Milano-Udine, Mimesis, 2013, pp. 188, euro 16, ISBN 978-88-5751-644-8
È un Darwin a tutto tondo quello che incontriamo nel testo di Pievani. Il discorso ha un suo perno ben preciso, manco a dirsi L’origine delle specie (per amor di precisione la sesta edizione, quella del 1872), ma chi pensa che si tratti dell’ennesima lettura critica di questa opera, già dalle prime pagine si accorge che l’autore lo obbliga ad allargare l’orizzonte. Tutta la produzione darwiniana è presente e il racconto si sposta continuamente attraverso essa, secondo l’economia di un percorso che l’autore ha chiaro in mente
e che è reso chiaro anche al lettore. Non si rischia, infatti, nonostante la complessità e la profondità degli argomenti, di perdere mai la bussola. È un lungo viaggio (e in buona compagnia) per il lettore, che viene guidato a ripercorrere l’itinerario concettuale ed esistenziale del grande naturalista inglese. Il percorso non è pedissequo e lineare, ma con padronanza e chiarezza Pievani tiene fede alla promessa del titolo. Anatomizza, nel senso etimologico di ανατέμνω, la teoria darwiniana, distinguendone i vari aspetti. Ottimo espediente, possiamo dire, dato che alcuni di questi ultimi altrimenti non sarebbero così evidenti, salvo poi il ricomporli organicamente per valorizzare la solidità dell'impianto complessivo del “Darwin-pensiero”.
e che è reso chiaro anche al lettore. Non si rischia, infatti, nonostante la complessità e la profondità degli argomenti, di perdere mai la bussola. È un lungo viaggio (e in buona compagnia) per il lettore, che viene guidato a ripercorrere l’itinerario concettuale ed esistenziale del grande naturalista inglese. Il percorso non è pedissequo e lineare, ma con padronanza e chiarezza Pievani tiene fede alla promessa del titolo. Anatomizza, nel senso etimologico di ανατέμνω, la teoria darwiniana, distinguendone i vari aspetti. Ottimo espediente, possiamo dire, dato che alcuni di questi ultimi altrimenti non sarebbero così evidenti, salvo poi il ricomporli organicamente per valorizzare la solidità dell'impianto complessivo del “Darwin-pensiero”.
Si esce dalla lettura del libro, infatti, con una visione olistica non solo dell'opera di Darwin, ma anche del mondo vivente e della sua storia (non poteva essere altrimenti, del resto...).
Molte sono le citazioni degli scritti darwiniani, molti anche i riferimenti crociati che disegnano una fitta rete di correlazioni e reciproche “illuminazioni” tra passi anche distanti e apparentemente non legati. Operazione, questa, che può essere frutto solo di una conoscenza estesa e profonda della materia. All'uso di tali riferimenti contestuali Pievani ricorre regolarmente, senza tuttavia mai scivolare nell'esibizione pretestuosa. Anche i riferimenti contestuali hanno il loro ruolo e disegnano lo scenario tanto storico-scientifico e culturale, quanto esistenziale e persino emotivo dello scienziato.
Della sua opera Pievani coglie mirabilmente anche gli aspetti linguistici e stilistici, mostrando come non siano relegabili in un vuoto formalismo scisso dai contenuti. Le finezze linguistiche e terminologiche di Darwin, con tutto il loro carico di senso e significato, sono una chiave irrinunciabile per entrare nella grandiosa architettura concettuale dello scienziato passando da una porta non secondaria.
Possiamo provare a questo proposito un compiacimento estetico tout-court, senza temere che sia inappropriato o fuori luogo, solo perché non siamo nel campo della poesia o delle arti.
È sicuramente interessante il modo in cui Pievani inscrive nella prospettiva della storia della scienza l'opera di Darwin, individuando ciò che l'ha preceduta, l'ha accompagnata e l'ha seguita. Questo soprattutto perché seppure l'Origine delle specie non sia stata un “fulmine a ciel sereno” né una “cattedrale nel deserto” (tanto per abusare di luoghi comuni), costituisce una rivoluzione in senso pieno, kuhniano, potremmo dire. Molti e importanti i piani investiti: ontologico, metodologico, epistemologico, biologico e filosofico.
La storia dell'evoluzionismo, delle scienze biologiche, della scienza in genere e della cultura tutta, nonché della stessa mentalità comune, devono tener conto di questo gigante che si pone a spartiacque, istituendo nella storia (del sapere, ma non solo) un “prima” e un “dopo”.
Darwin stesso, osserva Pievani, si avventura in previsioni e anticipazioni, è consapevole di aver impresso un svolta epocale al pensiero (cfr. p. 187), così come si rende conto che il carattere controintuitivo della propria teoria (allora ancor più di oggi) è il prezzo da pagare per fare chiarezza nella storia della vita. Ha alle spalle millenni di naturalismo aristotelico tenacemente persistente, nonostante i due secoli e passa trascorsi dalla rivoluzione scientifica. Sa che il proprio anti-antropomorfismo, con cui interpreta i meccanismi causali della deriva evolutiva dei viventi, è poco gradito (cfr. p. 164). Si appella più o meno esplicitamente al “nuovo corso” che la conoscenza ha imboccato dopo la rivoluzione scientifica: invoca il supporto delle dimostrazioni empiriche (che si procura lui stesso e che auspica per il futuro, a ulteriore dimostrazione di quanto sostiene con convinzione, ma senza precludere a priori possibili smentite), sa trattenersi, con grande senso di umiltà e con onestà intellettuale, da pretese esaustive.
Ricorre a questo proposito al limpido confronto con un caso parallelo, un altro pilastro della conoscenza scientifica, la forza di gravità. Anche di questa, come dell'evoluzione, si sa “come funziona”, ma non per questo si sa dire “che cos'è” in senso profondo, ontologico, in un certo qual modo.
Indubbiamente l'evoluzione dei viventi può essere collocata tra “i massimi sistemi”, anche se al momento ci si deve astenere dal dire cosa sia la vita o quale sia la sua origine.
Dal libro di Pievani, tentando di tirarne un po' le fila, emergono con forza i caratteri rilevanti (non pochi…) dell'opera di Darwin.
* Combina la dimensione spaziale (quella concreta della biogeografia e quella concettuale della tassonomia) e la dimensione temporale (la deriva storica delle modificazioni, delle divergenze e delle speciazioni) in un unico quadro esplicativo (cfr. p. 114).
* È antiessenzialista e in rottura con lo strutturalismo continentale;
* Il suo modello euristico ed esplicativo può essere definito pluralista su base probabilistica, cosa che colloca Darwin su un fronte molto avanzato dal punto di vista metodologico ed epistemologico, cosa tutt'oggi molto apprezzabile (cfr. p. 139).
* Focalizza in modo formidabile la differenza tra analogia e omologia, con tutte le implicazioni interpretative dei processi evolutivi e le indicazioni tassonomiche che ne derivano. Differenza che è legata al “Principio di Darwin”, così come è enunciato da Elliot Sober (cfr. p. 142). Questo gli permette di separare origine e utilità attuale (di un organo, di un apparato, di una caratteristica somatica o funzionale), gettando le basi di quella che sarà definita la cooptazione funzionale (o, come la definiranno Jay Gould ed Elisabeth Vrba nel 1982, exaptation) e aprendo con la giusta chiave la questione dei tratti vestigiali o plesiomorfi e soprattutto sgombrando il campo tanto dalla casualità bruta e anomica quanto dalle telologie e dalle intenzionalità antropomorfe di ogni sorta. A questo proposito non è superfluo notare che Chaitin, il quale mette “Darwin alla prova” (matematicamente) dopo un secolo e mezzo, si pone (mutatis mutandis, ovvio) su questa stessa linea. La funzione “difensiva” (di cui Darwin sempre si preoccupa molto) di tale argomentazione, finemente articolata, si rivelerà davvero potente.
* È un “falsificazionista” ante litteram. Senza fare attualismo fuori luogo, Pievani ci mostra la riferibilità addirittura al falsificazionismo popperiano.
* È un antiriduttivista (cfr. p. 59), il che, in un clima positivista, non è cosa trascurabile, invocando tuttavia il principio di parsimonia, parallelamente nella Natura e nella conoscenza di essa, in una sorta di continuo richiamo alla necessità di usare il “rasoio di Hockam”, sebbene non lo citi esplicitamente.
* Preferisce, nonostante alcune concessioni che sembrano talvolta prefigurare persino gli equilibri punteggiati (sappiamo che dicendolo rischiamo di nuovo di cadere nel “peccato” dell'attualismo, ma vale la pena rischiare...), una linea interpretativa gradualista, schierandosi con coraggio, ma anche con sagacia metodologica, nella complessa diatriba con i catastrofisti.
* Delinea in modo organico la co-occorrenza di cause interne ed esterne nella dinamica dell'evoluzione, ma la posizione di Darwin emerge come complessivamente esternalista. È questo un altro punto in cui si è esposti a tentazioni attualiste, specie alla luce degli attuali sviluppi dell'epigenetica in questi ultimi anni.
* nNon rinuncia, con fiducia e coerenza, alle implicazioni abduttive della propria teoria. La sua avventura nell'ipotesi è coronata da almeno tre sorprendenti successi, alcuni “a stretto giro”, come la scoperta dell'Archaeopteryx lithographica nella cava di Solnhofen, altri postumi, come la scoperta di una falena in Madagascar. Scoperte che hanno il sapore di un “brivido”, come accade in ogni scommessa che si rispetti (cfr. p. 163).
* Dà all'esposizione delle proprie teorie un carattere dialogico e interlocutorio. Sa che susciteranno più di un vespaio (ha strenui difensori, Huxley per primo, ma sono ben più numerosi i detrattori, e non tutti pacati e sereni...) e quindi ritiene opportuno cautelarsi in anticipo, tra l'altro a tutto giovamento di completezza e incisività argomentativa.
Pievani rimane sobriamente fuori da ogni circonvoluzione accademica, pur usando nel modo più efficace citazioni in lingua e riferimenti di ogni tipo. Complessivamente è forse un po' ridondante nel suo argomentare, un modesto prezzo però per la chiarezza e la forza esplicativa che complessivamente segnano questo suo lavoro, anche considerando che la prosa è comunque piacevole e mai pesante.
Ricca la bibliografia.
L'autore chiude (e lo leggiamo anche in quarta di copertina) dicendo che ha ricercato, della rivoluzione darwiniana, genesi, metodo e struttura. E noi possiamo confermargli che c'è riuscito. Scusate se è poco!...
Indice
1. Idee pericolose e altri antefatti
2. Variazioni e selezione: il nocciolo della teoria darwiniana
3. La cintura difensiva
4. Il complesso delle prove empiriche
5. Dall'Origine delle specie a oggi: il pluralismo darwiniano
4 commenti:
In recensione contenuto di lavoro recensito trovasi presentato in modi particolari e assieme a conclusioni particolaristiche.
Recensore di non generalità di làsciti di lettura ne annotava come di generali: infatti di temporalità - vita cui opere di Ch. Darwin e di stesse sue opere non c'è alcunché di olista e v'è ne può ma solo soggettivamente e non-oggettivamente di olistico.
Inoltre recensore componeva elenco, di meriti di scienza di Ch. Darwin, ma in una elencativa da panegirico e senza che affermazioni logiche fossero tutte analogiche pure, qual è invece (appunto) necessità con espressioni da panegirico; e stessa elencativa recando pure maniere adatte a Darwin-pensiero ma per idolo-Darwin; ciò senza impedire umorismo di lettore non idoleggiante o non idolatra ma senza esentare idee di scienza da certo -per così dire- idolismo, non filosofico o ad èsito antifilosofico... Difatti:
Combinazione di unico quadro intellettuale fu necessità di pensiero suggerita da equipaggio della nave "Beagle" e da Darwin assai a malincuore assolta e suo dispiacere stimato prudente da equipaggio stesso, da cui si notò nondimeno che prudenza era anche con rischiosa restante ingenuità: dopo che stesso Charles D. , messo alla prova, aveva reagito ingenuamente, e dopo agguato mortale da fauna marina tesogli ma interrotto da fauna stessa per rispetto a sua prudenza (da parte di stessa fauna), equipaggio che ne aveva notato dovette quindi ordinargli riduzione di spazi consentiti a bordo. Durante e dopo il viaggio, medesimo Charles D. non fu lasciato del tutto solo da fauna restante (marina, e non solo, dai pressi di nave, variamente con messaggi su scafo anche) od altra susseguente, non ignara di accaduto precedente e prime ricerche di scienza gli furono necessarie entro tempi e modi scelti da animali; stesso Ch. D. inquietatone grandemente ma sereno, perché aveva già messo in conto di fare ugualmente però non già da prima (!), tanto che ne restava comunque perplesso. Equipaggio dichiarò che Darwin non fu impedito da fauna in suoi studi — non ancora incipienti poi incipienti — ma soltanto per simpatia di fauna ad equipaggio; questo poi ricevuti da fauna messaggi duplici non ambigui: minacciosi ma benevoli; e Darwin stesso raggiunto da avvisi animali di scarsa stima ma rispetto; difatti molti animali ne individuavano grandissime capacità di conoscenze ma non pari di sapere; stesso equipaggio proprio così ed in proprio rimasto convinto. Al ritorno, Darwin fu indagato da Autorità politiche e giudiziarie a causa di racconto di equipaggio e di suoi atteggiamenti di tipo pretestuoso e come compassionevoli nei confronti di animalità; non fu processato ma dopo che diffidato ufficialmente a continuarne; se ne ritenne oltre che in sopravvalutazioni di suo ruolo di scienziato anche in ingratitudine verso disponibilità animale a lui; tantoché si capì che parte degli animali studiati avendo simpatia per sorti umane avevano impresso in emotività dei ricordi di stesso scienziato segnali di pericoli per gli altri umani che gli Domanda spero troppo: ugualmente al cane che abbaia contro un importuno per farlo riconoscere in sua assenza tramite cioè ingenua emotività di importuno stesso. A causa dei fatti, potere regnante britannico volle offrire garanzie a studi di Darwin per averne riscontrato possibile vantaggio anche a fauna ma proprio per tale ragione diffida mossagli da parte di Stato non ritiratagli; dopo sua morte se ne constatò non necessità passata di rinnovargliela sempre ma se ne ribadì assoluta necessità di dargliela; tanto rigore anche perché ingenuità di stesso Charles Darwin perdurava e con troppa curiosità sia di umani e stranieri sia di animali impertinenti o forse pericolosi. A valutare tutto, si pensò bene di studi di Darwin ma non furono espressioni letterarie sue accolte senza prima recare rapporto di polizia su osticità di esse a serenità politiche e non solo politiche e non solo britanniche e non solo a motivo di lingue impiegate da stesso Ch. Darwin.
(...)
MAURO PASTORE
In messaggio precedente
'che gli Domanda spero troppo'
sta per:
che gli domandassero troppo .
Reinvierò con correzione inclusa.
( Purtroppo continue brighe datemi ed automatismi non del tutto prevedibili di sistemi dipendenti anche da Web ed elettromagnetismi anomali da porto non lontano (stabilito di allontanarne di più da queste coste e mare, non ne hanno ancora) mi hanno impedito di evitare contrattempo.)
MAURO PASTORE
In recensione contenuto di lavoro recensito trovasi presentato in modi particolari e assieme a conclusioni particolaristiche.
Recensore di non generalità di làsciti di lettura ne annotava come di generali: infatti di temporalità - vita cui opere di Ch. Darwin e di stesse sue opere non c'è alcunché di olista e v'è ne può ma solo soggettivamente e non-oggettivamente di olistico.
Inoltre recensore componeva elenco, di meriti di scienza di Ch. Darwin, ma in una elencativa da panegirico e senza che affermazioni logiche fossero tutte analogiche pure, qual è invece (appunto) necessità con espressioni da panegirico; e stessa elencativa recando pure maniere adatte a Darwin-pensiero ma per idolo-Darwin; ciò senza impedire umorismo di lettore non idoleggiante o non idolatra ma senza esentare idee di scienza da certo -per così dire- idolismo, non filosofico o ad èsito antifilosofico... Difatti:
Combinazione di unico quadro intellettuale fu necessità di pensiero suggerita da equipaggio della nave "Beagle" e da Darwin assai a malincuore assolta e suo dispiacere stimato prudente da equipaggio stesso, da cui si notò nondimeno che prudenza era anche con rischiosa restante ingenuità: dopo che stesso Charles D. , messo alla prova, aveva reagito ingenuamente, e dopo agguato mortale da fauna marina tesogli ma interrotto da fauna stessa per rispetto a sua prudenza (da parte di stessa fauna), equipaggio che ne aveva notato dovette quindi ordinargli riduzione di spazi consentiti a bordo. Durante e dopo il viaggio, medesimo Charles D. non fu lasciato del tutto solo da fauna restante (marina, e non solo, dai pressi di nave, variamente con messaggi su scafo anche) od altra susseguente, non ignara di accaduto precedente e prime ricerche di scienza gli furono necessarie entro tempi e modi scelti da animali; stesso Ch. D. inquietatone grandemente ma sereno, perché aveva già messo in conto di fare ugualmente però non già da prima (!), tanto che ne restava comunque perplesso. Equipaggio dichiarò che Darwin non fu impedito da fauna in suoi studi — non ancora incipienti poi incipienti — ma soltanto per simpatia di fauna ad equipaggio; questo poi ricevuti da fauna messaggi duplici non ambigui: minacciosi ma benevoli; e Darwin stesso raggiunto da avvisi animali di scarsa stima ma rispetto; difatti molti animali ne individuavano grandissime capacità di conoscenze ma non pari di sapere; stesso equipaggio proprio così ed in proprio rimasto convinto. Al ritorno, Darwin fu indagato da Autorità politiche e giudiziarie a causa di racconto di equipaggio e di suoi atteggiamenti di tipo pretestuoso e come compassionevoli nei confronti di animalità; non fu processato ma dopo che diffidato ufficialmente a continuarne; se ne ritenne oltre che in sopravvalutazioni di suo ruolo di scienziato anche in ingratitudine verso disponibilità animale a lui; tantoché si capì che parte degli animali studiati avendo simpatia per sorti umane avevano impresso in emotività dei ricordi di stesso scienziato segnali di pericoli per gli altri umani che gli domandassero troppo: ugualmente al cane che abbaia contro un importuno per farlo riconoscere in sua assenza tramite cioè ingenua emotività di importuno stesso. A causa dei fatti, potere regnante britannico volle offrire garanzie a studi di Darwin per averne riscontrato possibile vantaggio anche a fauna ma proprio per tale ragione diffida mossagli da parte di Stato non ritiratagli; dopo sua morte se ne constatò non necessità passata di rinnovargliela sempre ma se ne ribadì assoluta necessità di dargliela; tanto rigore anche perché ingenuità di stesso Charles Darwin perdurava e con troppa curiosità sia di umani e stranieri sia di animali impertinenti o forse pericolosi. A valutare tutto, si pensò bene di studi di Darwin ma non furono espressioni letterarie sue accolte senza prima recare rapporto di polizia su osticità di esse a serenità politiche e non solo politiche e non solo britanniche e non solo a motivo di lingue impiegate da stesso Ch. Darwin.
(...)
MAURO PASTORE
Ch. Darwin era estremo ed a volte inutilmente nel far valere continuità di pluralità biologica e mancò spesso di etica professionale perché era spesso dedito ad omettere molteplicità biologica oltre che pluralità.
Darwinismo in sua parte estremizzò tali mancanze e penurie etiche di Darwin; in parte dovute a violenze e condizionamenti antiecologici.
Senza intendere tutto ciò, non si comprende quali finalismi esistenti in natura biologica (ve ne sono, anche studiati da stessa scienza e biologica).
MAURO PASTORE
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