Roma, Carocci, 2013, pp. 182, euro 10,20, ISBN 978-88-430-6956-9
La razionalità è una delle questioni più intimamente legate alla natura dell’essere umano. Con questa riflessione, ripresa da Robert Nozick [La natura della razionalità, 1995], Paolo Labinaz introduce il suo notevole saggio La razionalità. In esso l’autore analizza soprattutto alcune teorie recenti che, sorte in un vivace e costruttivo dibattito interdisciplinare che prosegue tuttora, si sono rivelate così efficaci da mettere in discussione i paradigmi più consolidati.
Tali paradigmi “classici” sono l’oggetto del primo capitolo, Una panoramica tradizionale.
L’autore osserva subito come “razionalità” sia un termine estremamente polisemico. Pertanto, in primo luogo, ne chiarisce la nozione oggetto del saggio: essa è “razionalità” intesa “in riferimento all’attività cognitiva e pratica degli esseri umani”, ovvero la “razionalità delle credenze, delle decisioni, dei processi cognitivi, delle azioni o, più in generale, dei comportamenti”; un quadro che restringe grossomodo il campo d’indagine a quello proprio “delle scienze sociali ed economiche secondo i loro principali sviluppi nel secolo scorso” (p. 11). Inoltre, se è vero che la razionalità concerne l’uso della ragione, facoltà che tradizionalmente si intende come caratterizzante l’essere umano, è altrettanto vero che non s’identifica con essa: il mero possesso della ragione non basta a rendere razionale il comportamento umano; secondo la visione più diffusa nel pensiero occidentale, la razionalità costituisce il “buon uso” della ragione (p. 11).
L’autore osserva subito come “razionalità” sia un termine estremamente polisemico. Pertanto, in primo luogo, ne chiarisce la nozione oggetto del saggio: essa è “razionalità” intesa “in riferimento all’attività cognitiva e pratica degli esseri umani”, ovvero la “razionalità delle credenze, delle decisioni, dei processi cognitivi, delle azioni o, più in generale, dei comportamenti”; un quadro che restringe grossomodo il campo d’indagine a quello proprio “delle scienze sociali ed economiche secondo i loro principali sviluppi nel secolo scorso” (p. 11). Inoltre, se è vero che la razionalità concerne l’uso della ragione, facoltà che tradizionalmente si intende come caratterizzante l’essere umano, è altrettanto vero che non s’identifica con essa: il mero possesso della ragione non basta a rendere razionale il comportamento umano; secondo la visione più diffusa nel pensiero occidentale, la razionalità costituisce il “buon uso” della ragione (p. 11).
Tale “buon uso” è definito secondo criteri diversi a seconda della teoria considerata. Le teorie classiche della razionalità, raggruppate sotto quello che si suole definire “il quadro standard della razionalità” (the standard picture of rationality), secondo la fortunata espressione di Edward Stein [Without Good Reason: The Rationality Debate in Philosophy and Cognitive Science, 1996], sono fondamentalmente tre: la prima considera come modello della razionalità la logica deduttiva classica, di matrice aristotelica (p. 19); la seconda si costituisce come interpretazione peculiare della matematica probabilistica, ed è nota come teoria soggettiva della probabilità (p. 20); la terza, infine, ben nota in campo economico, è la cosiddetta teoria dell’utilità attesa (p. 22). Al di là delle loro differenze , tali teorie implicano sempre una netta distinzione tra razionalità e irrazionalità, identificando la prima come ragionamento secondo i corretti criteri enunciati dalla teoria medesima. Una dimensione quindi normativa, che può essere considerata secondo funzioni differenti, a seconda che si dia per assunta o meno la razionalità: nel primo caso la razionalità può essere intesa quale via per comprendere o predire il comportamento umano (funzione esplicativo/predittiva, p. 26); nel secondo, può essere concepita nei termini di qualcosa che deve essere raggiunto (funzione prescrittiva, p. 29) o piuttosto valutato (funzione valutativa, p. 32).
La funzione esplicativo-predittiva ha costituito l’impiego quasi esclusivo dei paradigmi classici di razionalità, un quadro – come abbiamo visto – che intende sempre questa come corretto utilizzo di una facoltà, la ragione, naturalmente presente nell’essere umano. La svolta empirica negli studi sulla razionalità (titolo del secondo capitolo) ha messo seriamente in discussione tale concezione aprioristica: “alla luce sia dei dati empirici sia della nostra esperienza nella vita di tutti i giorni, possiamo notare quanto la gente tende a ragionare male, compiendo errori sistematici nelle effettive pratiche di ragionamento” (p. 34). La ricerca empirica sulla razionalità è molto recente: i primi risultati risalgono agli anni Sessanta del secolo scorso. I principali filoni di ricerca sono due: le ricerche sul ragionamento deduttivo di Peter Wason, e quelli sul ragionamento probabilistico e la presa di decisione di Daniel Kanheman e Amos Tversky (p. 35).
I risultati di Wason dimostrano che il “paradigma deduttivo”, i cui modelli (i sillogismi) risalgono all’Antichità, non trova riscontro nella realtà: se Jean Piaget sosteneva che il ragionamento deduttivo, riflettente gli schemi inferenziali della logica classica, si sviluppa naturalmente negli esseri umani a partire dall’adolescenza, Wason [Il ragionamento (1968), e con Philip Johnson-Laird Psicologia del ragionamento, 1978] nega recisamente questo assunto portando a prova gli errori sistematici compiuti dai soggetti dei suoi esperimenti (p. 37).
Similmente, i risultati degli esperimenti di Kahneman e Tversky [Availability: a Heuristic for Judging Frequency and Probability, 1973; Extensional Versus Intuitive Reasoning: The Conjunction Fallacy in Probability Judgement, 1983] hanno rovesciato la generale accettazione della teoria soggettiva della probabilità: il modo in cui le persone ordinarie integrano le loro valutazioni alla luce di nuovi dati non segue affatto i processi ottimali del calcolo probabilistico; anzi, spesso i nuovi dati oscurano le precedenti conclusioni, come avviene nel cosiddetto “effetto Volvo”, espressione con la quale ci si riferisce al fenomeno per cui, dovendo acquistare un determinato prodotto, la decisione finale è maggiormente condizionata da un unico parere negativo proveniente da persona nella quale riponiamo fiducia (amico, parente, vicino di casa, ecc…), che da un mole di dati statitistici positivi precedentemente acquisiti (per esempio, leggendo riviste specializzate). Analoga sorte è toccata alla teoria dell’utilità attesa, a seguito degli studi di Kaheman e Tversky sulla presa di decisione (pp. 39-41).
Labinaz descrive con efficace sintesi i principali esperimenti adottati dagli autori citati, nonché il dibattito seguitone. Successivamente, nel terzo capitolo (Una razionalità a misura d’uomo), l’autore tratta i nuovi paradigmi emersi proprio a partire da quel dibattito: la razionalità limitata dell’economista Herbert Simon [Il comportamento amministrativo, 1958], una teoria che considera i processi razionali degli individui alla luce delle effettive, limitate informazioni di cui dispongono, dei limiti cognitivi delle loro menti, e dell'ammontare finito di tempo per effettuare la decisione (pp. 60-66); la prospettiva della psicologia evoluzionistica, orientamento molto recente [cfr. Barkow, Cosmides, Tooby, The Adapted Mind. Evolutionary Psychology and the Generation of Culture, 1992] che considera la cognizione umana per il suo carattere adattativo, associato alle sue origini evolutive (pp. 66-75); le teorie rientranti nella cosiddetta prospettiva ecologica, con il loro accento sull’influenza che il mondo sociale e naturale determina sulla razionalità (pp. 75-85).
Il lavoro di Labinaz si conclude con un quarto capitolo (Presente e futuro negli studi sulla razionalità) che presenta lo stato attuale dell’arte, con alcune teorie recentissime, in buona parte derivate da certi limiti riscontrati negli approcci legati all’evoluzionismo, e le prospettive di ricerca nell’immediato futuro: le teorie dei sistemi duali, nate in ambito cognitivo e neuropsicologico, che studiano la cognizione umano ipotizzando che essa sia costituita da due distinti sistemi, dedicati rispettivamente alle operazione consce e a quelle inconsce (pp. 87-97); alcune teorie proprie del settore della pragmatica linguistica (pp. 97-105); ed, infine, l’enorme dibattito interdisciplinare intorno al rapporto e alle differenze tra natura e cultura (pp. 105-115).
Il saggio di Labinaz è una sintetica ma completa introduzione a un settore di studi molto complesso. All’autore va l’innegabile merito di aver saputo gestire al meglio, dato lo spazio esiguo a disposizione (Le Bussole Carocci, pur pregevolissima, è una collana di brevi saggi introduttivi), un argomento ostico, sviluppando un lavoro importante che – da quel che mi risulta – colma una lacuna importante nel panorama editoriale nostrano.
Indice
Introduzione
1. Una panoramica tradizionale
1.1 Ragione e razionalità
1.2 Il quadro (normativo) standard
1.3 Le funzioni
2. La svolta empirica negli studi sulla razionalità
2.1 Le ricerche sperimentali sul ragionamento umano
2.2 Tre classici compiti sperimentali
2.3 Il dibattito sulla razionalità
3. Una razionalità a misura d’uomo
3.1 Razionalità limitata
3.2 Le basi evoluzionistiche
3.3 La prospettiva ecologica
4. Presente e futuro degli studi sulla razionalità
4.1 Razionalità e modelli duali della cognizione umana
4.2 Razionalità, ragionamento e argomentazione
4.3 Natura e cultura negli studi sulla razionalità
Conclusioni
Bibliografia
Indice analitico
Indice dei nomi rilevanti
3 commenti:
Di quanto emerge in recensione da trattazione di autore, risulta uno schema basato su statistica ed antropologia ed improntato fisiometricamente, non scientifico ma da prassi parallele a scientifiche invalse in attuazioni sociali economiche; di queste ultime non solo la economia risultando base dello studio recensito; e cui assenza in particolare ma non solo sociologica, in quanto esposto da recensione, di parametri di scienze delle organizzazioni, è relativa a materia stessa di studio in quanto tale, di per sé manchevole ma necessitata di ulteriore prospettiva intellettuale, essendo quella unica presente in prospetto recensivo: fisicalista, probabilistica, omologatrice; e con penuria di adeguata coscienza di tutta la contingenza sia di risultanze che di quanto esse facendo risultare.
Questa rilevazione, di tipo sinottico, che ho fatto, risulta descrizione di base secondaria di risultati evidenziati da recensore, non manifesta ma presente; tantoché modelli duali cui indice accluso (in recensione) se ne mostrano dipendenti e non consistenti se non per duplicità di basi cui assieme non necessitato ma arbitrario, da decisioni di politica ridotta, di impolitica, di antipolitica, originate da fronte di Guerra Fredda sconfitto ma cui realtà sociale economica materiale non da sùbito inibita proprio in Blocco Ovest cui intromessa, invece ad Est autoinibita -- con la 'Chiarificazione' avviata da Gorbaciov e con dissoluzione della politica dei Soviet attuata decisivamente da parte russa in Unione Sovietica; fino a non termine totale dopo anno 2012 di fine di riconversione ex sovietica a causa di nuovo fronte di guerra non capitalista ma capitalistico, facente perno in Occidente americano per esercitare proprie forze e cui in Oriente cinesizzato le opposte forze associazionistiche - ma residui comunisti totalitari e resistenze anticomuniste restanti non in politica stessa di opposizione tra Capitalismo di Stato cinese e Capitalismo in Stati Uniti americani e con paralleli fenomeni di opposizione tra estremizzarsi assolutizzarsi capitalistico eversivo in e contro stesso capitalismo e di contrarietà relative di ambienti sociali economici in non accettazione di sconfitta del Blocco Est ed in continuazioni parallele più accanite fino a dissolver comunismi in associazionismi ex comunisti per neototalitarismo, appunto contrario a quello Ovest... --
MAURO PASTORE
-- ... Nonostante duplicità di basi in studio recensito, una sola la idea di fondo in esse e non ideologia e senza più futuro già in anno 2013 ed ora senza più presente (anno 2020): positivista-positivistica-nichilistica-nichilista, che da convergenze di interessi tra Ovest subculturale ed Est subculturale in ambizioni non sufficientemente culturali e mondiali, attraverso scritti di Engels e di Marx e di entrambi si era intromessa in rapporti e relazioni filosofiche continuando nonostante abbandoni di Engels e rinnegamenti di Marx e culminando in dittatura marxista comunista, dato che engelsismo ne era forza proplusiva solo se interrotto, attualmente odiernamente engelsismo facente da negazione postuma implicita non di marxismo né di ex marxismo ma di concezioni restanti sia di vittoriosi che di sconfitti in Guerra Fredda... Tal negazione era da interpretazioni eccessive e non rigorose, di dati fisici e costruzioni geografiche, che non conducevano a comprensione di realtà geopolitica europea ma introducevano ad intenderne geografia economica durante coincidere di agi eurasiatici ed euroasiatici cui solo limitrofie di borghi di non tutta Europa coinvolte non borghi stessi ma attribuite per eccedenza a borghi e borghesie, secondo pretese pan-umanistiche, mondiali infine mondialiste, da inizio stesso omologatrici, violente e totalitarie non solo antiborghesi. Effetti di questi fatti anche di estremizzazioni marginali odierne di conflitto Est - Ovest, cui non attribuibili ragioni ma torti ad entrambe parti ostinate, perché anacronismo e di eventi non avvalorabili di guerra, cioè continuazione di quanto in essa non sarebbe comunque dovuto accadere, fanno da sfondo a trattazione recensita e senso dello sfondo ostile a stessi studi di trattazione, in quanto ostilità contro cultura stessa di trattare materie di studio, proveniente da antipolitica meridionalista mondialista subpoliticamente subculturalmente attivata profittando di disastri culturali di Guerra Fredda da negar presenza di proletariato borghese e da affermar inesistente originaria contesa tra borghesia e proletariato, cui quella poi avviata da "Stalin" restata fittiziamente inconclusa per intervento anche leninista. --...
Autentici studi su razionalità di tipo cognitivo considerano scienza statistica quale ragione ultima e razionalità di confine a non razionalità. Tal scienza ovviamente va distinta dal pensare probabilistico; essa fu prefigurata da filosofia della statistica di Baruch Spinoza. Questa origine filosofica fu recepita in concomitanze simili a coincidenze che avvaloravano elenchi marxisti-engelsiani senza dar conto di provvisorietà né limitatezza delle valenze e senza riconoscer disvalori intellettuali cognitivi già in essere dal principio di vicende engelsiane-marxiste, cui rifiuto di linguaggio occidentale dell'Assoluto riduceva comprensioni di immanenza assoluta, filosofica cui riferiva Spinoza, che a non antioccidentali non refutava limitazione comprensiva ma che ne refutò ad antioccidentali... Dunque per appropriazione di altrui pensiero e contro Occidente avviandosi ad esistenza materialismo agnostico poi ateo, cui realtà occidentale era un contraddittorio spiritualismo-nichilismo, cui eredità materialismi oblianti antisinergeticamente per premesse non dichiarate di ultraspiritualismi decontestualizzanti. Da queste antifilosofiche non amiche e ostili presenze, deriva parte di materia di studio recensito non compresa in esso stesso qual argomentativa né per argomentatività possibile, sicché esso si limita a studiare apparenza cognitiva, epistemologicamente cognitività non cognizione, euristicamente non cognitiva solo cognitività, cui interdisciplinarità neurologica-psicologica non pure viceversa fa da legame a realtà scientifica di dati non oggettivamente utile ed utilizzabile filosoficamente quale superamento e per altra materia di studio congruamente più vasta.
...
MAURO PASTORE
(...)
Si nota da parte di recensore mancata opportuna menzione della psicologia della evoluzione quale base di psicologia evoluzionistica, cui Wason di fatto affermava assunti indipendenti cognitivisti ma non realmente negando assunti cognitivi evolutivi. Non fu smentita scienza psicologica di Piaget, ma fu subissata da non riferire di analitica psicologica scientifica della evoluzione psichica di inconscio-conscienza, che integrava e che poi psicologia complessa integrò a partire non da riferimenti a sola coscienza ma da quelli a solo inconscio, cui studi scientifici fondamentali sovietici e cui quelli di dissidenza intellettuale antistalinista avevano ricollegato a studi, in Ovest, su evoluzione delle coscienza individuale...
Mancata opportunità in recensione non è sopperibile dalla menzione e tantomeno se indiretta della neurologia, cui confacente quella applicata a vegetatività animale e umana, perché neurologia studia essa compiutamente solo in vegetali e perché cognizione ne corrisponde in interpretazione su scienza non in dati interdisciplinari. Tali dati concernono, separatamente, percezione non sensitiva vegetale ed appercezione sensitiva animale ed umana; cui interdisciplinarità psicologica-neurologica adatta non viceversa.
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...Se ne deduce che descrizioni di ragione, ragionamenti e razionalità di autore recensito sono valevoli per realtà subculturale già incapace di programmazioni agricole e di conduzioni di allevamenti animali a causa di provvisorie coincidenze sinergetiche cui non veniva dato interesse a comprensione non solo economica anche ecologica e cui apertura di senso ulteriore prodotta da applicazione filosofica a scienza, non viceversa, offriva possibilità di autoconsapevolezza sociale degli incapaci, cui non analisi filosofiche ma ermeneutiche filosofiche utili; e di ciò recensione non mostrando però a ciò, in chi interessato ed intellettualizzante, non conducendo solo adducendo, non logicamente, ma per logica non recensiva, di intellettualità interessata.
\ Odiernamente, mentre peculiarità terziarie economiche europee negate da prepotenze ex coloniali - coloniali extraeuropee intromesse in Stati europei e disconoscenti climi ed esigenze e forze europee con usare avvisi di protezione civile qual illeciti comandi e con effetto opposto, indebolente non sono civiltà anche società e in conflitto contro economie ed ecologie sanitarie e mediche quindi medicina non sanitaria ingigantendo fino a insana idiozia in un circolo vizioso di malasanità e antipolitica che impedisce spostamenti innocenti non contrastati e rende difficili lecite operazioni commerciali ed in generale sociali o solo pubbliche, impedendone con denunce disoneste anche solo per inconsistenza fatte anche non solo da forze dell'ordine che agiscono in stesso circolo - (dunque, odiernamente) si mostra il non superamento generale di condizioni suddette, cui filosofia adatta serviva a superare non sempre generalmente, ma non superamento genericamente versando in tanta esagerazione e violenza che circolo vizioso di esso si è reso estraneo a luoghi europei anche a vera norma di legge; dunque positivismo di esso da subculturalità a subanticulturalità, cui recensione restata informazione non consapevole di divenire ostile a cultura italiana, europea, occidentale.
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MAURO PASTORE
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