venerdì 3 maggio 2013

Putnam, Hilary, La filosofia nell’età della scienza

a cura di Mario De Caro e David Macarthur, Bologna, Il Mulino, 2012, p. 333, euro 32, ISBN 978-88-15-24029-3.

Recensione di Silvia Salardi - 20/12/2012

Nel volume La filosofia nell’età della scienza, a cura di Mario De Caro e David Macarthur, sono raccolti diversi saggi del filosofo Hilary Putnam.
La raccolta contribuisce a donare una panoramica sui diversi argomenti di interesse generale, sia per la filosofia che per la scienza, che Putnam ha affrontato nel suo percorso di ricerca. 
In questo volume, infatti, sono presentati saggi relativamente recenti dell’autore, nei quali egli riprende, a volte rivisita e rispiega, la sua posizione rispetto alle tematiche oggetto di analisi. 
I temi affrontati nella raccolta sono molti e grande è la loro rilevanza anche nel dibattito odierno intorno al rapporto tra etica, filosofia e scienza. Infatti, le acquisizioni tecnico-scientifiche nei vari settori delle scienze moderne (dalla fisica, alla genetica, alle neuroscienze e così dicendo) riaprono costantemente la discussione intorno alla possibilità di conciliare o meno la spiegazione scientifica della realtà con l’approccio etico-filosofico alla stessa. 
Il tema relativo al rapporto tra scienza e filosofia viene affrontato a partire dal primo capitolo e specificato nei capitoli seguenti, con riferimenti ad ambiti quali la filosofia della meccanica quantistica (capitolo 2, Dalla meccanica quantistica all’etica e ritorno), la filosofia della matematica (capitolo 5, Argomenti di indispensabilità in filosofia della matematica), la dicotomia tra fatto e valore (capitolo 7, La dicotomia fatto/valore e i suoi critici).
La ricchezza delle questioni analizzate richiederebbe una valutazione molto più approfondita di quanto sia possibile fare in questa sede. Pertanto, farò riferimento, in particolare, a due questioni trattate nel volume e di grande interesse oggigiorno.
Per un verso, infatti, sembra riproporsi, anche oggi, il quesito circa il ruolo da assegnare alla filosofia, poiché come sottolinea Putnam «se l’enorme prestigio e l’enorme successo della scienza non hanno messo in pericolo l’importanza delle discipline umanistiche nel loro complesso, hanno però messo in dubbio la raison d’être della filosofia» (pp. 58-59).
Per altro verso, resta sul tavolo, proprio alla luce dei continui progressi in campo scientifico, la vexata quaestio relativa al modo di intendere e leggere il rapporto tra fatto e valore. Di questi temi il volume dà ampio conto, proponendo l’interessante approccio di Putnam, il quale li affronta sia esplicitamente in saggi quali Scienza e filosofia e La dicotomia tra fatto e valore e i suoi critici, sia sullo sfondo e come cornice all’analisi di altri argomenti, quali il realismo scientifico (capitolo 6, Perché non disfarsi del realismo scientifico; capitolo 10, La filosofia e l’educazione degli adulti: Stanley Cavell e lo scettiscimo).
In merito alla questione del rapporto tra filosofia e scienza, Putnam ritiene inadeguata sia la posizione del positivismo logico che tende a relegare i cosiddetti giudizi di valore alla categoria dei nonsense, poiché «non verificabili e perciò non scientifici», sia il postmodernismo. Quest’ultimo, infatti, nel tentativo di ridonare lustro alla filosofia, definisce la scienza come finzione, «utile, ma in definitiva solo un’altra ragnatela ideologica tra le molte che la cultura occidentale non smette di tessere» (p. 61).
La filosofia per Putnam, invece, ha ancora molto da dire, non in quanto riducibile al discorso della scienza o elevabile a discorso metafisico, bensì poiché definibile con riferimento a due aspetti tra loro connessi: un aspetto teorico e uno morale.
Il primo aspetto rileva in quanto «ci chiede di fare chiarezza su quanto pensiamo di conoscere e di venire a capo di come il tutto ‘stia insieme’» (p. 63). Il secondo è un aspetto che «interroga le nostre vite e le nostre culture, per come sono state fin qui, e che ci sfida a modificarle entrambe» (p. 63). È dall’integrazione, secondo l’autore, di questi due aspetti, ripresi da Sellars per quanto riguarda quello teorico e dalla definizione di filosofia di Cavell per quello morale, che risulta l’importanza e il valore della filosofia, in quanto, sostiene Putnam: «tanto rinunciare alle ambizioni di tipo morale della filosofia, quanto rinunciare alle sue ambizioni teoretiche non significa solo ucciderla; significa compiere un suicidio intellettuale e spirituale» (p. 64).
Per ciò che attiene alla dicotomia tra fatto e valore, Putnam sottolinea che è una questione rispetto alla quale vi è un gran bisogno di ‘educazione’, non solo del grande pubblico, ma anche degli esperti che a vario titolo incidono sulle decisioni politiche. Pur non essendo recente, la questione intorno all’appartenenza o meno dei giudizi di valore alla sfera della razionalità, è una di quelle tematiche che suscitano rinnovato interesse e controversie anche al giorno d’oggi. Considerare i giudizi di valore passibili di una qualche forma di verificazione, pertanto, in un qualche modo argomentabili razionalmente, significa ammettere alla discussione, sia essa politica, culturale o sociale, argomenti che possono influenzare, in modi diversi, le decisioni in vari settori della vita pubblica. Putnam porta l’esempio delle opinioni espresse da Lionel Robbins, che nella fase culminante della Depressione «argomentò contro l’idea complessiva di ridistribuzione dei redditi per la ragione filosofica che i giudizi di valore (secondo lui) sono completamente al di fuori della sfera della ragione» (p. 186).
Anche oggigiorno, con riferimento, ad esempio, alle discussione sulle acquisizioni in campo genetico si pone il problema di un impiego ideologicamente connotato delle stesse, spesso sulla base di una riduzione dei giudizi di valore sui fatti.
La posizione di Putnam rispetto a questa storica dicotomia è argomentata, prendendo spunto e rifiutando allo stesso tempo la posizione di Stevenson, così come quella del positivismo logico, respingendo cioè la netta separazione tra predicati fattuali e valutativi. Egli ritiene, infatti, anche alla luce delle osservazioni di Cavell, che, per comprendere il rapporto tra fatti e valori, sia «necessario mettere insieme le osservazioni […] sul modo in cui i cosiddetti predicati fattuali e quelli cosiddetti valutativi sono ‘intrecciati’ gli uni con gli altri» (p. 191).
Vi è sia un intreccio dovuto al fatto che i giudizi fattuali dipendono, secondo tale prospettiva, da valori epistemici, sia un intreccio ‘logico’ o ‘grammaticale’. Questo intreccio mostra, secondo Putnam, che la cd. ‘manovra di scomposizione’ volta a tenere separati fatti e valori in una prospettiva non-cognitivistica e non-oggettivistica non riesce a dare conto né della struttura e funzione della scienza, né tanto meno della struttura e del ruolo della filosofia.
Nella raccolta di saggi vi sono molti altri spunti di riflessione meritevoli di attenzione quali, ad esempio, quelli sulla filosofia della mente, tema a cui Putnam ha contribuito con la proposta del funzionalismo, quale parametro di comprensione e configurazione dei nostri stati mentali; così come l’analisi e il riesame della posizione di Wittgenstein in merito al valore delle asserzioni metafisiche, ed altro ancora, che lasciamo al lettore scoprire.

Indice

  1. Scienza e filosofia
  2. Dalla meccanica quantistica all’etica e ritorno
  3. Corrispondere alla realtà
  4. Perché non disfarsi del realismo scientifico
  5. Argomenti di indispensabilità in filosofia della matematica
  6. Le capacità e due teorie etiche
  7. La dicotomia fatto/valore e i suoi critici
  8. L’epistemologia della guerra ingiusta
  9. Wittgenstein: un riesame
  10. La filosofia e l’educazione degli adulti: Stanley Cavell e lo scetticismo
  11. Profondità e superficie dell’esperienza
  12. La mente di Aristotele e la mente contemporanea
  13. Come essere un sofisticato «realista ingenuo»

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