Napoli, Orthotes, 2012, pp. 262, Euro 17, ISBN 978-88-97806-20-2
Dopo aver rivolto le proprie ricerche al tema dell'impolitico negli scritti di Thomas Mann (L'impolitico. Thomas Mann tra arte e guerra, Il Mulino, Bologna 2011), Elena Alessiato riprende qui la stessa strada, per quanto ora l'autore di riferimento sia divenuto Karl Jaspers. Il tema dell'impolitico (da non intendersi come mera mancanza di riflessione politica) si snoda in tutto il corso di Karl Jaspers e la politica nel tentativo di rendere feconda quella critica che, come pure l'Autrice analizza in dettaglio,
forse più di ogni altra sembra toccare il cuore della riflessione jaspersiana sulla società e sulla sua costituzione statale: di rimanere cioè all'interno di speculazione puramente teoretica, avulsa dalla realtà e necessità dell'effettivo agire politico nel quotidiano.
forse più di ogni altra sembra toccare il cuore della riflessione jaspersiana sulla società e sulla sua costituzione statale: di rimanere cioè all'interno di speculazione puramente teoretica, avulsa dalla realtà e necessità dell'effettivo agire politico nel quotidiano.
Proprio per risalire alla radice di questa critica, certo anche in parte giustificata, l'Autrice analizza con dovizia di particolari soprattutto i primi scritti del filosofo di Heidelberg, laddove sembra possibile ritrovare gli inizi di una riflessione sul ruolo dello Stato nella vita del singolo e sui suoi rapporti con la filosofia. Proprio questi scritti sono stati lungamente tralasciati dalla letteratura secondaria dedicata a Jaspers: il periodo precedente alla Seconda Guerra Mondiale appare dunque “inesplorato dal punto di vista politico”, poiché “gran parte dell'interpretazione tradizionale contrappone al primo Jaspers, medico e filosofo, il secondo Jaspers, pensatore politico” (p. 2). Anziché ritrovare nello scoppio della guerra, come spesso è accaduto, l'unico motore della riflessione politica, l'Autrice indaga nel pensiero filosofico stesso di Jaspers il legame con l'individuo e con la realtà del suo orientamento nel mondo, mostrando come proprio da questo legame sorgerebbe la necessità di una riflessione sull'attualità. Perciò, contrariamente alla visione tradizionale che fa di Jaspers un “pensatore d'occasione” richiamato alla considerazione politica dagli eventi storici, in questo testo – seppure anche con una disamina acuta e precisa del contesto storico e delle vicende biografiche – l'interesse politico viene inquadrato all'interno del pensiero jaspersiano come tale, a partire dalla Allgemeine Psychopathologie. Qui infatti la prassi filosofica si propone già come “ricerca sperimentata”, che coinvolge “tutti gli aspetti del vivere, anche quelli più personali” (p. 18).
Ciononostante Jaspers si autodefinisce fino al 1914 “apolitico” (p. 20), ma è già nelle riflessioni politiche sorte attorno alla Prima Guerra Mondiale che si possono ritrovare stimoli non immediatamente provenienti dalla situazione dell'epoca: l'Autrice ricostruisce con profondità il debito importante che Jaspers ha nei confronti di Max Weber, da lui spesso indicato come uno dei pensatori che hanno giocato un ruolo chiave nello sviluppo del suo cammino di pensiero. Ciò emerge soprattutto nelle Politische Stimmungen, scritto nel 1917 ma inedito fino al 1999, dove il filosofo riflette proprio sulla centralità del singolo individuo, del cui esserci lo Stato è condizione. In questo scritto “il fine della politica è […] individuato nel mantenimento e nel consolidamento della 'mera esistenza vitale' dei singoli individui, dei gruppi, dei popoli e degli Stati” (p. 38). Come male necessario, il mondo politico è un “campo di lotte” (p. 40) per l'organizzazione e ripartizione del potere. Il realismo politico di Jaspers consiste allora nel riconoscere come condizione del pensiero stesso la politica, che “non è idealità né valore: è piuttosto praxis e procedura, routine e apparato, non è pathos ma concretezza e abnegazione” (p. 43). È poi mettendo a confronto Jaspers con Thomas Mann che l'Autrice individua in quella definizione di se stesso come “apolitico” nell'Autobiografia filosofica non tanto il tipo dell'apolitico che è criticato nelle Politische Stimmungen, quanto appunto l'impolitico di Mann, l'esteriorità alla politica di chi, seppure da un punto di vista puramente intellettuale, di politica comunque si occupa.
Sono però soprattutto due testi composti negli anni '30 ad approfondire il tema del realismo politico dell'impolitico Jaspers, La situazione spirituale del tempo e Zur Frage der Hochschulerneuerung. Il primo scritto mostra infatti come le categorie di pensiero derivate da Filosofia “possano essere applicate, più o meno fruttuosamente, all'analisi del presente” (p. 83) in una sorta di “diagnosi del proprio tempo alla luce dello spirito” (ibid.). Sebbene questa diagnosi possa dare a volte l'impressione, soprattutto nei giudizi sulla “massa” e sul dominio della scienza, che “le valutazioni e i paradigmi assunti derivino dalla nostalgia dell'autore per un passato mitico e idealizzato” (pp. 90-91; cfr. anche 117 ss.), si staglia in queste pagine il “liberalismo realista” di Jaspers, consistente per l'appunto nel mettere in evidenza l'essere umano come fine ultimo dell'attività politica in quanto questo pone a quella “limiti prioritari e irremovibili” (p. 99). Questo realismo si rispecchia anche nella ricusa di ogni pacifismo assoluto, in quanto lo Stato non può essere privato delle sue capacità di resistenza (cfr. p. 101); la pace dovrà piuttosto essere costruita “attraverso strumenti politico-istituzionali e legislativi” (p. 103). Il riconoscimento del carattere necessariamente conflittuale connaturato all'attività politica, la quale da parte sua deve difendere la libertà del singolo, sfocia in un realismo “moderato e disincantato, né ottimista né pessimista, supportato però dalla fiducia, di carattere etico, in un miglioramento” (p. 111). Questo realismo risulta problematico, come mette in luce l'Autrice in una disamina approfondita di alcune prese di posizione critiche nei confronti di Jaspers, in quanto al suo interno non si delinea la possibilità di abbozzare “riforme e programmi di miglioramento” né alcun “intento propositivo” (p. 114) ma si rischia, come ha sottolineato Karl Löwith, di cadere in una “prospettiva spiritual-profetica“ (p. 115) in ultima analisi inerte. Il richiamo alla decisione e all'Existenz (contro al mero Dasein) è sì “un moto di continuo trascendimento aperto al futuro”, ma si fa fatica a non dar ragione a Jürgen Habermas quando egli accomuna Jaspers a Heidegger (un confronto per altro sviluppato in profondità nel lavoro della Alessiato) nella sua critica allo Jargon der Eigentlichkeit. Chiosa infatti giustamente l'Autrice dicendo che “nelle mani di Jaspers il realismo è rimasto un paradigma preciso ma astratto, dotato di chiarezza esplicativa ma privato di funzionalità concreta. Esso è stato ridotto a costituire lo sfondo trascurato di una vicenda che ha per unico protagonista il singolo” (p. 126).
La stessa “disattenzione per la realtà” (p. 127) – o meglio, bisognerebbe dire, per la portata pratica del realismo – si ritrova nel secondo testo composto negli anni '30, in cui Jaspers delinea la sua idea di università prima dell'avvento della Seconda Guerra Mondiale. Nelle Thesen infatti Jaspers mette in evidenza il ruolo puramente ideale dell'attività accademica, improntata ai principi di un'etica della personalità (p. 136) e consacrata “alla ricerca disinteressata della verità” (p. 134) svolta da un'élite sì meritocratica, ma in ultima analisi aristocratica (p. 135). Ecco allora ancora una volta il realismo liberale e impolitico di Jaspers: lo Stato si limita a procurare le condizioni materiali per la ricerca disinteressata della verità attraverso la libera decisione del singolo, ma questa ricerca porterà in ultima analisi alla capacità di discernere ciò che è bene dal punto di vista politico.
Proseguendo poi l'approfondimento dei rapporti con Heidegger si mettono in luce le conseguenze della scarsa presa propria della concezione jaspersiana sia nella valutazione positiva del discorso tenuto da Heidegger in occasione dell'accettazione del Rettorato all'Università di Friburgo nel 1933, sia in generale nelle difficoltà incontrate nel riconoscere il pericolo rappresentato dal movimento nazista.
Dopo aver ricostruito attentamente le dinamiche storico-sociali sottese al ruolo giocato da Jaspers nella ricostruzione dell'università (specialmente ad Heidelberg) dopo la guerra, il libro dedica – com'è naturale – grande attenzione allo scritto che più di tutti ha contribuito a fare di Jaspers un pensatore eminente in ambito politico, La questione della colpa. Scritto d'occasione, forse addirittura di carattere personale (cfr. p. 155), è proprio nel contatto con le problematiche concrete della quotidianità postbellica e del ruolo dell'intellettuale che Jaspers può liberarsi da ogni accusa di scarsa portata pratica. Le questioni della colpa collettiva, della cosiddetta “colpa metafisica” e della colpa nazionale erano questioni pressanti, che interessavano profondamente l'opinione pubblica, dando adito non di rado a prese di posizione anche scostanti e profondamente critiche. Ancora una volta si sottolinea qui però la continuità della riflessione jaspersiana nell'accentuazione dell'importanza del singolo, l'unico che possa farsi carico della colpa criminale (p. 175-176). Con lucidità l'Autrice mette però anche in mostra le ambiguità del discorso legato alla Kollektivschuld, anche nell'illuminante descrizione dei rapporti con Hannah Arendt. È nel riconoscimento e nell'accettazione della responsabilità della colpa che si rimuove ogni possibilità di definirsi “apolitici”: “negli Stati moderni non c'è nessuno che possa ritrovarsi al di fuori della politica” (p. 210). L'intellettuale impolitico è allora colui che, pur senza entrare in politica, “accompagna con un pensiero critico l'agire politico” (p. 211). Come risultato di questa presa di posizione, “la successiva produzione di Jaspers si muoverà sempre più verso posizioni di critica puntuale alle istituzioni e alle singole scelte politiche” (ibid.). Rispetto all'individualismo degli scritti anteriori, la Schuldfrage inaugura “una stagione del pensiero jaspersiano caratterizzata da una accentuata importanza della libertà politica” (p. 217), poiché c'è libertà per il singolo solo quando tutti sono liberi (p. 218). Questa concezione liberale trova il suo dispiegamento più profondo nella concezione secondo cui la comunicazione riveste una centralità fondamentale in ogni aspetto dell'agire umano, anche nella ricerca della verità. Ecco allora che l'impolitico diviene sovra-politico, poiché è l'etica (un'etica della verità ottenuta in comunicazione) che dovrà fungere da guida per la politica, fornendole al contempo i contenuti di valore (p. 227). Così Jaspers giunge a “completare” (p. 234) Max Weber con Immanuel Kant: il realismo del primo con l'idealità etica del secondo. E in questo consiste certamente la novità del paradigma jaspersiano.
Il libro di Elena Alessiato ricostruisce dunque con precisione storica la posizione jaspersiana, mettendone in evidenza con lucidità e onestà punti di forza e debolezze. Grazie a ciò, il libro si inserisce con abilità nel panorama della letteratura secondaria sul tema della politica in Jaspers: esso trova uno spazio proprio in particolare grazie all'indagine delle posizioni precedenti alla Seconda Guerra Mondiale, scarsamente considerate specialmente in Italia, e si distingue per uno stile chiaro e lineare – al di là di una concentrazione a volte troppo massiccia di testo nelle note a piè di pagina, cosa che non giova alla scorrevolezza della lettura – che fa il paio con una comprensione profonda dei testi di Karl Jaspers.
Indice
Introduzione
Capitolo primo: 1917. L'interesse politico di un impolitico
1.1. Gli anni giovanili; 1.2. Filosofia, medicina e politica
2. Uno sguardo a Max Weber
3.1. Politische Stimmungen; 3.2. Il metodo; 3.3. La sfera politica; 3.4. I tipi del Politico; 3.5. Jaspers e il suo tempo
4. Lo sfondo culturale: Considerazioni di un impolitico
Capitolo secondo: 1931 e 1933. Karl Jaspers e la critica della modernità
1. La scelta della filosofia
2. Filosofia
3.1. La situazione spirituale del tempo; 3.2. La società di massa; 3.3. La crisi della politica
4. Jaspers tra Kultur e Zivilisation
5. Jaspers e Heidegger, outsiders di un'università in crisi
Capitolo terzo: 1946. La colpa della Germania
1. “Finis Germaniae“ e ricostruzione
2.1. La Schuldfrage; 2.2. Uno scritto d'occasione; 2.3. I quattro tipi di colpa; 2.4. La questione tedesca; 2.5. La colpa collettiva
3. Un confronto con Hannah Arendt
4. La colpa come anti-patologia individuale e comunitaria
5. Jaspers etico della politica
6. La politica della comunicazione
7. Ethos e ragione: il valore sovra-politico della politica
Ringraziamenti
Bibliografia essenziale:
1. Opere di Karl Jaspers consultate
2. Opere di letteratura secondaria su Karl Jaspers consultate
3. Opere di riferimento consultate
Indice dei nomi
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