 137).
Tale unità rappresenta l’“impressione di realtà”, che per essere di realtà “è intellettiva e per essere impressione è sentita”: occorre quindi accogliere la realtà come un dono, accettare le cose con una “obbligata presa di distanza”, lasciare che le cose stesse ci parlino. Le cose di Zubiri, nella loro alterità e precedenza, si impongono con la loro forza, nella loro suità: le cose-realtà rimandano a se stesse; la cosa “è reale per la sua suità, che è anteriore ad ogni atto di intelligenza senziente e che rispetto ad esse può essere immanente o trascendente, senza per questo perdere in realtà o guadagnare in «assoluta datità» (p. 143).
L’attività della ragione, allora, diviene quella di pensare la realtà “al di là”: “non “al di là del reale, ma il reale al di là dell’apprensione” (p. 147). L’ambito della ragione, prosegue Lida Mollo, “di una ragione problematica che ha a che fare con le cose che danno da pensare, è l’ambito del «potrebbe essere», ovvero, delle possibilità di contenuti fondamentali, che però non sono mai indefinite o infinite in quanto sono suggerite dalla realtà” (p. 148).
Alla ragione, perciò, “è fisicamente consustanziale la realtà”: la ragione, osserva Zubiri, “non ha pretesa di realtà bensì sta già nella realtà stessa”.
Su questa linea si pone anche il saggio di Paolo Ponzio, El problema de la Verdad en la “inteligencia de la actualidad” de Xavier Zubiri.
La verità, nell’orizzonte della riflessione zubiriana, è sempre il risultato di un incontro del soggetto con l’oggetto: in questo caso il pensatore spagnolo si pone in continuità con la riflessione scolastica ripresa in parte anche da una certa fenomenologia.
Rileggendo il De Trinitate di Agostino, Zubiri afferma: “Busquemos como buscan los que aùn no han encontrado, y encontremos como encuentran los que aùn han de buscar, porque cuando el hombre ha teminado algo no ha heco sino comenzar”.
La verità, perciò, consiste sempre nell’“attualizzazione del reale nell’intellezione” (p. 171): la ragione, rileva Ponzio, “che si muove sempre nella realtà, consiste nel misurare la realtà delle cose, nell’attualizzare la realtà come problema” (p. 172).
La rassegna dedicata a Xavier Zubiri si chiude con un saggio di Stefano Santasilia: Re(a)ligaciòn. Il radicamento del conoscere.
A parere di Santasilia, il cuore della ricerca zubiriana riguarda la questione della realtà, “che non può non avere un indissolubile legame con la struttura stessa dell’intelletto che la conosce e ri-conosce come realtà stessa” (p. 174).
Non c’è nessuna priorità del sapere sul conoscere, né del conoscere sul sapere: realtà e sapere sono congeneri “per una condizione intrinseca e formale dell’idea stessa di realtà e di sapere”.
Il punto di partenza riguarda perciò la ricerca di una precisa definizione di realtà che permetta tale carattere congenerico: in questo senso acquista un valore importante il concetto stesso di religione che Zubiri legge, appunto, come re-ligare.
La religaciòn è il vincolo ontologico che caratterizza l’essere umano: nella religaciòn, cioè, ci ritroviamo, in quanto uomini, “vincolati a qualcosa che permette il nostro esistere e dal quale proveniamo; una specie di muoversi «a partire da» nel quale siamo ciò che siamo; nel quale si realizza il ripiegarsi su se stesso del riconoscere dinanzi a «ciò che permette che vi sia»” (p. 176).
Proprio perché l’essere dell’uomo è aperto e religado, la sua stessa esistenza si configura “come un tentativo di conoscere le cose e Dio, non inteso come una cosa, ma come ciò in cui già da sempre si colloca” (p. 177): la questione dell’ateismo, allora, si configura come una vita ab-soluta, sciolta; come una existencia desligada, un’esistenza, cioè, che non è giunta al fondo di se stessa.
Occorre sapere recuperare quel radicamento al Fondamento che caratterizza la nostra esistenza nella sua totalità: questa “esperienza teologale” permette quel legame indissolubile tra il “problema” di Dio e il “problema” della realtà: il “problema” di Dio, infatti, “non è posto arbitrariamente dall’umana curiosità; non è posto dall’uomo, ma si delinea come la stessa esistenza dell’uomo, o meglio, in esso l’uomo è già chiaramente collocato” (p. 179).
Detto in altri termini, l’uomo è “esperienza di Dio”: la gloria di Dio, come direbbe Ireneo di Lione, “è l’uomo vivente”.
Nella seconda parte del testo ci vengono proposte 4 tesi di laurea.
La prima è di Marta Cannizzo ed è intitolata “Ortega y Gasset e l’incantevole arte del linguaggio”.
La “svolta linguistica” di Ortega si colloca in un orizzonte nel quale è il filosofo che, ritirandosi in solitudine, scopre la verità riuscendo così a plasmare una “nuova visione dell’individuo e della comunicazione umana. Il linguaggio, così, si innalza “volgendo con le sue ali il testo eterno, la vita esecutiva di ogni uomo” (p. 186).
In questo modo la riflessione di Ortega conduce ad individuare il valore ontologico e non meramente funzionale del linguaggio.
La tesi di Chiara Corvino, Ortega y Gasset e il problema della comunicazione contemporanea, ripercorre alcuni problemi della riflessione di Ortega, in particolare relativi alla comunicazione nella società contemporanea: l’accento è posto sul Singolo.
La tesi di Francesco Perricelli su Umanesimo ebraico e spiritualismo in Benito Arias Montano intende ripercorrere l’itinerario del filosofo spagnolo con particolare accento al ruolo che le Sacre Scritture, e la genesi delle lingue, hanno avuto all’interno della sua formazione. Infine, la tesi di Pier Alberto Porceddu Cilione, La passione dell’intelligenza. La questione della verità nell’opera di Nicolas Gòmez Dàvila, mostra il nesso tra verità e uomo, inteso nella sua verità: una verità che ha a che fare con “un’ordinata persuasione, nell’ordinato percorso esistenziale ed intellettuale del singolo”.
Infine ci vengono proposte due recensioni: una al testo di Zubiri, Struttura dinamica della realtà. Il problema dell’evoluzione, a cura di Armando Savignano; ed un testo di Bombaci, Patire la trascendenza. L’uomo nel pensiero di Maria Zambrano.
Indice
SAGGI E ARTICOLI.
• Luis de Llera, Editoriale.
• Diego Gracia, Zubiri es su contexto. O la difìcil tarea de hacer
metafìsica a la altura del siglo XX.
• Antonio Gonzàlez, La reflexiòn de Zubiri sobre la tècnica.
• Victor Manuel Tirado, La dimensiòn estètica de la realidad. Como
puede pensarse lo estètico desde Zubiri?
• Òscar Barroso, I fatti e la loro descrizione. A proposito del
metodo fenomenologico in Zubiri.
• Giuseppe Cacciatore, Vita e storia tra Zubiri e Dilthey.
• Pio Colonnello, Rileggendo il nesso sentire/ comprendere in
Intelligenza senziente di Xavier Zubiri.
• Armando Mascolo, Angoscia e speranza: le “fonti spirituali” del
realismo di Xavier Zubiri.
• Marìa Lida Mollo: Tastare la realtà senza brancolare nel buio.
L’antidoto zubiriano all’ontofobia.
• Paolo Ponzio, El problema de la verdad en la “inteligencia de la
actualidad” di Xavier Zubiri.
• Stefano Santasilia, Re(a)ligaciòn: il radicamento del conoscere.
TESI.
• Marta Cannizzo, Ortega y Gasset e l’incantevole arte del
linguaggio.
• Chiara Covino, Ortega y Gasset e il problema della comunicazione
contemporanea.
• Francesco Perricelli, Umanesimo ebraico e spiritualismo in Benito
Arias Montano.
• Pier Alberto Porceddu Cilione, La passione dell’intelligenza. La
questione della verità nell’opera di Nicolàs Gòmez Dàvila.
RECENSIONI.
• X. Zubiri, Struttura dinamica della realtà. Il problema
dell’evoluzione, a cura di A. Savignano, Genova-Milano, Marietti
2008 (Lucia Parente).
• N. Bombaci, Patire la trascendenza. L’uomo nel pensiero di Marìa
Zambrano, Roma, Edizioni Studium, 2007 (Stefano Santasilia).
NOTIZIE
• Cinema e letteratura in ambito iberico e iberoamericano (Loris
Tassi)
• Curso de introducciòn a la filosofia de Xavier Zubiri.
10 commenti:
La recensione include l'indice della pubblicazione recensita ma il recensore non vi fa esauriente riferimento e perciò l'indice stesso assume valore ultimo di guida per il lettore della stessa recensione, di Marco Strona.
D'altronde la pubblicazione include descrizioni, di autori ispanici, di opera filosofica, le quali non sono a loro volta compiute opere e la ragione filosofica delle quali non è la stessa della tradizione cui invece gli autori di lingua italiana si attengono di fatto applicando canone interpretativo eterogeneo e che può esser ritenuto qualcosa di filosofico a patto che se ne attribuisca intento polemico di rifiuto, anche culturale; di cui però non se ne può riconoscere veramente, neppure se ve ne fossero informazioni date, perché si tratta di polemica del non riconoscimento e non di disconoscimento. Per tale motivo i commenti italiani recensiti da M. Strona sono in realtà dei prontuari per filosofia ma in se stessi non costituiscono alcunché di filosofico e offrono possibilità filosofica in quanto indirettamente pur sempre riferiti alla opera filosofica di Xavier Zubiri, ma tal possibilità restando in virtù di quelle altre descrizioni che di fatto sono sintesi essenziali ultime, non replicabili perché conchiuse e definite, talché assumono valore di critica negativa e risolutoria negli stessi confronti dei lavori di lingua italiana ad essi giustapposti. Infatti tali lavori fungono da collegamenti ma contengono idea affatto estranea all filosofia di Xavier Zubiri, che non tace la natura sempre provvisoria e sempre mutevole del Fondamento cui vita ed anche filosofica hanno per coesistente oltre che per essente.
Per contro ciò nei lavori italiani citati è di fatto trascurato, doppiato da una tesi di fondazione diveniente, che sarebbe filosofica se fosse un interrogare per capire e che peraltro risulta espressa dai rispettivi con linguaggio travestito e dunque eticamente deprecabile.
(...)
MAURO PASTORE
(...)
La lista che Armando Mascolo e Maria Lida Mollo di fatto presentano e illustrano è solidale ma solo fino ad un certo segno con l'operazione di arbitrarietà e rifiuto fatta coi soli 'commenti' italiani. Essa difatti si chiude con una semplice introduzione da potersi assumere con rifiuto ulteriore degli stessi previ più o meno occulti rifiuti, con nel mezzo alcuni scritti che riguardano altre filosofie, ispaniche; e queste mostrano di essere soggetti occulti (in certo senso ignari) dei lavori in lingua italiana, che ne attingono concetti ma per estrapolazioni, dato che tentano di volgere pensiero contemporaneo in pre-contemporaneo o medioevale. Dunque i riferimenti alle altre opere spagnole offrono qualcosa di intrinsecamente filosofico, evitando così che la lista divenga una specie di "torre di Babele"; inoltre si prestano a rivelare anche di quel rifiuto culturale. Esso si basa su un ossequio anacronistico, da "philosophia ancilla theologiae" ma reso insensato tanto che del Medioevo intellettuale cristiano smarrendo scopi e ragioni la teologia restante diventa la giudaica, erede delle confutazioni ebraiche medioevali del dramma anima-corpo ma codeste senza confutati assurgendo ad autoconfutanti non autoconfutazioni, perché non si può compiere confutazione ponendo stesso oggetto da confutare. Allora la vicenda esemplare, inclusa in lista, di un itinerario intellettuale e filosofico dell'ebraismo in Spagna è, sarebbe, buona occasione per tali aspiranti confutanti per disingannarsi su altre uguali ma non parimenti filosofiche, che in realtà muovono da accusa materialista che sarebbe stata filosofica se avesse potuto distruggere intera cultura occidentale per sostituirvisi ma che stante sopravvivenza occidentale e datasi fine del totalitarismo marxista-comunista non è dunque filosofica ed è diventata anzi antifilosofia, che neanche filologismo potrebbe salvare da suo destino nullo o inaccettabile; ed infatti la inclusione della filosofia del linguaggio di Ortega Y Gasset non muta tale destinalità anzi ne precisa nonostante se ne trovi nella pubblicazione (recensita da Marco Strona) tentativo di uso fazioso, attribuendovi scopo preciso ma ad essa filosofia estraneo, infatti essa era proposta di messaggio filosofico positivo ma il linguaggio ontologico non è mai filosoficamente positivo! Ugualmente il pensiero umanista di Nicolas Gòmez Dàvila non può servire per ricostruire la validità passata della Fondazione filosofica che può continuare solo evitando di sostituirsi al pensiero del vero Fondamento.
Provvidenzialmente in lista si trova inserito con le "NOTIZIE" un riferimento culturale che esorbita da tanto vuoto che in Italia hanno tentato di produrre attorno alla filosofia contemporanea spagnola quindi trovasi anche uno scritto che può o perlomeno potrebbe esser indipendente introduzione a prescindere da tanti — deliberati — vuoti. A pensar cioè che una introduzione a filosofia sia una introduzione, allora si ritenga utile lettura non sincronica della intera lista della pubblicazione!
(...)
MAURO PASTORE
(...)
Prima delle "NOTIZIE" si trovano le "RECENSIONI"; ed una a saggio di stesso Xavier Zubiri, che di fatto prospetta tutta la debolezza del pensiero evolutivo, evoluzionista, della evoluzione, perché questo prescinde dalla "impressione di realtà" la quale in ultima istanza è emozione, non fantasia, di Eternità, per Alterità ovvero inconciliabili Parallelismi ad intelletto senziente. Se fosse con esattezza recepito (e correttamente e sufficientemente tradotto... della qual cosa sorgon spontanei dubbi dati i numerosi rifiuti culturali che si constatano), questo saggio, il cui contenuto sarebbe ovvia e possibile intuizione culturale per chi avesse avuto reale conoscenza della filosofia di Xavier Zubiri, diventerebbe occasione per smascherare il connubio di arretratezza subculturale e violenza materialista che di fatto nega il linguaggio del 'darsi della realtà' perché non vuole l'esistenza delle culture occidentali e non tollera riferimenti ad Assoluto che siano occidentali e coerenti in se stessi. Senza dubbio questa mortale ed ingiusta impresa è stata superata da una 'Nuova Storia' dopo la "fine della storia", un mutamento non dei destini stessi del mondo ma un cambio delle fatalità ad essi date ora altramente rispetto al tempo non odierno; ma con ciò gli impresari falliti non sono veri rei confessi mostrandosi ed i loro sedotti o sottoposti nel fallimento delle premesse culturali ostinate non trovano dei propri atti trasvalutazione di valori bastante né pragmatica commutazione; ed i loro scritti, pur abbandonati come relitti per il Web e sottoposti a chissà quali giudizi, non servono da se stessi la causa della filosofia. L'altra recensione invece offre saggio su M. Zambriano ma, dal titolo lo si deduce, con divergente assunto deliberato di umanismo secondo assolutezza e perentorietà estranea alla stessa Zambriano, offrendo essi quadro di una crisi esistenziale di una epoca moderna non postmoderna ma confondendolo con il puro ritratto che della natura e idea di natura offre il postmodernismo. Sicuramente il saggista sarebbe d'accordo col distinguere umanesimo ed umanismo, semplicità nell'accogliere la ulteriorità del Reale ed eventualismo della complessità che invece ciò impedisce; ma di fatto ne pone tesi-antitesi-sintesi e dunque esistenzialmente rigetta tal semplicità che dunque filosoficamente ne resta preclusa anche esistentivamente.
Insomma un immenso vuoto culturale in Italia hanno opposto alla filosofia contemporanea ispanica, una opposizione di vuoto deliberata, perché tale filosofia volgendo alla individuazione originaria ricercava nuova storia e ne fa ora da tramite diretto e questo significa che è storicamente superato o trasformato il transumanesimo — lo stesso di cui disse in Francia Focault — perché un intero evento storico di intera umanità non ha futuro cui provvedere più, perché a muover la nuova storia culturale è stata la cultura della natura non la civiltà della cultura; e quindi le tautologie si pongono in filosofia non si offrono solamente ed allora i tentativi di riformulare le formule originarie non sono più possibili se sono uniti a scopi polemici e per sussistere devon esser muniti di scopi e filosofici in filosofia.
(...)
MAURO PASTORE
(...)
Evitare e sviare non sono quel "ir verificando" che raccomandava non illustrava Xavier Zubiri, poiché illustrando verrebbe meno, anche entro pensiero od azione filosofici, assenso spontaneo al reale. Non è possibile senza praticare tale assenso confrontarsi realmente con tale raccomandazione che ha sua ragione filosofica in diretta necessità di vita, affinché le opportunità esistendo non diventino cronache di ritardi e storie di morte amticipata ed involontaria per vasta umanità ed affinché la coesistenza umana possa continuare perlomeno per la parte di umanità che vuol ancora un futuro non subirlo né perire; e non si può percorrere tale via, che è anche vita, serbando la etica ormai antiquata che serviva a qualcosa quando invece tale via era assente o remota. Tale antiquata etica pratica le naturali ovvietà nelle stesse sue sentenze non a supporto di esse e non nei rimproveri di mancanze dunque è inservibile e se ostinata diventa la nuova grande immoralità.
Questo significa anche che la gerarchia di valori che assegnava alla civiltà il ruolo di avanguardia nelle umane intere vicende si è dissolta ed al suo posto esiste un Grande Inganno e chi preferisce esitare su tale nuova via per cercare vecchie volontà di potenza reca assolutezza esiziale a proprio esitare e questo gli diventa esizio, cioè termine delle stesse naturali speranze; e questo significa fine di un intero umano mondo ed anche sciagura immane e questo di fatto sta accadendo alla umanità che ha abbandonato ed abbandona le decisioni fondamentali al vivere civile rifugiandosi nelle parvenze delle forme, anche rituali, ove purtroppo a dominare è Negatività e Distruttività sotto apparenza di plausibilità e di certezza. Questa fine di umanità è la destinazione occulta per chi persevera negli eccessi civili, il futuro reale per coloro che non pensano la spontaneità della intuizione primigenia, i quali vivono i Primordi passivamente ma in una epoca dalle altre necessità, per cui non sono tali Primordi uno sfondo ma il solo scenario possibile per vivere, altrimenti il lato tragico della vita umana diventa porta obbligata per immancabile e tragica fine.
La filosofia servendo la Causa della Vita esclude da se stessa polemiche ipocritamente occultate e non ne pratica medesimi rifiuti perché filosofando si ottiene sempre un senso in più al vivere non al morire.
Allora bisogna fare attenzione a certi rifiuti culturali che parendo interessamenti sono disinteressamenti i quali ultimi parendo altro avversano od impediscono i paralleli autentici eventi filosofici che esistono o possono o potrebbere esistere anche qui in Italia.
MAURO PASTORE
In mio primo messaggio 'all filosofia' sta per: alla filosofia.
In mio ultimo precedente messaggio 'amticipata' sta per: anticipata.
MAURO PASTORE
La recensione include l'indice della pubblicazione recensita ma il recensore non vi fa esauriente riferimento e perciò l'indice stesso assume valore ultimo di guida per il lettore della stessa recensione, di Marco Strona.
D'altronde la pubblicazione include descrizioni, di autori ispanici, di opera filosofica, le quali non sono a loro volta compiute opere e la ragione filosofica delle quali non è la stessa della tradizione cui invece gli autori di lingua italiana si attengono di fatto applicando canone interpretativo eterogeneo e che può esser ritenuto qualcosa di filosofico a patto che se ne attribuisca intento polemico di rifiuto, anche culturale; di cui però non se ne può riconoscere veramente, neppure se ve ne fossero informazioni date, perché si tratta di polemica del non riconoscimento e non di disconoscimento. Per tale motivo i commenti italiani recensiti da M. Strona sono in realtà dei prontuari per filosofia ma in se stessi non costituiscono alcunché di filosofico e offrono possibilità filosofica in quanto indirettamente pur sempre riferiti alla opera filosofica di Xavier Zubiri, ma tal possibilità restando in virtù di quelle altre descrizioni che di fatto sono sintesi essenziali ultime, non replicabili perché conchiuse e definite, talché assumono valore di critica negativa e risolutoria negli stessi confronti dei lavori di lingua italiana ad essi giustapposti. Infatti tali lavori fungono da collegamenti ma contengono idea affatto estranea alla filosofia di Xavier Zubiri, che non tace la natura sempre provvisoria e sempre mutevole del Fondamento cui vita ed anche filosofica hanno per coesistente oltre che per essente.
Per contro ciò nei lavori italiani citati è di fatto trascurato, doppiato da una tesi di fondazione diveniente, che sarebbe filosofica se fosse un interrogare per capire e che peraltro risulta espressa dai rispettivi con linguaggio travestito e dunque eticamente deprecabile.
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MAURO PASTORE
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La lista che Armando Mascolo e Maria Lida Mollo di fatto presentano e illustrano è solidale ma solo fino ad un certo segno con l'operazione di arbitrarietà e rifiuto fatta coi soli 'commenti' italiani. Essa difatti si chiude con una semplice introduzione da potersi assumere con rifiuto ulteriore degli stessi previ più o meno occulti rifiuti, con nel mezzo alcuni scritti che riguardano altre filosofie, ispaniche; e queste mostrano di essere soggetti occulti (in certo senso ignari) dei lavori in lingua italiana, che ne attingono concetti ma per estrapolazioni, dato che tentano di volgere pensiero contemporaneo in pre-contemporaneo o medioevale. Dunque i riferimenti alle altre opere spagnole offrono qualcosa di intrinsecamente filosofico, evitando così che la lista divenga una specie di "torre di Babele"; inoltre si prestano a rivelare anche di quel rifiuto culturale. Esso si basa su un ossequio anacronistico, da "philosophia ancilla theologiae" ma reso insensato tanto che del Medioevo intellettuale cristiano smarrendo scopi e ragioni la teologia restante diventa la giudaica, erede delle confutazioni ebraiche medioevali del dramma anima-corpo ma codeste senza confutati assurgendo ad autoconfutanti non autoconfutazioni, perché non si può compiere confutazione ponendo stesso oggetto da confutare. Allora la vicenda esemplare, inclusa in lista, di un itinerario intellettuale e filosofico dell'ebraismo in Spagna è, sarebbe, buona occasione per tali aspiranti confutanti per disingannarsi su altre uguali ma non parimenti filosofiche, che in realtà muovono da accusa materialista che sarebbe stata filosofica se avesse potuto distruggere intera cultura occidentale per sostituirvisi ma che stante sopravvivenza occidentale e datasi fine del totalitarismo marxista-comunista non è dunque filosofica ed è diventata anzi antifilosofia, che neanche filologismo potrebbe salvare da suo destino nullo o inaccettabile; ed infatti la inclusione della filosofia del linguaggio di Ortega Y Gasset non muta tale destinalità anzi ne precisa nonostante se ne trovi nella pubblicazione (recensita da Marco Strona) tentativo di uso fazioso, attribuendovi scopo preciso ma ad essa filosofia estraneo, infatti essa era proposta di messaggio filosofico positivo ma il linguaggio ontologico non è mai filosoficamente positivo! Ugualmente il pensiero umanista di Nicolas Gòmez Dàvila non può servire per ricostruire la validità passata della Fondazione filosofica che può continuare solo evitando di sostituirsi al pensiero del vero Fondamento.
Provvidenzialmente in lista si trova inserito con le "NOTIZIE" un riferimento culturale che esorbita da tanto vuoto che in Italia hanno tentato di produrre attorno alla filosofia contemporanea spagnola quindi trovasi anche uno scritto che può o perlomeno potrebbe esser indipendente introduzione a prescindere da tanti — deliberati — vuoti. A pensar cioè che una introduzione a filosofia sia una introduzione, allora si ritenga utile lettura non sincronica della intera lista della pubblicazione!
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MAURO PASTORE
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Prima delle "NOTIZIE" si trovano le "RECENSIONI"; ed una a saggio di stesso Xavier Zubiri, che di fatto prospetta tutta la debolezza del pensiero evolutivo, evoluzionista, della evoluzione, perché questo prescinde dalla "impressione di realtà" la quale in ultima istanza è emozione, non fantasia, di Eternità, per Alterità ovvero inconciliabili Parallelismi ad intelletto senziente. Se fosse con esattezza recepito (e correttamente e sufficientemente tradotto... della qual cosa sorgon spontanei dubbi dati i numerosi rifiuti culturali che si constatano), questo saggio, il cui contenuto sarebbe ovvia e possibile intuizione culturale per chi avesse avuto reale conoscenza della filosofia di Xavier Zubiri, diventerebbe occasione per smascherare il connubio di arretratezza subculturale e violenza materialista che di fatto nega il linguaggio del 'darsi della realtà' perché non vuole l'esistenza delle culture occidentali e non tollera riferimenti ad Assoluto che siano occidentali e coerenti in se stessi. Senza dubbio questa mortale ed ingiusta impresa è stata superata da una 'Nuova Storia' dopo la "fine della storia", un mutamento non dei destini stessi del mondo ma un cambio delle fatalità ad essi date ora altramente rispetto al tempo non odierno; ma con ciò gli impresari falliti non sono veri rei confessi mostrandosi ed i loro sedotti o sottoposti nel fallimento delle premesse culturali ostinate non trovano dei propri atti trasvalutazione di valori bastante né pragmatica commutazione; ed i loro scritti, pur abbandonati come relitti per il Web e sottoposti a chissà quali giudizi, non servono da se stessi la causa della filosofia. L'altra recensione invece offre saggio su M. Zambriano ma, dal titolo lo si deduce, con divergente assunto deliberato di umanismo secondo assolutezza e perentorietà estranea alla stessa Zambriano, offrendo essi quadro di una crisi esistenziale di una epoca moderna non postmoderna ma confondendolo con il puro ritratto che della natura e idea di natura offre il postmodernismo. Sicuramente il saggista sarebbe d'accordo col distinguere umanesimo ed umanismo, semplicità nell'accogliere la ulteriorità del Reale ed eventualismo della complessità che invece ciò impedisce; ma di fatto ne pone tesi-antitesi-sintesi e dunque esistenzialmente rigetta tal semplicità che dunque filosoficamente ne resta preclusa anche esistentivamente.
Insomma un immenso vuoto culturale in Italia hanno opposto alla filosofia contemporanea ispanica, una opposizione di vuoto deliberata, perché tale filosofia volgendo alla individuazione originaria ricercava nuova storia e ne fa ora da tramite diretto e questo significa che è storicamente superato o trasformato il transumanesimo — lo stesso di cui disse in Francia Focault — perché un intero evento storico di intera umanità non ha futuro cui provvedere più, perché a muover la nuova storia culturale è stata la cultura della natura non la civiltà della cultura; e quindi le tautologie si pongono in filosofia non si offrono solamente ed allora i tentativi di riformulare le formule originarie non sono più possibili se sono uniti a scopi polemici e per sussistere devon esser muniti di scopi e filosofici in filosofia.
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MAURO PASTORE
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Evitare e sviare non sono quel "ir verificando" che raccomandava non illustrava Xavier Zubiri, poiché illustrando verrebbe meno, anche entro pensiero od azione filosofici, assenso spontaneo al reale. Non è possibile senza praticare tale assenso confrontarsi realmente con tale raccomandazione che ha sua ragione filosofica in diretta necessità di vita, affinché le opportunità esistendo non diventino cronache di ritardi e storie di morte anticipata ed involontaria per vasta umanità ed affinché la coesistenza umana possa continuare perlomeno per la parte di umanità che vuol ancora un futuro non subirlo né perire; e non si può percorrere tale via, che è anche vita, serbando la etica ormai antiquata che serviva a qualcosa quando invece tale via era assente o remota. Tale antiquata etica pratica le naturali ovvietà nelle stesse sue sentenze non a supporto di esse e non nei rimproveri di mancanze dunque è inservibile e se ostinata diventa la nuova grande immoralità.
Questo significa anche che la gerarchia di valori che assegnava alla civiltà il ruolo di avanguardia nelle umane intere vicende si è dissolta ed al suo posto esiste un Grande Inganno e chi preferisce esitare su tale nuova via per cercare vecchie volontà di potenza reca assolutezza esiziale a proprio esitare e questo gli diventa esizio, cioè termine delle stesse naturali speranze; e questo significa fine di un intero umano mondo ed anche sciagura immane e questo di fatto sta accadendo alla umanità che ha abbandonato ed abbandona le decisioni fondamentali al vivere civile rifugiandosi nelle parvenze delle forme, anche rituali, ove purtroppo a dominare è Negatività e Distruttività sotto apparenza di plausibilità e di certezza. Questa fine di umanità è la destinazione occulta per chi persevera negli eccessi civili, il futuro reale per coloro che non pensano la spontaneità della intuizione primigenia, i quali vivono i Primordi passivamente ma in una epoca dalle altre necessità, per cui non sono tali Primordi uno sfondo ma il solo scenario possibile per vivere, altrimenti il lato tragico della vita umana diventa porta obbligata per immancabile e tragica fine.
La filosofia servendo la Causa della Vita esclude da se stessa polemiche ipocritamente occultate e non ne pratica medesimi rifiuti perché filosofando si ottiene sempre un senso in più al vivere non al morire.
Allora bisogna fare attenzione a certi rifiuti culturali che parendo interessamenti sono disinteressamenti i quali ultimi parendo altro avversano od impediscono i paralleli autentici eventi filosofici che esistono o possono o potrebbere esistere anche qui in Italia.
MAURO PASTORE
Sono spiacente per gli inconvenienti di scrittura accaduti ma comunque su internet basta acquisizione dati sufficiente.
Per eventuale interesse di chi legge aggiungo che tali inconvenienti sono accaduti a causa di ambigue ed indeterminate e vaghe ma effettive minacce generiche contro la vita che si udivano e si odono da qui attorno dove scrivevo e scrivo e che imponevano altre attenzioni o perdite di tempo e con durate non prevedibili. Alle minacce si aggiungevano e si aggiungono anche insulti gravi, anche questi alquanto imprecisabili ma reali e nei quali si trova confusione tra rispetto per la vita e presunte ed inesistenti incapacità di opposizioni.
Purtroppo la consistenza di tali insulti e minacce risulta comprensibile solo a pochi avveduti o sensibili; spero che se accadesse ugualmente a lettori (e lettrici) dei miei messaggi questi (queste) possano con tale mia precisazione trovare almeno una prudenza in più.
MAURO PASTORE
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