venerdì 20 dicembre 2013

Schiller, Friedrich, Il corpo e l'anima. Scritti giovanili

A cura di Giovanna Pinna. Roma, Armando, 2012, pp. 128, euro 9, ISBN 9788866770411.

Recensione di Isabella Ferron - 25/06/2013

Il presente libricino, il diminutivo si riferisce solamente al numero di pagine, rappresenta un ottimo contributo allo studio dello scrittore svevo Friedrich Schiller, offrendo in traduzione italiana testi giovanili finora inediti e che si rivelano di fondamentale importanza per la comprensione dello sviluppo del pensiero successivo. Il lavoro di Giovanna Pinna risulta essere lodevole non solo per l'accurata e dettagliata introduzione che ci avvicina alla complessità concettuale di queste opere, ma anche per la traduzione

 chiara, pulita, e seppur in un italiano corrente, assai fedele all'originale tedesco di due secoli precedenti.
In questi scritti emerge la formazione di Friedrich Schiller alla Karlsschule di Stoccarda, dove, per volere del duca del Württenberg, Karl Eugen, era stato costretto a studiare medicina. Accanto a medicina, sempre per volere del duca, venivano impartiti insegnamenti di filosofia, antropologia e psicologia. Allo Schiller studente viene offerta quindi una vasta panoramica sulle discussioni teoriche allora in voga e, proprio questa formazione medico-filosofica, matura in lui un interesse per l'uomo, inteso nella sua struttura psico-fisica. Grazie all'influsso del filosofo berlinese Jacob Friedrich Abel, il cui insegnamento comprendeva elementi sensisti (da Locke a Ferguson), elementi della filosofia leibniziana, la riflessione sulla destinazione dell'uomo (p. 19) e sul pensiero dei materialisti francesi, Schiller si avvicina alla letteratura che diviene strumento di analisi e terreno applicativo dell'osservazione psicologica.
Nelle opere qui tradotte da Pinna, Schiller presenta i suoi interessi scientifici e il suo metodo di lavoro. Il testo Filosofia della fisiologia (Philosophie der Physiologie, 1779), che conclude i suoi studi alla Karlsschule, presenta una forte connotazione filosofica. Si tratta del primo testo della sua dissertazione, rifiutato dalla commissione per lo stile troppo disinvolto nel trattare le dottrine mediche del tempo. Di questo testo la versione integrale, redatta prima in tedesco e poi in latino, è andata perduta. Si tratta qui del capitolo iniziale della dissertazione, in cui Schiller riflette sulle diverse dottrine fisiologiche che riguardano il rapporto tra mente e corpo, partendo dalla proposizione metafisica della somiglianza dell'uomo con Dio: “Detto più brevemente e in un modo che suona più elevato alle nostre orecchie: l'uomo esiste per emulare la grandezza del suo creatore e per abbracciare il mondo con lo stesso sguardo con cui questi lo abbraccia – la somiglianza con Dio è la destinazione dell'uomo” (p. 18). Influenzato dall'ottimismo della Populärphilosophie, Schiller è da un lato convinto dell'immaterialità dell'anima, dall'altro pensa che la destinazione (Bestimmung) dell'uomo, ossia il raggiungimento della perfezione del suo essere, possa essere conseguito solo mediante l'accordo tra le sue attitudini spirituali e le leggi dell'universo fisico (pp. 21-23). Questa sua posizione gli permette da un lato di avvicinarsi, seppur in maniera critica, ai materialisti francesi (Helvétius e La Mettrie) che acquisteranno progressivamente maggior peso nel suo pensiero. D'altro canto egli subisce l'influsso di Adam Ferguson nell'avvicinarsi all'idea eudemonica che unisce la felicità alla comprensione del tutto (p. 19). Dopo questa introduzione Schiller analizza anche l'interazione tra anima e corpo concentrandosi sul sistema nervoso (pp. 26-27) e sul principio di irritabilità che egli deriva dal fisiologo svizzero Albrecht von Haller. Per Schiller, il superamento sia della concezione materialista sia di quella spiritualista di chiaro influsso leibniziano consiste nell'esistenza di una forza intermedia (Mittelkraft), di una forza mediatrice tra il corpo e la psiche, senza la quale “all'anima non giunge alcuna rappresentazione” (p. 25). I nervi sarebbero luogo di residenza di tale forza: “Io stesso sono giunto attraverso mille dubbi al fermo convincimento che la forza mediatrice risiede in un'entità infinitamente sottile, semplice, mobile, che scorre nei nervi [...]” (p. 27). Questa forza mediatrice, come ben fa notare Pinna nell'introduzione, prefigura l'orizzonte problematico in cui si muove Schiller: “la complessa interazione fra ragione e passioni, conoscenza ed emozioni che sta alla base delle tragedie e degli scritti estetici dello Schiller maturo” (p. 10). 
Il saggio successivo, Saggio sul rapporto tra la natura animale e la natura spirituale dell'uomo (Versuch über den Zusammenhang der tierischen Natur des Menschen mit seiner geistigen, 1780) costituisce la dissertazione con cui Schiller ottenne la laurea in medicina. A livello tematico questo saggio è strettamente collegato al saggio precedente; Schiller si occupa qui della necessaria influenza reciproca tra corpo e spirito. Considera fondamentale all'elaborazione della conoscenza e alla determinazione della volontà il contributo della dimensione sensibile-corporea: “il presente saggio si prefigge di mettere più chiaramente in luce il notevole contributo del corpo alle attività della psiche, il grande e reale influsso del sistema dei sensi animale sul sistema spirituale. […] l'attività dell'anima umana è – in base a una necessità che non ho ancora individuato e in un modo che ancora non comprendo – legata all'attività della materia” (p. 47-48). Qui Schiller riflette anche sulla filosofia delle passioni all'interno di una specie di storia naturale dell'individuo e del genere umano. Non mancano, accanto alle riflessioni mediche, riferimenti a opere letterarie, dai latini (Cicerone, Seneca, Ovidio, Virgilio) a Shakespeare, sino allo Sturm und Drang (Wilhelm von Gestenberg). Soprattutto in questo saggio emergono i motivi concettuali e gli influssi provenienti da discipline diverse che sono alla base delle teorie di Schiller (Lavater, Haller, Stahl sono alcuni tra i nomi nomi da citare). 
Il terzo testo proposto è quello delle Lettere filosofiche (Philosophische Briefe, 1786). Alla base di questo testo, concepito come romanzo epistolare, vi è la crisi personale, che rappresenta però anche la crisi di un'epoca: il crollo delle credenze religiose tradizionali sotto l'influsso della critica illuminista. Il motivo dell'amore (pp. 110-117), presente anche negli altri scritti, prende qui l'aspetto di un'amicizia intellettuale tra due giovani, Julius e Raphael. Julius, il più giovane, espone nella sua Teosofia di Julius (Teosophie von Julius) una visione entusiastica e ottimistica del mondo, messa in crisi dagli argomenti del razionalismo materialista. Le lettere fanno da cornice a questo testo, la cui tesi di fondo è quella dell'amore come legame universale e come attrazione tra gli esseri (p. 116). Ad esso è inscindibilmente collegata l'idea di un'infinita perfettibilità dell'essere umano e della sua destinazione al di là dell'esistenza fisica. A ciò si collega l'idea dell'immortalità dell'anima: secondo Julius la natura dell'uomo sarebbe diretta emanazione dell'essenza divina, ma, in questo modo, vengono poste in dubbio le questioni sociali ed antropologiche dell'idea dell'armonia tra corpo e anima, tra parte sensibile e intellegibile (p. 117). Le questioni di Julius rimangono sospese, prive di una chiara ed univoca risposta da parte di Raphael, soprattutto “riguardo alla possibilità di pensare in maniera rigorosa la conciliazione tra razionalità e sentimento” (p. 14). L'ulteriore sviluppo e un'analisi metodologica di queste questioni riuscirà a Schiller soprattutto grazie allo studio della filosofia di Kant, in mondo particolare della Critica del Giudizio (Kritik der Urteilskraft, 1790).
La peculiarità di queste traduzioni consiste nella capacità di Pinna non solo, come si è già accennato all'inizio, di saper rendere in un italiano corrente e fluido, testi redatti in un tedesco di fine Settecento, ma anche e soprattutto nella capacità di riferimenti incrociati e collegamenti tra i tre testi, che danno una visione d'insieme dello sviluppo del pensiero del giovane Schiller. Pinna ha redatto non solo un'introduzione chiara e precisa, ma anche un apparato critico grazie alle note al testo che risulta essere di grande aiuto per lo studioso del grande pensatore tedesco, ma anche per chi vuole avvicinarsi al suo pensiero.


Indice

Introduzione (Giovanna Pinna)
Nota ai testi
Filosofia della fisiologia
Saggio sul rapporto tra la natura animale e la natura spirituale dell'uomo
Lettere filosofiche
Nota bio-bibliografica

2 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Il Duca aveva solamente posto Schiller al cospetto di gravi necessità cui Schiller stesso non poteva restare inoperoso, per comune senso di umanità; era stato invece costrittivo l'ambiente popolaresco il quale aveva subdolamente disposto i due a un rapporto triste per entrambi. Le incombenze al Duca avvilivano costui in una condizione militaresca niente affatto nobiliare e quelle al Poeta lo impegnavano in attività lasciando inoperosi altri che ne avrebbero tratto gioia e non solo quasi mortificazioni. Tuttavia prima Schiller poi il Duca volsero gli eventi contro stesso ambiente costrittivo, di cui notarono volontà di disumanità. Infatti Schiller mostrando indefinitezza di risoluzioni di problemi secondo fisiologia e psicologia (filosofiche, ma senza preclusioni alla scienza) e indicando la tipicità psicofisica irriducibile sia a psichicità che a fisicità, inquadrava elementarità antropica in un contesto evidenziato quale negativo ed in riferimento alla medietà, di fatto biologica, cui consistono cose tra le quali stesso atto medico (lo illustra anche etimologia del termine stesso), il quale è del malato anche se viene offerto e consentito da medico o medico specifico; e la negatività cui faceva fronte studio di Schiller per risolverne era dunque una altrui volontarietà di morte che non è la indesiderabilità relativa della condizione non desiderativa del malato o della possibilità non desiderativa di chi non esente da potersi ammalare. Questa indesiderabilità ovviamente non consente persuasioni risolutive, tantomeno psicologiche, sempre e del tutto impossibili nonostante eventuale opposta velleitarietà; invece quella volontarietà di morte essendo fatta di volontà di difficoltà ed ovviamente non potendo essere l'inesistente, ché appunto non esiste desiderio stesso di malattie, essendo la malattia tale per assenza di desiderio, di lottare, patire, ma anche direttamente vincere, dunque essa, quella volontarietà di morte, cercava, cerca, difficoltà negative tra le quali alcune potendo presentare per parte di umanità rischi di malattie. Non era essa di Schiller perché non potrebbe mai essere essa intellettualmente attiva od attivabile né essere di ignari e Schiller provvedeva ad implicita connotazione criminologica di essa perché, definendo la umana elementarità senza evitare di relazionare i ragionamenti non rapportarli alle richieste suscitate da ambiente umano in quella stessa volontà precipitatosi, resta chiarificabile la situazione che determina possibilità arbitraria di porre medesima elementarità in pericoli per essa attivi tra i quali, nel caso di vita civile remota da vita naturale, alcuni potendo esser tramiti negativi per il rischio della malattia. Il Duca era contento di aiutare Schiller a prender consapevolezza di non aver natura lontana da sé e odiò al pari di Schiller la insavia delle moltitudini che avevano motivato, doppiamente con loro scelleratezza, uno studio cui sarebbe bastata una sola motivazione e da altri assolvibile.
...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE :

... Per chi in condizioni anche di natura (anche io autore di questo messaggio e del precedente vivo in tali condizioni anche di natura) cioè senza rischio di potersi ammalare neanche cadendo in stato di malattia, ovviamente in tal caso questo doppiamente odioso e spiacevole ma non tanto temibile e mai troppo tristo (tristo!), la condizione attuale di vasti luoghi occidentali non differisce da quella della Germania del duca del Württenberg.

La condizione generale non totale della umanità di solito non è quella del potersi ammalare ed il rischiare di ammalarsi è condizione normalmente mai molto diffusa inoltre il non poter rischiare di ammalarsi è altra condizione particolare e stabile di umanità, in tutto ciò comunque sempre differendo umanità da animalità non razionale perché questa non patisce mai malattie direttamente e dunque non è provvista di forze dirette per evitare l'impossibile per essa. Codeste condizioni diverse di umanità da umanità non sono solamente determinate da scelte ma da necessità, infatti parte della umanità istintivamente non potrebbe mai accettare una civiltà preponderante ed isolata da ragioni naturali e di fatto non può mai accettarne e non lo potrà mai. Questa umanità o per consistere deliberato ed ovviamente definitivo o per semplice consistere ovviamente perenne (alla quale io appartengo) è provvista di spontanei rifiuti e difese per essa ovvie dalla realtà della malattia, però di questi rifiuti e difese è anche il sintomo grave o lo stato di malattia senza coinvolgimento per chi ne passa ed ovviamente tale umanità è la meno indicata per gravi impegni umanitari medici perché per tale umanità la medicina serve soltanto per maggior agio cioè si rivela non necessaria. Essendo anche Schiller parte di tale umanità per consistervi diberato, egli non aveva fornito coi suoi studi passi decisivi del progresso medico bensì ne aveva altrui consentito, infatti, nonostante tutta la violenza non solo contro di lui, alla fine furono altri ad interessarsi positivamente e risolutivamente della questione, che è ancora attuale, assai visibile in masse sedicenti cattoliche e gravemente persecutorie ai danni di presente e futuro della intera umanità perché tali masse (fatte anche di varietà individuali estreme tra cui ruoli lavorativi od anche professionali, di rappresentanza, di azione e purtroppo anche in Stati, ovviamente ruoli non sempre autenticamente assolti) pretendono socialità o peggio convivenze naturalmente impossibili e aberranti od obbrobriose e la loro pretesa è sommamente spiacevole cioè diventa anche tormentosa ed obbedisce a ordini sacerdoteschi non sacerdotali che non sono eticamente monoteisti ma immoralmente non monoteisti, purtroppo esistendo anche moltitudini in stesso crimine ma che non ne manifestano quindi doppiamente pericolose.
In verità c'è relazione tra la tristezza di Schiller e quella di tanti altri come lui in Italia, Europa, Occidente, per Villaggio Globale, perché umani persecutori, contraddittori ed assurdi fino a disamore per vita o fino a suicidio e, poiché intrusi in luoghi ed occasioni altrui, intenzionati a violenti coinvolgimenti più assurdi ancora, fanno, in quanto invadenti e coinvolgenti, anche i persecutori delle umane gioie e delle naturali ovvietà e restano gli stessi loro movimenti di massa, anche diradati non solo tramite folle od affollamenti ma anche tramite gruppi limitati o singoli disparati, purtroppo ancora attivi, non solo a tentare di chiedere troppo ma anche a tentare di impedire eventi vitali della vita altrui.

MAURO PASTORE