Recensione di Paolo Calabrò - maggio 2013
Nonostante la corposità della Bibliografia e dell’apparato critico e l’apparente autorevolezza dell’autore, va purtroppo classificato come deludente l’ultimo libro di Sam Harris, Il paesaggio morale (Einaudi).
La sua indagine, condotta su un terreno prevalentemente neuroscientifico, investe il rapporto tra la morale, la scienza e la religione. Ne sintetizzo il percorso: l’uomo adotta una morale per garantirsi la maggior felicità possibile; la felicità dipende essenzialmente dal benessere materiale (compreso quello cerebrale); nessuno meglio della scienza può sapere come studiare e produrre il benessere fisico; in conclusione, solo la scienza può decidere razionalmente sulle questioni morali. E le religioni, le morali tradizionali, il senso comune? Roba d’altri tempi; solo gli scienziati possono guidarci oggi verso la morale del futuro.
Per quanto caricaturale possa sembrare, garantisco che non lo è. Credo che Harris sarebbe il primo a sostenerlo; di fatto, spende l’intero libro proprio ad argomentare quest’impalcatura. La quale ahimé non regge; e non perché - come lui afferma nelle tante pagine di chiusura dedicate all’apologia di se stesso - si voglia portare avanti una difesa a spada tratta e a priori della religione in generale o di questa o quella morale in particolare: la “guerra delle idee” non è un problema di chi lo contesta, ma dell’autore (che utilizza, fin dalla quarta di copertina, termini guerreschi come appunto “difesa”, “trincea” ecc.). La debolezza del libro consiste nel dare per scontato ciò che si dovrebbe dimostrare: cioè che la morale - così com’è oggi concepita, religiosamente e filosoficamente - è un retaggio e un’illusione e che la sola vera base possibile per la morale è di matrice neurobiologica. Ora, pur volendo sorvolare sull’ingenuità del suo approccio monoculturale (problematico in generale, ma insostenibile in particolare quando le altre culture vengano apertamente chiamate in causa e liquidate in due battute) e della solita mitologia dei ‘fatti puri’, quello che resta è che a tutt’oggi non è possibile dimostrare che (p. 6) “il nostro benessere dipenda interamente da eventi terreni e dalla condizione del cervello umano” (in ogni caso il libro non riesce a dimostrarlo). Ciò per un motivo molto semplice: come in ogni riduzionismo, Harris confonde la realtà dell’uomo con il modello offertone dalla prospettiva prescelta: nel suo caso, quella delle neuroscienze. Presuppone che l’uomo sia nient’altro che il proprio cervello, e dopo lungo esame finisce per stabilire che tutti i problemi dell’uomo possano venir risolti agendo sul cervello. Data quest’impostazione, sarebbe stato sorprendente giungere a una conclusione diversa. Tuttavia anche in questo caso, come appunto in quello di tutti i riduzionismi, sembra di assistere alla barzelletta in cui uno scienziato stacca una alla volta le ali a una mosca, ogni volta ingiungendole di volare e ogni volta assistendo al faticoso decollo. Staccata l’ultima ala, osserva che la mosca non vola più; e conclude: ‘abbiamo dimostrato scientificamente che la mosca, privata delle ali, è sorda’.
Questo basterebbe a mettere in guardia da un certo ottimistico semplicismo nell’affrontare questioni della massima importanza; soprattutto, questioni che richiedono di essere affrontate in maniera moderna, cioè dialogale e interculturale, anziché al vecchio modo degli uni contro gli altri (scienziati contro filosofi, teologi contro psicanalisti ecc.). Nell’odierno mondo globalizzato, come nella migliore tradizione della conoscenza umana, è ancora più vero che il successo di uno è quello di tutti. Ora, se ciò basterebbe - come dicevamo - a sconsigliare questo autore (o quanto meno questa sua indagine) va detto in più che la lettura è resa irritante dal suo tono saccente, spinto fino alla denigrazione degli avversari: ecco che Marilynne Robinson, il cui torto è di averlo criticato dalle pagine del Wall Street Journal, è tacciata di “farfugliamento antiscientifico” (p. 244; al punto che nemmeno le risponde, “per non scendere troppo in basso”: ivi); così John Horgan, altro recensore del libro, scrive cose “illogiche” (ivi) e Deepak Chopra è “goffo, evasivo, frettoloso e bilioso” (p. 245); ancor peggio di loro se la cava Collins (p. 213), che neppure lo ha criticato ma che non di meno viene accusato di essere talmente lontano dalla realtà da dare l’impressione “di non aver mai letto un giornale”. Si può tranquillamente fare a meno di questo libro. Il dibattito morale non ne morirà.
Indice
Introduzione. Il paesaggio morale
I. La verità morale
II. Bene e male
III. Le credenze
IV. La religione
V. Il futuro della felicità
Postfazione
Note
Bibliografia
Indice analitico
L’autore
Sam Harris, neuroscienziato, scrive su diversi giornali, tra cui “Newsweek” e “New York Times”.
Link
www.samharris.org (pagina personale dell’autore, in inglese)
http://it.wikipedia.org/wiki/Sam_Harris (pagina di Wikipedia dedicata all’autore, in italiano)
10 commenti:
La recensione si mostra antiquata per assolutismo di pensiero recensorio stesso dacché era solo parzialmente adeguata e certo non encomiabile perché offre critica forte ma non circostanziata.
La attività filosofica di Sam Harris nonostante le apparenze risulta estranea a polemiche atee, per questo riesce anche più polemica nei confronti di aspetti mondani delle religiosità preponderante nei suoi tempi e luoghi. Descrivendo particolari tali mondanità Harris adotta una prospettiva critica non di riferimento, cioè egli ha agito ed agisce filosoficamente non in base a negazioni di dogmi ma in base a dogmi che trova già negati dall'oscurantismo religioso contemporaneo e tale oscurantismo ha scopo di prostituire le credenze stesse ad imprese ostili alla esistenza delle scienze. Nella sua azione filosofica Harris è incorso in ristrettezze che hanno ricevuto giuste critiche non fondamentali d'altronde da lui stesso accolte. I lavori filosofici di Sam Harris, essendo linguisticamente assai rigorosi ed espressivamente non unilaterali, hanno potuto ricevere una trasvalutazione di valori da stesso Autore di essi ipotizzata e realizzata. Ciò accade non per deliberazioni oppure interpretazioni, ma per logica necessità. A parte tutto ciò, Harris non ha mai negato necessità etiche al procedere scientifico, ne aveva constatato impossibilità entro il quadro istituzionale-religioso-politico dei suoi tempi e del suo luogo ed ambiente e avendone difeso prassi etica indipendente dalle religioni ne ha affermato correlazione con libera spiritualità anche non religiosa.
Benché la religione abbia potere esclusivo di dare compimento alle esigenze morali non appagabili senza rapporto collettivo al Mistero innegabilmente parte della esistenza, tali esigenze sono dettate dai bisogni del mondo cui stessa applicazione delle scienze aiuta a soddisfare. In tal senso scienza e morale sono compagne e immancabile altra presenza è la disposizione libera ed interiore ad ulteriorità, la spiritualità; e ciò accade anche nel caso particolare della neurologia, negli ultimi anni divenuto caso assai importante perché finalmente si è ottenuta teoria scientifica dell'equilibrio della stessa vita neuronale. Questo risultato scientifico è di fatto assai favorevole alle imprese morali e a stessa etica degli Stati, per difendere le vite dagli impedimenti da sempre inutili, consistenti anche in internamenti forzati anche in cliniche od ospedali e costrizioni fisiche dirette quali anche le famigerate "camicie di forza" o le persuasioni forzose o forzate ad uso di psicofarmaci o peggio le assunzioni forzate. In tal senso sia il poliziotto autentico che il vero esorcista, da sempre ostili a tali costrittori e costrizioni, peggio se fatte in nome di sanità (purtroppo accade ed accadeva massicciamente tale abuso in vasti ambienti), trovano nella scienza una occasione favorevole per propria etica e propria morale. Il libro di Sam Harris "Il paesaggio morale. Come la scienza determina i valori umani" fu scritto secondo futuri e presenti odierni e le giuste critiche ricevute non furono quelle fondamentali e non hanno da essere reiterate nel riscontrare autosuperamento di prospettive intellettuali non incluse in espressioni del testo stesso.
MAURO PASTORE
In mio messaggio precedente: 'delle religiosità preponderante' sta per: delle religiosità pteponderanti.
Invierò testo con correzione inclusa ed altri miglioramenti.
MAURO PASTORE
La recensione si mostra antiquata per assolutismo di pensiero recensorio stesso dacché era solo parzialmente adeguata e certo non encomiabile perché offre critica forte ma non circostanziata.
La attività filosofica di Sam Harris nonostante le apparenze risulta estranea a polemiche atee, per questo riesce anche più polemica nei confronti di aspetti mondani delle religiosità preponderanti nei suoi tempi e luoghi. Descrivendo particolari tali mondanità Harris adotta una prospettiva critica non di riferimento, cioè egli ha agito ed agisce filosoficamente non in base a negazioni di dogmi ma in base a dogmi che trova già negati dall'oscurantismo religioso contemporaneo e tale oscurantismo ha scopo di prostituire le credenze stesse ad imprese ostili alla esistenza delle scienze. Nella sua azione filosofica Harris è incorso in ristrettezze che hanno ricevuto giuste critiche non fondamentali d'altronde da lui stesso accolte. I lavori filosofici di Sam Harris, essendo linguisticamente assai rigorosi ed espressivamente non unilaterali, hanno potuto ricevere una trasvalutazione di valori da stesso Autore di essi ipotizzata e realizzata. Ciò accade non per deliberazioni oppure interpretazioni, ma per logica necessità. A parte tutto ciò, Harris non ha mai negato necessità etiche al procedere scientifico, ne aveva constatato impossibilità entro il quadro istituzionale-religioso-politico dei suoi tempi e del suo luogo ed ambiente e avendone difeso prassi etica indipendente dalle religioni ne ha affermato correlazione con libera spiritualità anche non religiosa.
Benché la religione abbia potere esclusivo di dare compimento alle esigenze morali non appagabili senza rapporto collettivo al Mistero innegabilmente parte della esistenza, tali esigenze sono dettate dai bisogni del mondo cui stessa applicazione delle scienze aiuta a soddisfare. In tal senso scienza e morale sono compagne e immancabile altra presenza è la disposizione libera ed interiore ad ulteriorità, la spiritualità; e ciò accade anche nel caso particolare della neurologia, negli ultimi anni divenuto caso assai importante perché finalmente si è ottenuta teoria scientifica dell'equilibrio della stessa vita neuronale. Questo risultato scientifico è di fatto assai favorevole a imprese morali e a stessa etica degli Stati per difendere le vite dagli impedimenti da sempre e sempre inutili, consistenti pure in internamenti forzati ed anche in cliniche od ospedali ed in costrizioni fisiche dirette quali anche le famigerate "camicie di forza" o nelle persuasioni forzose o forzate ad uso di psicofarmaci o peggio nelle assunzioni forzate. In tal senso sia il poliziotto autentico che il vero esorcista, da sempre ostili a tali costrittori e costrizioni, peggio se fatte in nome di sanità (purtroppo accade ed accadeva massicciamente tale abuso in vasti ambienti), trovano nella scienza una occasione favorevole per propria etica e propria morale. Il libro di Sam Harris "Il paesaggio morale. Come la scienza determina i valori umani" fu scritto secondo futuri e presenti odierni e le giuste critiche ricevute non furono quelle fondamentali e non hanno da essere reiterate nel riscontrare autosuperamento di prospettive intellettuali non incluse in espressioni del testo stesso del libro di Harris.
MAURO PASTORE
Sam Harris, in fin dei conti, è definibile un filosofo occasionalista. Se non se ne intendono le occasioni, che muovono le sue incursioni intellettuali filosofiche, non se ne può identificare il nucleo di filosofia. Senza tale identificazione risulta possibile un ignorante rifiuto delle sue tesi, che invece sono valutabili conoscendo le situazioni cui esse si riferiscono, in qualità di affermazioni filosofiche cioè di un determinato minimo senso e significato e scopo, che non sono accantonabili in un contraddetto ma sarebbero superabili, non annientabili, con una altra considerazione.
MAURO PASTORE
Non ci si sbaglia nel definire il pensiero di Harris un riduzionismo ma essendo sua prassi occasionalista non è possibile rifiuto definitivo etico antiriduzionista delle sue tesi.
Nella sua evoluzione la filosofia di Harris è passata:
1) dalla critica definitiva alla fede fine a se stessa dei proclami fondamentalisti soprattutto di matrice cristiana ma non essi stessi cristiani, giunta al parossismo dopo l'attentato terrorista e distruzione delle Due Torri Gemelle a New York...
2) alla smentita perentoria delle pretese morali degli integralismi religiosi anche questi soprattutto di matrice cristiana ma non cristiani essi stessi, pretese di normativizzare la politica statunitense americana secondo i cànoni integrali delle interpretazioni bibliche religiose in voga presso chiese e comunità cristiane o filocristiane, cànoni che per intero non sono sistemi ma congerie, perché contengono assieme ad intuizioni misteriose altre ordinarie ed assieme a pensieri intuitivi altri non intuitivi con legami sia ai culti stessi sia alle culture relative sia ai dettami civili che ai retaggi della civilizzazione...
3) fino alla illustrazione della vera libertà, negata da parte di sedicente ma sviata cristianità e filocristianità, di concepire l'Assoluto, direttamente senza mediazioni eventuali religiose ma senza negarne possibilità e rifiutandone però le relative non scaturigini, cioè mostrando gli esempi originali della autentica supercoscienzialità e difendendoli dalle imitazioni dei poteri oscurantisti che appunto vigono occultando verità religiose per sfruttare le religioni ai danni del libero sapere anche scientifico.
Questo itinerario non giungendo a medesime identificazioni di realtà criticata in principio ne individua una contraddittorietà ed incoerenza proprio per stessa e non medesima identità: di movimenti confusi e confusivi, prepotenti ed invadenti, che antepongono della fede in Dio la sola fede perché evidentemente ne praticano di altra ovvero falsamente religiosa ed invero antifilosofica, che attendono a pratiche di meditazioni universali ma senza davvero risolversi ad attuarne, che praticano contro le evidenze naturali la illusione di una coscienzialità non possibile per alcuna mente determinata.
MAURO PASTORE
Secondo le ultime istanze, sociali, civili, politiche, oggettivamente coinvolte nella particolare impresa di Sam Harris, si è prospettata una necessaria particolare simbiosi tra utilità di scienze e di programmi morali e questo fatto non implica sopravvalutazioni di scienze ai danni delle religioni ma rende necessario difendere le scienze dalla prepotenza diffusa in ambienti religiosi e ciò non serve per negare l'opposta violenza degli ambienti scientifici ai danni della libertà religiosa perché esiste purtroppo anche tale possibilità.
S. Harris mostrando le virtù ed i benefici della meditazione con la intera mente, evidenti in prospettiva neurologica, ha criticato le false meditazioni diffuse in vasti e dominanti ambienti religiosi. Secondo la sua prospettiva conoscitiva, essenzialmente neurologica e psiconeurologica non psicologica, non risultano parimenti evidenti le virtù ed i benefici della concentrazione mentale psichica; tuttavia risulta che Harris abbia filosoficamente utilizzato tale limitazione non in via affermativa e negatoria bensì in via negativa ed affermatoria, identificando meditazioni cristiane reali o una cultura cristiana non incentrata su meditazioni necessarie.
Gli studi scientifici sulle utilità delle concentrazioni psichiche dette "preghiere", fatte anche di soliloqui singoli o collettivi con valore lnguistico antidenotativo e significato analogico non logico, cioè atti del tutto non contraddittori, sono possibili alla esperienza scientifica psicologica, non neurologica, di fatto furono avviati da C. G. Jung e continuati da suoi allievi ed allieve e ultimamente hanno trovato vari compimenti, junghiani, postjunghiani, non junghiani, archetipali, archetipici, simbolici, in àmbito di psicologia del Sé.
In merito ai risultati filosofici raggiunti da Sam Harris non c'è da opporre questo ultimo quadro scientifico il quale è da affiancare, nelle diverse non differenti relative circostanze determinate, ma anche da utilizzare per le differenti relative circostanze determinate, con stesso scopo necessario e filosofico antioscurantista e senza le illusioni scientiste che negano possibilità distruttiva al ricorso non etico alla scienza. Infatti esiste anche un positivismo psicologico, cui la contrarietà oscurantista ed antipsicologica ad esso stesso non offre termine e risoluzione ma solo conflittualità, tra dati sopravvalutati da interpreti non ermeneuti e dati negati da non interpreti non critici. Questa conflittualità può accadere per qualunque scienza si possa pensare in condizioni generali non già eticamente definite quale invece sono le condizioni della esclusiva difesa della vita stessa.
Per tal ragione le prassi scientifiche difensive non aggressive, di per sé con un minimo di etica od anche un massimo qualora attuate in situazioni di limiti estremi tra vita e morte, non vanno confuse ed accomunate con le prassi scientifiche generali. (!)
MAURO PASTORE
In ultimo mio messaggio c'è parola con scrittura incompleta: 'lnguistico' sta per: linguistico.
Invierò intero testo corretto.
MAURO PASTORE
Secondo le ultime istanze, sociali, civili, politiche, oggettivamente coinvolte nella particolare impresa di Sam Harris, si è prospettata una necessaria particolare simbiosi tra utilità di scienze e di programmi morali e questo fatto non implica sopravvalutazioni di scienze ai danni delle religioni ma rende necessario difendere le scienze dalla prepotenza diffusa in ambienti religiosi e ciò non serve per negare l'opposta violenza degli ambienti scientifici ai danni della libertà religiosa perché esiste purtroppo anche tale possibilità.
S. Harris mostrando le virtù ed i benefici della meditazione con la intera mente, evidenti in prospettiva neurologica, ha criticato le false meditazioni diffuse in vasti e dominanti ambienti religiosi. Secondo la sua prospettiva conoscitiva, essenzialmente neurologica e psiconeurologica non psicologica, non risultano parimenti evidenti le virtù ed i benefici della concentrazione mentale psichica; tuttavia risulta che Harris abbia filosoficamente utilizzato tale limitazione non in via affermativa e negatoria bensì in via negativa ed affermatoria, identificando meditazioni cristiane reali o una cultura cristiana non incentrata su meditazioni necessarie.
Gli studi scientifici sulle utilità delle concentrazioni psichiche dette "preghiere", fatte anche di soliloqui singoli o collettivi con valore linguistico antidenotativo e significato analogico non logico, cioè atti del tutto non contraddittori, sono possibili alla esperienza scientifica psicologica, non neurologica, di fatto furono avviati da C. G. Jung e continuati da suoi allievi ed allieve e ultimamente hanno trovato vari compimenti, junghiani, postjunghiani, non junghiani, archetipali, archetipici, simbolici, in àmbito di psicologia del Sé.
In merito ai risultati filosofici raggiunti da Sam Harris non c'è da opporre questo ultimo quadro scientifico il quale è da affiancare, nelle diverse non differenti relative circostanze determinate, ma anche da utilizzare per le differenti relative circostanze determinate, con stesso scopo necessario e filosofico antioscurantista e senza le illusioni scientiste che negano possibilità distruttiva al ricorso non etico alla scienza. Infatti esiste anche un positivismo psicologico, cui la contrarietà oscurantista ed antipsicologica ad esso stesso non offre termine e risoluzione ma solo conflittualità, tra dati sopravvalutati da interpreti non ermeneuti e dati negati da non interpreti non critici. Questa conflittualità può accadere per qualunque scienza si possa pensare in condizioni generali non già eticamente definite quale invece sono le condizioni della esclusiva difesa della vita stessa.
Per tal ragione le prassi scientifiche difensive non aggressive, di per sé con un minimo di etica od anche un massimo qualora attuate in situazioni di limiti estremi tra vita e morte, non vanno confuse ed accomunate con le prassi scientifiche generali. (!)
MAURO PASTORE
In merito ai miei commenti e non solo a questi preciso, anche a scopo di evitare intrusioni di false comprensioni, che le prassi scientifiche vanno distinte dalle prassi tecniche ed a loro volta ne sono distinte anche se non separate le prassi che combinano assieme scienza e tecnica.
MAURO PASTORE
Sono spiacente per gli inconvenienti di scrittura accaduti ma Internet non è una libreria e bastano le acquisizioni finali dei dati.
Per la sicurezza del lettore preciso che tali inconvenienti non definitivi sono stati dipendenti da impedimenti fatti anche di altrui dirette e indirette e sempre più gravi e reali minacce specialmente 'subliminali' anche contro vita, sue cose, suoi eventi, per cui non mi è convenuto impegno maggiore a fronteggiare i tedi purtroppo arrecatimi prima e durante e dopo mio scrivere. Non maggior mio impegno sia per non conceder tante mie energie interne ed interiori ai persecutori, sia sempre da parte mia per evitare maggior impegno e peggiori risultati anche da parte dei tediatori stessi, di cui in ogni caso se ne trova in vari modi e gradi la violenza anche menzionata nei miei stessi messaggi proprio da essi avversati.
MAURO PASTORE
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