Perugia, Morlacchi, 2012, pp. 252, euro 15, ISBN 978-88-6074-481-4
Il saggio della Procacci ha un duplice pregio: da un lato ci fornisce un’analitica rappresentazione a tutto tondo del pensiero di Hans Jonas (1903-1993) – allievo di Heidegger e di Bultman, trasferitosi in America nel secondo dopoguerra –, dall’altro mostra l’estrema attualità della sua filosofia pratica, capace di essere ancora oggi un punto di riferimento importante per un’etica laica del terzo millennio.
La monografia si sviluppa seguendo le tre linee del pensiero che hanno caratterizzato la lunga attività speculativa di Jonas: dallo studio dello gnosticismo tardo antico
(a cui l’autore si dedicò nel periodo prebellico), attraverso l’elaborazione di un’originale filosofia della natura e dell’organismo (periodo postbellico), fino a raggiungere – come dicevo – la fase più matura e maggiormente nota della sua speculazione, quella riguardante la filosofia pratica, ovvero l’etica laica, dagli anni ’70 fino alla morte. Tre momenti solo apparentemente eterogenei, ma collegati – in realtà – da un sottile filo rosso, quello di una riflessione ininterrotta sugli atteggiamenti fondamentali dell’uomo occidentale nei confronti del mondo o, se preferiamo, dell’essere. Al centro di questo sviluppo vi è senz’altro l’individuo (cfr. p. 13), ma considerato anche e soprattutto nella sua veste e funzione pubblica; se da un lato Jonas ha proposto “una nuova etica, che fa della responsabilità nei confronti della vita futura la sua dimensione centrale” (p. 16), dall’altro non si può dimenticare che “la responsabilità a cui pensa Jonas non è circoscritta alla dimensione individuale, come nell’etica tradizionale, ma è pubblica, ed è assunta in primo luogo da chi detiene il potere politico” (p. 17). Ma vediamo ora, in estrema sintesi, come Jonas ci conduce a questo esito.
(a cui l’autore si dedicò nel periodo prebellico), attraverso l’elaborazione di un’originale filosofia della natura e dell’organismo (periodo postbellico), fino a raggiungere – come dicevo – la fase più matura e maggiormente nota della sua speculazione, quella riguardante la filosofia pratica, ovvero l’etica laica, dagli anni ’70 fino alla morte. Tre momenti solo apparentemente eterogenei, ma collegati – in realtà – da un sottile filo rosso, quello di una riflessione ininterrotta sugli atteggiamenti fondamentali dell’uomo occidentale nei confronti del mondo o, se preferiamo, dell’essere. Al centro di questo sviluppo vi è senz’altro l’individuo (cfr. p. 13), ma considerato anche e soprattutto nella sua veste e funzione pubblica; se da un lato Jonas ha proposto “una nuova etica, che fa della responsabilità nei confronti della vita futura la sua dimensione centrale” (p. 16), dall’altro non si può dimenticare che “la responsabilità a cui pensa Jonas non è circoscritta alla dimensione individuale, come nell’etica tradizionale, ma è pubblica, ed è assunta in primo luogo da chi detiene il potere politico” (p. 17). Ma vediamo ora, in estrema sintesi, come Jonas ci conduce a questo esito.
L’allievo di Heidegger approdò allo studio della Gnosi tardo-antica fin dagli anni del suo dottorato con la dissertazione (1928) intitolata Il concetto di Gnosi (Der Begriff der Gnosis). Silvana Procacci ci ricorda che “alla base delle motivazioni dello studio della Gnosi […] vi è probabilmente l’interesse nel rintracciare, nella questione del rapporto Dio-uomo-mondo dell’antichità, le risposte per trovare un’origine alla deriva nichilista dell’uomo contemporaneo” (p. 30). Più precisamente, Jonas avrebbe intuito in quegli anni che il paradigma dualistico specificatamente gnostico della “contrapposizione tra Dio e mondo è, al contempo, contrapposizione tra uomo e mondo” (p. 39). L’esito dello gnosticismo tardo-antico decreta una sostanziale solitudine dell’uomo di fronte all’essere, “l’uomo è solo di fronte ad un cosmo lontano dalla luce” (p. 42). Sarà proprio “la volontà di superare il nichilismo – nonché il dualismo – [a spingere] Jonas ad interessarsi alle domande metafisiche fondamentali, riguardanti l’essere della natura” (p. 43), ovvero a spingerlo verso quella che abbiamo definito la filosofia della natura e dell’organismo che rappresenta la cifra della seconda fase della sua indagine.
Anticipo subito che mediante questa seconda fase, la quale si sviluppa anche attraverso lo studio approfondito della biologia, Jonas perverrà – in realtà – ad una vera e propria nuova ontologia, ad una “novella versione dell’onto-teleologismo aristotelico” (p. 61), come l’ha definita Silvana Procacci. Jonas rifiuta il dualismo cartesiano che contrappone la materia (res extensa) alla dimensione spirituale (res cogitans) e “partendo […] da una lucida interpretazione filosofica della biologia, ovvero delle capacità e delle funzioni dell’organismo – dal metabolismo alla vita cosciente – l’autore individua già nell’organismo, anche nelle forme più semplici, lo spirituale; e parimenti lo spirito, anche nelle forme più elevate, resta pur sempre parte dell’organico. […] La vita deve essere già inclusa nella potenza della materia fisica, ma poi ha proprietà tipiche non riducibili al solo livello inorganico” (p. 47). Persino la libertà, nella visione di Jonas, diventa un principio ontologico che ha le sue radici nella vita, nel mondo della vita: “Benché accompagnata da determinismo, la libertà è la caratteristica distintiva del mondo organico: non riguarda solo l’uomo, ma è considerata da Jonas il principio ontologico che descrive la maniera di esistere dell’intero mondo vivente e sottolinea la differenza tra essere e non essere” (p. 62). Saranno proprio queste riflessioni intorno alla natura e alla vita, alla biologia, che condurranno Jonas a scrivere, nel 1976, il suo testo più famoso, Das Prinzip Verantwortung (Il principio responsabilità), testo che ci conduce nel cuore della sua filosofia pratica, nel cuore dell’etica jonasiana.
Come vedremo, il concetto etico di “dovere” viene sostituito dal concetto di “responsabilità”, nella misura in cui “Jonas tiene conto in primo luogo del fatto che oggi un discorso sull’etica non può giustificarsi più su una legge divina, ma occorre far riferimento ad un’etica intra-mondana” (p. 69), un’etica che abbia come fondamento valoriale l’essere stesso, un’etica laica appunto. Infatti, quando Jonas parla di responsabilità, non la intende nei confronti di Dio, ma semmai del “creato”: “questa nuova filosofia della natura dovrebbe rendere inutile il ricorso all’istanza religiosa, ad una figura esterna che, con la sua autorità, impone determinati obblighi e divieti. Jonas non parla di una responsabilità davanti a Dio, la responsabilità è sempre davanti all’essere […]” (p. 73). Se ciò a cui l’uomo deve rendere conto è il mondo e la vita, si comprende perché il nuovo imperativo etico proposto da Jonas assuma la seguente formulazione: “«Agisci in modo tale che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla Terra», ovvero, tradotto in negativo, «Agisci in modo che le conseguenze della tua azione non distruggano la possibilità futura di tale vita».
Tutto ciò comporta una sorta di riaffermazione postuma della nietzscheana “morte di Dio”? No, il Dio di Jonas non muore a causa della nuova consapevolezza etica-mondana verso la quale l’uomo moderno deve essere diretto, ma certamente ne esce depotenziato, sofferente. “È un Dio sofferente [che] proprio attraverso il sentimento di responsabilità fa giungere il suo volere fino all’uomo” (p. 74), affinché “Dio non abbia a pentirsi della sua creazione” (p. 73). Jonas, che era di origini ebraiche, rimase fortemente colpito da quanto dovette subire il “popolo eletto” durante la persecuzione nazista e cercò di dare una risposta teologica a quegli eventi incomprensibili, incomprensibili soprattutto per un ebreo, con il saggio del 1987 Der Gottesbegriff nach Auschwitz. Eine jüdische Stimme (Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Una voce ebraica). Come ha potuto il Dio degli ebrei consentire, non evitare al suo popolo, il male assoluto dell’olocausto? “Tramite l’esperienza del male, di cui Auschwitz rappresenta il momento più tragico, si arriva a mettere in discussione la secolare speculazione filosofica che ha fatto dell’onnipotenza uno degli attributi essenziali di Dio. Ciò che deve sconcertare l’uomo contemporaneo è la possibilità stessa che Auschwitz sia accaduto. Auschwitz diviene, per tutti gli uomini, il simbolo del misterioso e drammatico problema del silenzio di Dio di fronte alla realtà del male” (p. 128). Ricordiamo tutti le obiezioni degli epicurei contro la provvidenza divina secondo alternative che sono diventate classiche (o Dio vuole eliminare il male, e non può, oppure può ma non vuole, oppure vuole e può, ma allora perché esiste il male?). Jonas, seguendo – ma superando nello stesso tempo questa traccia interrogativa – si chiede: “Se Dio è infatti il signore della storia, come è possibile che Egli abbia abbandonato il suo popolo?” (p. 130), Auschwitz non è forse la massima espressione dell’abbandono da parte di Dio del suo popolo?
Nietzsche avrebbe risposto a tale quesito sottolineando come l’evento Auschwitz rappresenti la prova certa della morte di Dio, ma Jonas non è disposto ad accettare questa soluzione. In verità, per Jonas, “ciò che emerge dai campi di sterminio è quindi Dio nella sua impotenza, cioè la sua impossibilità di intervenire nella storia del mondo. […] Secondo Jonas, infatti, dopo Auschwitz non è più possibile pensare ancora unitamente tre attributi tradizionali di Dio: l’onnipotenza, la bontà e la comprensibilità; occorre piuttosto rinunciare a uno di essi [l’onnipotenza] per salvare il concetto di Dio e con esso la fede” (p.130).
Ecco perché l’uomo è più che mai responsabile nei confronti del mondo e dei suoi simili, perché esso, dopo la creazione, si trova solo – in una responsabilità assoluta alla quale non può sfuggire – di fronte all’essere, ha il compito di custodirlo e di amarlo, se non vuole rendere vano il sacrificio di Dio che creando un mondo libero ha rinunciato – nei confronti del mondo stesso – alla sua onnipotenza, cioè a una parte di sé. I cristiani non possono non rileggere, in questa voce ebraica, il senso del sacrificio di Cristo sulla croce del Golgota, il senso della sua solitudine e della sua esperienza di abbandono da parte dell’Onnipotente, ma questo lo suggerisco io, non Jonas e non la Procacci.
Indice
Presentazione di Aurelio Rizzacasa
Introduzione
1. 1. Il problema della libertà tra antropologia filosofica e teologia
1.1 Gnosi, esistenzialismo e nichilismo
1. 1. Ontologia, natura e libertà
1. 1. La vita: da fenomeno originario a eccezione
2. 2. Ontologia del vivente: l’organismo e la sua evoluzione
3. 3. Dall’organico all’uomo
4. 2. Dall’etica della reciprocità all’etica della responsabilità
5. 3. I caratteri di novità dell’etica della responsabilità
6. 4. Alcune applicazioni dell’etica della responsabilità
7. 5. Dalla libertà organica alla libertà dello spirito: i fondamenti della responsabilità
8. 6. Il fondamento della comprensibilità della storia e la natura umana
9. 7. Il male, la storia e il silenzio di Dio
10. 8. Ermeneutica del sacro in Jonas
11. 9. L’influsso della Qabbalah
12. 10. Mithos e Logos tra Qabbalah e Gnosi
13. 11. Silenzio di Dio e testimonianza umana: dalla teodicea all’antropodicea
14. 12. La possibilità della fede all’interno del sapere scientifico
15. 13. Analisi critica della riflessione teologica
16. 14. Considerazioni critiche sull’etica
17. 15. Incidenza di Jonas nel dibattito contemporaneo: alcuni aspetti.
APPENDICE I
Bibliografia delle opere dell’Autore
APPENDICE II
Letteratura critica sul pensiero di Hans Jonas e bibliografia generale di riferimento
9 commenti:
Il recensore è a fine del suo pensiero sarcastico, forse più nei confronti di Hans Jonas che della autrice del libro recensito, che in verità dal titolo si direbbe non lavoro prospettico ma prospettiva di lavoro ed evidentemente in non continuità ed in antagonismo non alternativo con la prassi definita da Jonas.
Di fatto nonostante i tentativi passati marxisti di interpretare il pensiero filosofico di H. Jonas quale alternativa al kantismo, esso non trasmuta la morale kantiana, in oggettiva rispondenza alla naturale relazione dell'umanità col Mistero nel mondo della umanità, sia kantianamente che esistenzialmente ma risolvendosi in saggezza filosofica dell'esistenza. Quei tentativi muovevano da confronti antiteologici con l'ontologia di Heidegger, senza coerenza terminati col rifiuto della mitologia germanica di cui si intuiva interlocuzione in stessa ontologia ma per termini occulti. Tale mitologia era essenzialmente priva di mitografia, fondamentalmente ad essa finanche unita, manifestamente in considerazioni implicite dei Misteri naturali. Così in "Sentieri interrotti", diversamente non differentemente in alcuni passi de "I Quaderni Neri". Ma nulla di altro in questo menzionato dai testi antichi di Platone, di cui il marxismo relegava in anticaglie morte e insensate i miti non tollerando neanche i miti filosofici moderni ed avrebbe voluto avversarne i contemporanei, contrastato in altri casi dall'uso politico capitalista ed anticomunista di essi, nel caso di Heidegger da segretezza di scrittura o dalle postume pubblicazioni. Quel che costui inquadrò alla fine del suo percorso intellettuale pubblico, universitario ed accademico, sia pure dopo da esterno e da bandito, Jonas aveva già molto tempo addietro, ovvero l'èsito teo-ontoteologico. Ma tal quadro, minimale ed aperto da Heidegger, era già fatto massimale ed ermetico da Jonas, che concludeva così il suo apprendistato heideggeriano dando spazio ai propri studi filosofici della religione compiuti grazie a Bultmann, teologo e filosofo esperto in dottrina religiosa monoteista ed ex allievo di Heidegger anche lui. Invece da indice e recensione e tipo di pubblicazione di Silvana Procacci si nota che ella ne esime da analisi di attività, considerandone uniformità non eccedenti, di temi filosofici in rapporto a tematiche, queste vagliate attraverso l'heideggerismo di sinistra, oggi senza più vero presente né futuro; eppure ciò in tempi e luoghi di post-ex-marxismo avrebbe ancor oggi un senso ed era anche più utile prima che medesima sinistra cadesse e prima della odierna autoesautorazione del revanscismo marxista e filomarxista. Però la via programmatica espressa dalla Procacci oltre a non trarre l'essenziale dalla filosofia di Jonas ne ha eluso vera totalità, proprio in quanto programmatica scevra da teo-ontologia, restandone vantaggio per àmbito teorico a programma astratto...
Di ciò il recensore par negare e se ne dedurrebbe che la autrice non ne lascia, offrendo rifiuto critico senza alternativa di esistenzialità pratica filosofica, con esito esclusivo di ecologia non ambientalista, con possibile reintegrazione solo ripercorrendo consapevolemente a ritroso le esclusioni teo-ontoteologiche.
(...)
MAURO PASTORE
(MAURO PASTORE :...)
Una critica possibile teo-ontoteologica, tal da non integrarsi teoreticamente-soggettivamente finalisticamente-oggettivamente alla sapienza filosofica di Hans Jonas resa oggetto di critica stessa, sarebbe possibile individuandone i rapporti teologici-ontoteologici, con ciò senza bisogno di fare lo stesso per insegnamento heideggeriano. A questo scopo la nuova condizione istituzionale culturale filosofica odierna non presenta in alcuna parte importante ostacoli intrinseci, dopo che precarietà e sessualità hanno costituito ideologico intellettuale ed ultimo capolinea per i resti ed echi dello Schema marxista e per gli schematismi filomarxisti; d'altronde neppure prima la difficoltà era in Italia totale, grave ed insormontabile solo entro istituzioni universitarie non accademiche, poi durante stessa occupazione antiaccademica marxista nondimeno diventata sempre più inconsistente obiezione di fatto, quando l'Unione Sovietica stava cadendo e non offriva più alcuna effettiva alternativa neoaccademica; eppure ne restano le conseguenze, di tal caduta: deserti culturali e spazi di subculturalità, con paesaggi mentali corrispondenti a paesaggi urbani, o semicontadini... Da tali orizzonti visivi e intellettuali ciò che prima era non intuibilità adesso non lo è più; non così la prospettiva di studio adottata da Procacci con l'Opere di Jonas, che reca il diaframma della dittatura marxista, fallita ma con lasciti di disastri. Tale diaframma consente solo rapporto statico con tradizioni indirette di elementi culturali religiosi, in negativa tragica comunione di intenti con arretratezze di mondi cattolici-ex-cattolici, incapaci di reale decifrazione di spiritualità e relative religioni.
(...)
MAURO PASTORE
MAURO PASTORE :...
Hans Jonas (ed anche Heidegger) approdò a teo-ontoteologie da ontoteologie. Jonas provenendo da ambienti culturali ebraici era divenuto appartenente attivo del giudaismo ed aveva trovato in America ambienti ancora più diversi, fuoriuscendo quindi da stesso giudaismo. L'etica di Jonas non è comprensibile assumendo per premessa culturale la divisione-condivisione confessionale cattolica-ex-cattolica tra gerarchie del clero e collettività dei fedeli. Tale relazione impedisce reale o durativa esperienza ed appartenenze religiose ed espone a rapporti religiosi inspiegabili ed involontari. Dai primi tempi del pontificato di Francesco, cominciato ad accadere e perdurato senza sostituire ruolo papale di Benedetto XVI, le contraddizioni, antiecclesiologiche, antisociali, antipsicologiche, del rapporto di fatto istituito del clero sedicente cattolico coi fedeli, erano state estremizzate, fino al tentativo di una forma stabilita di sudditanza psicologica, servitù sociale, distruzione ecclesiale, attuato (forse rivoltosamente per farlo con certezza fallire?) da stesso Francesco, di fatto rifiutato da Benedetto XVI ma su azioni già intentate non impedite, fossero o non fossero unite a scopo di stesso effettuatore. Quanto promosso da Benedetto XVI non per intermediazione era negato a Francesco quale intermediatore, restandone le dottrine confessionali smentite non rifiutate da istituzioni vaticane, ma impedite e bloccate da esigenze dei poteri secolari: divieti normativi di attuare plagi sulla mente o mentalità dei fedeli, di forzare presenze o non chiarificarne, di non specificare motivi di assemblee. Ma era pure direttamente la inaccettabilità di proseguire di fatto, pur talvolta negando in teorie, la sottoposizione delle credenze dei fedeli alla fede dei sacerdoti. Per la gnosi monoteista il rapporto tra iniziato ed iniziando reca non violenta richiesta assoluta di credito, di dimostrazione, di dissociazione, in àmbito appunto non di fede in Mistero ma di iniziazione a Mistero senza sempre prescindere dalla uguaglianza di fede in Esso ma sempre a prescindere dall'averNe fede; ma chi ignora decadenza e nullificazione cattolica-vaticana tra fine Secondo ed inizio Primo Millennio dopo Cristo ed essendone coinvolto quale parte passiva od esclusa non ha modo per dedicarsi a studi filosofici sulla Gnosi, dottrina di conoscenza relativa al rapporto del Singolo con l'Assoluto. Quel che dalla deriva di massa ex-cattolica resta consentito o non impedito dalla empia scusante offerta da veto ateo-comunista-totalitario è disinteresse o parzialità, anche di acquisizioni od occupazioni filosofiche culturali se queste sono non eccentriche rispetto a massificazioni pseudoreligiose o antireligiose.
(...)
MAURO PASTORE
Il pensiero filosofico exfenomenologico ed ontologico in Germania approdò ad ontoteologia eminentemente per considerazione delle disposizioni irrazionali alla conoscenza, dunque accadendo formulazione teo-ontologica non originaria in base a definirsi onto-teologico, secondo gli studi extradisciplinari non dunque filosofici ontologici ma ontico-filosofici, restando lo scarto, che per discipline di scienza sarebbe pregiudicante ma non per discipline di filosofia, una occasione non antifilosofica di ricerca, poi filosoficamente condotta ravvisando la realtà delle pure affermazioni o negazioni di necessità sovraordinata alle formule di deliberate affermazioni o di arbitrarie negazioni. Del limite di tale itinerario culturale non se ne trova superamento nell'heideggerismo e post-heideggerismo, quanto invece nell'esistenzialismo francese, secondo la prospettiva filosofica-teologica cattolica modernista, capace di ridefinire ontologicamente-teo-ontologicamente il rapporto tra Assoluto e saperi filosofici senza separarne le scienze. Tale via fu avversata dalle gerarchie cattoliche e specialmente in occultatezza, perché le poneva a fronte di un nulla di fatto, anche col vero cattolicesimo del Rinascimento ingiustamente posto ad oblio da decreto implicito e non onesto di Stato Pontificio, pure per questa impresa ed altre simili invaso dalle milizie risorgimentali e nel frattempo posto sotto provvisorio regime militare della Francia napoleonica. Di fatto per tal adito, esistenzialista, modernista, si può accedere a sufficienti premesse metodologiche e filosofiche per valutare appieno le Opere di Jonas — a patto però di non comprometterlo col vicolo cieco della omologazione all'ex-cattolicesimo, in Italia assai vasta inerzia ed anche funesta politicamente e culturalmente perché inetta a riconoscere della legalità diritti e liceità e della religione reali manifestazioni.
(...)
MAURO PASTORE
(MAURO PASTORE :...)
Quanto Jonas mostrava del monoteismo, le metaforizzazioni dogmatizzazioni di quel che nell'Universo lascia esistere le cose, di esperienze dirette e indirette, il lasciar-essere ontologico ovvero l'ontico limitarsi dell'Essere, razionalmente realtà imperscrutabile ed irrazionalmente simboleggiabile quale divinità una, testimoniabile dal linguaggio della vita con non indicazione ma allusività verbale, in lingua italiana Dio, Iddio considerandone diversità particolarità delle intuizioni, non era estraneità al suo filosofare, che ne mostrava i rapporti col Divenire storico da filosofica perennità cioè ritorno di uguali dilemmi e risoluzioni per esigenze soprattutto future. La considerazione ontologica di Jonas era eccentrica rispetto a quelle della storia degli studi fuori dai luoghi della Grecia e dell'Ellade, perché praticava inclusione, mediata dal pensiero vitale, dal vitalismo filosofico, dalla ermeneutica biologica, in ciò strettamente pragmatica, tanto che il momentaneo veto imposto da Levinas e fatto valere provvisoriamente fuori Europa e per Stato di Israele non gli era appropriato neppure sensato ma neanche contraddittorio. A svelare il piccolo enigma provvide il. Decostruzionismo, che di ulteriore Alterità ed Infinito dimostrava esistere non separato secondo logica non criminologica ma soprattutto: altra. Restando da capire in che senso vi fosse un contraddetto, nella considerazione ontologica di Hans Jonas, si doveva e si deve analizzarne rapporto favorevole con biologia. Se ne scopre lato esposto a rischio di eventualità negativa nel notarne unilateralità, corrispondente a: rischi di assolutismi pacifisti o rifiuti di scelte radicali di abbandoni di destini o di erranti; in contesti quali: le necessità belliche convenzionali a scopo di evitare i disastri di armi atomiche, o semplicemente delle guerre biologiche; epperò proprio completando così il quadro si palesa determinante illusoria apparenza di contraddittorietà, nella stessa nozione potenzialmente fallace di "arma biologica", con restante negatività di eventualità del torto di inerzia, spodestamento, sostituzione della vita contro la felicità vitale altrui. Resta allora duplice interpretabilità: 1) secondo saggezza della filosofia, per la quale vita contro vita è èsito vitale comune; 2) della insavia che impedisce alla saggezza della vita di trarre vantaggio dalle contrarietà tra vite. Arma biologica quale abuso di ciò è oggetto non abusivo per se stesso, o quale gioia di combattere senza uccidere, in tal caso senza sfruttare oggetto...
...
MAURO PASTORE
(MAURO PASTORE :...)
... Sembrando essere non ulteriorità di Infinito ed Alterità, eppure nei riferimenti scoprendosene, proprio nella esigenza della armonia nuova tra Dio e mondo, Essere ed enti, basata su morale della ovvietà, strategia del silenzio, intuizione di presenza altramente esistente della divinità una, ovvero da etica di responsabilità pervenendo a vero e proprio "salto della morale", stesso di cui inoltrava Kierkegaard, col senso di insegnare la impossibilità di continuare stessa morale senza altra ottenerne... E ciò coincideva con la fuoriuscita per Jonas stesso dal giudaismo, non senza aver fatto da diplomazia filosofica utile anche al cristianesimo, nel costruire interpretazione ontologica della biblica Creazione. Quali i riferimenti pratici della nuova condizione? Essi conducono alle meditazioni sulla Fine della Storia, alla saggezza filosofica giapponese e nipponica postbellica, delineando l'avvento di una Morale diversa, dimensione spirituale differente, da stessa Alterità.
È ciò che il genio di Leonardo da Vinci apoditticamente previde in motti filosofici, motti e moniti, notando i tempi allo scadere per le sentenze morali, che lui percepiva di lì a poco annullate da un senso ignoto di bellezza estetica e di estetica.
Il pensiero contemporaneo riprincipia da estetica, ultimamente primariamente applicata ad arte, segnando questi anni per vaste comunanze gli anni del vuoto estetico e della attesa estetica. La dispersione americana di Jonas, le sue meditazioni su Essere ed enti, dirigono verso i vuoti ed attese degli estetismi contemporanei; ma direzione e meta sono vaste, composite, eterogenee; restando alternativa statica del pensiero greco delle Origini, quale osservazione distaccata, non coinvolta... Ma ciò non significa negare il non restare del mondo senza più la propria "lunga" storia...!
MAURO PASTORE
Nel penultimo messaggio c'è un punto in più,
'il. Decostruzionismo' sta per: il Decostruzionismo .
Reinvierò penultimo messaggio corretto e quello dopo per agio di lettura.
MAURO PASTORE
(MAURO PASTORE :...)
Quanto Jonas mostrava del monoteismo, le metaforizzazioni dogmatizzazioni di quel che nell'Universo lascia esistere le cose, di esperienze dirette e indirette, il lasciar-essere ontologico ovvero l'ontico limitarsi dell'Essere, razionalmente realtà imperscrutabile ed irrazionalmente simboleggiabile quale divinità una, testimoniabile dal linguaggio della vita con non indicazione ma allusività verbale, in lingua italiana Dio, Iddio considerandone diversità particolarità delle intuizioni, non era estraneità al suo filosofare, che ne mostrava i rapporti col Divenire storico da filosofica perennità cioè ritorno di uguali dilemmi e risoluzioni per esigenze soprattutto future. La considerazione ontologica di Jonas era eccentrica rispetto a quelle della storia degli studi fuori dai luoghi della Grecia e dell'Ellade, perché praticava inclusione, mediata dal pensiero vitale, dal vitalismo filosofico, dalla ermeneutica biologica, in ciò strettamente pragmatica, tanto che il momentaneo veto imposto da Levinas e fatto valere provvisoriamente fuori Europa e per Stato di Israele non gli era appropriato neppure sensato ma neanche contraddittorio. A svelare il piccolo enigma provvide il Decostruzionismo, che di ulteriore Alterità ed Infinito dimostrava esistere non separato secondo logica non criminologica ma soprattutto: altra. Restando da capire in che senso vi fosse un contraddetto, nella considerazione ontologica di Hans Jonas, si doveva e si deve analizzarne rapporto favorevole con biologia. Se ne scopre lato esposto a rischio di eventualità negativa nel notarne unilateralità, corrispondente a: rischi di assolutismi pacifisti o rifiuti di scelte radicali di abbandoni di destini o di erranti; in contesti quali: le necessità belliche convenzionali a scopo di evitare i disastri di armi atomiche, o semplicemente delle guerre biologiche; epperò proprio completando così il quadro si palesa determinante illusoria apparenza di contraddittorietà, nella stessa nozione potenzialmente fallace di "arma biologica", con restante negatività di eventualità del torto di inerzia, spodestamento, sostituzione della vita contro la felicità vitale altrui. Resta allora duplice interpretabilità: 1) secondo saggezza della filosofia, per la quale vita contro vita è èsito vitale comune; 2) della insavia che impedisce alla saggezza della vita di trarre vantaggio dalle contrarietà tra vite. Arma biologica quale abuso di ciò è oggetto non abusivo per se stesso, o quale gioia di combattere senza uccidere, in tal caso senza sfruttare oggetto...
...
MAURO PASTORE
(MAURO PASTORE :...)
... Sembrando essere non ulteriorità di Infinito ed Alterità, eppure nei riferimenti scoprendosene, proprio nella esigenza della armonia nuova tra Dio e mondo, Essere ed enti, basata su morale della ovvietà, strategia del silenzio, intuizione di presenza altramente esistente della divinità una, ovvero da etica di responsabilità pervenendo a vero e proprio "salto della morale", stesso di cui inoltrava Kierkegaard, col senso di insegnare la impossibilità di continuare stessa morale senza altra ottenerne... E ciò coincideva con la fuoriuscita per Jonas stesso dal giudaismo, non senza aver fatto da diplomazia filosofica utile anche al cristianesimo, nel costruire interpretazione ontologica della biblica Creazione. Quali i riferimenti pratici della nuova condizione? Essi conducono alle meditazioni sulla Fine della Storia, alla saggezza filosofica giapponese e nipponica postbellica, delineando l'avvento di una Morale diversa, dimensione spirituale differente, da stessa Alterità.
È ciò che il genio di Leonardo da Vinci apoditticamente previde in motti filosofici, motti e moniti, notando i tempi allo scadere per le sentenze morali, che lui percepiva di lì a poco annullate da un senso ignoto di bellezza estetica e di estetica.
Il pensiero contemporaneo riprincipia da estetica, ultimamente primariamente applicata ad arte, segnando questi anni per vaste comunanze gli anni del vuoto estetico e della attesa estetica. La dispersione americana di Jonas, le sue meditazioni su Essere ed enti, dirigono verso i vuoti ed attese degli estetismi contemporanei; ma direzione e meta sono vaste, composite, eterogenee; restando alternativa statica del pensiero greco delle Origini, quale osservazione distaccata, non coinvolta... Ma ciò non significa negare il non restare del mondo senza più la propria "lunga" storia...!
MAURO PASTORE
Posta un commento