giovedì 23 aprile 2015

Buongiorno, Federica, Logica delle forme sensibili. Sul precategoriale nel primo Husserl

Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2014, pp. 223, euro 24, ISBN 978-88-6372-704-3.

Recensione di Marco Cavallaro – 07/03/2015

Logica delle forme sensibili della ricercatrice romana Federica Buongiorno costituisce senza dubbio uno dei più aggiornati volumi sulla fenomenologia di Edmund Husserl che hanno recentemente visto la luce in Italia. Benché si tratti di una rielaborazione della sua tesi di dottorato, discussa presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università “La Sapienza” di Roma sotto la supervisione di Francesco S. Trincia – anche lui tra l’altro noto al pubblico italiano per pubblicazioni dedicate al fondatore del movimento fenomenologico – il livello teoretico


delle analisi sviluppate da Buongiorno raggiunge un notevole spessore e un’ampiezza tale da poter collocare l’opera nel quadro della letteratura husserliana di livello internazionale. Ciò gioca certo a discapito della comprensione dell’opera per un lettore non tanto scevro di letture filosofiche quanto di frequentazione assidua con i testi husserliani nonché con l’astrattezza tipica di quello che si può definire, con un’etichetta ormai d’uso comune, il “primo Husserl” – corrispondente al periodo compreso fra la discussione della tesi dottorale in matematica sul calcolo delle variazioni del 1883 e la pubblicazione delle celeberrime Ricerche logiche (1900/1901). L’apertura “internazionale” dell’opera, come abbiamo voluta chiamarla, si fonda sul fatto che essa fa largo uso di fonti critiche straniere ed in particolare tedesche. La principale discussione teorica, che, come vedremo, fa proprio il tema del precategoriale nel primo Husserl, ad esempio ha come suo principale interlocutore il filosofo tedesco e direttore dell’Husserl-Archiv di Colonia, Dieter Lohmar. Ciononostante, il carattere pressoché unico del libro di Buongiorno risiede nell’uso sapiente che riesce a fare delle interpretazioni di Husserl della scuola fenomenologica milanese degli anni Sessanta costituitasi attorno alla figura di Enzo Paci, nonché nella capacità di aprire un dialogo fecondo tra queste e le tesi sostenute di recente dai maggiori studiosi del pensiero di Husserl in Italia e all’estero. Non è un merito del tutto secondario del libro di Buongiorno, dunque, quello di aver valorizzato e messo a frutto nelle sue analisi la tradizione italiana degli studi fenomenologici che rimane, a torto, pressoché ignorata al di là delle Alpi. 
Ma veniamo ora al succo teorico delle analisi svolte nel libro. La tematica di riferimento, ossia il precategoriale nel primo Husserl, viene affrontata seguendo due direzioni d’indagine. L’una, storico-filosofica, si propone di indagare l’ontogenesi della teoria dell’intuizione categoriale, così come si trova esposta nel sesto libro della seconda parte delle Ricerche logiche (1901). Si parte quindi  dalle riflessioni husserliane degli anni Novanta che hanno come motivo propulsore gli insegnamenti del suo maestro viennese Franz Brentano (capitolo I) per continuare con il capolavoro logico di Bernard Bolzano: la Wissenschaftslehre (capitolo II) – senza peraltro tralasciare la determinante (e, per certi aspetti, difficile da valutare) influenza del Kant logico esercitata sull’elaborazione della dottrina della reine Logik di Husserl e della critica di questi allo psicologismo logico, entrambi fili conduttori del primo volume delle Ricerche, che reca il titolo spiccatamente kantiano: Prolegomeni per una logica pura (1900). 
L’altro versante d’indagine occupa la seconda parte del libro di Buongiorno e si distingue per il suo carattere segnatamente teoretico che riguarda la messa a tema dell’orizzonte concettuale nel quale si verranno ad installare la teoria dell’intuizione categoriale all’interno della Sesta ricerca (capitolo III) e la successiva interrogazione e problematizzazione della distinzione tra sensibilità e intelletto, ovvero tra precategoriale e categoriale – che gioca proprio in quella teoria un ruolo decisivo – sulla scorta delle interpretazioni del già menzionato Lohmar e dei principali esponenti della scuola fenomenologica milanese degli anni Sessanta (capitolo IV).
In questa recensione ci preme innanzitutto esaminare da vicino e mettere alla prova un aspetto particolare dell’analisi svolta dall’autrice che riguarda lo statuto del precategoriale all’interno della Sesta ricerca logica e il riferimento ai successivi sviluppi che intervengono nella fenomenologia genetica e, quindi, soprattutto in Esperienza e giudizio – un’opera che raccoglie numerosi manoscritti husserliani degli anni Venti sulla tematica logica e la sua correlativa fondazione trascendentale, pubblicata un anno dopo la morte del filosofo nel 1939 a cura di Ludwig Landgrebe.
Il nocciolo del problema è ben evidenziato nell’Introduzione, laddove  Buongiorno riporta le tesi interpretative circa la natura dell’esperienza precategoriale (o antepredicativa) in rapporto alla sfera categoriale (o predicativa) di alcuni tra i più eminenti studiosi italiani del pensiero di Husserl. Fra tutte emerge la posizione che potremmo caratterizzare ‘estrema’ di Fabio Minazzi, il quale, come ci riferisce l’autrice, ritiene inammissibile dal punto di vista teoretico l’esistenza del precategoriale in quanto sfera assolutamente scevra da ogni formazione e struttura categoriali. In questo modo, sempre secondo l’interpretazione di Minazzi, la sfera precategoriale riceverebbe struttura e senso unicamente in virtù della sua traduzione nella trama categoriale del tessuto predicativo. Questa tesi, come dicevamo, estrema, rappresenta senza dubbio il bersaglio critico principale delle argomentazioni di Buongiorno (cfr. pp. X, 208). Da tale prospettiva, sembrerebbe inoltre del tutto evidente considerare il precategoriale come un problema per la fenomenologia tout court, la quale, in quanto scienza (logos) dei fenomeni, pretende di ‘dire’ il fenomeno, cioè di domesticare l’être sauvage – come lo definiva Maurice Merleau-Ponty – dell’esperienza entro i limiti dei concetti e del linguaggio predicativo, ovvero della riflessione fenomenologica. Una tale difficoltà, che già i suoi contemporanei (tra cui, soprattutto, Paul Natorp e Martin Heidegger)  rimproverano alla fenomenologia di Husserl, emerge anche dalle pagine di Buongiorno e sempre nei punti più cruciali. Tuttavia, ci ammonisce a più riprese l’autrice, non bisogna cadere nel facile errore di cercare una soluzione al “problema” del precategoriale. Questa problematicità o “paradossalità”, per citare direttamente Buongiorno, “costituisce la cifra stessa della fenomenologia, in quanto delinea i contorni della soggettività umana, che è insieme soggetto e oggetto del procedimento scientifico” (p. 208; vedi anche pp. XVIII ss.). In questa riconduzione, forse un po’ troppo arbitraria in quanto non trova diretto riscontro nei testi e manoscritti husserliani, della problematica del precategoriale al famoso “paradosso della soggettività”, nella sua funzione contemporaneamente di costituente (del mondo naturale) e di costituita (in quanto, per l’appunto, soggettività umana e quindi facente parte di un mondo per lei già dato, ovvero precostituito), Buongiorno ritiene di aver trovato perlomeno, se non una soluzione, una spiegazione alla problematicità fenomenologica del precategoriale (cfr. pp. 177 ss. e 208 s.). Il riferimento ad una “antropologia fenomenologica fondamentale”, la cui indagine l’autrice può a buon diritto ritenere di avere già avviato in suoi precedenti studi, ma che non trova un’eco appropriata nel presente libro, sembra per certi versi forzare l’interpretazione del problema del precategoriale in una direzione che esula, ora, dal confronto serrato con i testi husserliani e rappresenta, quindi, lo spunto di una ricerca originale per così dire con Husserl e oltre Husserl. Ciò non costituisce, si badi bene, una critica, quanto una precisione necessaria che, lo speriamo, tornerà d’uopo al lettore dell’eccellente libro di Buongiorno.
Se, pertanto, alla sfera del precategoriale non deve essere attribuita una strutturazione secondo le categorie logiche – cosa che certo renderebbe assurdo lo stesso presuppore una tale dimensione –, ciò implica allora che Husserl abbia pensato all’esperienza antepredicativa nei termini in cui Kant si riferisce alla sfera sensibile, cioè un caos di sensazioni privi di una struttura ed un ordinamento autonomi? Una tale ipotesi sarebbe, come emerge dalle pagine del libro di Buongiorno, completamente errata: non soltanto, più palesemente, per lo Husserl della svolta genetica degli anni 1917-1920, in cui viene tematizzata per la prima volta in modo esplicito la funzione trascendentale delle sintesi passive nell’organizzazione e strutturazione dell’esperienza concreta, ma anche per lo Husserl delle Ricerche logiche, laddove, sebbene certamente in maniera implicita, è possibile individuare un’anticipazione delle riflessioni future che porteranno il filosofo all’esplicitazione delle strutture precategoriali. Nell’identificazione di un germe di teoria del precategoriale all’interno del secondo volume delle Ricerche e, in particolare, nella Sesta, Buongiorno sembra essere d’accordo con l’autorevole lettura di Lohmar. Originale è invece l’utilizzo da parte dell’autrice dell’armamentario concettuale e interpretativo messo a punto da Lohmar in riferimento alla teoria logica dell’ultimo Husserl, segnatamente di Esperienza e giudizio, all’interno del contesto teorico della Sesta ricerca. Più precisamente, Buongiorno ravvisa nel concetto fenomenologico del Typus “il supplemento concettuale indispensabile per decifrare la natura ibrida e ambigua della sintesi di coincidenza, prodotta nel passaggio dalla Gesamt- alla Sonderwahrnehmung dell’oggetto sensibile” (pp. 179 s.). Questa sintesi, che rappresenta il fondamento per la successiva entrata in scena della vera e propria intuizione categoriale nella triplice strutturazione dell’atto categoriale esposta da Husserl nella seconda parte della Sesta ricerca logica, dovrebbe per ragion di logica costituire una forma di strutturazione dei dati sensibili indipendente da qualsiasi messa in forma di tipo categoriale. Nondimeno, l’argomentazione di Buongiorno sembra qui vacillare di fronte ad una difficoltà teorica fondamentale: se è vero che “l’unità di coincidenza […] non è ancora una formazione categoriale, ma non è neppure più e soltanto un contenuto sensibile” (p. 176) in quanto si produce passivamente, ha ancora senso qui parlare di “scivolosa commistione tra intuizione [sensibile] e [categoriale]” o di “natura ibrida” (ibidem) del precategoriale e quindi di “paradossalità nel tentativo di fondazione precategoriale della logica (p. 180)? Non bisognerebbe piuttosto, come ha recentemente sostenuto Bruce Bégout - autore di un’importante monografia sull’argomento, dal titolo La Généalogie de la logique. Husserl, l’antéprédicatif et le catégorial - ipotizzare una categorialità materiale fondata sulle strutture apriori delle relazioni associative entro dati sensibili? In altri termini, e questa è l’opinione modesta di chi scrive, è proprio la necessità di integrare la teoria dell’apriori materiale, sviluppata già nella Terza ricerca logica, all’interno della propria concezione del categoriale e, quindi, di istituire un rapporto strutturale entro il materiale e il formale, il sintetico e l’analitico, che condurrà Husserl negli anni Venti a sviluppare la fenomenologia genetica dei tipi e delle sintesi passive. L’“indecisione” che caratterizza la posizione assunta da Husserl all’interno delle Ricerche rispetto allo statuto delle sintesi che hanno luogo nella sfera sensibile e che non possono ancora essere dette propriamente categoriali, sembra dunque trovare un punto d’arrivo nello spettro delle considerazioni genetiche di Esperienza e giudizio, in cui il precategoriale è dotato di un proprio originale apriori (materiale) e quindi di una propria forma di sintesi (passiva), che si distingue dall’apriori (formale) e dal tipo di sintesi (attiva) caratterizzante la sfera categoriale. Non c’è dunque ragione – teoretica, laddove è possibile identificare, come abbiamo visto, una certa indecisione da parte husserliana all’interno delle Ricerche logiche e solamente in quel luogo –, a nostro avviso, di postulare una natura “ibrida” o addirittura una “commistione” tra categoriale e precategoriale.
Ciò detto, il libro di Buongiorno rimane un’opera di notevole spessore, consigliabile per tutti coloro che si occupano di Husserl o, più in generale, nutrono interessi per la problematica logica e la sua lettura in chiave fenomenologica.


Indice

Introduzione

I. Logica e psicologia. I presupposti brentaniani
1. Il filo conduttore
2. L’insegnamento di Brentano
3. La teoria delle rappresentazioni improprie
4. La critica di Husserl e il riferimento a Kant
4.1 Husserl lettore di Kant
4.2 Eidos e Apriori
4.3 Rappresentazioni improprie e rappresentazioni simboliche: le radici del (pre)categoriale

II. Dalla teoria dell’an sich alla problematica categoriale
1. Husserl lettore di Bolzano
2. Dalla teoria dell’an sich al categoriale

III. Prolegomeni alla teoria dell’intuizione categoriale. L’orizzonte delle Ricerche Logiche
1. Postfatto teorico: ritorno alla Sesta ricerca
2. Antefatti teorici: verso la Sesta ricerca
2.1. Anschauung und Repräsentation, Intention und Erfüllung (1893)
2.2 Psychologische Studien zur elementaren Logik (1894)
2.3 Intentionale Gegenstände (1894)
2.4 La recensione di J. Bergmann, Die Grundprobleme der Logik del 1895
2.5 Altre considerazioni da Hua XXII
3. La Sesta ricerca nel contesto delle Ricerche logiche
3.1 Inquadramento generale
3.2 Lo statuto della Bedeutung nella Prima ricerca
3.3. L’unità ideale della specie nella Seconda ricerca
3.4 Atto, materia e qualità nella Quinta ricerca

IV. Sensibilità e intelletto. Per una problematizzazione dell’intuizione categoriale (con l’ausilio dell’interpretazione italiana)
1. Sulla Seconda sezione della Sesta ricerca logica
1.1 Posizione del problema
1.2 Il principio dell’evidenza
1.3 Intuizioni sensibili e intuizioni categoriali
2. Problematizzare l’intuizione categoriale. Con l’ausilio dell’interpretazione italiana negli anni Sessanta
2.1 Aggiornamento del filo conduttore
2.2 In conclusione, su Kant
2.3 Lo schematismo fenomenologico
2.4 Conclusione e nuovo inizio

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