lunedì 9 maggio 2016

Petrilli, Raffaella (a cura di), La lingua politica. Lessico e strutture argomentative

Carocci, Roma 2015, pp. 190, euro 20, ISBN 9788843075386

Recensione di Denise Celentano - 20/11/2015

Pensato più per un pubblico di linguisti che di filosofi, il volume intende proporre una definizione soddisfacente della lingua politica. I cinque capitoli gettano luce su aspetti diversi della questione attraverso analisi linguistiche su blog, quotidiani nazionali e discorsi di politici (nella fattispecie, di Grillo e Renzi). Più che ambire a una trattazione di ampio respiro, il libro dispiega una concettualizzazione iniziale affiancata da una quantità di esempi nei capitoli successivi, dando priorità agli aspetti lessicali.  


La consapevolezza di fondo è che sulla lingua politica pesi una sorta di «ipoteca negativa» (p. 16), come testimonia la nozione di “politichese” cui spesso viene assimilata, contenente un chiaro giudizio di valore tendente a delegittimarla. La curatrice del volume nonché autrice del primo capitolo avverte che tale «ipoteca» si riverbera anche sulla letteratura semiologica e linguistica, la quale faticherebbe a articolare una definizione in positivo della lingua politica. A rendere difficile l’operazione è il territorio di confine in cui quest’ultima sembra collocarsi. Infatti, da un lato la lingua politica non sembra attingere a un serbatoio linguistico tecnico-specialistico, apparendo assimilabile alla lingua ordinaria, dall’altro, tale ordinarietà con la quale tende a confondersi non rende giustizia alla sua specificità: «una parola è “tecnica” quando ha un significato rigorosamente determinato e univoco e circola in ambienti ristretti […]. Al contrario, le parole della politica (da democrazia a costituzione, da parlamento a minoranza) appaiono piuttosto comuni» (p. 17). Al proposito, il testo è corredato da un ricco lemmario finale che specifica le occorrenze ordinarie e quelle tecniche della lingua politica. 
L’espressione “politichese” estende l’«ipoteca negativa» al piano dell’incomprensibilità. Generalmente, infatti, si tende a rappresentare la lingua politica come inutilmente complicata e volutamente oscura. Petrilli rievoca al proposito le invettive di Pasolini contro la lingua usata dai politici – «la loro lingua è la lingua della menzogna» (P. P. Pasolini, Lettere luterane, Einaudi, Torino 1976, p. 29, cit. in Petrilli, p. 21) – nell’ambito di un giudizio che sovrappone una valutazione linguistica a una valutazione etica. Eppure, rispetto agli anni Settanta di Pasolini, la lingua politica è cambiata: essa non ostenta più un linguaggio volutamente elevato e certo involuto; piuttosto, tende a semplificarsi per imitare la lingua degli elettori (cfr. p. 22), benché il distacco dalla lingua di tutti i giorni rimanga tangibile, come testimonia il frequente ricorso ai termini dell’economia e della finanza (debito pubblico, inflazione, deregulation, ecc). 
L’obiettivo di Petrilli è, allora, quello di dare forma a una definizione generale positiva del linguaggio politico che distingua accuratamente il piano linguistico da quello etico, senza appiattire la prospettiva al mero livello empirico. A tal fine, occorre individuare «sul piano degli aspetti pragmatici e argomentativi» (p. 24) un tratto comune alle manifestazioni empiriche del discorso politico. Sono due, in particolare, le «condizioni unificanti» individuate. La prima, indicata come condizione esterna, riguarda il contesto di riferimento politico-istituzionale. Esso pone dei chiari «vincoli referenziali» al discorso politico, che lo ancorano a una specifica terminologia. La seconda, indicata come condizione interna, riguarda la funzione di ogni discorso politico, la quale coinciderebbe con la persuasione. Secondo Petrilli, la caratteristica distintiva della persuasione politica rispetto alle altre forme di persuasione consisterebbe nella rinegoziazione continua del significato tecnico dei termini utilizzati (cfr. p. 26): vale  dire che essa considera i confini semantici di tali termini come indeterminatamente suscettibili di rimodulazione. Secondo questa prospettiva, l’oscurità del discorso politico – l’essere “politichese” del discorso politico – non va ascritta al suo linguaggio tecnico, ma al «fatto che quel vocabolario tecnico è trattato come se fosse in uno stato perennemente inaugurale» (p. 27). Parole come “democrazia” o “parlamento”, in questa prospettiva, tenderebbero ad assumere significati diversi a seconda dell’interesse delle parti: «E' sul confine semantico dei termini che si esercitano le diverse proposte politiche su temi di interesse collettivo ed è dal tipo di lavoro argomentativo che ne deriva […] che il dibattito politico ricava la sua caratteristica e tanto vituperata oscurità» (ibd.). La cifra distintiva della persuasione politica consisterebbe dunque nel ricorso a una serie di strategie argomentative intese a sfruttare la vaghezza semantica delle parole. 
Il testo, corredato da molti esempi, giunge a mostrare che il problema iniziale, ovvero la difficoltà di inscrivere il linguaggio politico fra le lingue tecnico-specialistiche tout court, trova una spiegazione in questa vocazione della lingua politica all’alterazione semantica dei termini. In breve, se la lingua politica è specialistica nella misura in cui possiede un lessico tecnico, d’altra parte «l’uso politico di quel lessico», consistente nella persuasione, «richiede che i parlanti politici siano autorizzati a mettere continuamente in dubbio i significati assodati dei termini tecnico-politici» (p. 44). Di qui la parvenza di oscurità.
Il volume prosegue con un’analisi delle occorrenze lessicali del linguaggio politico in diversi contesti (blog e editoriali di importanti quotidiani nazionali) ricca di esempi. Il testo si conclude con un’analisi lessicale dei discorsi di Renzi e Grillo. Prevedibilmente, il lessico di quest’ultimo è ricco di termini tratti dal campo semantico dell’economia (lavoro, soldi, euro) e di lemmi che rafforzano il legame fra oratore e pubblico (persone, gente, movimento, cittadini), mentre quello di Renzi tende ad arricchirsi di parole istituzionali (Italia, Paese, italiani, storia, Governo) e di riferimenti alle formazioni politiche, non senza attingere a un gergo sportivo (vincere, squadra, perdere, giochiamo). Nonostante le specificità lessicali dei due, l’analisi conferma la tendenza degli ultimi decenni alla semplificazione del linguaggio politico, già indicata da Petrilli nelle prime pagine. 
Nel complesso, a dispetto del sottotitolo, l’attenzione del libro per la lingua politica appare sbilanciata sul versante del lessico piuttosto che su quello argomentativo. Benché il tema sia di sicuro interesse e non manchino spunti cruciali, il testo sembra difettare di una visione d’insieme, di una prospettiva di ampio respiro che gli consenta di non esaurirsi nello snocciolamento di dati ed esempi corredato da brevi interpretazioni finali, relegando di fatto la parte teorico-concettuale al solo primo capitolo. 


Indice

Premessa
1. Lessico e pragmatica del linguaggio politico
La ricerca sul linguaggio politico/Una lingua ordinaria?/Una lingua oscura/Una definizione per il linguaggio politico/Alcuni esempi/Il lessico politico/Negoziare il significato/Usi virtuosi o negativi della negoziazione dei termini
2. Il vocabolario della politica contemporanea
Una ricognizione e alcune considerazioni preliminari/La costituzione del lemmario: fonti e criteri di selezione/La lemmatizzazione/Attestazioni e confronti: l’applicazione a un  corpus
3. La lingua politica dei blog
Il metodo della ricerca/L’incidenza percentuale del lessico politico/Gli usi del lessico politico/Il linguaggio peculiare delcorpus/Interpretazione dei dati
4. La lingua politica dei quotidiani online
Il metodo della ricerca/L’incidenza percentuale del lessico politico/Gli usi del lessico politico/Il linguaggio peculiare delcorpus/Interpretazione dei dati
5. La lingua della “nuova politica”. Beppe Grillo e Matteo Renzi a confronto
Premessa/Metodi e strumenti di analisi/Il vocabolario di Beppe Grillo/Il vocabolario di Matteo Renzi/Conclusioni
Appendice. Lemmario politico
Bibliografia
Indice dei nomi
Gli autori

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