Milano-Udine, Mimesis, 2012, pp. 289, euro 24, ISBN 978-88-5751-233-4.
Il confronto teorico con una raccolta di saggi scritti da autori diversi comporta sempre delle difficoltà notevoli, riassumibili plasticamente in due direttive di ordine generale. Da un lato, il rischio è quello di allestire un discorso generico che non riesce a dar conto dei particolari offerti dai singoli contributi, dall’altro, la tentazione polare di un’analisi dettagliata dei vari saggi pone in atto il pericolo di non cogliere il fil rouge che li tiene uniti, proponendo così una mera indagine descrittiva fine a se stessa.
La recensione a Lo stile di Dioniso. La filosofia di Nietzsche nella letteratura del Novecento
non sfugge a questa “regola”. E ciò è ancor più comprensibile per un testo su un autore, Nietzsche, la cui porosità concettuale – ma non solo – lo rende “evanescente” per definizione.
Il volume in questione avanza, attraverso un vorticoso e multiforme ventaglio di proposte ermeneutiche, una serie di ricognizioni sulla penetrazione della figura di Nietzsche nella letteratura tedesca del Novecento. Ovviamente, come evidenziato dai curatori del testo, è «superfluo notare che un compito del genere […] è in ogni caso destinato allo scacco» (p. 8). Tuttavia proprio l’impossibilità di circoscrivere e delimitare una volta per tutte l’influenza della filosofia nietzscheana sulla letteratura, e l’arte in generale, a lui successiva, pronunciando così l’ultima parola sull’aporetico rapporto Nietzsche-letteratura, rappresenta lo stimolo per un confronto fecondo con un autore che ha fatto dell’infedeltà – quindi dell’impossibilità di una stabilizzante chiusura – la cifra più propria di fedeltà al pensiero.
In altri termini, come dimostra il volume che è qui in esame, l’infinita possibilità ermeneutica offerta dai testi nietzscheani, lungi dal rappresentare una impasse storiografica, chiama in causa niente meno che “la cosa stessa del pensiero” [die Sache des Denkens] di Nietzsche.
Lo stile di Dioniso, come appare chiaro dall’introduzione dei curatori – introduzione che ha il grande merito, tra le altre cose, di mostrare l’unitarietà di fondo che soggiace alla molteplicità dei saggi proposti –, presenta due tesi ben definite, che rimandano l’una all’altra reciprocamente.
La prima, facendosi carico di una provocazione teorica di uno dei massimi interpreti nietzscheani, Heidegger, ossia che con Nietzsche la filosofia è giunta nel luogo del suo compimento, in quanto ha esaurito tutte le possibilità che in essa erano inscritte fin dalla sua origine, prova a pensare al di là delle coordinate concettuali proposte dal dispositivo ermeneutico heideggeriano.
Non si tratta di considerare Nietzsche come l’ultimo metafisico, l’ultimo pensatore che ha scavato, con la sua opera, la fossa a quel cadavere di blanchotiana memoria con cui ha a che fare chi si occupa di filosofia oggi. Nietzsche è il primo post-metafisico, filosofo eretico par excellence in quanto «conduce la filosofia oltre se stessa. La lascia insistere sulla soglia della sua estinzione perché possa ancora, nell’età della morte di Dio, cioè nel tempo in cui si corrode la validità di qualsiasi principio assoluto, esistere» (p. 7).
Proprio nel solco scavato da questa provocazione concettuale si inseriscono i saggi che compongono il testo qui in analisi. Se la filosofia, per essere tale, deve presupporre, seppur spesso ciò accada via negationis, il nesso tra la verità e la possibilità della sua estrinsecazione – della sua dicibilità – appare, dunque, evidente che nell’epoca in cui la filosofia giunge nello spazio della sua estinzione è necessario individuare un modo diverso di “comunicare” la verità stessa.
Quando la lingua dei filosofi, l’armamentario retorico che ha caratterizzato per più di due millenni la storia dell’occidente, non ha più nulla da dire sul mondo e sull’uomo, si spalanca lo spazio per una rilocalizzazione del nesso tra la verità ed il “linguaggio” che se ne fa interprete. Heidegger, nei suoi Contributi alla filosofia (1936), delineando un pensiero non più caratterizzato metafisicamente e inaugurando un periodo di scrittura per molti versi affine allo stile aforistico nietzscheano – non dimentichiamo che appartiene agli stessi anni (1936-46) il confronto serrato con il pensiero di Nietzsche –, scriveva: “Il tempo dei sistemi è finito”.
In virtù di queste premesse teoriche si comprende la grande diffusione del pensiero nietzscheano, a-sistematico per definizione, all’interno degli spazi concettuali tracciati dalle avanguardie artistiche della prima metà del Novecento: «quando la filosofia non parla più la sua lingua – la lingua dei filosofi – ma un’altra lingua – sublime, poetica, indicibile – la filosofia indossa una nuova maschera, lasciando affiorare altre illimitate possibilità di nominare l’evanescenza delle cose» (p. 7).
In altri termini, lo stile di Nietzsche, e con ciò anche il suo pensiero, condensa la possibilità di considerare il compito epocale della filosofia al di là della filosofia stessa. È proprio per rimanere fedele a se stessa, ossia per nominare quel nesso inestricabile tra la verità e la sua dicibilità, che la filosofia deve tradirsi e “disperdersi” così nei mille rivoli dell’arte e della letteratura. In breve: solo una risemantizzazione della filosofia, al di là della filosofia stessa, offre la chance per la sua salvaguardia.
Lo stile di Dioniso segnala, attraverso i vari saggi che ne compongono la tramatura, il rapporto aporetico e, dunque, inesauribile tra la filosofia nietzscheana e la letteratura – ma non solo – tedesca del Novecento. Proprio in virtù di questo rapporto complesso e dal “mostruoso parto” che ne deriva si innestano una serie di problematiche che, andando al di là del discorso estetologico ed individuando in Nietzsche lo spazio concettuale di violente battaglie ideologiche, rimandano al cuore di questioni fondamentali per la storia e l’identità tedesca del Novecento (basti pensare ai due saggi conclusivi del testo – quello di T. Körber e quello di S. Maffeis – nei quali viene analizzata la diversa ricezione di Nietzsche nella Repubblica Federale Tedesca e nella DDR).
La seconda tesi forte che innerva il testo va in direzione opposta alle considerazioni testé evidenziate, seppur a partire da presupposti pressoché identici. Se fino al 1989 nel nome di Nietzsche in Germania venivano combattute delle vere e proprie battaglie ideologiche, oggi, nell’epoca della fine delle grandi narrazioni, la «funzione effettiva di Nietzsche nella produzione letteraria in lingua tedesca risulta sostanzialmente ininfluente» (p. 9).
Nello spazio concettuale e politico in cui domina la conciliazione, e la differenza che genera differenza è considerata l’anomalia da riportare all’ordine della medietà, dando origine così al dominio dell’in-differenza, Nietzsche, il filosofo ‘polemico’ per eccellenza, diventa ingombrante e, dunque, viene accantonato.
A partire da questa premessa Lo stile di Dioniso propone «un’elaborazione genealogica forse capace di contribuire a un’interrogazione delle ragioni che presiedono all’evaporazione di Nietzsche nello stile tedesco» (p. 10).
Nel recensire un testo collettaneo solitamente si dovrebbe rimanere “neutrali” nei confronti dei vari testi che lo compongono; tuttavia in questa sede mi permetto di rinviare ad un saggio che non a caso i curatori pongono in appendice al volume: mi riferisco a La voce del pensatore di Durs Grünbein, uno dei più importanti poeti tedeschi contemporanei.
Questo saggio, che non è stato pensato espressamente per questo volume e riporta, invece, la traduzione di un discorso tenuto dall’autore nell’agosto del 2004, dimostra come il “caso Nietzsche” non possa essere considerato come una mera questione storiografica. Nell’epoca della fine della storia, dell’esaurimento di ogni conflitto, Nietzsche rimane ancora «un punto interrogativo ambulante» collocato «ai margini della società» (p. 284), che, proprio in virtù dell’ineffabile portata poetica delle sue opere, pone instancabilmente il pensiero di fronte ad una provocazione concettuale continua.
Indice
Introduzione (P. Amato e G. Miglino)
La rivoluzione per l’elementale. Nietzsche e l’espressionismo (P. Primi)
La chiarezza della distruzione. Appunti su Nietzsche e Hofmannsthal (M. Rispoli)
La magia dell’estremo e la magia del centro. Nietzsche secondo Salomo Friedlaender/Mynona (D. Thiel)
Selbstüberwindung. Thomas Mann, Nietzsche e la dialettica dell’illuminismo (G. Miglino)
Il suddito di Heinrich Mann, o Nietzsche contra Nietzsche (S. Sbarra)
Scrivere con le zampe. Il bestiario di Kafka e Nietzsche (C. Caradonna)
La «passione dei suoni» Nietzsche e Rilke (D. Liguori)
Nichilismo e vita. Il problema della forma tra Nietzsche e Jünger (P. Amato)
La ricezione di Nietzsche nella Germania occidentale (T. Körber)
(Ri)appropriazioni. Nietzsche nella DDR e nella Germania riunificata (S. Maffeis)
Appendice. La voce del pensatore (D. Grünbein)
5 commenti:
Anche in questo caso ugualmente ad altri su questo sito, recensione è capace di suscitare interesse non senza porre dilemmi circa differenze e neutralità e non neutralità nei confronti di materia stessa, diretta e indiretta, recensita; mentre circostanze politiche odierne rendono dilemma stesso, di per sé soggettivo, oggettivamente effettivo non in se stesso ma per possibili oppure probabili o già reali ricezioni.
Non per proporne una, ma per far notare qualcosa di assolutamente non neutrale di atto recensivo, io commento...
Impostazione recensiva non coincide con totalità recensita ma non ne manca interezza, non per pochezza ma per parzialità di recensire.
Anni 2012-2013 in Italia erano tempi di necessari ripensamenti circa eredità di Marx, marxiane, marxiste; e tutto quel che si faceva in questo, era in determinazioni fortemente negazioniste ed in ambienti violentemente etnofobici ed antitradizionalisti; sicché di conto dato ad Esteri da intelligenza politica-filosofica della Germania Riunita, anni dopo Caduta del Muro a Berlino, in Esteri, altri pochi anni ancora dopo, non se ne intendevano sempre e dovunque contesti storici-culturali esatti, anche a causa delle estenuazioni interne prodotte dalle polemiche tedesche Est-Ovest, in Germania fatte proprio per non sussistere oltre la Divisione capitalista/comunista. Italia essendo stata il Paese maggiormente coinvolto da quella eredità in sua parte politica di sinistra ed essendo il Dopo Guerra Fredda italiano molto difficile, intricato, rischioso, tutto quel che concluso con Riunificazione tedesca era da sùbito non manifesto ai più od occultato a pochi, secondo varietà di malcontenti e disposizioni e forze non solo politiche.
Recensione, non fa eccezione a tal condizioni. Essa si rivolge a quanto emerso - riemerso da Ovest Germania; e dei postumi a riunificarsi ne interpreta in base a ideologie di Germania Est, ma secondo cànoni di Est-Germania, precedenti, per i quali F. W. Nietzsche era pensatore così estremo da non potersi definire possibile elemento di destra anticomunista e capitalista. Però la verità ne era antecedente o postecipe; e tirar di somme in Germania dopo anno 2000 diverso; rimanendo valevole provvisoria scomunica impartita da Nietzsche stesso per Germania, infine nuova decifrabilità, dopo studi italiani, che per estraneità indicavano alterità di Opere di Nietzsche a cultura tedesca ufficiale in quei tempi... Estinzione di Strutture Sovietiche avvenuta in anno 2012 non era occasione di chiarificazioni, giunte da estetica musicale e musicologia, dopo esecuzioni di musiche composte da F. W. Nietzsche (che io sappia, prime ufficiali -non eventi informali- ed accademicamente rilevabili, furono in Italia (a Ravello), ma riflessioni anni non immediatamente dopo)...
MAURO PASTORE
...
Proprio restando entro il risaputo universitario-accademico, recensore di sua applicazione riusciva a renderne lavoro di recensione, legato a convenzioni universitarie di fatto, a differenza di analoghe tedesche, in Italia in chiave eccentrica-futuristica cui rispondente verità relativa ma unica, di considerazione antimetasisica-materialista; ma cui verbo dionisiaco nietzschiano maggiore e vario fino ad alterità e compresenti: riferirsi di Nietzsche ai filosofi fisici antichi metafisico postmetafisico ex-metafisico, post-fisico e meta-fisico ...questione di complicatezza estrema dato ruolo attivo di stesso Nietzsche - dopo Lutero forgiatore di linguaggio comune ((anche autore di mirabili testi e canti sacri))- definitore di impossibilità-possibilità linguistiche-culturali tedesche [ne intendo io solo attraverso comprensione culturale o superficiale di altro tedesco cioè arcaico cui in certi testi di Nietzsche ed in 'Così parlò Zarathustra' sfondo non occulto; ne intendo senza direttamente comprendere peraltro sol teutonicamente].
Sicuramente, metafisica non meta-fisica criticata, esclusa dal futuro culturale tedesco, per volontà di stesso Nietzsche... perché rapporto gaio a scienza, cui Nietzsche inventato non per parametri stessi, sciolto da legami privilegiati di cosmologia a fisica cosmica anzi modo per pensarne in limitatezza relatività... Ma, di fisica filosofica greca e presenti e futuri tedeschi, questione quasi ermetica:
Di questo, in recensione non se ne trova resoconto ma assenza coincidente a presenza, a non-detti-ma-affermati intuibilità di totale alterità storica da quella rapportabile a parametri filomarxisti o marxiani; in eredità di Marx stesso ma in suo rinnegar movimento comunista rilevabile intuizione di esistenza di altri ma non ancora disponibili ad università tedesche durante e dopo attività professorale di M. Heidegger; parametri significati da F. W. Nietzsche con elemento poetico-arcaico dai tempi del nome Zarathustra, di quanto mostrava etnicamente euroasiaticamente comune a Germania moderna e Persia di Evo Antico 'ultimo'; ma cui occulto, esoterico, ovvero non utilizzabile in sé, di alter ego Zoroastro, per comunanze premoderne tedesche-iraniche eurasiatiche; coincidendone identità europea con musicologia di stesso Nietzsche, in distinzioni di valori-disvalori culturali -non wagnerismi e wagnerismi- le quali non cancellazioni di estetica wagneriana né svalutazioni ma ricollocazioni storiche non storiche-critiche (!): identità cui musica di Wagner direttamente radicata e cui improvvisazioni pianistiche di Nietzsche, non suoi spartiti musicali, echi ancestrali; testimoniati dalle impressioni psicologiche degli ascoltatori, narrate, autonarrate.
Dunque parzialità recensiva non espone ma è esposta ad altro argomento da quello recensito, cioè a musica non letteratura; il resto, in recensione, sol provvisoriamente perspicuo.
MAURO PASTORE
Continuo a commentare e spiego ed aggiungo a quanto ho già commentato...
Dunque
... recensore mostrando filosoficamente ed eccedendo per parzialità e perciò non eccependo quanto invece registro culturale per sua recensione usato poteva se impiegato completamente, riferiva di ulteriori mostrare filosoficamente, indirettamente - direttamente ricollegandosene ad altrui Operato ed Opere - di Nietzsche stesso - quindi i significati non solo raggiunti cioè anche di fatto passivamente ottenuti, essendo irretiti in molteplicità-pluralità, cui stessi non eccepire criticamente ed eccedere acriticamente ...in condizioni, peraltro provvisorie, di disponibilità particolare voluta da stesso Nietzsche per lettori italiani e di non disposizione possibile per comprensioni comuni tantomeno italiane... dunque risultano, in effetto, eteroducenti, ad orizzonte conoscitivo o conosciuto culturale e filosofico più grande di quanto in recensione in sé e per sé ma questa stessa facendo -per così dire- da ponte, fino ad aprirsi, non ad aprire! di tal orizzonti; cui irrelati non solo ulteriori anche altri sensi ed anche non stessi significati originari né originali recensivi; e ciò non senza filosofica irriducibile scepsi, tra materialità cui recensire e materialità di recensire, cui testo dando proprie risultanze ne fa coincidere con altre direttamente da oggetto ultimo di riflessioni e tutto ciò non direttività filosoficamente praticabile con recensione -neanche in se stessa- esponendo a rischio di incomprensioni o di particolarismi polemicamente antifilosofici e culturalmente umanamente non ecologici...
Ordunque, quanto sorta di 'ponte' costituito da recensione può esser di tramite, non presenta da sé ma diventa o può o potrebbe diventar tutt'altro sia da formalità di recensione stessa sia da forme culturali direttamente recensite; un totalmente altro intuire storia, intender fatti, concepire figure... di cui esporrò [[per ragioni di spazio e lunghezza del testo]] in mio invio successivo tratto essenziale.
...
MAURO PASTORE
Espongo, [per ragioni di spazio e lunghezza del testo] con questo mio invio (successivo) ed altro seguente, tratto essenziale, acclusa modernità (in ordetto, seguente invio), non di contenuto storico in recensione, bensì di un totalmente altro intuire storia, intender fatti, concepire figure...
(...)Storia ufficiale della filosofia tedesca ne precede di poco completamento di etnie, da teutoniche-germane a tedesche-teutoniche di Germania. Da Medio Evo a Modernità, teologia e monadologia inoltrarono nuova cultura tedesca, stabile non solo stabilizzata in luoghi detti Germania, a filosofare europeo-nazionale, solo dopo concludersi di periodo classico di studi filosofici tedeschi fattosi nazionale-tedesco. Tal farsi non accadeva senza interruzioni di sorta, cui evidenza di assoluta non plausibilità è spiegabile solo con aggiungere altre considerazioni storiche, cui ineriscono eventi greci antichi in loro rapporti con futuro tedesco ma neanche ciò bastando per spiegazione; invece qualcosa mostrandosene valutando preistoria di filosofia, in grecità non ellena orientale-orientaleggiante euroasiatica - neo-europea...: fatti dei cosiddetti "sapienti greci" ma precisamente dicibili "magi", appunto non maghi, in Età storica antecedente a quella biblica dei viaggiatori nomati Re Magi da Est guidati da direzione di stella cometa verso Ovest in Palestina. Cotali non biblici Magi, greci, da Persia ed Egitto, da Lidia, in Esperia e pure in luoghi da prima visitati da eroe greco della tradizione anche storica detto Eracle poi non in medesime parti conosciuti da re greco di tradizione storica non solo letteraria nomato Ulisse e detto Odisseo, infine verso ed in Ellade e cui ultimo rappresentante prima che primo filosofo fu Talete... erano quali magi pensatori non di filosofia ma del futuro esisterne, cui ipotizzavano tramite immaginazioni anche comunicate dopo e cui dopo mostravano possibilità non ancora realtà conosciuta, parimenti immaginativamente, cui dopo ancora palesavano opportunità e poi necessità; ciò ultimo di stesso Talete non solo piccolo; appunto cominciando la filosofia ad esser pensata non solo concepita tramite mentalità irrazionale a razionale che allora potendo corrispondervi... Tal fu esistere di ruolo di filosofo di Talete, da nuovo corrisponder tra emotività-intellettualità conoscitive... Cosa ciò a che vedere con storie culturali tedesche? Non solo per contatti accaduti, da mondo filosofico greco, a teutonico in Germania poi di Germania, ma da predisporsi non immaginativo-intuitivo soltanto desiderativo-intuitivo, remoto in eventi dei Germani allorché non solo vagabondi per Europa anche legati a luogo fisso...
A considerar estrema importanza di evento della filosofia in storia della umanità, si può concepire quanto potesse esser remoto accadere di quel desiderio di quella intuizione 'vuota'.
...
MAURO PASTORE
Continuo ad esporre, [per ragioni di spazio e lunghezza del testo] con questo mio invio ad altro seguente, tratto essenziale con acclusa modernità, non di contenuto storico in recensione, bensì di un totalmente altro intuire storia, intender fatti, concepire figure...
...Era in ragione di una non plausibilità, ai tempi di Leibniz, Kant, Schopenhauer, che filosofare tedesco, in specie di stesso Schopenhauer, s'era cimentato in comparazioni, relazioni, comprensioni storiche non solo europee, occidentali-orientali, cercando in retaggi da Oriente parametri storici precisi e più ampi nel passato... cui opporsi tecnoscientifico poi di tecnoscienza innescava consulenze filosofiche, fino ai nostri giorni, inerenti: derivazioni già culturalmente prefissate e relativamente di pareri tecnici e rilievi tecnici sia pur assieme a datità scientifiche... le quali comunque hanno potuto recentissimamente coniugarsi a predeterminazioni culturali più ampie, cosmoantropologiche-antropologiche... Risultato?
Passato arcaico di vicenda parallela precedente non antecedente a prefilosofica, che inverosimilmente si mostrava in evi inaccessibili a discorsi ordinari di chiunque e per umanità che ne appariva impossibilitata o pressoché, di cui interpretabilità non filosoficamente fattibili ne escludevano finanche da tutte le psicologie del senso comune ma non tutte le filosofie spicciole, né scienza atta a risolver questione ma accadendo che fosse usabile a non affermarne tesi filosofiche... cui poi unite a tesi culturali unite a culture della scienza... eppur tecniche producendo anche con scienza apparenze contrarie; e per mezzo odi contro etnie ed asti contro religiosità profittando contro studi antropologici ancor disuniti anche antropologicamente... ma antropologie generali non coincidendo più con pretese in mondo della tecnica non di vera tecnica stessa, infine proceder di culture non solo filosofiche e convergervi di culture delle scienze smentendo attese dei negatori di scoperte di passati umani e remotissimi interessati a futuro conoscitivo che auspicavano senza potersi immaginare né pensare, quello filosofico... Dunque desiderio ed intuizione della filosofia risalendo a tempi antecedenti culture celte-celtiche ed in umanità non solo barbara e anche - e solo (!!) guerriera e quando di Grecia neppur pensiero poteva darsene e in Evo del tutto precedente storia non solo greca anche accadica-celtica... Solo utilizzando storia di ciclicità, cui nuovissimi registri tecnici paleontologici archeologici non negano danno cifrari -mai numerari potrebber dare- potendosene capire...
Di suddetti accadimenti remoti, era già intuizione artistica-culturale di Wagner ed artistica-civile di Nietzsche... Da codeste, si può intuire passato remoto teosofico cui teologia-filosofia e filosofia tedesca e non solo.
\ Invece recensione incontraddittoriamente alogicamente fa da controesempio, cui lettore può opporre altra esemplarità ma non restando entro trame di testo di recensione di cui scepsi impedendo di notarne conseguire di non verità e non susseguire di verità.
MAURO PASTORE
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